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domenica 27 novembre 2011

Mindfulness e Cervello – Daniel J. Siegel

Essere consapevoli della pienezza della nostra esperienza ci rende consapevoli del mondo interno della mente e ci immerge completamente nella nostra vita.
Per adattarsi al ritmo frenetico di questa società spesso i giovani si abituano ad alti livelli di attenzione connessa a uno stimolo, passando da un’attività all’altra senza avere tempo sufficiente per la riflessione su di sé o le relazioni interpersonali dirette, faccia a faccia, di cui il nostro cervello ha bisogno per crescere.
La mindfuilness, nella concezione più generale del termine, propone un modo di essere consapevoli che può servire come via d’accesso a un modo più vitale essere nel mondo: noi diventiamo sintonizzati con noi stessi.


Mente = processo che regola il flusso di energia e di informazioni.
La nostra mente è sia incarnata – implica un flusso di energia e informazioni che ha luogo nel corpo, incluso il cervello –, sia relazionale – la dimensione della mente che coinvolge il flusso di energia e di informazioni che ha luogo tra le persone.
Anche quando immagino che potreste essere e la vostra possibile reazione a quello che scrivo, sto modificando il flusso di energia e di informazioni del mio cervello e del mio corpo, intesi come un tutto.

Mindfulness riguarda il risvegliarsi da una vita vissuta in automatico e l’essere sensibili alle novità nelle nostre esperienze quotidiane. Il modo in cui focalizziamo la nostra attenzione ci aiuta a modellare direttamente la nostra mente. Quando sviluppiamo una certa forma di attenzione alle nostre esperienze nel qui ed ora e alla natura della nostra stessa mente, creiamo quella speciale forma di consapevolezza, la mindfulness.

Alcuni studi scientifici hanno dimostrato che applicazioni specifiche della consapevolezza mindful migliorano la nostra capacità di regolare le emozioni, di contrastare la disfunzione emotiva, di migliorare i pattern di pensiero e di ridurre gli assetti mentali negativi.
Le ricerche di alcune dimensioni delle pratiche di consapevolezza mindful rivelano che esse rafforzano il funzionamento del corpo: la sua capacità di guarigione, le risposte immunitarie, la reattività allo stress e il senso generale di benessere fisico sono rafforzati dalla mindfullness (Davidson, Kabat-Zinn, Schumacher et al., 2003). Anche le nostre relazioni con gli altri migliorano, forse perché la capacità di percepire i segnali emotivi non verbali degli altri può esserne rafforzata e la capacità di sentire i mondi interni degli altri accresciuta .

Ellen Langer (1989, 1997, 2000) ha proposto il concetto di “apprendimento mindful”, un approccio che rende l’apprendimento più efficace, piacevole e stimolante. L’essenza di questo approccio è offrire il materiale da apprendere in uno stile condizionale anziché come una serie di verità assolute. In questo modo, colui che apprende deve mantenere la propria “mente aperta”. Coinvolgere colui che apprende in questo processo di istruzione è possibile se gli studenti pensano che il loro atteggiamento plasmerà la direzione dell’apprendimento (partecipazione attiva dello studente).
Le ricerche sull’apprendimento mindfull (Langer, 1989) suggeriscono che esso consiste nell’apertura alle novità, nell’attenzione alle differenze, nella sensibilità ai diversi contesti, in una consapevolezza implicita, se non esplicita, delle molteplici prospettive esistenti e nell’orientamento al presente.

Gli insegnanti possono usare termini come “può”, “potrebbe essere”, o “a volte”, anziché “è” per promuovere l’incertezza condizionale.
L’insegnante non deve alimentare l’illusione di possedere una conoscenza assoluta. Insieme, l’educatore e lo studente possono affrontarla sfida eccitante di sviluppare un insieme di conoscenze che comprende la natura della conoscenza, la sua dipendenza dal contesto ed è attento alla novità e alle distinzioni.

Da ora in poi useremo il qualificatore “apprendimento mindful” per riferirci alle importanti concettualizzazioni di Ellen Langer sul modo in cui la mente sembra liberarsi da conclusioni e categorizzazioni premature e da modi routinari di percepire e pensare. Quando abbiamo una certezza, sostiene Langer “non sentiamo il bisogno di prestare attenzione. Ma dato che il mondo attorno a noi è in costante mutamento, la nostra certezza è un’illusione”.
Questa forma di mindfulness è uno stato flessibile della mente in cui notiamo attivamente cose nuove, siamo sensibili al contesto e ci impegnamo nel presente. La forma antica di “mindfulness riflessiva” (consapevolezza mindfulness) ha iniziato da poco a essere studiata in modo intensivo, con nuove scoperte.

