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lunedì 18 novembre 2019

Il ricordo di Sé - Robert Earl Burton

L’attrito

L’immaginazione e l’identificazione sono due consueti avversari del ricordo di sé. Ci tormenteranno per tutta la vita e si impadroniranno dello spazio che dovrebbe essere riservato al proprio sé.

Per svegliarsi si deve produrre tensione nella macchina, ma la maggioranza della gente dorme e non produce abbastanza tensione da trasformare e quindi da potersi risvegliare.

Quando l’attrito diventa estremo possiamo soccombere o diventare indifferenti.
Quando l’attrito è intenso possiamo dimenticarci che si tratta di un dramma; quando cessa, ci rendiamo conto che lo shock aveva lo scopo di fare luce sull’identificazione e sviluppare i centri superiori. Non c’è modo di evitare la sofferenza, con o senza scuola. C’è stato dato un cuore che può sopportare molta sofferenza.
Qualche volta è impossibile prendere le distanze dalla negatività che stiamo provando. Il controllo, però, comincia dall’osservazione. Come suggerì Rodney Collin, quando si è identificati e sotto grande stress, bisognerebbe cercare di ricordare che si ha a disposizione un’alternativa più alta: il ricordo di sé. Quando un uomo numero quattro trasforma la sofferenza, è come se stesse facendo il lavoro di un uomo numero cinque non ancora completo.

Come si può attrarre su di sé l’attrito necessario per essere più svegli?
Introducete nella vostra vita della sofferenza volontaria che non sia appariscente. Le pressioni artificiali aiutano a ricordare sé stessi. Trovate dei modi per fare più sforzi: non sprecate tempo.

La propria moralità meccanica pensa che l’attrito sia una punizione, ma l’Influenza C elargisce la sofferenza non per punire, bensì per dare l’opportunità di trasformarla in un corpo astrale e in un’anima. Lo scopo non è quello di soffrire; tutti soffrono. Lo scopo è trasformare la sofferenza in un corpo astrale.
Se ricordiamo noi stessi mentre proviamo attrito, assimileremo la sofferenza.

Opporre resistenza all’attrito è meccanico, trasformarlo è divino.

Il solo sopportare l’attrito indica che si è raggiunto il livello di maggiordomo. 


Fonte: Il ricordo di Sé - Robert Earl Burton





https://www.macrolibrarsi.it/libri/__il-ricordo-di-se.php?pn=2028

lunedì 12 agosto 2019

Il ricordo di sé – Robert Earl Burton

Come possiamo fotografare con precisione l’energia sessuale?

Nella macchina il centro sessuale è il deposito di energia. Appartiene a un diverso ordine di creazione rispetto agli altri quattro centro inferiori.
Il centro sessuale è un meccanismo destinato a raffinare i materiali, incluso il cibo che si consuma, l’aria che si respira e le impressioni che si ricevono. Meccanicamente assiste i quattro centri inferiori, ma il suo obiettivo più alto e invisibile è di essere utilizzato per ricordare sé stessi.
Il centro sessuale trasforma gli idrogeni in energia più raffinata e, grazie al ricordo di sé, i prodotti della trasformazione entrano nella ghiandola pineale, chiamata da Descartes “il Trono dell’Anima”. Il lavoro sbagliato dei centri usa malamente l’energia sessuale. È difficile fotografare il centro sessuale per via dell’alta velocità a cui opera, ma una spia che può metterlo in evidenza è l’aumento di fervore nelle proprie attività. Se, per esempio, ci si muove troppo velocemente e ci si sente elettrici, vuol dire che il centro sessuale è entrato in uno o più centri. In generale, ciò succede quando uno ha riposato troppo e non si è sforzato abbastanza durante il giorno. Ci si può liberare dell’energia sessuale in eccesso rimanendo svegli più a lungo. Se ci si è proposti di andare a letto a mezzanotte, si può cercare di aspettare fino all’una. Si può usare l’energia sessuale per i quattro centri inferiori o per quelli superiori, o per entrambi. Noi cerchiamo di servircene principalmente per i centri superiori e usiamo l’energia sessuale al meglio quando trasformiamo le emozioni negative in un corpo astrale. La maggior parte della gente si serve dell’energia sessuale per la procreazione, che rappresenta un’espressione incredibile del centro sessuale e degli altri centri. La procreazione è in un certo senso sublime; sublime fino al punto che la stragrande maggioranza dell’umanità è poco o nulla propensa ad andare oltre, verso il divino. Il sesso, come la religione, mantiene l’uomo addormentato. Il sesso ha una sua collocazione; un’anima in ascesa può riuscire bene con o senza di esso. L’uomo saggio se ne serve principalmente per creare il suo corpo astrale.
Se controlliamo l’immaginazione e l’espressione delle emozioni negative, si trasforma l’energia sessuale, poiché non si può opporre resistenza a queste forme ostinate di meccanicità senza ricordo di sé.
A un certo livello il centro sessuale è destinato ad accendere la ghiandola pineale, la sede dell’anima, attraverso la trasformazione dell’energia sessuale. La natura ha dotato l’uomo di un’enorme quantità di energia sessuale e in natura, quando da un singolo albero viene lasciato cadere un grande numero di semi, ci troviamo di fronte a un disegno simile; ogni singolo seme potrebbe diventare un albero, ma pochi in realtà lo divengono. Generalmente il centro sessuale può essere fotografato solo dai centri superiori e anche così si tratta di un processo difficile per via della natura esclusiva di questo cervello.
Tutte le nostre manifestazioni dipendono dall’energia del centro sessuale. I centri superiori, l’essenza e la personalità richiedono l’energia del centro sessuale, così come le emozioni negative, l’immaginazione e l’identificazione. In tal modo le nostre vite si basano sullo sforzo di indirizzare le energie del nostro centro sessuale ai centri superiori. L’energia sessuale può essere usata per l’unione fisica, per la trasformazione o per entrambe.
Più si parla, meno sono le probabilità di attuare ciò di cui si sta parlando, perché le parole hanno la tendenza a sostituirsi alla realtà. Possiamo insegnare con le azioni altrettanto bene con le parole. Siate riconoscenti quando le parole che scambiamo fra di noi diventano essere.

