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martedì 10 maggio 2022

IO NON MI LAMENTO - Will Bowen

Lamentandoti non attiri mai quello che desideri, ma perpetui quello che non vuoi.

Il primo passo verso la ricchezza in tutte le sue forme è essere grati di quello che possediamo ora.

Non c’è nulla di nobile nell’essere superiore a un altro uomo. La vera nobiltà sta nell’essere superiore alla persona che eravamo fino a ieri. Proverbio indù.

Nel mondo c’è troppa lamentela.

Il mondo non è come lo vorremmo.

Credo che le due cose siano correlate. Siamo così presi dal concentrarci su quello che non va nel mondo – che evidenziamo con le nostre lamentele – che perpetuiamo quegli stessi problemi.

Attualmente, il mondo è ossessionato dalla negatività.

I pensieri negativi sono semi che piantiamo nel mondo quando ci lamentiamo, e daranno frutti.

I tuoi pensieri creano la tua vita e le tue parole indicano quella a cui stai pensando.

 In ogni momento, creai la tua vita con i pensieri cui presti maggior attenzione.

Se cambi le tue parole, anche i tuoi pensieri cambieranno e così la tua vita.

Quando farai l’esercizio di spostare il braccialetto da un polso all’altro, più e più volte, giorno dopo giorno, comincerai ad accorgerti delle tue parole. Così facendo, diventerai consapevole dei tuoi pensieri.

Indicazioni su come usare il braccialetto come strumento per crescere e trasformarti:

  1. Indossa il braccialetto su un polso. Questo è il primo dei tuoi ventun giorni (consecutivi).
  2. Quando (non sé) ti accorgi che ti stai lamentando, che spettegoli o che fai del sarcasmo, sposta il braccialetto sull’atro polso e ricomincia. Ogni volta che succede, riparti dal primo giorno.
  3. Tieni duro. Solitamente ci vogliono dai quattro agli otto mesi per riuscire a fare ventun giorni consecutivi.

Perché ventun giorni?

Gli scienziati credono che ripetendo con costanza un comportamento per circa ventun giorni, esso diventi un’abitudine.

Paradossalmente, è lo stesso tempo che ci mette un uovo di gallina a schiudersi.

Lamentarsi: esprimere dolore o scontento. Dal dizionario Merriam-webster

Quando ti impegnerai per esprimere solo cose positive, la tua mente diventerà più consapevole delle esperienze positive e le userà come materia prima per produrre pensieri positivi.

La tua attenzione cadrà sulle cose che vuoi, e quel che è più importante è che comincerai a manifestarne di più. Inoltre, distogliendo l’attenzione dagli aspetti più impegnativi della tua vita, li farai diminuire.

Quello che chiami realtà si trasformerà. Tutto ciò sembra semplicistico, ma funziona. Non c’è realtà, c’è solo percezione, e questa la puoi cambiare.

Non vi è ego nel dire al cameriere – se vi attenete ai fatti, che sono sempre neutri – che la minestra è fredda e che va riscaldata – “Come osa servirmi una minestra fredda …?” questo invece è lamentarsi.

Le lamentele sono contrattacchi verso ingiustizie percepite. Un dato di fatto è un commento neutro atto a informare (non rimproverare) l’ascoltatore.


Fonte: Io non mi lamento di Will Bowen, Trigono edizioni

 

https://www.macrolibrarsi.it/libri/__io-non-mi-lamento-will-bowen.php?pn=2028

sabato 6 febbraio 2021

Homo Luminous – Kiara Windrider

La Tradizione Advaita

Le fondamenta del nostro cammino evolutivo si fondono sull’ipotesi che nell’universo esiste un campo d’intelligenza che sta dirigendo il processo, un’intelligenza che permea ogni cosa e connette tutto.

Come i paqo Inca sanno, l’universo è un sistema energetico vivente, con tutte le sue parti in costante comunicazione le une con le altre.

Questo non è un sapere intuito esclusivamente dalle tradizioni antiche, ma una conoscenza riconosciuta ai giorni nostri anche da una nuova branchia della scienza chiamata cosmologia del plasma, o teoria dell’universo elettrico.

Questa visione teorizza che l’universo sia tenuto insieme da forze elettriche anziché dalla forza di gravità.

I campi elettrici collegano i campi di plasma attraverso distanze immense, tanto che qualsiasi evento si svolga in un qualsiasi angolo dell’universo, all’istante interessa ed influenza tutto il resto in ogni dove.

È come se l’universo fosse un’immensa ragnatela fatta di filamenti interconnessi, con un enorme ragno invisibile capace di percepire e all’istante rispondere ad ogni perturbazione nel campo.

La materia emerge dove questi filamenti s’incrociano per formare i nodi magnetici. Poiché l’elettricità ed il magnetismo sono interconnessi, l’energia e la materia oscillano costantemente avanti e indietro attraverso l’interconnessa rete della vita.

 

Advaita, nell’antica tradizione indù, significa non due. È una mappa per comprendere qual è il nostro posto nell’universo da questa prospettiva olografica. In breve, l’advaita insegna che esiste una sola coscienza che si muove in ogni cosa, verità che abbiamo già iniziato ad apprendere grazie alla prospettiva sciamanica.

Tuttavia l’advaita va oltre e afferma che, nelle profondità dell’essere, che IO SONO è coscienza unificata, una coscienza eternamente esistita, che si trova al di là dei confini dello spazio, del tempo e della creazione, ma al contempo permea tutto lo spazio, il tempo e l’intera creazione.

 

Ciò significa che il sé con il quale ci si identifica per tutta la vita, è un’illusione relativa e che è possibile imparare a spostare il proprio senso d’identità dell’ego personale alla coscienza unificata che permea ogni cosa, trovando così la propria vera identità.

Significa anche che il Sé presente in me è lo stesso Sé presente in te, e che l’universo intero è un unico movimento di vita. Siamo infatti tutti olograficamente connessi come un unico organismo.