L’esperienza diretta del momento presente è stata descritta come una componente fondamentale degli insegnamenti del buddhismo, del cristianesimo, dell’induismo, dell’islamismo, dell’ebraismo e del taoismo (Armstrong, 1993; Goleman, 1988).

In queste tradizioni l’idea dell’essere consapevoli del presente ha un senso diverso rispetto a quello della mindfulness cognitiva.

Molte forme di preghiera di tradizioni religiose diverse richiedono all’individuo di fermarsi e di partecipare a un processo intenzionale, che permetta di mettersi in relazione con uno stato mentale o con un0entità che esula dal modo di essere quotidiano.

La preghiera e l’affiliazione religiosa in generale si sono dimostrate associate a un’accresciuta longevità e benessere (Pargament, 1997).

L’applicazione clinica della meditazione buddhista è stata oggetto di uno studio intensivo volto a indagare i possibili correlati neurali della consapevolezza mindful.
Questi studi trasversali rispetto a tutta una serie di situazioni cliniche, dalle patologie mediche con dolore cronico alle popolazioni psichiatriche con disturbi dell’umore e d’ansia, hanno dimostrato che un’applicazione efficace della mindfulness secolare può essere insegnata indipendentemente da qualsiasi particolare pratica religiosa o appartenenza gruppale.

Nella pratica contemplativa mindful, si focalizza la mente in modi specifici per sviluppare una forma più rigorosa di consapevolezza del momento presente che può alleviare in modo diretto la sofferenza della propria vita.

Secondo Kabat-Zinn: “Una definizione operativa della mindfulness è: la consapevolezza che emerge se prestiamo attenzione in modo intenzionale, nel momento presente e in modo non giudicante, al dispiegarsi dell’esperienza momento per momento”.
Riuscire a notare i propri giudizi e liberarsi da essi può essere il significato pratico di questo comportamento non giudicante.

Ci sono molti modi per coltivare la consapevolezza minful, ognuno dei quali sviluppa una consapevolezza delle facoltà della mente, come il modo in cui pensiamo, sentiamo e ci rapportiamo agli stimoli. La meditazione mindful, sembra sia particolarmente importante per esercitare l’attenzione e allentare un’identificazione rigida con le attività della mente, cha a volte sembra esauriscano l’identità di un individuo.

In quasi tutte le pratiche contemplative, c’è un uso iniziale del respiro come punto focale su cui concentrare l’attenzione della mente.
Le applicazioni moderne del concetto generale di mindfulness si sono costituite a partire dalla capacità di meditazione tradizionale e hanno sviluppato degli approcci non meditativi specifici a questo processo umano dell’essere mindful.

Nella terapia dell’accettazione e dell’impegno (ACT[1]), la mindfulness “può essere intesa come un insieme di processi correlati che mirano il dominio delle reti verbali, il quale implica soprattutto relazioni temporali e di valutazione. Questi processi includono l’accettazione, la disidentificazione di se stessi” (Fletcher, Hayers, 2006, p. 315).

Uno studio sintetico di molti questionari sulla mindfulness (Baer, Smith, Hopkins et al., 2006) ha rivelato l’esistenza di cinque fattori che sembrano emergere da varie indagini indipendenti:
  • Non reattività rispetto all’esperienza interna (es. percepire sentimenti ed emozioni senza dovervi necessariamente reagire)
  • Osservare/notare/dedicarsi alle sensazioni, alle percezioni,l ai pensieri e ai sentimenti (es. rimanere in contatto con le proprie sensazioni e i propri sentimenti anche qualdo sono spiacevoli o dolorosi)
  • Agire in modo consapevole/non con il pilota automatico, concentrazione/non distrazione (es. non rompere o far cadere le cose per disattenzione, perché non vi si presta attenzione o perché si pensa ad altro)
  • Descrivere/etichettare con le parole (es. mettere facilmente in parole le proprie credenze, opinioni e aspettative)
  • Avere un atteggiamento non giudicante rispetto all’esperienza (es. non criticarsi perché non si provano emozioni irrazionali o appropriate).
Abbiamo circuiti neurali che ci permettono di svolgere parecchie attività in automatico (es. fare jogging mentre pensiamo ad altro). Ma fortunatamente, in genera quando viaggiamo non usciamo di strada né ci schiantiamo con la macchina in autostrada.