Fonte: Il ricordo di sé – Robert Earl Burton





giovedì 4 luglio 2019

THE HIDDEN WORK

IL LAVORO SEGRETO (traduzione: Fabio Pellegrini)

CAPITOLO 1

UN FRAMMENTO SU PERGAMENA

Anche se sapessimo qual è lo scopo delle vita umana sulla terra, conoscere il vero scopo della nostra vita sarebbe una motivazione sufficiente per iniziare davvero a lavorare?

Immaginiamo di essere gli unici umani sopravvissuti sulla terra.
Un giorno, aggirandovi tra le rovine di una precedente civiltà, scoprite un misterioso frammento di pergamena contenente dati riguardo a qualcosa che era evidentemente chiamata Preghiera Assoluta, della quale voi, nella presente generazione, non sapete assolutamente nulla.

Non solo questa conoscenza non vi è giunta per vie ordinarie, ma neppure ne potete determinare la validità con mezzi ordinari … cioè, mediante la ricerca, poiché tutte le biblioteche sono andate distrutte. Tutti gli scienziati, i santi e i loro discepoli sono morti. Voi siete gli unici sopravvissuti.

Voi, gli abitanti del futuro, vi siete radunati poiché questo frammento contiene un’idea molto importante che, se vera, descrive una situazione davvero disperata.
In una parte, il frammento dice:

l’Assoluto necessita di una speciale attività
chiamata Preghiera Assoluta che non può essere
eseguita da nessun altro essere che l’uomo, il
quale è un essere a tre centri con una macchina
biologica risvegliata.

Per qualche inimmaginabile ragione, noi della
nostra generazione non sappiamo perché, durante
tutta la storia degli esseri umani si riteneva che un
certo tipo di preghiera avesse un preciso valore
per l’Assoluto.

Ed anche se oggi noi non conosciamo
esattamente lo scopo della Preghiera Assoluta né
quale valore essa possa assumere in relazione
all'Assoluto, sappiamo come era eseguita ed
abbiamo alcune serie indicazioni che molti santi e
messaggeri l’abbiano ritenuta così importante da
rischiare la vita per reintrodurla nella vita
dell’uomo.

Così dice il frammento dei dati che avete rinvenuto scritto su un misterioso pezzo di pergamena proveniente da una passata civiltà della quale niente è sopravvissuto fino ai nostri giorni, e dalla quale siete completamente separati da un certo disastro; non conoscete nulla della loro scienza, né della loro arte, filosofia e religione.

La pergamena è danneggiata ed interrotta, ma più in basso seguita così:

… ma l’Assoluto non necessita di ordinaria
preghiera soggettiva, cioè a dire supplica perché
qualche favore personale venga accordato
dall'Assoluto per gratificare il supplicante, ma di
preghiera che è il contrario di ciò che si intende
normalmente. Nessuna preghiera che l’uomo
ordinario esegue in qualsiasi modo ordinario sarà
sufficiente ad alleviare la sofferenza dell’Assoluto.

La vera preghiera è un’attività tecnica, non
necessariamente divertente o comprensibile. Le
idee ordinarie riguardo alla preghiera non si fondano su alcuna realtà.

La Preghiera Assoluta è un’attività
completamente differente ed appartiene ad una
categoria del tutto nuova; richiede il temporaneo
passaggio di coloro che eseguono questo servizio
in dimensioni molto più alte, a beneficio
dell’Assoluto.

L’esatto metodo tecnico per la Preghiera
Assoluta inizia come seg …

Qui improvvisamente il frammento termina. Non resta nessuna biblioteca, nessun museo, nessuna chiesa, nessun documento storico oltre quest’unico frammento di una sconosciuta civiltà del passato.
Adesso voi comprendete che l’Assoluto ha bisogno di qualcosa da voi, ma non sapete esattamente cosa. Come farete a scoprire cosa dovete fare? Fondamentalmente, questo è il punto dove tutti ci troviamo.

Fonte: The Hidden Work by E.J. Gold. Intro. by Lee Lozowick









domenica 10 febbraio 2019

La città Mirabile - Enzo Coffani

Ho terminato di leggere questo romanzo verso la fine di gennaio (2019).
E' con molto piacere che mi accingo a proporne un estratto. L'opera presenta una visione molto gurdjieffiana della condizione umana accompagnando il lettore lungo le varie "Ottave".  

A fine pagina è possibile essere indirizzati al link per la lettura integrale del libro. 

Buona lettura!

Capitolo sesto - L'uomo salame

Il pittore, che salmodiava l’incredibile racconto con gli occhi verso il basso, in atteggiamento compunto e con lievi ondulazioni del tronco, come in certe invocazioni ebraiche, d’un tratto drizzò gli occhi in quelli di Guido e, avvicinandosi d’un passo, lo ghermì per il braccio.

«Ora, caro signore, per esigenze sulla cui necessità io non mi permetto di sindacare, anche se il tempo è contro di noi, io reputo doveroso che lei ascolti la fine del mio racconto, per null’altro che per sua informazione; ed apra bene le orecchie perché queste notizie sono destinate a lei. Il suo caro amico deve aver ricevuto altrove e molto tempo fa le medesime indicazioni, ed a quanto vedo, ora egli non è più un uomo salame, benché senz’altro la sua condizione attuale sia probabilmente più dolorosa. Ma egli non è più un pezzo di carne come lei e come me. E sa come l’ho riconosciuto? Di norma un uomo salame quale io sono non è in grado di vedere che altri salami come lui, dentro quell’immensa cantina di salumi di proprietà privata della Luna, chiamata Terra. Ma, veda, questo quadro l’ho dipinto esattamente 43 anni fa e l’avrò illustrato ad alcune centinaia di persone in questi anni. Si dev’essere formata una sorta di capacità nel mio cervello, che mi consente, grazie probabilmente a questo esercizio continuo di osservazione e colloquio con le persone che si sono via via dimostrate interessate ai concetti sottesi al mio squallido dipinto, di riconoscere coloro che non sono più uomini ordinari, senza tuttavia sapere nulla delle caratteristiche di queste persone non più meri manicaretti per la Luna».