Il vecchio paradigma scientifico afferma che l’universo fisico è stato in qualche modo creato con un’unica azione chiamata Big Bang e che, con il passare del tempo, i primi semplici elementi della materia si raggruppano insieme per creare quegli aminoacidi che fecero nascere la vita. Le forme di vita create originarono la mente e, alla fine, la mente creò e sperimentò la coscienza. Di conseguenza, la coscienza è in qualche modo associata con l’abilità del cervello di pensare. 

La filosofia advaita inverte tutto, affermando che, innanzitutto, esiste la coscienza che permea ogni cosa. Poiché la coscienza è esistenza e tutto ciò che esiste è coscienza. A quel punto il campo di coscienza si estende e crea la mente, la quale si organizza per creare la vita e la materia fisica. Poiché esiste la coscienza unificata che si muove in tutte le cose, tutte le cose sono connesse.

Il senso di separazione che sperimentiamo con i nostri sensi (mente razionale inclusa), ci appare reale a causa dell’imposizione di un elemento della creazione, chiamato maya, che opera nel reame di kay pacha, il Mondo di Mezzo. Sembra che il mondo là fuori abbia una realtà fisica solo a causa di maya, che crea l’illusione dello spazio e del tempo e, di conseguenza, di una realtà materiale che permea spaio e tempo.

Solo per il fatto che sia un’illusione, non significa però che sia una cosa negativa. I film proiettati al cinema sono illusione, ma ci possono profondamente colpire in molti modi.

Non siamo però obbligati a subire il film horror di qualcun altro. Possiamo scegliere il genere di film che più preferiamo guardare, così come siamo liberi di scegliere quale film vogliamo proiettare sullo schermo della nostra mente.

Questo per spiegare che il mondo fisico è in funzione della mente razionale, raffinata e sviluppata in milioni di anni di evoluzione biologica. Tuttavia, non appena impariamo a trasformare le nostre percezioni oltre i limiti delle mente razionale, scopriamo una verità più profonda.

Noi non siamo solo queste preziose personalità umane esistenti dentro corpi di materia, ma anche coscienze eternamente umane esistenti oltre lo spazio, il tempo e la materia. Noi siamo advaita, non due. 


Fonte: Homo Luminous - Kiara Windrider


https://www.macrolibrarsi.it/libri/__homo-luminous-libro.php?pn=2028

mercoledì 6 gennaio 2021

Homo Luminous – Kiara Windrider

Il solo motivo per cui siamo qui, è essere qui. Possiamo chiamarlo in molti modi: illuminazione, risveglio, o semplicemente presenza. Prima di arrivare s questo pianeta siamo in grado di sperimentarlo in maniera diretta: tuttavia, una volta nati ed entrati nella densità che impregna la nostra matrice collettiva umana, i nomi e le forme iniziano a sostituire l’esperienza spontanea dell’Uno. Il nostro viaggio inizia con una certa consapevolezza su chi siamo e la realizzazione che quella è la stessa consapevolezza primordiale che permea l’intero universo. È qualcosa che già siamo, per questo non è necessario cercarlo fuori di noi ora è il momento di realizzarlo e non soltanto a livello personale, ma anche collettivo. Poiché il risveglio collettivo è il motivo per il quale siamo qui. Questa realizzazione da alcuni è stata chiamata “illuminazione” e diverse tradizioni spirituali insegnano a credere che sia un traguardo difficile da raggiungere: cioè l’esperienza ultima a cui giungere solo dopo molti sforzi e molte pratiche. In questo libro vorrei invece dimostrare che l’illuminazione non è difficile tanto quanto ci hanno portato a credere, poiché il percorso da fare è la creazione dei ponti fra i vari aspetti della coscienza umana. L’attuale razza umana è condizionata da sistemi di credenza che creano un interrotto senso di separazione. Ci sentiamo separati gli uni dagli altri, separati dal flusso naturale della vita e anche dalla verità riguardo il nostro essere. 

È un senso di separazione sperimentato come dualità di coscienza, con la percezione di essere un’insignificante particella di un universo vasto e misterioso, in balia di eventi cosmici completamente fuori dal controllo. Ed è proprio da questo sentimento di separazione dal mondo circostante che nasce la sofferenza. Vorremmo controllare il nostro destino, ma non riusciamo. C sentiamo impotenti di fronte ai burrascosi eventi planetari. La nostra incapacità di fidarci del flusso della vita ci fa precipitare nella disperazione e nella paura. Crediamo che per conseguire qualcosa dobbiamo forzare le cose; che per contare qualcosa dobbiamo competere con il mondo o che per essere mati dobbiamo dimostrare di essere meritevoli.

Le nostre vite sono strutturate sulla lotta, confinate dentro i nostri stessi limiti. Per quanto ci piacerebbe, non riusciamo facilmente ad immaginare un mondo caratterizzato dalla gioia e dall’armonia, nel quale dare e ricevere siano parte di un flusso spontaneo che inevitabilmente cerchi il massimo bene per ognuno di noi. E se il mondo che stiamo sperimentando non dovesse essere così? E se l’esperienza della dualità non fosse fine a se stessa, ma piuttosto un mezzo a noi utile per percepire la realtà? E se dopo aver appreso a percepire la realtà grazie alla separazione, fossimo in grado di disimparare la dualità per iniziare a modellare il mondo in modo diverso?

Alcune tradizioni spirituali insegnano che la natura della materia è densa e stagnante. Poiché siamo spiriti di luce, si suppone che l’Incarnazione in corpi materiali in qualche modo ci separi dalla verità spirituale del nostro essere.

Dimenticando di non esserci mai separati, ci riduciamo a camminare su questa Madre Terra sul filo del rasoio, soggiogati da una ruota del karma alla quale cerchiamo di sfuggire lungo il nostro viaggio di ritorno allo spirito!