Per alcune persone, questo “vivere in automatico” è un modo routinario di vivere. Se la nostra attenzione è diretta a qualcosa di diverso rispetto a quello che stiamo facendo per la maggior parte del tempo, allora finiamo per sentirci vuoti e intorpiditi. Quando il pensare in automatico domina il nostro senso soggettivo del mondo, la vita diventa ripetitiva e noiosa. Anziché fare esperienza con un senso emergente di novità e scoperta, come fa un bambino che inizia per la prima volta a percepire il mondo, finiamo per sentirci morti dentro, “morti prima di esser morti”.
Vivere in automatico ci espone anche al rischio di reagire senza mindfulness alle situazioni, senza riflettere sulle varie possibilità di risposta che abbiamo a disposizione. Il risultato è che spesso reagiamo in modo automatico, come per riflesso, e queste nostre reazioni danno vita a riflessi simili nelle altre persone.
Essere mindful apre le porte non solo alla possibilità di essere consapevoli del momento in modo più pieno ma, avvicinando l’individuo a un senso più profondo del proprio mondo interno, offre l’opportunità di accrescere la propria compassione ed empatia. La mindfulness non è “auto-indulgenza”, bensì un insieme di abilità che accrescono la capacitò di stabilire relazioni amorevoli con le altre persone.
La mindfulness accresce la capacità di riempirsi delle sensazioni del momento e di sintonizzarsi con il nostro stato dell’essere.
La vita si arricchisce poiché siamo consapevoli della straordinaria esperienza di essere, di essere vivi, di vivere in questo momento.

Oltre a questa consapevolezza riflessiva della consapevolezza del momento presente, la mindfulness ha le seguenti qualità che descrivo ai miei pazienti e studenti: ci avviciniamo al qui ed ora con
  • Curiosità
  • Apertura
  • Accettazione
  • Amore (COAL: curiosity, openness, acceptance, love)
La distinzione tra essere consapevoli in modo COAL e rivolgere semplicemente la propria attenzione a quello che accade con idee preconcette che imprigionano la mente (es. non avrei dovuto sbattere il piede, sono così maldestro; perché non precipitata dalla scogliera? Cosa c’è che non va in me? …), è la differenza che fa davvero la differenza. Per coltivare la consapevolezza mindful dobbiamo diventare consapevoli della consapevolezza e del fatto che siamo in grado di notare quanto questi preconcetti, “dall’alto verso il basso[2]”relativi a ciò che dovremmo o non dovremmo essere ci impediscono di vivere in modo mindful, di essere gentili con noi stessi.
La sintonizzazione è il cuore di tutte le relazioni che implicano il prendersi cura di un’altra persona.
La consapevolezza mindful, è una forma di sintonizzazione con noi stessi, che crea benessere.

L’idea generale degli effetti benefici della mindfulness è che l’accettazione della propria situazione possa alleviare il conflitto interno che si scatena quando le nostre aspettative sulla vita non corrispondono a come la vita è in realtà.
Se si assume una posizione COAL, il resto va da sé. Non vi sono particolari obiettivi, non vi sono sforzi per “liberarsi” di qualcosa, ma semplicemente l’intenzione di essere, e specificatamente quella di fare esperienza dell’essere nel momento senza aggrapparsi a giudizi e obiettivi.
Da questo modo di essere riflessivo, mindful, emerge un processo fondamentale chiamata “discernimento”, in cui diventa possibile essere consapevoli del fatto che le attività della propria mente non siano la totalità di ciò che si è.
Il discernimento è una forma di disidentificazione dall’attività della propria mente: quando diventi consapevole delle sensazioni, delle immagini, dei sentimenti e dei pensieri (SIFT = sensation, images, feelings, thoughts) arrivi a vedere queste attività come delle onde che si muovono sulla superficie del mare della mente.
Questa capacità di liberarsi dal chiacchierio della mente, è liberatoria. Il discernimento ci dà anche la saggezza necessaria a interagire in modo più riflessivo e compassionevole con le altre persone.

