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domenica 6 novembre 2011

Parole di Saggezza

AI PIEDI DEL MAESTRO – Krishnamurti

Sono quattro i requisiti per percorrere il Sentiero

DISCERNIMENTO = la capacità di distinguere tra il reale e l’irreale.
Tuttavia anche quando si è compiuta la scelta, bisogna sempre ricordare che tra il reale e l’irreale ci sono molte possibilità e bisogna ancora distinguere fra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ciò che è importante e ciò che è irrilevante, tra l’utile e l’inutile, il vero e il falso, l’egoistico e il disinteressato.

Noi e  il nostro corpo costituiamo una dualità, e quando desideriamo non sempre corrisponde a quel che desidera il nostro corpo. Quando il tuo corpo desidera qualcosa, fermati e domandati se tu veramente desideri quella cosa.
Poiché tu sei Dio, e desideri solo quello che Dio vuole.

Non confondere il tuo corpo con te stesso, né il corpo fisico né quello astrale né quello mentale.
Devi essere tu a dominarli.
Devi sempre essere tu a controllare il corpo, e non deve mai succedere il contrario.
Il corpo astrale ha i suoi desideri, adora le vibrazioni violente e gli piace che queste siano sempre di diversa natura. Ma tu non desideri nessuna di queste cose e dunque devi discernere fra quelli che sono i tuoi desideri e quelli che, invece, sono i desideri del tuo corpo.
Il tuo corpo mentale vuole considerarsi orgogliosamente separato dagli altri, vuole pensare molto a se stesso e poco agli altri.
Vorrà indurti a considerare il tuo interesse invece di invitarti a pensare al lavoro del Maestro e ad aiutare gli altri. Quando mediti cercherà di indurti a pensare alle tante cose che esso desidera, piuttosto di lasciarti pensare all’unica cosa che interessa a te!

Vigila sempre, altrimenti fallirai.
Fra bene e male, la saggezza ci insegna che non esistono compromessi.
Dimostrati saldo come una roccia nel sapere distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, senza mai soffermarti sulle cose di poco conto. Sii sempre gentile e cortese, ragionevole, accomodante, lasciando agli altri la medesima piena libertà di cui tu stesso necessiti.

PENSA CON LA TUA TESTA e giudica da te se si tratta di un’opinione sensata.

ASSENZA DI DESIDERIO = non lasciarti dominare dai desiderio.
È difficile perché ci si sente tutt’uno con ciò che si desidera (sentiamo che se desideri, attrazioni e repulsioni fossero eliminati, non resterebbe più nulla di noi).
Non cedere ai desideri in fondo è facile, basta solo comprendere.
Quando tutti i desideri egoici sono stati sradicati, può darsi che sussista ancora il desiderio di scorgere il risultato del tuo lavoro. Invece devi fare il giusto per il giusto senza nutrire la speranza di una ricompensa; devi metterti al servizio del mondo perché lo ami e non puoi fare a meno di offrire il tuo aiuto.
Non desiderare i poteri psichici, perché spesso sono ingannatori. Guardati anche dai piccoli desideri comuni, non desiderare mai eccellere o apparire intelligente; non avere alcun desiderio di parlare.
È bene parlare poco, meglio ancora tacere, a meno che tu non sia assolutamente certo che quanto intendi dire sia vero, benevolo e utile al prossimo.
Abituati dunque ad ascoltare piuttosto che a parlare.
Se ti viene affidato l’incarico di istruire una persona, sarà tuo dovere farle osservare, sempre con molto tatto, i suoi errori.

