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venerdì 13 luglio 2012

Grazie dottor Hamer!

FORMAZIONE DELL'ENDODERMA
Finalità biologica = la sopravvivenza
Il conflitto = il boccone vitale
Connessione al cervello = tronco cerebrale

L’acqua è l’elemento dal quale ha tratto origine la nostra cellula, ed ha costituito per miliardi di anni il grande utero di gestazione e di protezione, oltre che veicolo per il nutrimento.
La protezione esterna di cui aveva bisogno la cellula era quindi molto semplice: una sottile membrana plasmatica. Questa, in miliardi di anni, andrà sempre più condensandosi al suo interno di elementi sempre più specializzati (mitocondri, ribosomi, cromosomi, DNA …).
A questo punto la Natura, impone una regola precisa e costante, valida miliardi di anni fa come oggi.
La funzione primaria da assolvere in un percorso evolutivo è la sopravvivenza.
Hamer ha realizzato che questa cellula per sopravvivere dovette superare il primo conflitto biologico: il boccone.
  • Cibo come principi nutrienti
  • Luce come informazione verso cui andare o da cui sfuggire
  • Suono da seguire o rifuggire come pericolo
  • Acqua costituente originario di vita oltre che veicolo nutrizionale e protettivo
    Infine  con il passaggio dall’acqua all’ambiente aereo, che l’Aria acquisì le connotazioni biologiche del “boccone”.
A livello fisiologico, a fronte della sopravvivenza, ha inizio la prima formazione del tessuto embriologico chiamato endoderma, a cui è connesso il Tronco cerebrale o cervello antico.
Dal cervello antico partono le pulsioni viscerali di attacco o fuga, tutto o niente.
Col passare del tempo nuove cose diventavano vitali e quindi si crearono altri “bocconi” (casa, lavoro, oggetti, … ed anche il sentito, che rientra più nella sfera psichica).

Se viviamo un conflitto biologico per un boccone, con una DHS, si verifica, in un tessuto di derivazione endodermica, un proporzionale aumento di funzione cellulare che, riguardando una delle cinque qualità citate potrà manifestarsi da un semplice aumento funzionale a una vera e propria proliferazione di cellule e cioè un adenocarcinoma.

Il boccone acqua = il conflitto del profugo
Acqua come il più antico boccone primario. L’aria è un elemento indispensabile per la vita, ma ha acquistato la sua valenza per l’essere umano 300 milioni di anni fa, mentre possiamo affermare che l’acqua costituisce il substrato di vita di tutti gli esseri organici dall’inizio delle prime forme sulla terra circa 3 miliardi di anni fa. Senza l’acqua non può esistere forma di vita sulla terra. L’effetto combinato con l’energia del sole ha dato vita alle prime forme vegetali, dalle quali è partito l’intero sistema vivente. L’organo preposto a mantenere inalterato l’equilibrio idrico è riposto nel tessuto endodermico del rene: i tubuli collettori (canali impermeabili e trasportatori di sostanze, capaci di filtrare oltre 110 litri di acqua al giorno, eliminandone solo un litro o un litro e mezzo al dì). Attraverso il conflitto del profugo comprendiamo perché il nostro organismo attivi repentinamente la ritenzione idrica, producendo tutti questi corpi con forti edemi e sformati dalla quantità d’acqua ritenuta.
La nostra cellula originaria, finché è rimasta protetta dall’acqua per miliardi di anni, al solo fine di imparare, non ha avuto necessità di preoccuparsi d’altro, relazionarsi con altre specie, non aveva un territorio da difendere. Di certo l’acqua rimase impressa, nei costituenti base del futuro DNA della cellula, quale elemento di vitale importanza.
La traduzione e la manifestazione di questo concetto sono ampiamente documentate nella fisiologia della ritenzione idrica.
Quando il corpo attiva questa funzione? La parola “profugo” chiarisce una situazione di smarrimento e perdita di controllo, implicita inizialmente, se vogliamo, in tutte le DHS.
La posizione di “profugo” però è più marcata quando l’”animale” viene a trovarsi improvvisamente in una di queste situazioni:
  • rimanere abbandonati a se stessi
  • dover lottare per l’esistenza
  • sentirsi come pesci fuor d’acqua, non sentirsi a “casa” nel proprio ambiente
  • perdere tutti i punti di riferimento o i mezzi di sussistenza.
Sono tutte situazione che rendono l’individuo fragile e vulnerabile, e quindi facilmente eliminabile dal contesto in cui si vive.
Per sopperire a questi eventi drammatici, nel sistema arcaico del cervello antico, l’endoderma, preposto all’unica finalità della sopravvivenza, si è originato un programma di supporto: la ritenzione idrica.