Le funzioni della mente e del cervello sono correlate, ma in realtà non sappiamo esattamente in che modo l’attività del cervello e la funzione della mente si creino reciprocamente.

È stato dimostrato (Davinson e collaboratori, 2003) che un cambiamento della funzione cerebrale verso la dominanza del lobo frontale sinistro in risposta a stimoli che attivano le emozioni associate a uno stato mentale di avvicinamento con prevalenza di emozioni positive.
Questa prevalenza dell’emisfero sinistro nei circuiti della regolazione delle emozioni è connessa direttamente al grado di rafforzamento della funzione immunitaria.
Un altro studio di Lazar, Kerr, Wasserman e collaboratori (2550) ha rilevato un aumento dello spessore di due parti del cervello:
  • L’area mentale prefrontale, bilateralmente
  • Un circuito neurale, l’insula, particolarmente ispessito nell’emisfero destro.
Il grado di ispessimento di queste aree cerebrali correla con la quantità di tempo dedicata alla pratica della meditazione mindful.
Qui vediamo una correlazione sia dell’emisfero destro sia di quello sinistro con le pratiche di meditazione mindful.

Perché il modo in cui prestate attenzione al momento presente modifica il vostro cervello? Perché promuove la plasticità neurale, il cambiamento delle connessioni neurali in risposta all’esperienza.

La funzione della corteccia prefrontale è di tipo integrativo. Ciò significa che i lunghi assoni dei neuroni prefrontali raggiungono aree distanti e differenziate del cervello e del corpo. Questo legame di elementi differenziati è la definizione letterale di un processo fondamentale, quello di integrazione.

Lo sviluppo
Il sistema nervoso inizia a svilupparsi nell’embrione come ectoderma, lo strato più esterno delle cellule che andranno a formare la pelle.
Alcuni gruppi di queste cellule più esterne si ripiegano verso l’interno e formano il tubo neurale, il midollo spinale. Il fatto che i neuroni, le cellule fondamentali del cervello nascano “all’esterno” e poi viaggino verso “l’interno” del corpo sostiene, da una prospettiva emotiva, un’idea filosofica secondo cui ilo cervello ha origine nell’interfaccia tra il mondo interno e il mondo posto all’esterno dei nostri sé corporei.
Il nostro cervello è la parte superiore di un sistema nervoso esteso, che è distribuito in tutto il corpo.
Tutto il sistema nervoso centrale stabilisce la sua impalcatura di base, durante lo sviluppo nel ventre della madre. I geni sono importanti per determinare in che modo i neuroni migreranno e stabiliranno delle connessioni reciproche. Di fatto, la metà del nostro materiale genetico è direttamente o indirettamente responsabile della struttura neurale, cosa che rende i geni molto importanti per lo sviluppo del sistema nervoso centrale. Più si avvicina il momento in cui il feto dovrà lasciare l’utero, però, più le connessioni tra i neuroni sono influenzate anche dall’esperienza.
Più il vostro sistema nervoso centrale, l’esperienza implica l’attivazione di scariche neurali in risposta agli stimoli. Quando i neuroni diventano attivi, le loro connessioni reciproche crescono e le cellule trofiche e i vasi proliferano. Questo è il modo in cui l’esperienza plasma la struttura neurale. La scarica neurale è l’attivazione dell’equivalente di un flusso elettrico, un potenziale d’azione, che viaggia per tutta la lunghezza dell’assone della cellula attivata fino al suo punto terminale, dove questa cellula rilascia neurotrasmettitori attivatori o inibitori nello spazio connettivo, la sinapsi.
Il neurone successivo, che riceve questa attivazione, scaricherà a sua volta o meno a seconda dell’equilibrio dei neurotrasmettitori attivatori o inibitori rilasciati dai neuroni presinaptici.
Cento miliardi di neuroni sono, in media, connessi tra loro reciprocamente grazie al fatto che ognuno possiede 10.000 connessioni sinaitiche che sono create dai geni e modellate dall’esperienza: la natura ha bisogno della cultura. Queste due dimensioni importanti dello sviluppo umano e del funzionamento neurale non sono in opposizione tra loro.
I neuroni si attivano quando noi facciamo un’esperienza. Con l’attivazione di un neurone si crea il potenziale per alterarne le sinapsi favorendo la crescita di nuove sinapsi, rafforzando quelle esistenti o stimolando la crescita di nuovi neuroni che creano a loro volta nuove connessioni sinaitiche.
La sinaptogenesi e la neuro genesi sono i modi in cui il cervello sviluppa nuove connessioni. Questa crescita utilizza sia i geni sia l’esperienza per produrre dei cambiamenti nella connettività dei neuroni: neuro plasticità è il termine utilizzato quando le connessioni tra i vari neuroni cambiano in risposta all’esperienza.
Esperienza significa un’attivazione neurale che, in alcune situazioni può promuovere l’attivazione di geni che a loro volta possono determinare la produzione di proteine che consentono il formarsi di nuove sinapsi e il rafforzarsi di vecchie sinapsi. L’esperienza può stimolare la crescita di nuovi neuroni (anche negli adulti).
Le cellule cerebrali non impegnate nell’attività neurale, cioè le cellule staminali neurali, si dividono regolarmente, e mentre un prodotto di questa divisione continua la linea della cellula staminale, l’altro, la “cellula sorella”, può essere stimolato a crescere in un neurone che ha una funzione di piena integrazione del cervello. Sappiamo per certo che negli adulti la neuro genesi si verifica nell’ippocampo, e queste cellule sorelle possono essere stimolate per un periodo di alcuni mesi fino a svilupparsi come neuroni integrati pienamente funzionanti (KempermannGastGage, 2002).