«D’accordo, lasci il braccio, però, ascolterò quello che mi vuole dire... Tu, ne sai qualcosa? Ma cosa dice?»

«Sì, ascoltiamolo, non ci costa nulla» mormorò con il viso disteso e quieto.

«Orbene, visto che, scelleratamente, siete affetto anche voi dal morbo moderno della velocità, cercherò di condensare la mia trattazione informandovi del fatto che, quando mi riferivo al posto più buio dell’universo, intendevo dire che la Luna è quanto di meno intelligente ci sia. E, non si sconvolga, al secondo posto in questa triste classifica, abbiamo la Terra. Il nutrimento indicato e prediletto dal nostro tanto cantato satellite è l’uomo salame. Abbiamo notizia delle crisi bulimiche lunari quando sulla terra scoppia una guerra, che sarà vasta in proporzione all’intensità dell’accesso di fame. Ma, normalmente, va detto che si accontenta dei normali decessi e di succhiare certe sostanze, continuamente, anche dai vivi. Per aiutarla a comprendere, si figuri l’uomo ordinario come una noce di cocco che, cava e con latte all’interno, venga raggiunta da una cannuccia che si tuffa nel latte e la cui altra estremità arriva dritta nella bocca della Luna. Proprio così, siamo il drink perfetto per il sostentamento e l’adolescenza di questa affamatissima neonata cosmica. E le sostanze di cui va ghiotta sono quelle di cui noi continuamente disponiamo per edificare i nostri corpi sottili, ma che sprechiamo non sapendo come fare per generare quelle pressioni enormi, dentro di noi, che servono alla produzione del diamante, o, come preferisce lei, dell’anima. Ora, l’uomo salame, finché rimane salame, non ha la minima possibilità di sottrarsi alle fauci della Luna. Ella lo mungerà tutti i giorni della sua vita ed alla morte egli sarà distrutto per sempre. Ho detto distrutto. Si decomporrà e, non avendo costruito alcun corpo sottile in grado di resistere alle leggi che regolano la vita terrena, di lui non rimarrà la minima traccia. Tuttavia, ad alcuni uomini è dato di rendersi superficialmente conto di essere delle bistecche, un po’ complesse certo, ben guarnite, ma pur sempre delle bistecche pronte, in un piatto. Succede quando si ha la fortuna di avere un enorme dolore cosciente. È necessario avere un dolore enorme, ma dev’essere cosciente. Ogni forma di occultamento dev’essere sbandita senza por tempo in mezzo. È così difficile che reputo la coscienza del dolore tutto sommato un caso. Date queste due condizioni, l’uomo è ad un bivio: cercare di aumentare la coscienza di essere un nulla senza alcuna anima, un pezzo di arrosto, sacrificando progressivamente ogni e qualsiasi opinione su se stesso fino a riposare sulla propria assenza totale, oppure stordirsi, e continuare ad essere un salamaccio infame in attesa di essere addentato. Ed il mondo è imbandito per offrire ogni genere di stordimento. Capirà, è nell’interesse della Luna. Ha capito, caro lei?»

«Sì, mi pare di aver capito».

«Lei non ha capito un bel nulla, ma ora, invece di fischiettare, userò delle vere e proprie trombe di Gerico. La situazione che ho descritto or ora, dell’uomo che, per somma casualità, ha avuto piena coscienza di un enorme dolore ed ha dunque preso superficiale coscienza di essere un tacchino nel giorno del Ringraziamento, è precisamente ed indubitabilmente la sua condizione attuale. Come non mettere in relazione la terribilità del sogno riguardante sua figlia, del sogno della sua condanna a morte per eccesso di umidità nella casa, con i benefici ma dolorosi influssi esercitati da un autentico nemico della Luna quale il suo accompagnatore è? Le esigenze della Luna la invitavano al torpore, all’oblio dell’angoscioso dolore della vita spezzata anzitempo di sua figlia, le consigliavano di rimuovere qualsiasi ricordo ma, per una benefica casualità, lei ha incontrato Angelo. Veda, Acqua e Luna sono sinonimi, diciamo che l’acqua è la cannuccia attraverso cui la Luna succhia il nostro latte. Ricorda come l’acqua nelle sue visioni fosse presentata come minacciosa e potente, nel caso del fiume che ha inghiottito sua figlia, o viceversa insinuante e nascosta, ma ugualmente letale, come nel caso dell’umidità? L’influenza sottile di questo benemerito, suo malgrado, benefattore, le presentava, agendo con immagini di portata emozionale intensissima, la ferocia della Luna, e la pone oggi ad una soglia: potrà rimanerci come lo sono io da 40 anni e più, potrà morire senza che questo faccia la minima differenza in ordine alla sua distruzione completa, oppure qualcosa di ulteriore potrà accadere, anche se il soffio del tempo ci pone tutti quanti letteralmente con l’acqua alla gola. Con questo, mi congedo da voi». 

Fece un inchino e tornò al suo caffè. Chissà se l’amico che gli porgeva la tazzina era anche lui un salame.

Capitolo settimo - Gli inganni della Luna

«Non capisco perché l’acqua, considerata fonte di vita, è stata descritta come l’arto rapace di un’assassina, come una mortale cannuccia».

