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mercoledì 5 ottobre 2011

Liberarsi dai condizionamenti - Krishnamurti

Il pensiero non può consentirci esperienze nuove, perché rappresenta la replica del ricordo e di esperienze già vissute.
È possibile vivere là dove il pensiero termina, e la meditazione è la fine del pensiero,  e l’apertura al nuovo.
La mente non è mai in riposo, è sempre tesa nel conseguire uno scopo e in preda alla paura di perdere.
Il desiderio è sempre nel futuro. L’oggi ha un significato più grande del domani. Nell’oggi è contenuto tutto il tempo e comprendere l’oggi vuol dire essere liberi dal tempo. Il divenire è la continuazione del tempo e del dolore. Il divenire non contiene l’essere. L’essere è  sempre nel presente ed essere è la più alta forma di trasformazione.

Educare: prima di essere contaminati dalla cosiddetta educazione, molti bambini sono in contatto con l’inconoscibile: e lo dimostrano in tantissimi modi. Ma presto l’ambiente incomincia a richiudersi su di loro, e crescendo sono destinati a perdere quella luce, quella bellezza che non si trova in nessun libro e non si impara in nessuna scuola.
La felicità creativa è per tutti e non solo per pochi. È possibile, ma solo a patto che l’educatore sia egli stesso educato a questa realtà; solo a patto che colui che insegna continui a restare in contatto con la sorgente della felicità creativa. Il nostro problema non è quindi l’alunno, il bambino, ma l’insegnante e i genitori.
La professione dell’insegnante non può essere un semplice impiego di routine: dovrebbe invece incarnare l’espressione stessa della bellezza e della gioia, che non possono essere certo misurate in termini di traguardi e di successi.
Quando la mente, sede dell’io, assume il controllo, offusca la luce, lo splendore e la meraviglia della realtà. La conoscenza profonda di se stessi è l’inizio della saggezza: senza conoscenza intima del nostro profondo, l’apprendere non potrà che condurci all’ignoranza, al conflitto e al dolore.

La libertà dal condizionamento è una conseguenza della libertà dal processo di pensare. Solo quando la mente si troverà in uno stato di assoluto silenzio ci sarà quella libertà attraverso cui il reale potrà finalmente essere e rivelarsi.

Quanto è necessario morire ogni giorno, ogni minuto! Morire a tutto, ai molti ieri e al momento appena trascorso. Senza la morte non può esserci rinnovamento, senza la morte non può esserci creazione. Il peso del passato fa nascere la sua stessa continuità, e la preoccupazione di ieri dà nuova vita alla preoccupazione di oggi.
Lo ieri si perpetua nell’oggi, e il domani è ancora ieri: non esiste alcun sollievo da questa continuità se non nella morte. C’è gioia nel morire … il canto di quell’uccello lo sentiamo per la prima volta.

Qualsiasi cosa il pensiero faccia in relazione alla solitudine interiore è una fuga, un modo di evitare ciò che è. Così il pensiero creerà il proprio condizionamento che impedirà di sperimentare il nuovo, ciò che non consoce. La paura è l’unica risposta del pensiero all’inconoscibile: il pensiero potrà chiamarla in mille modi, ma sarà sempre paura.

La mente è un fascio di interessi contrastanti, e il semplice rafforzare un interesse contro un altro è ciò che chiamiamo concentrazione, il processo della disciplina. La disciplina è la coltivazione della resistenza, e dove c’è resistenza non c’è comprensione. Una mente ben disciplinata non è una mente libera, ed è soltanto nella libertà che si può fare qualche scoperta. Ci deve essere spontaneità per scoprire i moti dell’io, qualche che sia il livello a cui ci si trovi. Attraverso l’autodisciplina la mente può rafforzarsi nel suo scopo; ma questo scopo non è che una proiezione e così non è reale. La mente crea la realtà a sua propria immagine e somiglianza e le discipline si limitano a dare vitalità a questa immagine.