RETTA CONDOTTA = implica sei regole:
  1. Padronanza di sé (riferita alla mente). Per avere assenza di desiderio devi padroneggiare sia il corpo astrale che mentale devi controllare i tuoi stati d’animo, per non provare né rabbia né impazienza, e dominare anche la mente affinché il pensiero sia sempre sereno e tranquillo. Devi inoltre padroneggiare con la mente anche i tuoi nervi. Possedere una mente serena significa manifestare coraggio per affrontare senza paura le prove e le difficoltà, significa possedere fermezza. Dolori, problemi, malattie, disgrazie, tutte queste difficoltà, non devono significare nulla per te e non devi permettere che turbino la serenità del tuo spirito. Affronta i problemi con allegria, ogni male è transitorio ed è tuo compito mantenerti sempre gioioso e sereno. Pensa al presente. Non lasciarti mai cogliere dalla tristezza né dalla depressione. La depressione ha la capacità di influenzare anche lo stato d’animo altrui e non puoi permetterlo. Vi è un altro modo per controllare il pensiero e consiste nel non permettere mai a quest’ultimo di vagare, non perderti mai in pensieri oziosi.
  2. Padronanza di sé (riferita all’azione). Se sei padrone della tua mente, non avrai problemi a compiere le giuste azioni. Guardati dalla pigrizia.
  3. Tolleranza. Nessuna cerimonia è davvero necessaria, altrimenti ti ritroverai a considerarti in qualche modo migliore di coloro che non la pensano come te. Non condannare chi ancora si affida a certi riti.
  4. Contentezza. Sopporta il tuo karma qualunque cosa accada, considerando un onore il fatto che la sofferenza venga assegnata a te, perché questo dimostra che i Signori del Karma pensano che tu sia una persona degna di ricevere il loro aiuto. Rinuncia ad ogni sentimento di possesso.
  5. Unità di proposito. Qualsiasi cosa tu faccia, falla con il cuore, come se la facessi per il Signore e non per gli uomini. Impegnati con tutto te stesso. Nulla può allontanarti, nemmeno per un istante, dal Sentiero che hai intrapreso.
  6. Fiducia. Abbi fiducia in te stesso. La parte più vera di te è una scintilla del fuoco stesso di Dio, così non c’è nulla che tu non puoi fare se davvero lo vuoi. La tua volontà deve essere simile all’acciaio temperato, se vuoi proseguire lungo il Sentiero.

AMORE = se questo è forte in uomo lo spinge ad acquisire tutti gli altri requisiti; ma tutti gli altri senza l’amore non potrebbero mai bastare.
Amore è senza dubbio la volontà di essere tutt’uno con Dio, ma non nell’intento di sottrarti alle fatiche o alla sofferenza, ma perché attraverso il tuo profondo amore tu possa agire con Dio e come Dio.
La saggezza che ci permette di aiutare il prossimo, la volontà che dirige tale saggezza, l’amore che ispira la volontà: questi devono essere i tuoi requisiti. Volontà, saggezza e amore sono i tre aspetti del Verbo, e tu, che desideri arruolarti nell’esercito di Dio, devi manifestarli al mondo.


LA LUCE DEL SENTIERO – Mabel Collins

Uccidi l’ambizione, è la più grande sciagura. La grande tentatrice dell’uomo che s’innalza sopra i suoi simili.

Uccidi il desiderio di vivere.

Uccidi il desiderio di benessere

Lavora come coloro che sono ambiziosi. Rispetta la vita come la rispettano coloro che la desiderano. Sii felice come coloro che vivono per la felicità. Ricerca nel tuo cuore la radice del male ed estirpala.

Uccidi ogni senso di separazione.

Ricorda che il peccato e l’onta del mondo sono il tuo peccato e la tua onta, giacché tu sei parte del mondo. Il tuo karma è intrinsecamente intessuto con il grande karma. E prima che tu possa raggiungere la conoscenza devi essere passato attraverso tutti i luoghi, immondi e puri in egual misura.

Uccidi il desiderio della sensazione.

Uccidi la sete di crescere

Tuttavia rimani solo ed isolato, poiché nulla di ciò che ha corpo, nulla di ciò che è conscio della separazione, nulla di ciò che non è Eterno può darti aiuto. Impara a comprendere la sensazione e osservala, perché soltanto in questo modo puoi cominciare a comprendere la scienza del conoscere te stesso e posare il piede sul primo piolo della scala.

Desidera solo ciò che è dentro di te.

Desidera solo ciò che è al di sopra di te.

Desidera solo ciò che è irraggiungibile.

Poiché dentro di te splende la luce del mondo, la sola luce che può illuminare il Sentiero. Se tu sei incapace di discernerla dentro di te, è inutile cercarla altrove. Essa si trova al di là di te, perché quando l’hai raggiunta hai perduto te stesso.

Desidera il potere con ardore.

Desidera la pace con fervore.

Desidera il possesso sopra ogni cosa.

Ma questo possesso deve appartenere solo all’anima pura e quindi essere di tutte le anime pure in egual modo, e così divenire proprietà speciale dell’intero solo quando questo è unito. Anela a quelle possessioni che solo dall’anima pura possono essere sostenute, affinché tu possa accumulare ricchezza per quello spirito vitale e unito che è il tuo vero Sé.