Nella tradizione Inca, così come in molte altre culture sciamaniche, viene insegnato che questo mondo è soltanto uno dei tre mendi, ognuno caratterizzato dalle proprie regole ed esperienze. Questo mondo percepito attraverso gli occhi della dualità, attraverso le lenti dei condizionamenti subconsci e l’eccessivo affidamento alla mente razionale ed ai sensi fisici, è chiamato Mondo di Mezzo. Tuttavia non è l’unico mondo sperimentabile con i nostri corpi fisici. Esistono infatti i mondi sperimentabili esistenti al di fuori della portata della mente razionale. Gli sciamani li chiamano Mondo di Sopra e Mondo di Sotto.

Questi mondi non sono meno reali del Mondo di Mezzo, ma per sperimentarli è necessario imparare ad utilizzare delle strutture mentali diverse. In definitiva, si tratta di vivere multidimensionalmente, imparando a sperimentare la realtà attraverso una consapevolezza simultanea di tutti gli aspetti della mente. A mano a mano che impariamo a percepire la realtà in modo differente, essa cambia, plasmandoci in base alla nostra percezione. Alla fine impariamo che il mondo che siamo sempre stati condizionati a credere reale, è un’illusione. Imparando a vedere le cose in modo diverso, scopriamo di avere il potere di cambiare il mondo in modi inimmaginabili.


 Fonte: Homo Luminous – Kiara Windrider


https://www.macrolibrarsi.it/libri/__homo-luminous-libro.php?pn=2028

lunedì 18 novembre 2019

Il ricordo di Sé - Robert Earl Burton

L’attrito

L’immaginazione e l’identificazione sono due consueti avversari del ricordo di sé. Ci tormenteranno per tutta la vita e si impadroniranno dello spazio che dovrebbe essere riservato al proprio sé.

Per svegliarsi si deve produrre tensione nella macchina, ma la maggioranza della gente dorme e non produce abbastanza tensione da trasformare e quindi da potersi risvegliare.

Quando l’attrito diventa estremo possiamo soccombere o diventare indifferenti.
Quando l’attrito è intenso possiamo dimenticarci che si tratta di un dramma; quando cessa, ci rendiamo conto che lo shock aveva lo scopo di fare luce sull’identificazione e sviluppare i centri superiori. Non c’è modo di evitare la sofferenza, con o senza scuola. C’è stato dato un cuore che può sopportare molta sofferenza.
Qualche volta è impossibile prendere le distanze dalla negatività che stiamo provando. Il controllo, però, comincia dall’osservazione. Come suggerì Rodney Collin, quando si è identificati e sotto grande stress, bisognerebbe cercare di ricordare che si ha a disposizione un’alternativa più alta: il ricordo di sé. Quando un uomo numero quattro trasforma la sofferenza, è come se stesse facendo il lavoro di un uomo numero cinque non ancora completo.

Come si può attrarre su di sé l’attrito necessario per essere più svegli?
Introducete nella vostra vita della sofferenza volontaria che non sia appariscente. Le pressioni artificiali aiutano a ricordare sé stessi. Trovate dei modi per fare più sforzi: non sprecate tempo.

La propria moralità meccanica pensa che l’attrito sia una punizione, ma l’Influenza C elargisce la sofferenza non per punire, bensì per dare l’opportunità di trasformarla in un corpo astrale e in un’anima. Lo scopo non è quello di soffrire; tutti soffrono. Lo scopo è trasformare la sofferenza in un corpo astrale.
Se ricordiamo noi stessi mentre proviamo attrito, assimileremo la sofferenza.

Opporre resistenza all’attrito è meccanico, trasformarlo è divino.

Il solo sopportare l’attrito indica che si è raggiunto il livello di maggiordomo. 


Fonte: Il ricordo di Sé - Robert Earl Burton





https://www.macrolibrarsi.it/libri/__il-ricordo-di-se.php?pn=2028

lunedì 12 agosto 2019

Il ricordo di sé – Robert Earl Burton

Come possiamo fotografare con precisione l’energia sessuale?

Nella macchina il centro sessuale è il deposito di energia. Appartiene a un diverso ordine di creazione rispetto agli altri quattro centro inferiori.
Il centro sessuale è un meccanismo destinato a raffinare i materiali, incluso il cibo che si consuma, l’aria che si respira e le impressioni che si ricevono. Meccanicamente assiste i quattro centri inferiori, ma il suo obiettivo più alto e invisibile è di essere utilizzato per ricordare sé stessi.
Il centro sessuale trasforma gli idrogeni in energia più raffinata e, grazie al ricordo di sé, i prodotti della trasformazione entrano nella ghiandola pineale, chiamata da Descartes “il Trono dell’Anima”. Il lavoro sbagliato dei centri usa malamente l’energia sessuale. È difficile fotografare il centro sessuale per via dell’alta velocità a cui opera, ma una spia che può metterlo in evidenza è l’aumento di fervore nelle proprie attività. Se, per esempio, ci si muove troppo velocemente e ci si sente elettrici, vuol dire che il centro sessuale è entrato in uno o più centri. In generale, ciò succede quando uno ha riposato troppo e non si è sforzato abbastanza durante il giorno. Ci si può liberare dell’energia sessuale in eccesso rimanendo svegli più a lungo. Se ci si è proposti di andare a letto a mezzanotte, si può cercare di aspettare fino all’una. Si può usare l’energia sessuale per i quattro centri inferiori o per quelli superiori, o per entrambi. Noi cerchiamo di servircene principalmente per i centri superiori e usiamo l’energia sessuale al meglio quando trasformiamo le emozioni negative in un corpo astrale. La maggior parte della gente si serve dell’energia sessuale per la procreazione, che rappresenta un’espressione incredibile del centro sessuale e degli altri centri. La procreazione è in un certo senso sublime; sublime fino al punto che la stragrande maggioranza dell’umanità è poco o nulla propensa ad andare oltre, verso il divino. Il sesso, come la religione, mantiene l’uomo addormentato. Il sesso ha una sua collocazione; un’anima in ascesa può riuscire bene con o senza di esso. L’uomo saggio se ne serve principalmente per creare il suo corpo astrale.
Se controlliamo l’immaginazione e l’espressione delle emozioni negative, si trasforma l’energia sessuale, poiché non si può opporre resistenza a queste forme ostinate di meccanicità senza ricordo di sé.
A un certo livello il centro sessuale è destinato ad accendere la ghiandola pineale, la sede dell’anima, attraverso la trasformazione dell’energia sessuale. La natura ha dotato l’uomo di un’enorme quantità di energia sessuale e in natura, quando da un singolo albero viene lasciato cadere un grande numero di semi, ci troviamo di fronte a un disegno simile; ogni singolo seme potrebbe diventare un albero, ma pochi in realtà lo divengono. Generalmente il centro sessuale può essere fotografato solo dai centri superiori e anche così si tratta di un processo difficile per via della natura esclusiva di questo cervello.
Tutte le nostre manifestazioni dipendono dall’energia del centro sessuale. I centri superiori, l’essenza e la personalità richiedono l’energia del centro sessuale, così come le emozioni negative, l’immaginazione e l’identificazione. In tal modo le nostre vite si basano sullo sforzo di indirizzare le energie del nostro centro sessuale ai centri superiori. L’energia sessuale può essere usata per l’unione fisica, per la trasformazione o per entrambe.
Più si parla, meno sono le probabilità di attuare ciò di cui si sta parlando, perché le parole hanno la tendenza a sostituirsi alla realtà. Possiamo insegnare con le azioni altrettanto bene con le parole. Siate riconoscenti quando le parole che scambiamo fra di noi diventano essere.