Il nostro corpo dopo aver rilevato la pericolosità delle situazioni citate, si preoccupa istantaneamente di non farci perdere, accumulando, l’elemento vitale per la sopravvivenza: l’acqua.

FORMAZIONE DEL MESODERMA ANTICO
Finalità biologica = la protezione
Il conflitto = l’attacco
Connessione al cervello = Cervelletto

Riprendiamo il viaggio della nostra cellula. Per comprendere i primi codici biologici dell’endoderma, finalizzati alla sopravvivenza e al nutrimento ci sono voluti miliardi di anni. Il risultato è un aggregato di cellule dotato di funzioni sempre più perfezionate: nascono i primi batteri.
Nel programma intenzionale di queste forme di vita, tanto straordinario quanto misterioso, era codificato l’obiettivo di uscire dall’acqua. Un programma questo, già accennato nella trattazione del conflitto del profugo.
Biologi e paleontologi sono riusciti a individuare una data approssimativa, circa 300 milioni di anni fa, quando apparvero i primi esseri anfibi, mentre per il mondo vegetale dobbiamo risalire a molto tempo prima, circa 3 miliardi di anni fa, quando le prime alghe verdi-azzurre filamentose fecero capolino all’aria.
Un batterio dalla semplice forma rotonda, costituita quasi solo dall’involucro della membrana plasmatica, cominciò a dotarsi di elementi di locomozione che gli consentivano una certa mobilità.
Nel bordo esteriore della membrana si sviluppano delle piccole increspature, formate dall’attività di microfilamenti situati immediatamente al di sotto della membrana plasmatica. Queste nuove forme col tempo, diventarono sempre più lunghe fino alla formazione di estesi filamenti, chiamati ciglia o flagelli, veri e propri propulsori nell’acqua.
Queste prime forme di batteri sono pronte per uscire dall’acqua, e vivere in un mondo fatto di aria, sole, ossigeno, caldo, freddo e continue variabili, di nuovi e futuri conflitti da risolvere.
Questa forma embrionale aveva solo una piccola membrana plasmatica come protezione, non avrebbe potuto resistere alle intemperie, se non munendosi di nuovi strumenti.
Così cominciò di un nuovo periodo di adattamento, che durò altri milioni di anni, per la costruzione di un nuovo foglietto embrionale: il mesoderma, un vero e propri apparato difensivo degli organi vitali.
Ecco dunque il formarsi di nuovi tessuti finalizzati alla protezione: il nuovo scopo biologico.
La struttura esterna, preposta allo scopo, è il derma, un tessuto che avvolge quasi completamente le strutture formatesi sino allora ed è finalizzato alla protezione dagli agenti esterni.
Ogni organo vitale, poi, si munisce di un tessuto specializzato per questo fine e quindi si forma il peritoneo per tutto l’apparato digerente, il pericardio per la protezione del cuore, la pleure per i polmoni, come pure il derma per la protezione esterna.