Cerca la via. Ma rimani in guardia la via va cercata per se stessa, senza considerare i benefici che potrai ottenere posando i piedi lungo di essa.

Cerca la via ritirandoti interiormente.

Cerca la via avanzando coraggiosamente al fuori di te. Ogni uomo è per se stesso la via, la verità e la vita. Ma l’uomo è tutto ciò soltanto quando afferra saldamente la propria individualità e, in forza della propria volontà spirituale risvegliata, riconosce che questa individualità non è lui stesso, ma piuttosto quella cosa che egli ha con tanta fatica creato per proprio uso e per mezzo della quale egli propone di raggiungere la vita che trascende l’individualità.
Quando egli sa che la sua vita separata, così meravigliosamente complessa, per questo solo esiste, allora, e soltanto allora, egli potrà dirsi certo di trovarsi sulla via.

Guardati in giro e cerca il fiore che sboccia nel silenzio dopo la tempesta: non prima di allora.

Finché l’intera personalità umana non è dissolta e distrutta, finché non è trattenuta, da divino frammento che l’ha creata, come mero soggetto di grave esperimento ed esperienza, finché l’intera Natura non ha ceduto e non è assoggettata al suo più alto Sé, il fiore non può aprirsi.

Esistono tre verità assolute:
  1. L’anima umana è immortale e il suo avvenire è quello di una cosa il cui sviluppo e splendore non hanno limiti.
  2. Il principio che dà la vita dimora in noi e fuori di noi, è immortale ed eternamente benevolo, non può essere visto né udito né sentito, ma può essere percepito da colui che desidera la percezione.
  3. Ogni uomo è arbitro di se stesso, dispensatore della propria gloria come del proprio dolore. Ogni uomo decreta sulla sua propria esistenza, la propria ricompensa, il proprio castigo.

LA VOCE DEL SILENZIO – H.P. Blavatsky

Frammento I – La voce del silenzio
4. La mente è la grande distruttrice del Reale.

5. Che il discepolo annienti il distruttore.

6. Poiché, quando la sua propria forma gli apparirà irreale, come nella veglia tutte le forme vedute nel sogno.

7. Quando avrà cessato di udire i molti, egli potrà discernere l’Uno – il suono interno che uccide l’esterno.

8. Allora e solo allora, egli rinuncerà al falso (Asat) per entrare nel vero (Sat).

9. Prima che l’anima possa vedere, deve raggiungere l’armonia interiore, e gli occhi umani devono essere resi ciechi a tutte le forme di illusione.

15. Quando nel dischiudersi la tua anima presta ascolto al tumulto del mondo; quando la tua anima risponde alla voce tonante della Grande Illusione, quando la tua anima, spaventata alla vista delle cocenti lacrime del dolore, e resa sorda dalle grida di disperazione, si ritrae come la timida tartaruga all’interno del suo guscio d’egoismo, sappi, o discepolo, che la tua anima è tempio indegno del suo Dio silente.

16. Quando, accresciute le sue forze, la tua anima si arrischia fuori del suo guscio sicuro, e, affrancandosi dall’involucro che la protegge, tende il suo argenteo filo e si spinge oltre; quando, scorgendo la sua immagine sulle onde dello Spazio, essa mormora: “Questa sono io”, sappi, o discepolo, che la tua anima è presa nelle reti dell’illusione.

17. Questa terra, o discepolo, è la Stanza del Dolore dove, lungo il sentiero delle dure prove, sono disseminate molteplici insidie per avviluppare il tuo Ego nell’illusione detta “Grande Eresia”.

21. Rinuncia alla tua vita se vuoi vivere.

22. Sono tre le Aule, o stanco pellegrino, che conducono al termine delle prove. Tre Aule, o Conquistatore di Mâra, ti condurranno attraverso tre stadi e quindi al quarto e da questo ai Sette Mondi, ai Mondi dell’Eterno Riposo.

24. 25. La prima Aula è Ignoranza. È l’Aula in cui hai visto la luce, in cui vivi e in cui perirai.

26. La seconda Aula è Cognizione. In essa la tua anima troverà i fiori della vita, ma sotto ogni fiore si annida un serpente.