Fonte: Il ricordo di sé – Robert Earl Burton





domenica 27 gennaio 2019

Il ricordo di sé – Robert Earl Burton

Essere presenti

Non c’è miracolo più grande dell’essere presenti. Tutto ha origine da questo e in virtù di questo niente ha mai fine.
Cosa significa il termine ricordo di sé? Significa che il vostro sé addormentato si sta ricordando di essere sveglio. La fine è un’illusione perché il presente è eterno. Essere presenti dove si è, questa è la semplice storia della propria vita.
Ogni piccolo momento, privo di apparente importanza, è la nostra vita; semplicemente essere seduti cercando di essere presenti.
È difficile essere presenti, eppure nella nostra vita tutto permane incerto tranne il presente. Guardiamo al futuro pensando di poterci trovare più di quanto sia qui. Insegnando il futuro elusivo o indugiando nel passato, l’uomo finisce per aggirare il presente. Quello che dovremmo desiderare è il presente, ma quello che la macchina vuole è tutto tranne il presente. Dobbiamo continuare, incessantemente, a rinnovare il presente; abbiamo dedicato le nostre vite a questo scopo.
Non potete essere presenti alla vostra destinazione se non lo siete en route.
Quando ho degli “Io” che vorrebbero essere da un’altra parte, ho imparato a convertirli immediatamente nell'essere presente, perché la macchina non è mai soddisfatta di dove si trova. In un certo senso è una fortuna che gli “io” si ripetano e siano chiaramente così privi di spessore. Gli “Io” rendono ovvia la sostanza della vita, poiché le cose più assurde cercheranno di portarci via dal presente. Più assurde sono meglio è, perché allora ci rendiamo conto che non vale la pena di perseguirle.
La macchina non può essere presente, così va in cerca di alternative; questo è il suo destino. Benché la macchina sia di solito insoddisfatta del presente, questo giorno è importante quanto qualsiasi altro giorno da qui a trentanni; almeno oggi è certo.
Durante il concerto mi è venuto in mente un “Io” interessante: “Che cosa vuoi?”, diceva. E la risposta è stata: “Solo essere presente, nient’altro”. Nulla è paragonabile al ricordo di sé e nulla esiste veramente senza di esso. A volte, grazie al ricordo di sé, tutto quello che cade sotto i nostri occhi si trasforma in poesia facendo eco al paradiso: i fiori, la luce che cade sull'erba. Pensate solamente a quante sottili sfumature di verde esistono in natura.
Le nostre cene sono come essere su una nave in mezzo al mare; non c’è altro posto dove andare e quietamente ci insediamo nel presente.
Uno degli aspetti più piacevoli del cenare insieme è l’essere qui, non sentire la macchina che è insoddisfatta del momento, non avere il desiderio di trovarsi da qualche altra parte. I quattro centri inferiori sono più ben disposti adesso, in presenza di qualcosa di più elevato. La consapevolezza ha gradi e la nostra, adesso, è forse più elevata di quanto non lo sia stata in qualunque altro momento della giornata. Stiamo ancora cercando di essere presenti e questo momento non si ripresenterà mai più.
Non ne abbiamo ancora parlato stasera, ma il ricordo di sé si profila costantemente dietro ogni nostra azione. Quando si cerca di essere presenti non importa se si sta parlando delle Elegie duinesi di Rilke o della sedia a rotelle di uno studente, perché il ricordo di sé permei le proprie azioni. Questa è la ragione per cui la Quarta Via è messa in pratica principalmente nella vita ordinaria.
Lavoriamo solo ogni giorno per essere presenti e nessuno di voi dovrebbe prendere alla leggera gli sforzi compiuti alla fine di un giorno.
Tutti abbiamo fatto quello che potevamo per il nostro sé, la scuola è l’Influenza C. Non possiamo cambiare gli eventi, ma possiamo cambiare noi stessi. Mettete a fuoco senza bisogno di parole; non identificatevi con gli eventi, trasformateli e siate presenti.
Tutto, tranne il proprio sé, è relativo e soggettivo. Quando si è presenti si è oggettivi, nel senso che l’unico obiettivo che si ha è il proprio sé.
È importante essere diligenti nel cercare di essere presenti, ma senza forzare troppo perché potreste diventare un ostacolo per voi stessi. Fate tutto ciò che potete per essere presenti, ma senza eccessiva tensione perché anche questo mette a repentaglio il ricordo di sé.

