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martedì 23 giugno 2015

Noi siamo il nostro corpo – Mauro Sartorio

… l’individuo che si trovasse improvvisamente di fronte al leone potrebbe, del tutto in automatico, serrare la gola, bloccare il respiro e indietreggiare bruscamente.
In seguito, in una successiva minima frazione di tempo: le contrazioni muscolari, le tensioni, le reazioni speciali di ogni organo del corpo e ogni informazione cenestesica, vengono tradotte e recepite in forma di emozione (come paura, sgomento, rabbia …), con tante sfumature di “colore” quante sono le infinite combinazioni possibili tra i processi biologici attivi in un dato istante.
Di fronte al leone, una traduzione emotiva generica dello stato fisico potrebbe essere “terrore”.
Solo in ultimo, e relativamente molto più tardi: le informazioni sensoriali, acquisite e registrate nei tessuti con la reazione organica, iniziano a comporsi in immagini mentali. Si aggregano tutte le sensorialità, dalla visiva all'olfattiva, alla uditiva creando l’immagine mentale del leone.

Mettendo ora da parte il leone, provo a rimanere in un ambito più quotidiano: immagina di stare per attraversare la strada e, inaspettatamente, di rischiare di essere investito.
La reazione immediata è un salto indietro sul marciapiede con il cuore in gola e gli occhi sbarrati; una frazione di secondo dopo un’ondata di paura che attraversa il corpo; dopo qualche istante inizi a prendere coscienza di cosa è accaduto, di cosa sarebbe potuto accadere, e di quante parole hai in testa da urlare al pirata della strada.
Questa è la successione temporale, nella tua esperienza in quell'istante, della rappresentazione vegetativa/motoria, quindi emotiva e poi mentale di uno stato corporeo.

Ricordi e emozioni non sono cose che vengono dalla testa: il cervello non è altro che un organo di controllo costituito da un agglomerato immenso di interruttori (la famosa stanza dei bottoni).
Ricordi e emozioni sono, nell'essenza, registrati in tutto il corpo.

… tutte le cosiddette malattie sono fasi di fisiologia speciale, e non ci sono sintomi forti e notevoli senza che si sia in presenza di un comportamento ripetitivo che faccia perdurare il programma biologico, con la conseguente cumulazione di sintomi cronici anche molto gravi.

Tutto ciò che chiamiamo malattia è dunque un programma biologico che perdura nel tempo.

Quando l’organismo è preso in contropiede
da un qualche rischio per la sopravvivenza,
reagisce in automatico con speciali programmi fisiologici
appresi nell'evoluzione.
L’espressione sintomatica di questi processi 
è ciò che chiamiamo “malattia”.

… l’emozione è infatti solo una successiva conseguenza del livello biologico, ne è l’ombra.
… è la percezione della cosa, e non la cosa in sé, ad attivare la risposta biologica.

Per evitare l’antico dolore instauriamo strategie
che si consolidano in routine di comportamento.

Si dice che il corpo parla, ascolta il tuo corpo”; in effetti non è che il corpo stia comunicando alcunché con l’obiettivo di attirare l’attenzione ed essere salvato, ma i sintomi che manifesta sono sempre il risultato di:
  •  il permanere in un gabbia,
  • la quale mantiene un’attitudine ripetitiva,
  •  che non permette al corpo di adattarsi alla vita come sa fare,
  • e costringerlo alla ricerca di un equilibrio, necessario per la sopravvivenza, attraverso programmi biologici di emergenza strutturati nell'evoluzione.

Le routine generano gabbie percettive invisibili
Nelle quali il passato si ripete senza fine.



Fonte: Noi siamo il nostro corpo, Mauro Sartorio

lunedì 8 giugno 2015

ESERCIZI PRATICI DI PSICOGENEALOGIA – Ann Ancelin Schützenberger

… Ho l’abitudine di dire che gli esseri umani sono come le mucche: ruminano e lo fanno per tutta la vita e per molte generazioni. Ruminano i propri segreti di famiglia, i propri lutti non risolti e le felicità passate, i sentimenti d’ingiustizia, i rancori, ecc. è una storia familiare che si ripete fino a coloro che smettono di ruminare, fino alla rivelazione del segreto.