27. La terza Aula è Sapienza, oltre la quale si trova l’eterna fonte dell’onniscienza.

28. Se vuoi attraversare incolume la seconda Aula, fa’ che la tua mente non confonda i fuochi del desiderio che in essa ardono, con il sole della vita.

29. Se vuoi attraversare incolume la seconda Aula, non fermarti a inspirare la meravigliosa fragranza dei suoi fiori.

30. I saggi non indugiano nei giardini dei sensi.

37. Se vuoi, o discepolo,  attraverso l’Aula della Sapienza raggiungere la valle della Beatitudine, chiudi fermamente i tuoi sensi alla grande funesta eresia della separazione che ti allontana da ogni cosa.

41. Prima che tu ponga il piede sull’ultimo piolo della scala, la scala dei suoni mistici, tu devi sentire la voce del tuo Dio interiore (il Sé Superiore) in sette mondi.

42. Il primo è come il dolce canto dell’usignolo che si separa dalla sua compagna.

43. Il secondo giunge come il suono di un cembalo d’argento, che sveglia le stelle.

44. Il terzo è come un lamento melodioso di uno spirito dell’oceano, imprigionato nella sua conchiglia.

45. Il quarto è seguito dal canto della Vinâ (strumento indiano a corde, simile ad un liuto).

46. 47. Il quinto, come il suono di un flauto di bambù, trilla nel suo orecchio. Quindi si trasforma in uno squillo di tromba.

48. Il sesto vibra come il minaccioso rumoreggiare di una nuvola densa di pioggia.

49. Il settimo copre tutti gli altri suoni. Essi muoiono e più non si odono.

55. Prima che il mistico potere (Kundalini) possa fare di te un Dio, devi avere conquistato la facoltà di uccidere la tua forma lunare.

56. Il sé della materia e il Sé dello Spirito non possono incontrarsi mai. Uno dei due deve sparire, non vi è posto per entrambi.

57. Prima che la mente della tua anima possa comprendere, il germoglio della personalità deve essere schiacciato, la larva del senso distrutta senza possibilità di resurrezione.

58. Tu non potrai percorrere il sentiero prima di essere diventato il sentiero stesso.

59. Lascia che la tua anima presti ascolto a ogni grido di dolore, come il loto schiude il suo cuore per bere il sole del mattino.

60. Non permettere al sole cocente di asciugare una sola lacrima di dolore, prima che tu stesso non l’abbia tersa dall’occhio del sofferente.

61. Ma lascia che ogni rovente lacrima umana cada sul tuo cuore, e vi resti; non tergerla mai, finché non sia rimosso il dolore che la produsse.

64. Uccidi l’amore della vita, ma bada che il tuo gesto non sia per sete di vita eterna, ma per sostituire ciò che è fuggevole con l’imperituro.

70. Uccidi i tuoi desideri, annienta i tuoi vizi, prima di muovere i primo passo nel tuo viaggio solenne.

75. Uccidi in te stesso ogni ricordo di esperienze passate. Non guardarti alle spalle o sei perduto.

76. Non credere che il desiderio possa mai essere ucciso soddisfacendolo o saziandolo, giacché questo è un abominio ispirato da Mâra.

84. Quando i quattro sensi si fondono a formare il quindi senso, quello del tatto interno, allora il discepolo è entrato nel quarto stadio.

85. E anche una volta raggiunto il quinto stadio, o distruttore dei pensieri, tutti questi senso devono, ancora una volta, essere definitivamente annientati.

86. Distogli la tua mente da tutti gli oggetti esterni, da tutte le visioni esterne. Reprimi le immagini interne, affinché queste non gettino un’ombra oscura sulla luce della tua anima.

87. Tu sei ora nel sesto stadio.

88. Raggiunto il settimo stadio, o fortunato, non percepirai più la Sacra Triade, perché tu stesso sarai diventato quella Triade.

90. E ora il tuo è perduto nel , tu sei perduto in Te stesso, immerso in quel Sé dal quale inizialmente fosti irradiato.

99. Tu sei diventato la luce, tu sei diventato il suono, tu sei il Maestro e il tuo Dio. Ora sei tu stesso, sei l’oggetto della tua ricerca: la Voce ferma, che risuona attraverso le eternità, immutabile, scevra di peccato, i sette suoni in un unico suono: LA VOCE DEL SILENZIO.