Un giorno queste cellule/organismo, operarono una lacerazione in corrispondenza dell’ano e della fontanella nella testa, mantenendo le terminazioni nervose del sistema di muscolatura in corrispondenza dell’ano, per consentire l’evacuazione volontaria delle feci.
Il processo descritto rappresenta il successivo sviluppo ontogenetico dell’embrione: il nuovo foglietto embrionale del mesoderma, con la formazione di una nuova parte del cervello, il cervelletto.
Gli organi che si sono strutturati a protezione dell’organismo non potevano che essere il risultato di continui conflitti biologici derivati da attacchi esterni.
Non essendoci più l’acqua a proteggerlo, il nuovo organismo era esposto ai fenomeni atmosferici e a contatti, o attacchi, di ogni tipo.
Una prima embrionale forma di protezione erta già costituita dalla membrana esterna fosfolipidica della struttura cellulare.
Quale poteva essere la risposta fisiologica, secondo un SBS, di fronte all’integrità del nostro antenato? Conteneva già nel suo bagaglio di esperienze, la reazione dell’aumento di funzione per il metabolismo del boccone.
La stessa funzione venne confermata anche nel caso di un conflitto biologico (DHS) di attacco, con la produzione di un ispessimento a protezione della parte colpita in modo inaspettato.
Infatti nella fase di CA assistiamo a un aumento di funzione e, quindi, a una proliferazione cellulare, seguita ovviamente, come per l’endoderma, da una fase di riduzione per caseificazione o incistamento, dopo la soluzione del conflitto.
In medicina questi tipi di proliferazione, prendono il nome di malattie come melanoma o mesotelioma, a seconda del tessuto colpito.

Inizialmente l’essere umano si riproduceva anch’esso per partogenesi (l’individuo, con una caratterizzazione e una funzionalità tipicamente femminili, è in grado di riprodurre uova senza bisogno della fecondazione maschile) e non v’era distinzione di sesso.
Esisteva l’”androgino”, con la forza vitale della riproduzione partenogenetica.
Tale individuo, formatosi nei miliardi di anni, dall’originario anello-cellula, si è evoluto fuori dall’acqua secondo lo schema già visto, ma oltre al processo di difesa delle strutture vitali, si è accorto della presenza di altri suoi simili, cominciando così una nuova era evolutiva: quella della relazione sociale.
La necessità di un raggruppamento fu tanto più necessaria, quanto maggiori erano le insidie che provenivano dall’esterno. Era inevitabile associarsi, siano a formare il gruppo (branco).
La protezione di un rifugio e la forza dell’unione non bastavano però alla sopravvivenza della specie, occorreva anche il mantenimento alimentare, il solito e arcaico problema esistenziale: procurarsi il boccone.
Così una parte di questi androgini dovette adattarsi a delle diverse funzioni: la caccia e la conquista di un territorio. Fu così che alcuni di loro ridussero la loro funzione della riproduzione per sviluppare invece una nuova necessità biologica: la forza e la difesa. Tutto ciò si è tradotto fisiologicamente in una mutazione funzionale dell’organismo che ha prodotto nuove connotazioni fisiche per il futuro maschio:
  • produzione di ormoni come il testosterone, derivato dal suo precursore il colesterolo (a capo di tutti i processi di controllo del territorio)
  • aumento della forza fisica e sviluppo maggiore in altezza del maschio rispetto alla femmina, per assolvere meglio la funzione di difesa
  • atrofizzazione funzionale dei seni per l’allattamento, in quanto non più utilizzati per lo scopo
  • una maggiore produzione di peluria per il maschio che doveva passare molto più tempo fuori dalla caverna
Alla femmina restava un ruolo:
  • prettamente procreativo e di accadimento
  • la funzione dell’allattamento la dotò dei seni prosperosi
  • aveva una riserva maggiore di grasso corporeo per sopperire a eventuali carestie o a possibili battute di caccia andate a vuoto
La differenziazione tra maschi e femmine, insieme alla specificazione dei diversi ruoli e degli adattamenti fisiologici, si affiorano sempre di più, attraverso milioni di anni di evoluzione, nel contesto di raggruppamenti tra individui e di appropriazioni di terreni di caccia.