Il desiderio di sperimentare deve cessare del tutto, la qual cosa avviene solo quando lo sperimentatore non si nutra di esperienze e del loro ricordo.

La conoscenza di sé va scoperta nell’azione dei rapporti; e ogni azione è rapporto. La conoscenza di sé non viene dall’isolamento, dal ritiro; la negazione di ogni rapporto è la morte. La morte è l’ultima resistenza.

L’ascolto è un atto completo. L’atto stesso di ascoltare porta con sé la sua libertà. Se tu ascoltassi, nel senso autentico dell’essere consapevole dei tuoi conflitti e delle tue contraddizioni, senza costringerli in un determinato modello di pensiero, forse essi cesserebbero. La mente è perennemente occupata in qualcosa; non è mai immobile e silenziosa per poter ascoltare il frastuono delle proprie lotte e sofferenze. Cerca di essere semplice e non tentare di diventare qualcosa o di catturare una qualsiasi esperienza.

Il desiderio di realizzazione è la causa della frustrazione e della paura, e arriverà a una fine solo quando vedremo chiaramente il significato di appagamento.
Divenire ed essere sono due stati enormemente differenti, e non possiamo passare dall’uno all’altro; ma con la fine del divenire, allora l’essere sarà.

L’esperienza è una cosa e la sperimentazione un’altra. L’esperienza è una barriera allo stato di sperimentazione. L’esperienza impedisce il fiorire della sperimentazione. L’esperienza è già nella rete del tempo, è già nel passato, è divenuta un ricordo che viene in vita solo come risposta al presente. La vita è il presente, non l’esperienza.
La mente è l’esperienza, il noto, e non può mai essere nello stato di sperimentazione; perché ciò che essa sperimenta è la continuazione dell’esperienza.
L’esperienza deve cessare perché la sperimentazione cominci.
Nello stato di sperimentazione, non c’è né lo sperimentatore né lo sperimentato.

L’accrescimento del sapere è come ogni altro accrescimento; offre una via di fuga dalla paura del vuoto, della solitudine triste, della frustrazione, dalla paura di essere niente. Mettere da parte il sapere è un invito alla paura; e rinnegare la mente, che è il solo strumento di percezione che abbiamo, è rendersi vulnerabili al dolore, alla gioia.
Essere ignoranti non è essere liberi del sapere. L’ignoranza è la mancanza di coscienza di sé; e il sapere è ignoranza quando non vi sia comprensione dei modi dell’io.
Le vie della mente non conducono alla verità e alla felicità che ne deriva. Sapere è negare l’ignoto.

I riti offrono ai partecipanti un’atmosfera in cui essi si trovano a loro agio; tanto i riti collettivi quanto quelli individuali danno una certa serenità alla mente; offrono un contrasto vitale col tedio e la monotonia della vita quotidiana. C’è una certa quantità di bellezza e di ordine nelle cerimonie, ma fondamentalmente, non sono che degli eccitanti; e come tutti gli eccitanti in breve ottundono la mente e il cuore. I riti divengono abitudine; divengono una necessità, e non se ne può più fare a meno. Questa necessità è considerata una rinascita spirituale, un raduno delle forze necessarie per affrontare la vita, una meditazione quotidiana o settimanale, e così via; ma se si osserva più attentamente questo processo, si vedrà che i riti sono una vana ripetizione, la quale offre un’evasione mirabile e decente dalla conoscenza di sé. Senza conoscenza di sé, l’azione conta ben poco.
La ripetizione di canti sacri, inni e litanie, di parole e frasi, fa dormire la mente, anche se di primo acchito sembra abbastanza stimolante. In questo stato di assopimento, si verificano delle esperienze, ma non sono che proiezioni di se stesse. La sperimentazione della realtà non viene in essere mediante nessuna ripetizione, mediante nessuna pratica. La verità non è un fine, un risultato, una meta; non la si può inventare, perché è un oggetto della mente.