Om Tat Sat

Frammento II – I due Sentieri
136. Per raggiungere il Nirvana si deve raggiungere la conoscenza di sé e la conoscenza di sé nasce da atti d’amore.

Om Vajrapâni Hum

Frammento III – Le sette porte
271. Guardati dal mutamento! Poiché il mutamento è il tuo grande nemico. Esso ti aggredirà, ti respingerà fuori dal Sentiero che segui, relegandoti nel profondo delle viscide paludi del dubbio.

272. Sii pronto e non lasciarti cogliere impreparato! Se pure hai tentato e fallito, o guerriero indomito, non perderti d’animo, combatti e ritorna all’attacco ancora e poi ancora.

273. L’indomito guerriero, quando il prezioso sangue della vita gli sgorga dalla profonde ferite, assale ancora il nemico, lo caccia dalla sua fortezza, e, prima di perire, lo vince. Agite or dunque, voi tutti che cadete e soffrite, agite come lui; e dalla roccaforte della vostra anima allontanate tutti i vostri nemici _ ambizione, ira, odio e persino l’ombra del desiderio – quand’anche veniate sconfitti …

274. Ricorda, o tu che ti batti per la liberazione dell’uomo, che ogni sconfitta è un successo, e che ogni sincero sforzo ottiene, con il tempo, la sua ricompensa. I sacri germogli spuntano e crescono invisibili nell’anima del discepolo, i loro steli si rafforzano a ogni nuova prova, si piegano come giunchi, ma non si spezzano mai né periscono. E allorché l’ora è suonata, fioriscono.

275. Ma se tu giungi preparato alla tua meta, nulla hai da temere.

316. Pace a tutti gli esseri


Fonte: Parole di saggezza

mercoledì 5 ottobre 2011

Liberarsi dai condizionamenti - Krishnamurti

Il pensiero non può consentirci esperienze nuove, perché rappresenta la replica del ricordo e di esperienze già vissute.
È possibile vivere là dove il pensiero termina, e la meditazione è la fine del pensiero,  e l’apertura al nuovo.
La mente non è mai in riposo, è sempre tesa nel conseguire uno scopo e in preda alla paura di perdere.
Il desiderio è sempre nel futuro. L’oggi ha un significato più grande del domani. Nell’oggi è contenuto tutto il tempo e comprendere l’oggi vuol dire essere liberi dal tempo. Il divenire è la continuazione del tempo e del dolore. Il divenire non contiene l’essere. L’essere è  sempre nel presente ed essere è la più alta forma di trasformazione.

Educare: prima di essere contaminati dalla cosiddetta educazione, molti bambini sono in contatto con l’inconoscibile: e lo dimostrano in tantissimi modi. Ma presto l’ambiente incomincia a richiudersi su di loro, e crescendo sono destinati a perdere quella luce, quella bellezza che non si trova in nessun libro e non si impara in nessuna scuola.
La felicità creativa è per tutti e non solo per pochi. È possibile, ma solo a patto che l’educatore sia egli stesso educato a questa realtà; solo a patto che colui che insegna continui a restare in contatto con la sorgente della felicità creativa. Il nostro problema non è quindi l’alunno, il bambino, ma l’insegnante e i genitori.
La professione dell’insegnante non può essere un semplice impiego di routine: dovrebbe invece incarnare l’espressione stessa della bellezza e della gioia, che non possono essere certo misurate in termini di traguardi e di successi.
Quando la mente, sede dell’io, assume il controllo, offusca la luce, lo splendore e la meraviglia della realtà. La conoscenza profonda di se stessi è l’inizio della saggezza: senza conoscenza intima del nostro profondo, l’apprendere non potrà che condurci all’ignoranza, al conflitto e al dolore.

La libertà dal condizionamento è una conseguenza della libertà dal processo di pensare. Solo quando la mente si troverà in uno stato di assoluto silenzio ci sarà quella libertà attraverso cui il reale potrà finalmente essere e rivelarsi.

Quanto è necessario morire ogni giorno, ogni minuto! Morire a tutto, ai molti ieri e al momento appena trascorso. Senza la morte non può esserci rinnovamento, senza la morte non può esserci creazione. Il peso del passato fa nascere la sua stessa continuità, e la preoccupazione di ieri dà nuova vita alla preoccupazione di oggi.
Lo ieri si perpetua nell’oggi, e il domani è ancora ieri: non esiste alcun sollievo da questa continuità se non nella morte. C’è gioia nel morire … il canto di quell’uccello lo sentiamo per la prima volta.