Nell’ambito del gruppo la suddivisione dei ruoli fu sempre più marcata, relegando al cosiddetto “maschio nascente” il compito di conquistare e proteggere il territorio, oltre che dell’approvvigionamento dei viveri.
Alla donna il compito di pensare e accudire la prole, scegliendo anche il maschio migliore per la procreazione.
Prioritaria divenne anche la scelta di una guida del gruppo: il capo branco.

La definizione della figura maschile e femminile, insieme all’esigenza della guida di un capo branco, sono i presupposti di una nuova e contestuale evoluzione fisiologica del corpo umano: la formazione dei destrimani e dei mancini. Hamer constatò che:
  • la diversa risposta biologica di un destrimane rispetto a un mancino, nell’ambito dei due ambiti, territorio e sessualità
  • il diverso riflesso fisiologico delle patologie sulla lateralità del corpo, destra o sinistra, a seconda della relazione conflittuale
quindi:
  • nell’emisfero destro (maschile) della corteccia cerebrale si riflette l’ambito del territoriotestosterone
  • nell’emisfero sinistro (femminile) l’ambito della sessualitàestrogeno

FORMAZIONE DEL MESODERMA RECENTE
Finalità biologica: crescita e rafforzamento del gruppo
Il conflitto: non riuscire
Connessione al cervello: Midollo cerebrale

Consolidata la capacità di sopravvivere e la strutturazione di un apparato difensivo degli organi vitali, continua il viaggio evolutivo dell’essere umano, che affronta nuovi ostacoli.
Sono passati miliardi di anni alla primordiale forma cellulare rotonda.
Il nuovo passaggio è preordinato ad assolvere una nuova finalità: il levarsi in alto e guadagnarsi il diritto di “esserci” nel sistema. La psiche governa quindi un nuovo processo, che possiamo definire del gruppo.
Siamo di fronte a un passo evolutivo che oltre la semplice esigenza vitale di sopravvivenza e di protezione, implica la nuova finalità di ricerca di un suo spazio e di un suo diritto di esistere.
Il conflitto biologico che ostacola questo nuovo proposito evolutivo è identificabile in queste situazioni: “non riuscire” “sentirsi biologicamente inadeguati” “non essere in grado di farcela”.
Hamer nei suoi testi, definisce in sintesi questo conflitto: svalutazione.
È importante però rilevare che questa è una connotazione di tipo psicologico, spesso inevitabile, ma successiva al vero conflitto con connotazione di tipo biologico: “non essere adeguati”.
Vedremo, infatti, che non sempre è connessa la svalutazione, come, per esempio, nell’osteoporosi degli astronauti; e questo caso ci consentirà una comprensione ulteriore della distinzione tra conflitto psicologico e biologico.

Dopo la finalità del boccone e della protezione si aggiunge quindi un nuovo proposito evolutivo: la necessità di crescere, mantenere e migliorare il gruppo, il branco e le forme associative sempre più organizzate. Occorrono dunque nuovi organi e tessuti per realizzare lo scopo e contrastare il nuovo conflitto di fondo: “non riuscire”.
Si formano e si perfezionano quindi nuovi apparati dell’organismo: lo scheletro, le articolazioni cartilaginee in genere, i muscoli, il tessuto connettivo, l’apparato circolatorio e linfatico.