Fonte: Il ricordo di Sé di Robert Earl Burton




domenica 29 luglio 2018

Battaglia per il presente – Henri Thomasson

Immerso ininterrottamente nel flusso dell’esistenza, modellato da ogni circostanza in cui si viene a trovare, succede che l’uomo veda rafforzarsi alcuni aspetti della sua manifestazione, instaurarsi determinate abitudini e formarsi atteggiamenti e opinioni che pretendono, spesso in buona fede, di esprimere al momento dato la sua tonalità. È così che in ogni circostanza egli dice “io” e s’immagina di essere interamente “se stesso” attraverso ciascuno dei personaggi cui man mano è identificato. E senza che egli se ne renda minimamente conto, tutti questi “io”, quasi sempre privi di rapporto tra loro, finiscono man mano per allontanarlo dalla propria “individualità”, cioè dal proprio “essere interiore”.

Come riconoscermi in questo amalgama di qualità, alcune delle quali mi appartengono in proprio e altre no? “Risalite alla vostra infanzia”, ci dice A., “e ritrovate il gusto suscitato in voi dalle impressioni di allora: ciò vi insegnerà molte cose sulla vostra essenza” …
Uno strano gusto, un gusto di cui un tempo ero saturo, e che oggi posso ritrovare solo giù nel profondo, dove a lungo è rimasto dimenticato, un gusto su cui oggi passa e ripassa l’ombra delle nostre azioni apprese, dei pregiudizi e delle immaginazioni invadenti …
Nonostante gli sforzi, mi riesce difficile distinguere la mia vera essenza, ma, in ogni movimento mentale o affettivo che sorge dentro di me, posso riconoscere senza ombra di dubbio i tratti della mia personalità.

PRIME ESPERIENZE
Cerco di sentirmi essere.
Dalla mia testa s’irradia un’energia capace di esercitare un potere su ciò che mi sta intorno e sul mio corpo, che essa percorre rendendo vivida la mia gioia ed esaltando la sensazione di vivere. Per poterla isolare, io concentro le forze su ciò che ne ritengo la fonte, e tra quel punto e il mio corpo si stabilisce una certa distanza. Per conoscere il mondo psichico che non ho ancora mai affrontato in tale modo, cerco di separalo dal corpo. Seduto a gambe accavallate, tento di essere soltanto quel “potere”: il corpo si allontana, non lo sento più; mi concentro ulteriormente: finirò per svenire? Dove sono? Il tentativo mi sembra pericoloso.
Lascio che le cose riprendano lentamente il loro posto.
Che cosa è successo? In quale momento è cessata la sensazione di essere? Sono le domande che ho fatto alla prima riunione seguita a questa esperienza.
“Il suo tentativo è completamente sbagliato. Al contrario, bisogna calmarsi, fare silenzio, ascoltare e raccogliere in sé tutta l’attenzione possibile. Bisogna decontrarsi al massimo: solo la decontrazione può aprire la strada che permette all’attenzione di attraversare la massa opaca dell’immaginazione e del corpo teso”.
Una decontrazione per svegliarmi? Il rilassamento muscolare non contribuisce piuttosto a preparare le condizioni del sonno?...
Ma di ben altro si tratta. Qui la decontrazione è una simultaneità di due sforzi essenzialmente molto diversi, il “rilassamento muscolare” e l’”attenzione”, con il corollario di un evento che testimonia la giustezza degli sforzi compiuti: la “sensazione di sé”.
Seduto a gambe accavallate, comincio a osservare me stesso, attento al silenzio che il pensiero immobile introduce di colpo nel mondo brulicante in cui mille preoccupazioni vorticano come falene intorno alla fiamma.
Il potere che irradia dallo stesso punto in cui sorge il pensiero, adesso lo chiamo “attenzione”. Diretta successivamente sulle varie parti del corpo, essa le percorre lentamente mentre io mi rilasso, cioè mentre sciolgo, prima in superficie e poi più profondamente, le tensioni che poco fa non sentivo nemmeno. All’interno di ogni livello muscolare se ne presenta un altro in cui l’attenzione cancella qualcosa. Sono perfettamente immobile, nulla si muove se non il respiro sempre più calmo e il cuore, il cui ritmo costante non subisce alcuna influenza da parte mia.
Mi sento aggredito da tutte le parti. Il corpo, inquieto, mendica un movimento, e ogni sua richiesta interrompe il flusso dell’attenzione; non solo, ma non appena si sviluppa insidiosamente la speranza di un risultato immediato, quel flusso addirittura svanisce, e nonostante uno sforzo tanto delicato quanto insistente, sopraggiungono alcuni pensieri a inaridirne di colpo la fonte.
L’unico modo per liberarmi dalle potenze che invadono solitamente il mondo dei pensieri e dei sentimenti è quello di ristabilire il contatto attenzione-corpo. I rendo conto che questa invasione rappresenta il mio stato abituale, cioè una condizione di sonno contrapposta allo stato di presenza a me stesso: presenza che posso sperimentare nella sua realtà solo quando cessa lo stato di sonno. La mia lotta consiste proprio nel ristabilire quel contatto, nonostante l’incessante attacco delle forze che cercano di riportarmi al livello ordinario.