«È una questione di proporzioni. Il nostro creatore non ha, come erroneamente si crede, un occhio di riguardo per la specie umana, ma tutto emana da lui, massima luce, degradando fino al massimo buio, e gradualmente riacquistando luce, per tornare a lui. Come ti diceva il pittore, la Terra è, dopo la Luna, il posto meno intelligente, o cosciente, o luminoso, dell’universo. Quindi noi siamo sostanza divina quasi massimamente degradata e, dopo aver raggiunto la più elevata degradazione possibile, cioè dopo essere stati mangiati dalla Luna, riconquisteremo gradualmente coscienza, fino a completa ricongiunzione con l’Assoluto. Questo avviene automaticamente. Per tornare alla tua domanda, l’acqua è una funzione di questo automatismo, è necessaria e benedetta. Solo per l’uomo che voglia sottrarsi a questo meccanicismo essa è una grande maledizione, poiché spinge verso la massima involuzione, cioè la Luna, invece di permetterci di raggiungere il successivo grado di intelligenza che, rispetto alla Terra, è il Sole. Nel piccolo vale la stessa cosa: tu potevi scegliere a quale influenza esporti, e ti sei esposto alla mia, che, rispetto a te, è solare, nemica dell’acqua, nemica della Luna. L’universo è un grande gioco di scatole cinesi che ubbidiscono alle medesime leggi, un’infinita serie di matrioske. La nostra opportunità consiste nell’accelerare un ritorno che, comunque, avverrà. È solo una questione di tempo, anche se il tempo per potersi assoggettare all’una o all’altra influenza, lunare o solare, sta finendo».

«Da cosa capisci che sta finendo?»

«Dalla Luna, la sua fame è imperiosa, le acque stanno salendo, sta apparecchiando il tavolo, preparando i coltelli, disponendo i piatti. Vedi questo pantano? Quant’è che siamo su questo sentiero? Due ore? E la terra era secca e riarsa mentre ora è greve e imbevuta d’acqua. Il tempo sta finendo».

«E quando il tempo finirà cosa succederà?»

«Non lo so, non sono più un uomo salame, ma non sono così evoluto da saperlo, mi sembra ragionevole continuare a passeggiare, se sei d’accordo».

«C’è una cosa che mi ha fatto una profonda impressione, una cosa che ha detto il pittore ma che poi ha lasciato cadere: la Luna figlia di una violenza, ti ricordi? Ha detto proprio così, che avrà voluto dire?»

«La Luna è un imprevisto, è una figlia non voluta, è figlia di un errore. È nata dalla collisione fra una cometa e la Terra, e la Terra, come ora sai, si occupa del suo mantenimento e della sua crescita. Certamente quello scontro non doveva esserci e la Luna sarebbe dovuta nascere molto tempo dopo. Diciamo che la Terra è una ragazza madre che nutre, con grossi sacrifici, la figlioletta prematura».

«Perché fai tutto questo? Dunque per te costruire mobili è una vocazione».

«Costruire mobili è il mio modo di oppormi all’acqua della Luna. Grazie ad uno stato interiore che conseguo prima e durante la costruzione, e rispettando certe regole che riguardano le proporzioni del manufatto, sono in grado di trasmettere la mia influenza a grandi distanze, così che il proprietario, per rimanere assoggettato al mio influsso, non debba necessariamente essere in relazione costante con me. Questa è la mia speciale abilità, ma non si tratta di vocazione, semplicemente è l’unica cosa sensata che posso fare finché sono nella presente condizione, e cioè non più salame, ma nemmeno ancora qualcos’altro. Quindi il mio destino, finché non sarò stabilizzato in un superiore grado di essere, non può essere che quello di aiutare altri uomini a liberarsi dalla "salamità", così come il Sole aiuta la Terra ad elevarsi alla sua intelligenza, e la Terra aiuta la Luna ad elevarsi al suo grado di coscienza, in una perpetua catena».

Lungo il fiume, chiazzato di sole, scivolava una barca snella, dalla lunga prua e dal legno scuro. Dietro, a reggere la barra del timone, un uomo osservava i passanti e i quadri che gli davano la schiena.

«Ehi voi, gente! Che guardate? Non c’è più niente da vedere, ormai. Guardate la mia barca, gente! Robusta, agile, l’avevo costruita per questa smisurata deriva, per questo eterno corso d’acqua, per un perfetto scivolamento infinito. Ma come potevo sospettare, gente! Come potevo sospettare che lo scorrere avesse un termine? E, se ha i fianchi snelli per insinuarsi fra le rapide, se è leggera per evitare i massi affioranti, quanto le potranno servire queste sue qualità quando affronterà la grande cascata all’incontrario? Nessuno l’ha mai vista, nessun marinaio ne ha raccontato o scritto, gente! Tutti i fiumi vanno verso una grande pentola d’acqua, e qualcuno ha già buttato il sale! Manca poco, gente!»
Qualcuno agitò la mano in segno di saluto. Il barcaiolo mollò la barra del timone e si mise in piedi, con fare solenne, un po’ ingobbito.

«Non sono mai riuscito a volervi bene, gente! Ciao! Ciao!» E scivolò oltre il ponte, accompagnato da molti sguardi, riparati dal sole con una mano, come un goffo saluto militare.

«Nemmeno io sono mai riuscito a voler bene alla gente» commentò Guido.

«È normale, sai? L’odio è un interesse economico ben preciso. Ma non te ne crucciare adesso: tu non ne hai nessuna colpa. Non ci pensare, non ci pensare».

«Non ci penso, faccio già fatica a camminare con questa fanghiglia che si appiccica alle suole come una ventosa». Un cagnolino affondato nella melma, riposava, guardando gli uomini, senza fare una piega.

Com’era lontano e inutile anche solo il giorno prima! Sembrava come se, ad ogni passo, una parte della memoria abbandonasse il cervello per consegnarsi all’abbraccio della terra imbevuta d’acqua, spugnosa e indistintamente famelica. Guido guardò ai suoi simili, un po’ più radi, e ai loro contorni, nella prima luce del tramonto.