Qualsiasi cosa il pensiero faccia in relazione alla solitudine interiore è una fuga, un modo di evitare ciò che è. Così il pensiero creerà il proprio condizionamento che impedirà di sperimentare il nuovo, ciò che non consoce. La paura è l’unica risposta del pensiero all’inconoscibile: il pensiero potrà chiamarla in mille modi, ma sarà sempre paura.

La mente è un fascio di interessi contrastanti, e il semplice rafforzare un interesse contro un altro è ciò che chiamiamo concentrazione, il processo della disciplina. La disciplina è la coltivazione della resistenza, e dove c’è resistenza non c’è comprensione. Una mente ben disciplinata non è una mente libera, ed è soltanto nella libertà che si può fare qualche scoperta. Ci deve essere spontaneità per scoprire i moti dell’io, qualche che sia il livello a cui ci si trovi. Attraverso l’autodisciplina la mente può rafforzarsi nel suo scopo; ma questo scopo non è che una proiezione e così non è reale. La mente crea la realtà a sua propria immagine e somiglianza e le discipline si limitano a dare vitalità a questa immagine.

Il desiderio di sperimentare deve cessare del tutto, la qual cosa avviene solo quando lo sperimentatore non si nutra di esperienze e del loro ricordo.

La conoscenza di sé va scoperta nell’azione dei rapporti; e ogni azione è rapporto. La conoscenza di sé non viene dall’isolamento, dal ritiro; la negazione di ogni rapporto è la morte. La morte è l’ultima resistenza.

L’ascolto è un atto completo. L’atto stesso di ascoltare porta con sé la sua libertà. Se tu ascoltassi, nel senso autentico dell’essere consapevole dei tuoi conflitti e delle tue contraddizioni, senza costringerli in un determinato modello di pensiero, forse essi cesserebbero. La mente è perennemente occupata in qualcosa; non è mai immobile e silenziosa per poter ascoltare il frastuono delle proprie lotte e sofferenze. Cerca di essere semplice e non tentare di diventare qualcosa o di catturare una qualsiasi esperienza.

Il desiderio di realizzazione è la causa della frustrazione e della paura, e arriverà a una fine solo quando vedremo chiaramente il significato di appagamento.
Divenire ed essere sono due stati enormemente differenti, e non possiamo passare dall’uno all’altro; ma con la fine del divenire, allora l’essere sarà.

L’esperienza è una cosa e la sperimentazione un’altra. L’esperienza è una barriera allo stato di sperimentazione. L’esperienza impedisce il fiorire della sperimentazione. L’esperienza è già nella rete del tempo, è già nel passato, è divenuta un ricordo che viene in vita solo come risposta al presente. La vita è il presente, non l’esperienza.
La mente è l’esperienza, il noto, e non può mai essere nello stato di sperimentazione; perché ciò che essa sperimenta è la continuazione dell’esperienza.
L’esperienza deve cessare perché la sperimentazione cominci.
Nello stato di sperimentazione, non c’è né lo sperimentatore né lo sperimentato.

L’accrescimento del sapere è come ogni altro accrescimento; offre una via di fuga dalla paura del vuoto, della solitudine triste, della frustrazione, dalla paura di essere niente. Mettere da parte il sapere è un invito alla paura; e rinnegare la mente, che è il solo strumento di percezione che abbiamo, è rendersi vulnerabili al dolore, alla gioia.
Essere ignoranti non è essere liberi del sapere. L’ignoranza è la mancanza di coscienza di sé; e il sapere è ignoranza quando non vi sia comprensione dei modi dell’io.
Le vie della mente non conducono alla verità e alla felicità che ne deriva. Sapere è negare l’ignoto.