Parlare di un altro, simpaticamente o con cattiveria, è un’evasione dal proprio io, e l’evasione è causa di irrequietezza.

Il pettegolezzo è un’espressione della mente irrequieta; ma il solo fatto di essere silenziosi non indica una mente tranquilla. Non possiamo immaginare la vita senza un problema; e più siamo assorti in un problema, più vivi crediamo di essere.
Il Preoccuparsi risolverà il problema? Per la maggioranza delle persone, una mente tranquilla è cosa piuttosto temibile; hanno paura di essere tranquilli, perché sa il cielo che cosa potrebbero scoprire in se stessi, e preoccuparsi è prevenire a ciò.
La difesa è resistenza, che inibisce la comprensione.
La comprensione viene dalla conoscenza di se stessi.

La contentezza non è mai il risultato della realizzazione, dell’ottenimento o del possesso di cose; non nasce dall’azione o dall’inazione. Deriva dalla pienezza di ciò che è, e ciò che è pieno non ha bisogno dell’alterazione, del cambiamento.
Essere consapevoli dello scontento è essere consapevoli di ciò che è, e nella sua pienezza c’è uno stato che può essere chiamato contentezza: non ha opposti.

Il desiderio ricerca sempre soddisfazione, realizzazioni, risultati, ed è questo movimento del desiderio che deve essere compreso, e non allontanato o sottomesso: senza comprendere le vie del desideri, un semplice controllo del pensiero ha ben poco significato.

Tutto il pensare non è altro che un’attività superficiale della mente.
La mente non è solo superficiale, ma è anche secolari movimenti sotterranei, non esiste una mente intera: è spezzata in tante piccole parti, l’una in opposizione all’altra. Impossibile integrare le sue piccole parti.

Una mente immobile e silente non è il prodotto della volontà, della disciplina, delle varie pratiche per soggiogare il desiderio; pratiche e discipline non fanno altro che rafforzare l’ego.
La mente invece deve essere vuota dal conosciuto affinché l’inconoscibile possa essere e rivelarsi.

Ci usiamo l’un l’altro per mutua gratificazione. La nostra relazione attuale è basata sul bisogno e l’utilizzo: una relazione con queste caratteristiche è intrinsecamente violenta, ed è la ragione per cui la vera base della nostra società è la violenza.

La scoperta dà gioia, non la gioia ricordata, comparativa, ma la gioia che è sempre nuova.
Tu vivi suoi morti, come quasi tutti facciamo.
L’ignoranza dei moti dell’io porta all’illusione; e una volta che siamo presi nella rete dell’illusione, è di estrema difficoltà uscirne.
È difficile riconoscere un’illusione, perché, avendola creata, la mente non può esserne consapevole. Ci si deve avvicinare ad essa in modo negativo, indiretto. A meno che non si conoscano le vie del desiderio, l’illusione è inevitabile. La comprensione viene, non attraverso lo sforzo della volontà, ma solo quando la mente è in pace.
La paura non è mai vinta da un atto di volontà, perché la volontà è il risultato della resistenza. Soltanto attraverso una coscienza passiva e tuttavia vigile c’è libertà dalla paura.

Preferiamo l’illusione al reale; l’idea è più attraente, più soddisfacente, e così ci aggrappiamo a essa.
In questo conflitto tra il cosiddetto reale e il cosiddetto falso noi restiamo imprigionati.
Le parole soddisfano perché ridestano sensazioni dimenticate; e la soddisfazione che danno è più grande quando le parole sostituiscono il reale.

Non osiamo restare senza un libro, inattivi, soli. Quando siamo soli, la mente è irrequieta, vaga dappertutto, si preoccupa, ricorda, si dibatte; così che non c’è mai solitudine, la mente non è mai tranquilla.
Una mente resa quieta dalla disciplina, dai riti, dalla ripetizione, non può mai essere vigile, sensibile e libera. La morte dell’esperienza è creazione.