«Tu, per esempio, che hai una faccia così interessante, e anche una certa altezza, perché non ti interessi di teatro? Noi stiamo cercando una nuova persona per il nostro balletto moderno, ma non ti preoccupare: non si tratta proprio di un balletto, è una cosa che puoi fare anche se non hai coordinazione né ritmo. Per farlo non serve nulla, basta la tua sola volontà: noi non ambiamo a niente di speciale, è un modo per stare insieme, non ti pare che sia già un buon motivo per fare teatro, lo stare insieme? E comunque vieni con me che ti faccio vedere, dai! Non essere timido, non ce n’è motivo, anche se la timidezza alla fine è una bella cosa, no? In questo mondo sempre così arrogante e violento, la timidezza è una cosa buona, non trovi? Dai, vieni, cosa aspetti?» Una ragazza minuta, con i capelli ricci fermati da una specie di pennarello, occhi azzurri sparati nei suoi, vitrei. Sotto gli occhi, un sorriso smagliante. Aveva intercettato Guido letteralmente tagliandogli la strada. Pantaloni aderenti scamosciati, camicetta di sciarpe cucite insieme, anellone di legno intagliato al collo, una specie di mantellone alla D’Artagnan sulle spalle.

«No, signorina, grazie – le rispose Guido con un sorrisetto imbarazzato – non ho mai saputo recitare e poi stiamo guardando i quadri».

«Però scommetto che ti è sempre piaciuto il teatro, del resto il tuo viso, si vede benissimo, è adatto alla recitazione. Molla gli ormeggi, lascia fluire la tua creatività, e se anche porterà con sé del dolore potrai sempre condividerlo con noi. La condivisione è importante, bisogna superare i particolarismi, gli scetticismi, lasciare che sia il gruppo a gestire il tuo dolore. È una conquista, sai? È una grande lezione. E noi cerchiamo di impararla insieme. E poi noi facciamo anche degli incontri. Sono belli, gli incontri, c’è gente giustissima che riceve con grande rispetto le tue esperienze. È un grande successo del collettivo quando uno offre le proprie esperienze per il bene della comunità. Non è così?»

«Senz’altro ma... come le dicevo... adesso non posso, non me la sento, però magari, un’altra volta».

La ragazza assunse un’espressione come di navigata saggezza: lo sguardo perso oltre le spalle di Guido, il capo leggermente reclinato, una leggera smorfia di dolore.

«Ci sono treni che passano una sola volta, è importante decidere subito. Vieni anche solo a vedere. Aspetta, ma non è che ti vergogni perché sei anziano? Sciocco, non devi, nel nostro gruppo siamo tutti uguali, non c’è nessuna differenza. Ognuno ha gli stessi identici diritti, nessuno ti farà sentire un peso solo perché hai molti anni in più, e poi, guarda, uno di noi è perfino più anziano di te, credimi , ti troverai bene, è così saggio, lo ascolterei per ore, e anche tu, mi sembri un uomo con molto da dire e da dare. Ci piace tanto ascoltare le sue rievocazioni: del resto, il passato è così affascinante. Senza il passato non si può capire il presente, è vero o no? E poi, il passato è così terribilmente romantico, io me ne sto persa per ore a rievocare certi viaggi, certe sensazioni della mia infanzia, l’età dell’oro. Anche tu: vieni a raccontarci i bei tempi che furono, raccontaci la tua infanzia. Quanti tesori che non devono essere dimenticati rimangono nascosti nell’infanzia di ognuno. Quanto amore non si è manifestato per colpa dell’indifferenza di questo mondo crudele, cattivo. E il rimedio sarebbe così semplice, semplice».

«Signorina, mi creda, è tutto interessante ma non è il momento». In fondo, per quanto forsennata, era simpatica.

«Sento che anche tu, come me, sei un’anima sofferente. Te lo leggo negli occhi, sono una sensitiva, io. Sai di cosa abbiamo bisogno? Di un ritorno alla semplicità: tutto, intorno a noi, è troppo complesso. Bisogna accettare gli istinti, via dalla cappa di piombo della fredda razionalità. L’istinto è garanzia di verità. Hanno scritto del buon selvaggio, no? E allora, cosa aspettiamo, dipende solo da noi, liberiamoci! Torniamo a radicarci nella terra, a contatto con la sua saggezza innata, con la sua religiosità naturale. L’animismo! ecco dove dobbiamo tornare. Al centro del nostro cuore, del nostro intimo sentire. A che servono queste comodità, queste case piene di cose inutili, quando ci basterebbe un rustico, e lo spettacolo di un tramonto, riscoprendo i canti popolari dei nostri nonni, e le loro deliziose poesie e proverbi, saggezza eterna. E anche il sesso: dobbiamo far circolare quest’immensa energia che la natura ci ha dato e che ci sovrasta.. Dobbiamo abbandonare tutte le manie di possesso, dobbiamo vedere il sesso come un modo per accedere a piani superiori di coscienza, e per far questo, è necessario viverlo nella più assoluta autonomia, consci del nostro ruolo cosmico di esseri d’amore. Per cui ognuno deve accoppiarsi con chi vuole, il più possibile, per distruggere tutte le costruzioni mentali repressive che abbiamo dentro. Non è importante l’età o la bellezza: il sesso prescinde da noi». E, slanciandosi in punta di piedi, fece una lievissima carezza sulla fronte di Guido, che avvertì la pressione delle sue tette sul torace.

«Signorina, non riuscirei mai a danzare, con la schiena irrigidita che mi ritrovo, però, se vuole, dopo aver visto tutti i quadri, ripasso e mi fermo con voi una mezz'oretta, così vedo di che si tratta».