Neuroplasticità
L’esperienza può determinare dei cambiamenti strutturali nel cervello. Spesso questi cambiamenti hanno luogo al livello della macroarchitettura finemente sintonizzata del cervello, per esempio, quando facciamo nuove associazioni mnestiche. È molto difficile cogliere effettivamente questi cambiamenti strutturali, a meno che essi non siano molto significativi.

… le scariche ripetute dei neuroni di aree specifiche del cervello determinano un aumento significativo della densità sinaptica delle regioni attivate dalle pratiche mindful.
La consapevolezza mindful  è una forma di esperienza che sembra promuovere la plasticità neurale.
Quando focalizziamo la nostra attenzione in modi specifici, stiamo attivando i circuiti del cervello, e questa attivazione può rafforzare le connessioni sinaitiche delle aree coinvolte. Considerando l’idea che la mindfulness, in quanto forma di relazione con se stessi, possa coinvolgere non solo i circuiti dell’attenzione, ma anche quelli della socialità, possiamo indagare anche nuove dimensioni della controparte cerebrale della consapevolezza mindful.
I cambiamenti neuro plastici non solo rivelano alterazioni strutturali, ma sono anche accompagnati da cambiamenti nella funzione cerebrale nell’esperienza mentale (come un maggiore equilibrio di sentimenti ed emozioni) e negli stati corporei (come la risposta allo stress e la funzione immunitaria).

Il modo in cui facciamo attenzione stimolerà le scariche neuronali di aree specifiche che vengono attivate e mutano le loro connessioni nei circuiti integrati del cervello.

IL CERVELLO NEL PALMO DELLA NOSTRA MANO
Se prendete la vostra mano, mettete il pollice nel mezzo e lo ricoprite con le altre dita, allora avrete un modello del cervello facilmente accessibile e piuttosto accurato. Questo modello della mano è orientato in modo tale che il polso rappresenta il midollo spinale che si trova nelle nostre schiene, il volto della persona è collocato davanti alle unghie delle dita e la parte più alta della mano è la parte superiore della testa.
Il tronco encefalico è il palmo della mano, le aree limbiche sono il vostro pollice (idealmente, dovreste avere un pollice destro e uno sinistro in ogni mano), e la corteccia è rappresentata dalle vostra dita curvate.

Il tronco encefalico esegue processi di base importanti, come la
  • regolazione del battito cardiaco e della frequenza del respiro, gli stati di veglia e sonno, e gli aspetti della risposta di attacco-fuga (fight-flight-freeze).
Ben sviluppato sin dalla nascita, il tronco cerebrale è l’area evolutivamente più antica del cervello e a volte è chiamato cervello rettilineo.