I riti offrono ai partecipanti un’atmosfera in cui essi si trovano a loro agio; tanto i riti collettivi quanto quelli individuali danno una certa serenità alla mente; offrono un contrasto vitale col tedio e la monotonia della vita quotidiana. C’è una certa quantità di bellezza e di ordine nelle cerimonie, ma fondamentalmente, non sono che degli eccitanti; e come tutti gli eccitanti in breve ottundono la mente e il cuore. I riti divengono abitudine; divengono una necessità, e non se ne può più fare a meno. Questa necessità è considerata una rinascita spirituale, un raduno delle forze necessarie per affrontare la vita, una meditazione quotidiana o settimanale, e così via; ma se si osserva più attentamente questo processo, si vedrà che i riti sono una vana ripetizione, la quale offre un’evasione mirabile e decente dalla conoscenza di sé. Senza conoscenza di sé, l’azione conta ben poco.
La ripetizione di canti sacri, inni e litanie, di parole e frasi, fa dormire la mente, anche se di primo acchito sembra abbastanza stimolante. In questo stato di assopimento, si verificano delle esperienze, ma non sono che proiezioni di se stesse. La sperimentazione della realtà non viene in essere mediante nessuna ripetizione, mediante nessuna pratica. La verità non è un fine, un risultato, una meta; non la si può inventare, perché è un oggetto della mente.

Parlare di un altro, simpaticamente o con cattiveria, è un’evasione dal proprio io, e l’evasione è causa di irrequietezza.

Il pettegolezzo è un’espressione della mente irrequieta; ma il solo fatto di essere silenziosi non indica una mente tranquilla. Non possiamo immaginare la vita senza un problema; e più siamo assorti in un problema, più vivi crediamo di essere.
Il Preoccuparsi risolverà il problema? Per la maggioranza delle persone, una mente tranquilla è cosa piuttosto temibile; hanno paura di essere tranquilli, perché sa il cielo che cosa potrebbero scoprire in se stessi, e preoccuparsi è prevenire a ciò.
La difesa è resistenza, che inibisce la comprensione.
La comprensione viene dalla conoscenza di se stessi.

La contentezza non è mai il risultato della realizzazione, dell’ottenimento o del possesso di cose; non nasce dall’azione o dall’inazione. Deriva dalla pienezza di ciò che è, e ciò che è pieno non ha bisogno dell’alterazione, del cambiamento.
Essere consapevoli dello scontento è essere consapevoli di ciò che è, e nella sua pienezza c’è uno stato che può essere chiamato contentezza: non ha opposti.

Il desiderio ricerca sempre soddisfazione, realizzazioni, risultati, ed è questo movimento del desiderio che deve essere compreso, e non allontanato o sottomesso: senza comprendere le vie del desideri, un semplice controllo del pensiero ha ben poco significato.

Tutto il pensare non è altro che un’attività superficiale della mente.
La mente non è solo superficiale, ma è anche secolari movimenti sotterranei, non esiste una mente intera: è spezzata in tante piccole parti, l’una in opposizione all’altra. Impossibile integrare le sue piccole parti.

Una mente immobile e silente non è il prodotto della volontà, della disciplina, delle varie pratiche per soggiogare il desiderio; pratiche e discipline non fanno altro che rafforzare l’ego.
La mente invece deve essere vuota dal conosciuto affinché l’inconoscibile possa essere e rivelarsi.

Ci usiamo l’un l’altro per mutua gratificazione. La nostra relazione attuale è basata sul bisogno e l’utilizzo: una relazione con queste caratteristiche è intrinsecamente violenta, ed è la ragione per cui la vera base della nostra società è la violenza.

La scoperta dà gioia, non la gioia ricordata, comparativa, ma la gioia che è sempre nuova.
Tu vivi suoi morti, come quasi tutti facciamo.
L’ignoranza dei moti dell’io porta all’illusione; e una volta che siamo presi nella rete dell’illusione, è di estrema difficoltà uscirne.
È difficile riconoscere un’illusione, perché, avendola creata, la mente non può esserne consapevole. Ci si deve avvicinare ad essa in modo negativo, indiretto. A meno che non si conoscano le vie del desiderio, l’illusione è inevitabile. La comprensione viene, non attraverso lo sforzo della volontà, ma solo quando la mente è in pace.
La paura non è mai vinta da un atto di volontà, perché la volontà è il risultato della resistenza. Soltanto attraverso una coscienza passiva e tuttavia vigile c’è libertà dalla paura.

Preferiamo l’illusione al reale; l’idea è più attraente, più soddisfacente, e così ci aggrappiamo a essa.
In questo conflitto tra il cosiddetto reale e il cosiddetto falso noi restiamo imprigionati.
Le parole soddisfano perché ridestano sensazioni dimenticate; e la soddisfazione che danno è più grande quando le parole sostituiscono il reale.