«Ma dai, come te lo devo dire? Non c’è bisogno, per il nostro balletto, di nessuna abilità fisica: ognuno fa quello che può. E per il teatro, basta essere se stessi. È una conquista, essere se stessi. Qualunque cosa fai, sii sempre te stesso, ricordatelo. Anche alla tua età, niente è perduto, devi solo essere te stesso. Nella nostra organizzazione i più deboli sono tenuti in massimo conto. Le parole di chi soffre sono intrise di saggezza. Noi li teniamo per grandi saggi. Nessuno conosce la vita come chi ha visto le profondità del dolore, nessuno è saggio come chi vive una vita fatta di ristrettezze, economiche, di salute, è uguale. Noi diamo il nostro amore ai disgraziati, ai poveracci, ai sofferenti: ci opponiamo a questa logica barbara che vuole interessante il vincente, l’aggressivo. Guardati intorno e vedi quanto danno ha fatto la cosiddetta cultura! L’importante è l’anima, l’amore, l’amicizia, la compassione, la sensibilità, la coerenza. Ma, purtroppo, sinceramente, coi tempi che corrono, non c’è alcun posto all’infuori della nostra associazione in cui questi valori vengano insegnati, nel rispetto della persona. Le persone che hanno sbagliato, che percorrono il sentiero della desolazione, o anche dell’abiezione, sai? Queste meritano il nostro amore. Tu per esempio, che hai un bel vestito, sei ricco? E allora perché non sei felice? Lo vedo che non sei felice. Vieni con noi, ti insegneremo che hai sbagliato tutto finora, e ti doneremo quello che cerchi, tu come tutti: calore, comprensione, fratellanza. Dai vieni, sbloccati!» Ora gli scuoteva il braccio, ma delicatamente, e lo tirava nella direzione del loro teatro che, montato in mezzo al grande prato vicino all’argine, era un grande telone nero senza aperture, quadrato, retto da pali metallici come quelli delle impalcature dei muratori, con attorno una dozzina di persone che saltavano, girando lentissimamente intorno al tendone. Si udiva qualche incomprensibile mugugno, portato dal vento.

«Angelo, ti dispiace se vado a vedere laggiù? Mi aspetti qualche minuto...» Il sorriso della ragazza era scomparso.

«Non c’è più tempo. Guido, dobbiamo continuare».

«Cinque minuti cosa vuoi che siano?» La ragazza lo teneva per mano, accarezzandogliene il dorso col pollice.

«Hai sentito il pittore, hai sentito anche il barcaiolo, ci manca il tempo!»

«Io vado, tu fai come ti pare. Non mi aspettavo da te una simile rigidità».

«Ok, andiamo insieme, vengo anch’io».

«No, mi spiace, tu non puoi». La ragazza aveva gli occhi socchiusi.

«E perché non posso? Non si è forse uguali laggiù? Cos’è questa discriminazione?»

«Certo che siamo tutti uguali, però tu non credi nei nostri valori d’uguaglianza, lo dimostra il fatto che hai cercato di trattenere Guido».

«E chi lo trattiene? Gli ho solo risposto facendogli presente che, in un’altra situazione, un giretto al teatro sarebbe stato un peccatuccio veniale, invece adesso, mancando il tempo, sarebbe deleterio, finale».

«No no, caro mio, tu cerchi di sopprimere la volontà del tuo amico, sei castrante!»

«Non è vero, sei tu che lo incateni con la tua mano». Immediatamente, Guido, tolse la mano da quella della fanciulla, che accennò a trattenerlo, ma lasciò fare. Il contatto con quella mano gli appesantiva la testa, che sentiva come riempita di caldo cotone... tutto sbiadiva al suo sguardo, da quando la ragazza aveva iniziato a parlargli. Ora, si sentiva incomparabilmente più lucido.

«Cosa succede laggiù? Guarda bene, Guido: il teatro non è lontano come sembrava, puoi vedere benissimo, sono pochi metri in verità, appena sotto la scarpata dell’argine. Girati e guarda, vedrai da te, era la nostra malandrina signorina ad impedirti di vedere, prima, facendoti sembrare tutto molto lontano e indistinto».

Guido si voltò verso il prato e vide meglio il telone nero, e le persone intorno ad esso. Saltavano stancamente, di pochi centimetri, imbambolati, . E mormoravano tutti insieme, ogni qualche saltello, la loro identità: «Siamo le madri!» Saltelli. «Siamo i padri!» Saltelli.«Siamo i figli!» Saltelli.«Siamo amanti!» Saltelli. «Siamo dottori!» Saltelli. «Siamo malati!» Saltelli. «Siamo buoni!» Saltelli. «Siamo cattivi!» Saltelli. «Siamo lavoratori!» Saltelli. «Siamo disoccupati!» Saltelli. «Siamo Americani!» Saltelli. «Siamo Europei!» Saltelli.«Siamo quelli giocati».Saltelli. «Siamo quello che vuoi tu, che stai dentro al telone nero!» Poi, ricominciavano daccapo, orbitando intorno alla cortina nera.

«Signorina, chi c’è dentro al telone?»

«Ora devo andare».

«Chi c’è dentro al telone?»

«Nessuno». Tutto si era spento, come un luna park alla fine dell’ultima sera, sul volto della ragazza. La pelle s’era fatta opaca, lo sguardo luminoso sbandito e accortinato da lacrime d’allergia. E l’abbigliamento, così inusuale e confortevole, ora sembrava una vecchia giubba da soldato, per niente divertente. Li abbandonò scendendo la scarpata, puntando i piedi per non inciampare.

«Ma chi era quella ragazza? Una grandinata di parole... mi sentivo in suo potere, quasi non vedevo altri che lei... dio mio che stordimento».

«Guido, hai potuto vedere gli effetti della Luna che, come un furbo pastore, inventa ogni genere di storielle edificanti e confortevoli, calducce, per acquietare gli istinti bradi delle proprie pecore, e farle riposare tranquille nel recinto, finché non cali su di loro, a tempo debito, la mannaia. E, siccome la Luna è il più furbo dei pastori, ha inventato anche una serie di magnifiche favolette per far sì che le pecore nemmeno più la vedano per quello che è, la mannaia, ed anzi giungano ad un certo punto a desiderarla, in un vortice sereno di sonnambulismo. Per ogni scemenza che un uomo riesca a scoprire, la Luna ne ammannisce a decine, per garantirsi i pasti.

«Nulla di quanto ha detto la ragazza è degno di considerazione?»

«Al contrario, è stato un sunto perfetto di tutto il ciarpame che la Luna ha saputo inculcare nei cervelli della stragrande maggioranza degli uomini. In questo senso, hai fatto un incontro massimamente istruttivo, che, se il tempo non incalzasse, avrebbe avuto anche degli aspetti comici».