Il nostro corpo fa ciò che gli chiediamo se gli concediamo il tempo

Vivere in un ambiente dove la forza di gravità schiacciava il corpo verso la terra, non consentendogli più di galleggiare nell’acqua, imponeva alla struttura ossea una solidità più forte e resistente. La nuova finalità biologica è sintetizzabile nel rafforzamento dell’individuo e del gruppo. Il lungo processo di crescita delle strutture di sostegno e di mobilità è il risultato di un individuo che deve confrontarsi con la nuova realtà del gruppo, quindi a gestire la relazione e i nuovi compiti nell’ambito del gruppo.
Fare crescere sono attività che non vengono più esercitate unicamente per l’integrità personale dell’individuo, ma per realizzare l’evoluzione sociale delle aggregazioni di molti individui.
Si parla di affermazione e riuscita del singolo in mezzo al gruppo.
Non è difficile dedurre il conflitto biologico che va a impedire queste finalità, nel senso che blocca sia la crescita che l’affermazione personale dell’individuo: “non riuscire a farcela” “sentirsi inadeguati” con il conseguente stato d’animo di svalutazione.
Se in un processo di crescita fisiologica si manifesta un conflitto che va a bloccare tale evoluzione, non è difficile comprendere che durante la fase conflittuale, post DHS, si verificano un arresto e una riduzione di funzione cellulare (necrosi).
E una volta risolto il conflitto avverrà la ricrescita del tessuto.
Dopo la formazione degli elementi che reggono una struttura, il nostro corpo si è dovuto costituire anche un sistema di trasporto e di diffusione in ogni sua parte delle sostanze di nutrimento, compreso l’ossigeno come sostanza propellente. Per questo si è formato un complesso di dispositivi basati sul trasporto, che permette un trasferimento rapido delle sostanze su lunghe distanze, il tutto finalizzato a una distribuzione mirata e a un adattamento rapido agli incrementi del fabbisogno. Il mezzo di conduzione principale è il sangue. Organi costituenti questo apparato sono dunque tutto il sistema circolatorio, compreso quello linfatico, dalla milza ai linfonodi. Anche per questi organi il processo conflittuale e di riparazione adotta il programma esposto per gli organi di struttura. 

FORMAZIONE DELL'ECTODERMA
Finalità biologica = relazione nel gruppo e procreazione
Conflitto = separazione – lotta per il territorio
Connessione al cervello = Corteccia cerebrale

Siamo arrivati all’ultimo sviluppo embrionale, quello esterno e sensoriale: l’ectoderma.
La successione espositiva dei foglietti embrionali si ricollega a una successione evolutiva nel tempo, ma non ne senso di compartimenti separati, ma di continua specializzazione e perfezionamento dei tessuti. Così non possiamo escludere che possano essere esistite nel primordiale organismo cellulare forme larvate di sensorialità e motricità, ma, certamente, nell’ultima parte evolutiva dell’essere umano, i continui nuovi adattamenti e conflitti risolti hanno portato a uno sviluppo e a una specificazione più marcati di questa funzionalità esterna.
Siamo di fronte all’esigenza di superare nuovi conflitti e nuove forme di vita conseguenti soprattutto al miglioramento e perfezionamento degli aggregati sociali tra gli individui.
Si rende necessaria la definizione di aree come quella motoria, sensoriale, visiva e ormonale.
Il senso biologico della fisiologia umana si è definito alla luce del consolidamento dei rapporti di gruppo e della primordiale sottospecie: la famiglia; così com’è diventata prioritaria la difesa dello spazio vitale dove procreare: il territorio, il nido. Dopo i primordiali scopi biologici della sopravvivenza e della protezione, assistiamo a un salto di qualità evolutiva che incide sulla sfera emotiva relazionale tra gli individui.
La nuova funzionalità corporale del mesoderma e dell’ectoderma ci chiarisce quindi il nuovo contesto evolutivo: l’essere umano non è più solo.

Torniamo ai nostri antenati e alla necessità di creare un rivestimento esterno per trasportare al cervello le sensazioni.
Il rivestimento è costituito da un epitelio pavimentoso che ricopre tutta la superficie esterna del corpo umano. Lo troviamo sia nell’epidermide, sia nel rivestimento degli organi interni, come i dotti biliari del fegato, i dotti pancreatici, i dotti lattiferi dei seni, l’intima della coronarie, le varie mucose di diversi apparati: faringe, laringe, archi bronchiali, utero, vagina, retto e altri.
Questa distinzione degli epiteli pavimentosi, esterni e interni, dipende esclusivamente dalla distinzione dei due conflitti dichiarati: per l’epidermide dobbiamo far capo al conflitto di separazione, per gli organi interni a quello di territorio o del nido. L’epitelio pavimentoso esterno si è invaginato anche all’interno di quegli organi preposti a delle funzionalità che vanno ad assolvere comunque una relazione tra gli individui.
Avremo un’ulcera dei tessuti durante il CA seguita da una fase di rigenerazione cellulare durante la riparazione, con conseguenti gonfiori e arrossamenti, e con eventuali produzioni di cisti.
La necrosi del tessuto epiteliale ha una duplice funzione biologica a seconda dell’organo colpito e della tipologia del conflitto: separazione o territorio.