La regione limbica si è evoluta quando i rettili si sono sviluppati in mammiferi.
Le zone limbiche sono impegnate
  •  nell’attaccamento (legami che si sviluppano con i nostri caregiver), nella memoria (specialmente nell’elaborazione degli eventi in memoria episodica e autobiografica), nella comprensione del significato, nella creazione degli affetti, delle sensazioni interne e delle emozioni.
Le regioni limbiche contengono anche il principale regolatore degli ormoni, l’ipotalamo, che esercita influenze dirette sul corpo vero e proprio.
La connessione endocrina, insieme all’influenza che il cervello esercita sul sistema immunitario e sui nostri stati corporei per mezzo del sistema nervoso autonomo, come le sue divisioni freno/acceleratore (branche del sistema parasimpatico e simpatico) è il nesso diretto tra cervello e corpo.
Le zone limbiche e il tronco encefalico, le due aree subcorticali, si combinano per influenzare le nostre pulsioni motivazioni e l’attivazione dei nostri bisogni di base di sopravvivenza, affiliazione e significato. 

La corteccia è la parte più esterna del cervello, ed è particolarmente sviluppata nei mammiferi. Essa ci permette di mediare i processi più complessi, come la percezione, la pianificazione e l’attenzione. Suddivisa in molti lobi che svolgono funzioni diverse, ci sono tanti modi per descriverne le capacità complesse di questa regione, che non è molto sviluppata alla nascita e perciò è particolarmente aperta all’influenza plasmatrice dell’esperienza.

La corteccia è un’area a sei strati composta da materia grigia e materia bianca. Questi strati sono composti da insiemi di colonne cerebrali organizzate in senso verticale con diversi gruppi di colonne che spesso processano una particolare modalità di attività, come la vista e l’udito. Queste colonne verticali sono connesse reciprocamente con degli interneuroni distribuiti in senso orizzontale che permettono un dialogo reciproco tra le diverse aree, cioè un’integrazione delle diverse modalità (vista, udito) in un insieme “trans modale” di scariche neurali. È questa connessione di aree separate che crea la significativa complessità che è la principale capacità della nostra corteccia cerebrale.

In generale, la parte posteriore della nostra corteccia – dalla seconda nocca all’indietro, se utilizziamo il modello della mano – elabora le percezioni che provengono dal mondo esterno, eccezion fatta per l’olfatto e per la consapevolezza delle posizioni degli arti. Queste regioni posteriori permettono agli esseri umani di farsi un’idea del mondo esterno sotto forma di percezioni.

La parte anteriore del cervello è responsabile dei processi motori, attentivi e cognitivi. I lobi frontali si sono evoluti quando siamo diventati primati. Gli studi suggeriscono che, nei mammiferi, più è alto il livello della vita sociale, più complessa ed estesa è l’architettura della corteccia frontale. L’area frontale – quella che va dalla seconda all’ultima nocca prima delle unghie, sempre utilizzando il modello della mano – è una regione in cui la prima zona si occupa delle azioni motorie, mentre quella successiva, procedendo in avanti, media la pianificazione dei movimenti – la corteccia premotoria. questa area premotoria è stata la prima regione in cui sono stati scoperti i neuroni a specchio, che ci permettono di interiorizzare le intenzioni e le emozioni delle altre persone e di creare in noi stessi questi stati come parte del più ampio “circuito della risonanza”.

Subito prima di queste aree motorie e premotorie c’è la corteccia prefrontale. Maggiormente sviluppata negli esseri umani, questa regione prefrontale media molte delle funzioni che consideriamo tipiche della nostra specie.
Le regioni prefrontali possono essere divise in vari modi che mediano funzioni diverse. Per adesso, le divideremo solo in due aree: le regioni prefrontali mediali e laterali.
Le aree della corteccia prefrontale in genere lavorano in modo sinergico, e pensare alla loro funzione come a un sistema può essere piuttosto utile.

L’area laterale della regione prefrontale, la corteccia dorso laterale, è importante nella meditazione della memoria di lavoro, la lavagna delle mente in cui scriviamo le cose che in un certo momento riteniamo più rilevanti. Quest’area laterale si occupa di importanti funzioni esecutive che permettono l’auto-regolazione dei nostri comportamenti e aiutano a influenzare il flusso della nostra attenzione momenti per momento.
L’area mediale – dalle unghie di medio e anulare alle nocche delle stesse dita – include varie regioni interconnesse che mediano le nove funzioni prefrontali.

Si tratta della corteccia orbito frontale (OFC), della corteccia del cingolato anteriore (ACC) e della corteccia prefrontale ventrolaterale (v1PFC) e mediale (mPFC). 