«Io tendo a farmi contagiare dall’entusiasmo altrui, mi rendo conto benissimo che molte delle cose dette dalla ragazza erano banalità accostate senza discernimento l’una all’altra. Però... la vitalità di certe persone, quella mi fa sempre un certo effetto».

«Entusiasmo... è una parola che ha molta presa su di noi, anche per il suo significato, oltre che per il suo suono. «Dio dentro», significa. Ma quella che tu hai scambiato per vitalità era solo disperazione, il dibattersi di un tonno avvitato verso l’ultima camera della tonnara che, avvertendo un’invincibile rete farsi sempre più prossima e non riuscendo a contrastarla in alcun modo, si risolve a dimenticare il suo destino cercando compagni di sventura. Chi cerca seguaci, chi vuol fare proseliti, sta solo cercando di annegare in compagnia. Naturalmente, questo ha qualche apparente immediato vantaggio: ci si sente invariabilmente meno addolorati, lontani da tutto e, forse, anche uomini straordinari. Con loro puoi scoprirti più ragionevole, maturo, responsabile, ammirato, bello, affascinante, sexy. Puoi sperimentare mille e una identità, e relativi vezzi, e puoi anche essere molto alla moda, nell’abito ma anche nella questione scottante del giorno su cui la tua opinione porrà il punto finale, acclamata e ricalcata da mille goffi imitatori. Con loro potrai anche stare da solo, fare l’asceta, e nel contempo farlo sapere a tutti, ma senza parlare, parleranno altri per te. Ogni genere di paramenti sono disposti per la vita laica, e per quella religiosa. Stupende poesie affioreranno dalla tua penna, o, se lo crederai, ponderose e stringenti speculazioni filosofiche nutriranno la tua mente fino a farti scoppiare di sapienza. Molto amore è predisposto per te, attraverso mille amanti, tre per quattro figli, cinque per sei amici., sette per otto angeli. E una per ogni perla della collana preferita della Luna saranno le tue occupazioni, una per ogni granello dell’anello di Saturno le tue preoccupazioni. Morirai esalando l’ultimo sogno, e non sarà necessariamente un sogno piacevole. Ma, soprattutto, morirai come un salame, allucinato e cucinato a puntino».

«Andiamo avanti».

«Sì, andiamo avanti, Guido, si è alzato un filo di vento».


Fonte: La città mirabile di Enzo Coffani 

domenica 27 gennaio 2019

Il ricordo di sé – Robert Earl Burton

Essere presenti

Non c’è miracolo più grande dell’essere presenti. Tutto ha origine da questo e in virtù di questo niente ha mai fine.
Cosa significa il termine ricordo di sé? Significa che il vostro sé addormentato si sta ricordando di essere sveglio. La fine è un’illusione perché il presente è eterno. Essere presenti dove si è, questa è la semplice storia della propria vita.
Ogni piccolo momento, privo di apparente importanza, è la nostra vita; semplicemente essere seduti cercando di essere presenti.
È difficile essere presenti, eppure nella nostra vita tutto permane incerto tranne il presente. Guardiamo al futuro pensando di poterci trovare più di quanto sia qui. Insegnando il futuro elusivo o indugiando nel passato, l’uomo finisce per aggirare il presente. Quello che dovremmo desiderare è il presente, ma quello che la macchina vuole è tutto tranne il presente. Dobbiamo continuare, incessantemente, a rinnovare il presente; abbiamo dedicato le nostre vite a questo scopo.
Non potete essere presenti alla vostra destinazione se non lo siete en route.
Quando ho degli “Io” che vorrebbero essere da un’altra parte, ho imparato a convertirli immediatamente nell'essere presente, perché la macchina non è mai soddisfatta di dove si trova. In un certo senso è una fortuna che gli “io” si ripetano e siano chiaramente così privi di spessore. Gli “Io” rendono ovvia la sostanza della vita, poiché le cose più assurde cercheranno di portarci via dal presente. Più assurde sono meglio è, perché allora ci rendiamo conto che non vale la pena di perseguirle.
La macchina non può essere presente, così va in cerca di alternative; questo è il suo destino. Benché la macchina sia di solito insoddisfatta del presente, questo giorno è importante quanto qualsiasi altro giorno da qui a trentanni; almeno oggi è certo.
Durante il concerto mi è venuto in mente un “Io” interessante: “Che cosa vuoi?”, diceva. E la risposta è stata: “Solo essere presente, nient’altro”. Nulla è paragonabile al ricordo di sé e nulla esiste veramente senza di esso. A volte, grazie al ricordo di sé, tutto quello che cade sotto i nostri occhi si trasforma in poesia facendo eco al paradiso: i fiori, la luce che cade sull'erba. Pensate solamente a quante sottili sfumature di verde esistono in natura.
Le nostre cene sono come essere su una nave in mezzo al mare; non c’è altro posto dove andare e quietamente ci insediamo nel presente.
Uno degli aspetti più piacevoli del cenare insieme è l’essere qui, non sentire la macchina che è insoddisfatta del momento, non avere il desiderio di trovarsi da qualche altra parte. I quattro centri inferiori sono più ben disposti adesso, in presenza di qualcosa di più elevato. La consapevolezza ha gradi e la nostra, adesso, è forse più elevata di quanto non lo sia stata in qualunque altro momento della giornata. Stiamo ancora cercando di essere presenti e questo momento non si ripresenterà mai più.
Non ne abbiamo ancora parlato stasera, ma il ricordo di sé si profila costantemente dietro ogni nostra azione. Quando si cerca di essere presenti non importa se si sta parlando delle Elegie duinesi di Rilke o della sedia a rotelle di uno studente, perché il ricordo di sé permei le proprie azioni. Questa è la ragione per cui la Quarta Via è messa in pratica principalmente nella vita ordinaria.
Lavoriamo solo ogni giorno per essere presenti e nessuno di voi dovrebbe prendere alla leggera gli sforzi compiuti alla fine di un giorno.
Tutti abbiamo fatto quello che potevamo per il nostro sé, la scuola è l’Influenza C. Non possiamo cambiare gli eventi, ma possiamo cambiare noi stessi. Mettete a fuoco senza bisogno di parole; non identificatevi con gli eventi, trasformateli e siate presenti.
Tutto, tranne il proprio sé, è relativo e soggettivo. Quando si è presenti si è oggettivi, nel senso che l’unico obiettivo che si ha è il proprio sé.
È importante essere diligenti nel cercare di essere presenti, ma senza forzare troppo perché potreste diventare un ostacolo per voi stessi. Fate tutto ciò che potete per essere presenti, ma senza eccessiva tensione perché anche questo mette a repentaglio il ricordo di sé.