Fonte: Grazie dottor Hamer!, di Claudio Trupiano, Secondo Natura Editore



sabato 7 luglio 2012

“Scoperta la particella di Dio”


Cos'è il bosone Higgs e perché lo cerchiamo da cinquant'anni

PIERO BIANUCCI
Alla fine il bosone di Higgs, folcloristicamente soprannominato «particella di Dio», ha fatto la sua comparsa in due colossali esperimenti del Cern di Ginevra. È il punto di arrivo di un cammino iniziato negli Anni 60 del secolo scorso. L’ultimo tassello di un puzzle che i fisici hanno messo insieme pazientemente in mezzo secolo di lavoro costruendo macchine sempre più grandi, potenti e costose.

Si chiamano bosoni, dal nome del fisico indiano Bose che con Fermi ne descrisse le proprietà, le particelle che trasportano una forza. Sono bosoni, per esempio i fotoni, cioè le particelle che costituiscono la luce, e i gluoni, la «colla» che tiene insieme i nuclei degli atomi. Il bosone di Higgs è speciale: è la particella che conferisce una massa a tutte le altre particelle, e quindi in qualche modo dà ad esse l’esistenza i n quanto oggetti materiali. Questa è la sua potenza «divina».


Da ieri, dunque, conosciamo il segreto della massa delle particelle subnucleari, e quindi sappiamo come è fatto l’universo visibile (purtroppo stiamo parlando solo del 4 per cento di quanto esiste, il 96% ci sfugge perché è sotto forma di materia ed energia invisibili). Fatto non irrilevante, sappiamo inoltre perché si sono spesi sette miliardi di euro nel Large Hadron Collider, Lhc, un anello di magneti lungo 27 chilometri nel quale due fasci di protoni si scontrano a energie mai raggiunte prima.

Certo, gli scienziati preferiscono essere prudenti, tutto deve essere meglio verificato. Solo a fine luglio una pubblicazione metterà nero su bianco i risultati preliminari presentati ieri mattina nell’auditorium del Cern da Joe Incandela per l’esperimento Cms e da Fabiola Gianotti per l’esperimento Atlas. Altre misure saranno necessarie almeno fino alla fine di quest’anno. L’identikit è quello della particella tanto attesa: una massa di 125,3 GeV. Se non fosse il bosone di Higgs sarebbe davvero qualcosa di strano e, per certi versi, di ancora più interessante. Ma i margini dell’incertezza statistica dichiarati da Incandela e Gianotti sono minimi.

Incominciò Murray Gell-Mann nel 1964 immaginando l’esistenza dei quark, particelle più elementari dei protoni e dei neutroni fino ad allora ritenuti i mattoni ultimi dei nuclei atomici. Fu l’inizio del Modello Standard, il paradigma della fisica moderna, al quale subito Peter Higgs contribuì con l’idea del suo bosone, poi battezzato «particella di Dio» dal fisico Leon Lederman, premio Nobel nel 1988.

L’universo così come ora lo osserviamo è fatto essenzialmente di due tipi di quark: Up e Down. La teoria però ne prevede sei, che si manifestano a energie crescenti. Uno per volta, i fisici li hanno scoperti. Il sesto, chiamato Top perché è un po’ come il tetto che sta sopra l’edificio degli altri, fu preda del Fermilab di Chicago nel 1995. Il modello prevedeva anche sei leptoni. Di essi alcuni erano già noti (elettrone, muone, neutrino elettronico), gli altri sono stati via via scoperti: ultimo arrivato il neutrino Tau, stanato nel 2000 al Fermilab.