Ci sforziamo di acquisire gratificazioni, che sono sensazioni. Il desiderio costante di gratificazione alla ricerca di nuove e sempre più sottile forme di sensazioni, viene chiamato progresso, anche se in realtà è solo conflitto incessante.
Il silenzio arriva solo con l’assenza del desiderio. E il desiderio è rapido, astuto e profondo. Il ricordo non rende possibile il dispiegarsi del silenzio, e una mente coinvolta nell’esperienza non può essere silente.

Il senza tempo si potrà rivelare quando moriremo ogni giorno, ogni minuto, e smetteremo di accumulare: l’ansia di realizzazione, con tutti i suoi conflitti, non potrà che eternare la paura della morte.
La consapevolezza senza scelta porta la comprensione di ciò che è.

Le sensazioni sono della mente, come lo sono gli appetiti sessuali. La mente genera brama, la passione, attraverso il ricordo, da cui trae sensazioni gradevoli. La mente è la creatrice dei problemi, e così non può risolverli.
Colui che pensa è colui che sceglie, che cioè si schiera invariabilmente dalla parte del piacevole, della cosa grata e pertanto sostiene il conflitto; potrà liberarsi di un particolare conflitto, ma c’è il terreno adatto per un ulteriore conflitto.
Quando egli sperimenti direttamente il fatto di essere la sua stessa solitudine, soltanto allora potrà esservi liberazione dalla paura. La paura esiste solo in rapporto a un’idea, e l’idea è la risposta della memoria come pensiero. Il pensiero è il risultato dell’esperienza.
Il piacere a qualunque livello è sempre lo stesso; non c’è piacere più e meno elevato.
Essere consapevoli di un’abitudine senza sceglierne o coltivarne un’altra, significa la fine dell’abitudine.
Quando la mente è occupata con le proprie sofferenze, speranze e paure, non c’è spazio per la libertà, che può esistere solo senza sofferenze, speranze e paure.
Una mente attiva è silente, consapevole e senza alternativa.

La volontà è desiderio diretto a uno scopo, finalistico. Se non si comprende il processo del desiderio, il solo dominarlo è un invito a ulteriore arsione, ulteriore sofferenza.

L’interpretazione non è comprensione.
Voi potete cercare soltanto quello che già sapete, che è ulteriore piacere.
Voi lottate per divenire qualcosa, e quel qualcosa fa parte di voi.
Il nostro ascolto è sempre accompagnato da un preconcetto o da un particolare punto di vista.
Ascoltiamo con piacere o con una certa resistenza, afferrando o respingendo, e allora non c’è più ascolto. Per ascoltare si deve avere un’attenzione rilassata.

Se veramente vuoi trascendere ed essere libero dal desiderio bruciante, allora devi comprenderlo totalmente, senza condannarlo né accettarlo; ma questa è un’arte che si affina solo attraverso l’osservazione attenta temperata dalla passività profonda.
Amore significa essere in comunione diretta.

La verità giunge in silenzio, senza che tu te ne accorga. Ciò che conosci non è la verità, è solo un’idea, un simbolo: l’ombra non è il reale.

Avere successo è sempre fallire. Avere la ciotola vuota è avere una vita che è senza morte.
Vivere significa essere senza speranza, senza la preoccupazione del domani; e non è disperazione o indifferenza.
Devi osservare in maniera attenta e passiva le tue reazioni e risposte abituali; devi semplicemente esserne consapevole, senza resistervi; osservarle senza fare nulla. L’osservazione passiva attenta e vigile è libera dalla difesa, dalla chiusura delle porte.
Vivere felicemente significa vivere senza speranza.

Discipline, rinunce, distacchi, riti, esercizio della virtù, tutte queste cose, per nobili che siano, sono il processo del pensiero; e il pensiero può solo operare verso un fine.
La mente può tacere solo quando non sperimenta, ossia non definisce o nomina, non registra e non accumula nella memoria.


Fonte: Liberarsi dai condizionamenti, Krishnamurti

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