Non osiamo restare senza un libro, inattivi, soli. Quando siamo soli, la mente è irrequieta, vaga dappertutto, si preoccupa, ricorda, si dibatte; così che non c’è mai solitudine, la mente non è mai tranquilla.
Una mente resa quieta dalla disciplina, dai riti, dalla ripetizione, non può mai essere vigile, sensibile e libera. La morte dell’esperienza è creazione.

Ci sforziamo di acquisire gratificazioni, che sono sensazioni. Il desiderio costante di gratificazione alla ricerca di nuove e sempre più sottile forme di sensazioni, viene chiamato progresso, anche se in realtà è solo conflitto incessante.
Il silenzio arriva solo con l’assenza del desiderio. E il desiderio è rapido, astuto e profondo. Il ricordo non rende possibile il dispiegarsi del silenzio, e una mente coinvolta nell’esperienza non può essere silente.

Il senza tempo si potrà rivelare quando moriremo ogni giorno, ogni minuto, e smetteremo di accumulare: l’ansia di realizzazione, con tutti i suoi conflitti, non potrà che eternare la paura della morte.
La consapevolezza senza scelta porta la comprensione di ciò che è.

Le sensazioni sono della mente, come lo sono gli appetiti sessuali. La mente genera brama, la passione, attraverso il ricordo, da cui trae sensazioni gradevoli. La mente è la creatrice dei problemi, e così non può risolverli.
Colui che pensa è colui che sceglie, che cioè si schiera invariabilmente dalla parte del piacevole, della cosa grata e pertanto sostiene il conflitto; potrà liberarsi di un particolare conflitto, ma c’è il terreno adatto per un ulteriore conflitto.
Quando egli sperimenti direttamente il fatto di essere la sua stessa solitudine, soltanto allora potrà esservi liberazione dalla paura. La paura esiste solo in rapporto a un’idea, e l’idea è la risposta della memoria come pensiero. Il pensiero è il risultato dell’esperienza.
Il piacere a qualunque livello è sempre lo stesso; non c’è piacere più e meno elevato.
Essere consapevoli di un’abitudine senza sceglierne o coltivarne un’altra, significa la fine dell’abitudine.
Quando la mente è occupata con le proprie sofferenze, speranze e paure, non c’è spazio per la libertà, che può esistere solo senza sofferenze, speranze e paure.
Una mente attiva è silente, consapevole e senza alternativa.

La volontà è desiderio diretto a uno scopo, finalistico. Se non si comprende il processo del desiderio, il solo dominarlo è un invito a ulteriore arsione, ulteriore sofferenza.

L’interpretazione non è comprensione.
Voi potete cercare soltanto quello che già sapete, che è ulteriore piacere.
Voi lottate per divenire qualcosa, e quel qualcosa fa parte di voi.
Il nostro ascolto è sempre accompagnato da un preconcetto o da un particolare punto di vista.
Ascoltiamo con piacere o con una certa resistenza, afferrando o respingendo, e allora non c’è più ascolto. Per ascoltare si deve avere un’attenzione rilassata.

Se veramente vuoi trascendere ed essere libero dal desiderio bruciante, allora devi comprenderlo totalmente, senza condannarlo né accettarlo; ma questa è un’arte che si affina solo attraverso l’osservazione attenta temperata dalla passività profonda.
Amore significa essere in comunione diretta.

La verità giunge in silenzio, senza che tu te ne accorga. Ciò che conosci non è la verità, è solo un’idea, un simbolo: l’ombra non è il reale.

Avere successo è sempre fallire. Avere la ciotola vuota è avere una vita che è senza morte.
Vivere significa essere senza speranza, senza la preoccupazione del domani; e non è disperazione o indifferenza.
Devi osservare in maniera attenta e passiva le tue reazioni e risposte abituali; devi semplicemente esserne consapevole, senza resistervi; osservarle senza fare nulla. L’osservazione passiva attenta e vigile è libera dalla difesa, dalla chiusura delle porte.
Vivere felicemente significa vivere senza speranza.

Discipline, rinunce, distacchi, riti, esercizio della virtù, tutte queste cose, per nobili che siano, sono il processo del pensiero; e il pensiero può solo operare verso un fine.
La mente può tacere solo quando non sperimenta, ossia non definisce o nomina, non registra e non accumula nella memoria.


Fonte: Liberarsi dai condizionamenti, Krishnamurti