Fonte: Battaglia per il presente di Henri Thomasson





lunedì 18 dicembre 2017

Battaglia per il presente – Henri Thomasson

RELIGIONE E INSEGNAMENTO: DUE PARALLELE CHE SI INCONTRANO PRIMA DELL’INFINITO

Una credenza cieca spesso rifiuta le lezioni dell’esperienza. Essa stabilisce nell’uomo un a-priori che ne annulla quasi totalmente l’imparzialità e gli toglie ogni possibilità di approfittare dell’esperienza.
La credenza diventa Fede, così come l’intende la religione, può essere altrettanto rigida sia nel restare ciecamente aggrappato ai dogmi, sia nel dirsi illuminata da un pensiero rotto alle mille sfumature dell’esegesi; e tuttavia, in entrambi i casi, essa è giustificata dalla effettiva comparsa di momenti esaltanti profondamente vissuti.
La Fede, così come spesso ci viene presentata, innalza una barriera intransigente intorno al mondo interiore dell’uomo meccanico, e l’uomo ne resta ciecamente rassicurato. Essa funge da risposta a molti problemi, e ogni volta che l’uomo per un istante percepisce l’ignoto che lo circonda da tutte le parti, essa lo salva dall’ignoranza e dalla paura dandogli un falso senso di sicurezza.
Ma la Fede ha assunto questo aspetto solo dopo un lungo percorso; partita da una Conoscenza Unica che è la sorgente di tutte le religioni autentiche, essa è gradualmente arrivata fino alla concezione semplicistica più rudimentale, l’unica accessibile alla maggioranza degli uomini che compongono la massa dell’umanità. A questo livello, tutto ciò che sfugge alla comprensione viene immagazzinato in una zona del sentimento dove esiste qualcosa che è stato predisposto per occuparsene, ma che è una caricatura della vera Fede.
Ecco perché le religioni – o perlomeno ciò che ho potuto ciò che ho potuto capirne – avendo preso contatto con la vera essenza della fonte da cui derivano, sono state costrette a presentare questo tipo di Fede come base fondamentale della loro dottrina.
Ogni ricerca basata sul bisogno di conoscenza o sul timore di un divenire misterioso induce il fedele di una religione a compiere una serie di sforzi che vanno dall’osservanza di regole più o meno costrittive all’ascesi spinta ai limiti del possibile.

Per lui si tratta della grazia santificante, germe della gloria promessa. È quindi giusto che la sua Fede ne sia confermata e che i suoi sforzi gli permettano di pervenire a un credo cui bisogna riconoscere un grande valore.
La virtù della preghiera, la scoperta della realtà divina in se stessi, la potenza della fede e, di conseguenza, la paura dell’inferno e del peccato: è assurdo negare che ciascuno di questi elementi abbia un potere sulla vita di certi uomini, e che possa suscitare certezze.
Ma quelli cui non basta un certo tipo di Fede, quelli che hanno un bisogno più incisivo di conoscenza, saranno costretti a tenersi la sete, dovranno smarrirsi in un panteismo fumoso o sprofondare per sempre in un nichilismo senza speranze?

Cosa penseranno di fronte all’Insegnamento coloro che hanno una solida convinzione religiosa?
Credo che molti compiangano la nostra palese mancanza di Fede e biasimino il nostro orgoglio. Siccome ci rifiutiamo di considerare effetto della grazia divina quei movimenti interiori di cui entrambi riconosciamo la presenza quasi miracolosa, ma la cui comparsa per noi è legata a uno sforzo e a un insieme di legge che intendiamo studiare sul vivo di noi stessi, qualcuno dirà che parliamo mettendoci al posto di Dio, che ci sostituiamo orgogliosamente a lui, e che in questo stesso istante Dio è in noi e si esprime attraverso la nostra bocca. Per altri, questo Insegnamento non è altro che un assurdo panteismo o, al massimo, un pelagianismo[1] più volte condannato.
E così ci ritroviamo a camminare insieme su due vie che pretendono di arrivare alla stessa meta ma il cui parallelismo è solo apparente. A entrambi appartiene la medesima verità originaria, ma la divergenza comincia fin dai primi passi dei nostri rispettivi sentieri in una direzione che crediamo comune. Infatti, le parti di noi che accolgono quell’unica verità sono diverse, come diversa è la vibrazione che ognuna delle parti in cui risuono successivamente il richiamo verso ciò che è in Alto, e che entrambi avvertiamo ugualmente. Dietro le stesse parole, attraverso gli stessi messaggi, finiamo per toccare aspetti diversi della medesima verità, e non possiamo incontrarci che nei rarissimi punti in cui le curve delle nostre ricerche s’intersecano. 

La luce che talvolta penetra in noi, che ci illumina e ci riscalda … essa è riconoscenza, è puro Amore per Colui che, nella sua bontà infinita, riversa ininterrottamente nella nostra anima la Grazia di cui ci ha fatto dono … sempre attenta, essa ci nutre, trasforma la nostra visione delle cose e ci porta verso nuovi paralleli e irreversibili comprensioni. Allora diventa evidente l’irrealtà della nostra vita: peccato, o automatismo che ci rende schiavi? …
Due dimensioni dell’essere che la nostra visione limitata si ostina a confrontare aritmeticamente ma che, da un certo punto di vista, e a parte ogni giudizio di valore, stanno tra loro come lo zero e l’infinito.
Ma ciò non impedisce che alcuni credano e proclamino che noi siamo orgogliosi e senza amore.

Ho sempre avuto un certo disinteresse per tentativi di provare l’esistenza di Dio.

Ora, non sono riuscito a credere per molto tempo in un Dio la cui “bontà” e onnipotenza non abbiano altro fine che ricompensare quelli che rispettano un’etica certamente buona in se stessa, ma legata in passato a crudeli ingiustizie, e castigare quelli che la rifiutano o che sottopongono la loro vita a una disciplina diversa, un tantino meno rispettabile.
Una nuova visione del mondo, la scoperta che in me esiste un’altra vita, il progressivo accesso a una conoscenza vissuta di un universo invisibile, tutto ciò ha radicalmente modificato l’immagine di un possibile Dio che mi ero fatto in precedenza. Adesso accetto l’idea di una Potenza da cui tutto dipende, e capisco che per alcuni l’esistenza di Dio, rappresentando l’indispensabile speranza, sia un motivo per vivere in modo più giusto e un aiuto per sopportare i sacrifici.
D’altro canto, io ho sperimentato in me la “presenza” di una realtà nuova, nata da un lungo sforzo o da circostanze insolite, una presenza che può legarsi direttamente alle verità rivelate dalle tradizioni e che, confermando la giustezza dei loro insegnamenti, per chi la percepisce può rappresentare la prova dell’esistenza di Dio.
Qualunque sia il vero contenuto delle forme che l’idea di Dio ha rivestito nelle filosofie, nelle religioni o nelle tradizioni che ho potuto avvicinare, oggi vedo con chiarezza che cercare la “prova dell’esistenza di Dio”, come a lungo ho fatto anch’io, è un falso problema. Ciò che in me richiede una “prova” è soltanto l’apparato mentale assuefatto ad analoghi tentativi e avido di produrre quel sottile fremito che la mia testa finora ha chiamato “capire”. L’essere non ha bisogno di prove. La conoscenza interiore delle cose è di un livello tale che il numero e l’estensione non vi aggiungono niente.
Il fatto che il mondo interiore esista e che sia animato da una qualità che il mondo ordinario avverte e da cui si sente trasceso, è la prova che, al di là dei limiti concepiti dal mondo ordinario, esiste una realtà diversa cui non si applicano le leggi comunemente note.
Tra il principio chiamato Dio e l’essere che io sono si apre un abisso riempito dalle forze che mi hanno dato la vita.