L’intergenerazionale è ciò che accade tra diverse generazioni, nel corso di una vita, in maniera chiaramente detta o evidente. Ad esempio, un notaio trasmette la propria carica a uno dei suoi figli.
Il transgenerazionale è come una “patata bollente”, che passa di mano in mano e di generazione in generazione, e che brucia tutte le mani per le quali passa.

Non subite più la tensione dei lutti non elaborati (L’effetto Zeigarnik)
Cercate di ricordare. In seguito a un avvenimento grave, a un decesso o a un’offesa, non avete rimuginato a lungo su ciò che era accaduto o rimpianto quel che non era successo? Ad esempio: “Ah, se fossi partito prima, sarei arrivato prima che morisse”.
Questo ruminare al condizionale, che somiglia a un ritornello, può essere considerato come la conseguenza di un lutto non elaborato, di un percorso incompiuto o interrotto (Bluma Zeigarnik), che genera una tensione psicologica ed energetica che è necessario bloccare.

Questo effetto tormentoso legato agli incompiuti è oggi noto con il nome di effetto Zeigarnik.

La difficoltà sta nel dover elaborare il lutto in nome di generazioni che ci hanno preceduto, chiudere con il passato.

Come potreste fare per fermare questo rimuginare e voltare pagina? Dipende da ciascuno e da quanto è accaduto. Potete perdonare, certamente, ma non è l’unica soluzione. Ne esistono altre, che sono atti simbolici. L’importante è fare qualcosa.
Françoise Dolto, ad esempio, faceva scrivere su fogli di carta ciò che non andava, poi il foglio veniva sotterrato al cimitero o bruciato, per farla finita col passato.
Oppure si può cantare una ninnananna, per sciogliere la tensione legata alla morte di un bambino avvenuta secoli prima, magari ai tempi delle Crociate.
Oppure è possibile piantare un arbusto o una pianta, su una curva della strada che per qualcuno a cui si teneva si è rivelata mortale.
O ancora, restituire una parte di eredità ricevuta ingiustamente.
Non esiste una ricetta miracolosa. Sta a voi inventare, con i vostri propri mezzi, la reazione che vi converrà.

Aprite “il grande libro dei conti” della vostra famiglia (Lealtà familiari invisibile e inconsce)
Nel tracciare il vostro genosociogramma, vi troverete a interrogarvi sulle lealtà familiari che vi riguardano, aprirete “il grande libro dei conti” chiarirete il tipo di giustizia, e d’ingiustizia, che vige nella nostra famiglia, vedrete quali sono i modelli familiari su cui fate riferimento e chi li incarna.

Regole familiari: 4 domande da porsi, semplici ma cruciali

Quali sono le regole della famiglia?
Chi le elabora?
Chi detta le regole?
Chi le trasmette?

Uno psichiatra americano di origine ungherese, Iván Böszörmenyi-Nagi (1920-2007), all’inizio degli anni ’70 ha creato il concetto di “lealtà familiare invisibile”, un tipo di lealtà che ho a mia volta allargato all’inconscio.

Diventare adulti: essere liberi delle proprie scelte

La maggior parte delle persone agisce come gli è stato insegnato; altri fanno esattamente il contrario.
Ma cosa accade se faccio il contrario di ciò che facevano i miei genitori, che a loro volta hanno fatto il contrario dei loro genitori? Ebbene, mi ritrovo a fare la stessa cosa che facevano i miei nonni! E, anche in questo caso, non si muove comunque nulla. Credevo di liberarmi dei miei genitori opponendomi a loro, ma ho semplicemente creato con loro un legame di opposizione. Il nostro specifico interesse sta nel trovare una risposta che sia nostra, personale e non identica o all’opposto.


Quando si fa il proprio genosociogramma su sette o otto generazioni e vi si scrivono gli avvenimenti importanti (positivi o negativi), si può vedere finalmente chi sono gli uomini e le donne che hanno segnato la storia familiare come modelli irraggiungibili o inaccessibili, magari con il rischio di scoprire che ci sono modelli con i piedi di argilla e che il tale ammirevole bisnonno era invece incestuoso o pedofilo, cosa di cui è proibito parlare in famiglia. 


Fonte: Esercizi pratici di Psicogenealogia – Ann Ancelin Schützenberger



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