Fonte: Il ricordo di Sé di Robert Earl Burton




domenica 29 luglio 2018

Battaglia per il presente – Henri Thomasson

Immerso ininterrottamente nel flusso dell’esistenza, modellato da ogni circostanza in cui si viene a trovare, succede che l’uomo veda rafforzarsi alcuni aspetti della sua manifestazione, instaurarsi determinate abitudini e formarsi atteggiamenti e opinioni che pretendono, spesso in buona fede, di esprimere al momento dato la sua tonalità. È così che in ogni circostanza egli dice “io” e s’immagina di essere interamente “se stesso” attraverso ciascuno dei personaggi cui man mano è identificato. E senza che egli se ne renda minimamente conto, tutti questi “io”, quasi sempre privi di rapporto tra loro, finiscono man mano per allontanarlo dalla propria “individualità”, cioè dal proprio “essere interiore”.

Come riconoscermi in questo amalgama di qualità, alcune delle quali mi appartengono in proprio e altre no? “Risalite alla vostra infanzia”, ci dice A., “e ritrovate il gusto suscitato in voi dalle impressioni di allora: ciò vi insegnerà molte cose sulla vostra essenza” …
Uno strano gusto, un gusto di cui un tempo ero saturo, e che oggi posso ritrovare solo giù nel profondo, dove a lungo è rimasto dimenticato, un gusto su cui oggi passa e ripassa l’ombra delle nostre azioni apprese, dei pregiudizi e delle immaginazioni invadenti …
Nonostante gli sforzi, mi riesce difficile distinguere la mia vera essenza, ma, in ogni movimento mentale o affettivo che sorge dentro di me, posso riconoscere senza ombra di dubbio i tratti della mia personalità.

PRIME ESPERIENZE
Cerco di sentirmi essere.
Dalla mia testa s’irradia un’energia capace di esercitare un potere su ciò che mi sta intorno e sul mio corpo, che essa percorre rendendo vivida la mia gioia ed esaltando la sensazione di vivere. Per poterla isolare, io concentro le forze su ciò che ne ritengo la fonte, e tra quel punto e il mio corpo si stabilisce una certa distanza. Per conoscere il mondo psichico che non ho ancora mai affrontato in tale modo, cerco di separalo dal corpo. Seduto a gambe accavallate, tento di essere soltanto quel “potere”: il corpo si allontana, non lo sento più; mi concentro ulteriormente: finirò per svenire? Dove sono? Il tentativo mi sembra pericoloso.
Lascio che le cose riprendano lentamente il loro posto.
Che cosa è successo? In quale momento è cessata la sensazione di essere? Sono le domande che ho fatto alla prima riunione seguita a questa esperienza.
“Il suo tentativo è completamente sbagliato. Al contrario, bisogna calmarsi, fare silenzio, ascoltare e raccogliere in sé tutta l’attenzione possibile. Bisogna decontrarsi al massimo: solo la decontrazione può aprire la strada che permette all’attenzione di attraversare la massa opaca dell’immaginazione e del corpo teso”.
Una decontrazione per svegliarmi? Il rilassamento muscolare non contribuisce piuttosto a preparare le condizioni del sonno?...
Ma di ben altro si tratta. Qui la decontrazione è una simultaneità di due sforzi essenzialmente molto diversi, il “rilassamento muscolare” e l’”attenzione”, con il corollario di un evento che testimonia la giustezza degli sforzi compiuti: la “sensazione di sé”.
Seduto a gambe accavallate, comincio a osservare me stesso, attento al silenzio che il pensiero immobile introduce di colpo nel mondo brulicante in cui mille preoccupazioni vorticano come falene intorno alla fiamma.
Il potere che irradia dallo stesso punto in cui sorge il pensiero, adesso lo chiamo “attenzione”. Diretta successivamente sulle varie parti del corpo, essa le percorre lentamente mentre io mi rilasso, cioè mentre sciolgo, prima in superficie e poi più profondamente, le tensioni che poco fa non sentivo nemmeno. All’interno di ogni livello muscolare se ne presenta un altro in cui l’attenzione cancella qualcosa. Sono perfettamente immobile, nulla si muove se non il respiro sempre più calmo e il cuore, il cui ritmo costante non subisce alcuna influenza da parte mia.
Mi sento aggredito da tutte le parti. Il corpo, inquieto, mendica un movimento, e ogni sua richiesta interrompe il flusso dell’attenzione; non solo, ma non appena si sviluppa insidiosamente la speranza di un risultato immediato, quel flusso addirittura svanisce, e nonostante uno sforzo tanto delicato quanto insistente, sopraggiungono alcuni pensieri a inaridirne di colpo la fonte.
L’unico modo per liberarmi dalle potenze che invadono solitamente il mondo dei pensieri e dei sentimenti è quello di ristabilire il contatto attenzione-corpo. I rendo conto che questa invasione rappresenta il mio stato abituale, cioè una condizione di sonno contrapposta allo stato di presenza a me stesso: presenza che posso sperimentare nella sua realtà solo quando cessa lo stato di sonno. La mia lotta consiste proprio nel ristabilire quel contatto, nonostante l’incessante attacco delle forze che cercano di riportarmi al livello ordinario.

Fonte: Battaglia per il presente di Henri Thomasson