Come risalire alla loro Sorgente a partire dal punto d’impatto che esse trovano dentro di me?
Come diventare colui che in tutta verità può dire “Signore, sia fatta la tua Volontà”?

Noi siamo talmente condizionati dalle influenze esterne che i colori del nostro sentimento e la forma dei nostri pensieri dipendono dalla disposizione delle forze circostanti. Se tale disposizione di altera anche solo di poco, la nostra visione, le nostre sensazioni e le nostre manifestazioni si modificano all’istante.
In virtù del principio di analogia di tutte le cose esistenti, è giusto pensare che l’umanità nel suo insieme subisca la stessa legge e che, come ha scritto Gurdjieff, se la Grande Natura deve adattarsi continuamente alle conseguenze della sempre maggiore meccanicità in cui vivono gli uomini[2], viceversa, ogni evoluzione accertata nell’altro senso deriva da un cambiamento nel flusso delle influenze emesse da sorgenti che per ora è tanto inutile sperare di identificare quanto vano immaginare.
Nessun uomo può essere separato dall’insieme dell’umanità, essendone una cellula vivente; e pur se ci interessa anzitutto la nostra vita personale, non possiamo evitare di sentirci coinvolti da tutta l’umanità. Certo, per poterne abbracciare la prospettiva non abbiamo sufficiente distanza, perché i tempi del suo sviluppo sono molto diversi dai nostri. E tuttavia alcuni periodi della storia ci hanno dimostrato che talvolta appaiono forze superiori capaci di modificarne il corso evolutivo.


Fonte: Battaglia per il presente di Henri Thomasson









[1] Dottrina eretica di Pelagio, affermatasi nel V secolo, che negava il peccato originale e sosteneva la possibilità di salvarsi con le solite opere, senza la necessità della grazia.
[2] G.I. Gurdjieff, Racconti di Belzebù a suo nipote, cit. 

lunedì 20 novembre 2017

Concentrazione - Un percorso verso la Meditazione - Ernest Wood

Una illimitata Opportunità

Desideri il successo nella Vita? Vuoi fare tuoi i mezzi che infallibilmente lo assicurano? Vuoi scegliere e dire a te stesso io avrò la ricchezza; io avrò la fama; io avrò la virtù; io avrò il potere? Lascia che la tua immaginazione giochi con questi pensieri, e guarda le tenui nuvole della speranza prendere forma in celesti possibilità. Dona ali alla tua fantasia, perché più bello di qualsiasi immagine tu possa dipingere con il tuo pensiero è il futuro che puoi reclamare con la tua Volontà. Una volta che hai immaginato, una volta che hai scelto, pronuncia: Io voglio. E non ci sarà niente sulla terra che potrà ostacolarti a lungo; perché tu sei immortale, e il futuro ti è obbediente.

Pensi che la morte possa ostacolarti? Non lo farà. Pensi che la povertà, la malattia, gli amici possano ostacolarti? Certamente non lo faranno. Niente lo può, a meno che tu non lo permetta, o non glielo lasci fare. Ma tu devi scegliere, e desiderare null’altro che questo. Devi dire Io voglio: e lo devi dire nel pensiero e nell’azione, non soltanto adesso in parola. Da quel momento in avanti, neanche per un istante il tuo scopo deve cambiare: la tua costante intenzione deve trasformare ogni cosa tocchi in allineamento verso lo scopo che hai scelto. In questo modo se ciò che hai scelto non è dannoso, sarà tuo in breve tempo.

Mi parli della piccolezza dell’essere umano, perso tra le rughe della gigante Madre Terra, essa stessa come un granello di polvere nell’infinità dello spazio! Ma non è così, perché tutto può essere trasformato per essere utilizzato. Il corpo fisico è soltanto un indumento, e i sensi null’altro che piccoli cancelli nel velo della carne: quando essi sono quieti, il corpo obbediente, e la mente dimora nella Contemplazione delle tue immortali possibilità, una finestra si apre al tuo interno; attraverso di essa, potrai vedere e realizzare che tu sarai ciò che vuoi essere. E niente altro.

Come il piccolo seme sepolto nella terra, che sboccia e spinge fuori un tenero germoglio che si fa strada attraverso il terreno, vince la sua libertà all’aria aperta, e diventa una quercia possente che popola la terra con semenze di sé stessa; o come un grande albero di fico del Banyan, che si espande senza limiti da una piccola radice, procurando ricchezza e un riparo a miriadi di creature; allo stesso modo, spingi fuori già oggi il primo tenero ma determinano germoglio della volontà: e scegli ciò che vuoi essere.

Che cosa sceglierai? Vuoi avere il potere? Allora lascia che gli altri siano più liberi e più potenti, perché tu sei lo stesso. Vuoi avere conoscenza? Allora lascia che gli altri siano pure saggi perché tu lo sei lo stesso. Vuoi avere amore? Allora lascia che gli altri ne possano godere perché tu hai molto da dare. È così, in questo modo, che la tua volontà sarà in accordo con la prima ed universale legge dell’essere che si sta disvelando a noi sempre di più; una legge che infonde nel tempo la più importante lezione di quella incondizionata compassione che alla fine trasforma tutta la forza nella nostra forza, e tutta la Vita nella nostra Vita.