Erano presenti all’appello anche alcune particelle che scambiano le forze fondamentali della natura, i bosoni, appunto: il «vecchio» fotone per la forza elettromagnetica (risale a Einstein), il gluone per l’interazione forte, W e Z per l’interazione debole, queste ultime scoperte da Carlo Rubbia, premio Nobel nel 1984. Era latitante invece il bosone di Higgs, e questo era un problema, perché senza di esso il Modello Standard entrerebbe in crisi. Ecco perché ieri al seminario del Cern i fisici hanno tirato un respiro di sollievo.

Ieri è stata posata una pietra miliare. La strada però rimane lunga. Una teoria molto accreditata prevede l’esistenza di particelle simmetriche a quelle già note e altre ancora. Questo mondo di Alice riflesso nello specchio potrebbe risolvere l’enigma della materia oscura di cui gli astronomi vedono nell’universo segni indiretti. Ma restando nel Modello Standard, sarebbe importante anche osservare sperimentalmente le onde gravitazionali, e quindi i gravitoni.

Per finire, qualche numero su LHC. La macchina che ha stanato la «particella di Dio» si avvale di 9600 magneti. Di questi 1746 sono superconduttori raffreddati con 190 tonnellate di elio a 1,9 Kelvin. Poiché l’universo ha una temperatura di 2,7 Kelvin, l’acceleratore del Cern è l’oggetto più freddo che esista nel cosmo. Ed è anche il più vuoto: i tubetti percorsi dai protoni contengono meno materia dello spazio interstellare.

Sull’energia raggiunta dentro LHC, invece, bisogna intendersi. Tutti i protoni accelerati in un giorno pesano appena 2 miliardesimi di grammo. Ci vorrebbe un milione di anni per accelerare un solo grammo di materia. Inoltre l’energia di ciascun protone è paragonabile a quella di una mosca in volo e quella totale dei fasci corrisponde a un battito delle mani. Le collisioni sono enormemente energetiche solo perché l’energia è concentrata nello spazio piccolissimo di un protone: un conto è battere le mani tra loro, un altro battere una mano contro la punta di uno spillo. Ecco perché le collisioni ottenute in LHC con nuclei di atomi pesanti riescono a riprodurre le condizioni del Big Bang portandoci indietro nel tempo fino a 13,7 miliardi di anni fa.



Fonte: http://www3.lastampa.it/scienza/sezioni/news/articolo/lstp/461161/


"Un ficco di neve" Il bosone di Higgs spiegato da un fisico
"Immaginate un'infinita distesa di neve, un campo esteso lungo tutto lo spazio. Il campo di Higgs è come questo: questo è fatto di fiocchi di neve, allo stesso modo il campo di Higgs è composto di piccoli quanti. Noi li chiamiamo Bosoni di Higgs". Il fisico teorico del Cern John Ellis spiega cos'è e come funziona il Bosone di Higgs, che conferma il Modello Standard delle particelle fisiche, e giustifica il fatto che abbiano masse diverse tra loro."Il Bosone svolge il lavoro di dare massa a tutte le altre particelle elementari. Le equazioni del Modello Standard sono molto simmetriche, le particelle appaiono tutte allo stesso modo, non si distingue tra quelle di massa diversa. Questa simmetria deve essere spezzata, ci deve essere qualcosa che ci permetta di differenziare: questo è il Bosone di Higgs. A seconda di come le particelle interagiscono con lui acquisiscono masse differenti. Così la simmetria è rotta". Per far capire come funziona il meccanismo Ellis riprende il paragone del campo di Higgs con la distesa di neve."Immaginate di attraversarla: uno sciatore passa sopra la neve, non interagisce con il campo, scorre via come una particella senza massa che viaggia alla velocità della luce. Se invece si cammina con gli scarponi si affonda nella neve, si viaggia meno velocemente, come una particella dotata di massa che interagisce con il campo. Se invece si affonda nella neve si va molto piano, come una particella dotata di massa maggiore".


Fonte: http://multimedia.lastampa.it/multimedia/home/lstp/160659/