Quali saranno i tuoi mezzi? Tutto ciò che incontrerai, piccolo o grande; perché non c’è niente che tu non possa utilizzare come mezzo per il tuo fine. Ma una volta ancora, lascia che tutte le persone e le cose che usi siano beneficiate da questo utilizzo: così il tuo successo sarà anche il loro, e la prima legge sarà soddisfatta.

Successo e Concentrazione

Ma qualunque cosa tu scelga, di una cosa avrai bisogno in tutte queste cose e in tutti i tempi – la Concentrazione dello scopo, del pensiero, del sentimento, dell’azione; affinché essa, come un potente magnete, polarizzi ogni cosa con la quale avrai a che fare. In tutti gli scopi della Vita la Concentrazione è necessaria per il successo.

Superiori Realizzazioni

In ogni caso, Concentrazione non significa un restringimento, una limitazione o un confinamento dei nostri pensieri e delle nostre attività, né alcuna perdita di interessi e simpatie umane. Non significa ritirarsi in una grotta o in una caverna, con il vino della Vita che si inaridisce nelle nostre vene come un fiume nel deserto nella siccità estiva. Concentrazione significa che l’interezza della nostra Vita diviene polarizzata attorno ad uno scopo deliberato, animata da crescenti poteri di Pensiero, di Amore e di Volontà, e ispirata da un Sé più elevato di quello che abbiamo conosciuto finora.


Fonte: Concentrazione - Un percorso verso la Meditazione di Ernest Wood 




mercoledì 25 ottobre 2017

Racconti di Belzebù a suo nipote - Georges Ivanovič Gurdjieff

D'altro lato, in ognuno di essi la "colonna vertebrale" è sede di un'altra concentrazione, detta "midollo spinale", in cui sono localizzate le "fonti negative" destinate, con la loro azione, a svolgere rispetto al cervello lo stesso ruolo svolto dai Soli di Secondo Ordine del Megalocosmo rispetto al Santissimo Protocosmo.
È opportuno osservare che in passato i tuoi beniamini conoscevano abbastanza bene il funzionamento specifico delle varie parti del loro "midollo spinale", anzi conoscevano persino alcuni "sistemi meccanici" per agire su parti specifiche del midollo stesso nei periodi in cui il loro "stato psichico" era più disarmonico; ma a poco a poco le informazioni legate a quel tipo di conoscenze sono "sfumate nel nulla", e oggigiorno i tuoi beniamini, pur sapendo che nel midollo spinale sono localizzate varie concentrazioni, ne ignorano completamente le funzioni previste dalla Grande Natura e si accontentano di chiamarle "fasci nervosi del midollo spinale".

Questi fasci nervosi del midollo spinale sono la sorgente di tutte le negazioni rispetto alle affermazioni provenienti dal loro "cervello", esattamente come i Soli di Secondo Ordine sono le fonti di negazione rispetto alle affermazioni d'ogni sfumatura provenienti dal Santissimo Protocosmo.

Infine, come nel Megalocosmo l'insieme dei risultati prodotti, secondo il processo del sacro Hepta-para-parshinokh, sia dall'affermazione del santissimo Protocosmo che dalle molteplici negazioni provenienti dai Soli di nuova formazione funge da "principio conciliatore" fra l'insieme delle nuove formazioni e l'insieme pre-esistente, così negli esseri suddetti si trova una concentrazione corrispondente a tutti i risultati prodotti dalle affermazioni del "cervello" e dalle molteplici negazioni della loro "colonna vertebrale", risultati che in seguito servono da "principio regolatore" o "conciliatore" nel funzionamento dell'intera presenza di ciascuno.

Quest'ultima concentrazione, che serve da principio regolatore o conciliatore per la presenza generale degli esseri terresti tricerebrali, all'inizio aveva la forma di un cervello indipendente localizzato, nei tuoi beniamini come in noi, nella regione "toracica".

Ma da quando il loro processo di esistenza esserica ordinaria ha subìto gravissime alterazioni, la Grande Natura, per varie ragioni legate al processo cosmico trogo-auto-egocratico generale, si è vista costretta a modificare il sistema di localizzazione di quel cervello, pur senza distruggerne il funzionamento.
E precisamente la Natura ha provveduto man mano a disperdere quest'organo, inizialmente concentrato in un'unica sede, in localizzazioni più piccole e disseminate in tutta la presenza generale di quegli esseri, particolarmente nella regione "epigastrica". Oggigiorno, l'insieme di quelle piccole localizzazioni viene da loro chiamato "plesso solare", o insieme di gangli nervosi del sistema simpatico.
Tutti i risultati prodotti dalle manifestazioni affermative del loro "cervello" e dalle manifestazioni negative della loro "colonna vertebrale" si accumulano attualmente nei vari gangli nervosi disseminati in tutto il corpo planetario dove, una volta fissati, costituiscono il principio neutralizzante nell'ulteriore processo di affermazione e di negazione che ha luogo fra cervello e midollo spinale – proprio come nel Megalocosmo l'insieme di risultati provenienti sia dalle manifestazioni affermative del Protocosmo sia dalle manifestazioni negative dei Soli di nuova formazione costituisce la "forza neutralizzante" nell'ulteriore processo di Affermazione e Negazione.
Pertanto, proprio come noi, gli esseri tricerebrali del pianeta Terra, oltre ad essere apparecchi trasformatori delle sostanze cosmiche necessarie al Grandissimo Trogo-auto-egocrate in possesso delle proprietà di tutte e tre le forze del Triamazikamno cosmico fondamentale, hanno anche la possibilità, assorbendo le sostanze da trasformare prodotte da tre diverse fonti indipendenti, di assimilare sia le sostanze indispensabili al mantenimento della propria esistenza, sia quelle destinate al rivestimento e al perfezionamento dei propri corpi esserici superiori.


Fonte: Racconti di Belzebù a suo nipote - Georges Ivanovič Gurdjieff