Questa linea intermedia ventrale e queste strutture mediali ricevono degli input diretti da tutto il cervello e dal corpo, con particolari contributi della corteccia dell’insula (IC). L’insula è il condotto per mezzo del quale le informazioni vengono trasferite da e verso la parte più esterna della corteccia, la parte più interna del sistema limbico (l’amigdala, l’ippocampo e l’ipotalamo) e le aree del corpo (per mezzo del tronco cerebrale e del midollo spinale). Sembra che le aree prefrontali mediali utilizzino i dati dell’insula sulle nostre emozioni e sullo stato del nostro corpo per creare delle rappresentazioni delle mani altrui.
Le aree prefrontali mediali sono essenziali per la comunicazione sociale e per l’auto-osservazione. Questa regione è un fulcro importante del circuito sociale del cervello.
Notate come la ragione prefrontale mediale connetta i processi del corpo, del tronco encefalico, della corteccia e i processi sociali in un’unità funzionale. Se distendete le vostre dita e poi le piegate di nuovo, potrete notare che in realtà le aree prefrontali mediali (rappresentate dalla parte terminale del medio e dell’anulare) toccano, dal punto di vista anatomico, tutto il cervello, e questa è la natura dell’integrazione neurale: connessioni sinaitiche estese in tutto il corpo che ci mettono in relazione anche con le altre persone.
L’integrazione neurale, la coordinazione e l’equilibrio del cervello grazie a cui le diverse aree sono connesse tra loro per formare un tutto funzionale, sembra essere promossa dalla sintonizzazione delle relazioni di attaccamento sicuro. Pare che la mindful promuova questa integrazione neurale per mezzo di una forma di sintonizzazione intrapersonale. La consapevolezza dell’esperienza che facciamo momento per momento ci dà la possibilità di sentire e accettare direttamente la nostra esperienza mentale.

Integrazione neurale, mindfulness e auto-regolazione
L’integrazione neurale è la relazione che si stabilisce tra regioni neurali, anatomicamente o funzionalmente differenziate, in un’interconnessione di aree più ampiamente distribuite del cervello e del corpo. Queste interconnessioni a livello strutturale, prendono la forma di connessioni sinaitiche e creano una forma di coordinazione ed equilibrio a livello funzionale. 
La cultura è il modo in cui si trasmettono i significati tra gli individui e tra le generazioni. Il modo in cui questo flusso di energia e informazioni modifica i suoi pattern nel corso del tempo è ciò che deriva dall’evoluzione culturale. La realtà dei mutamenti della nostra specie non è dovuta a un’evoluzione geneticamente determinata del nostro cervello, ma all’evoluzione mentale del modo con cui trasmettiamo collettivamente energia e informazioni nel corso delle generazioni. Questa è l’evoluzione della mente, non del cervello. Un punto di vista sostiene che la mente (il flusso di energia e informazioni) per esistere ha bisogno di utilizzare l’attività del cervello per i propri scopi. In questo senso, la mente usa il cervello per creare se stessa.
Una delle sfide maggiori alla nostra capacità di prestare attenzione al momento presente sono i pattern di attivazione cerebrali dall’alto verso il basso (ricordi, credenze, emozioni) che ci bombardano con scariche neurali e chiacchiere mentali e ci allontanano dalla possibilità di essere nel momento.

Primo passo della mindfull indirizzare e sostenere la nostra attenzione (attraverso il respiro).
Sembra che sperimentando le sensazioni riusciamo a fare semplicemente esperienza senza l’interferenza del pensiero.
Non importa da quanto una pratica, l’esperienza di “perdersi fra le nuvole c’è sempre”. Questo è semplicemente il modo in cui funziona la mente. Costruire la consapevolezza ci aiuta a vedere il pensiero come qualcosa che emerge e poi svanisce. Il pensiero perde il suo potere di sequestrarti e farti prigioniero.


Fonte: Mindfulness e CervelloDaniel J. Siegel




[1] ACT (Acceptance and Commitment Therapy) è una terapia cognitivo-comportamentale che incoraggia il paziente ad accettare, invece di controllare, le sensazioni spiacevoli. Le principali componenti dell’ACT sono: riconoscere la poca utilità degli sforzi fatti per sentirsi meglio (imparare a “lasciare andare”); considerare che i nostri pensieri sono solo pensieri, non sono ciò che interpretiamo siano; accettazione/permettere all’esperienza di essere ciò che è mentre si sta determinando; contestualizzare se stessi, nel senso di identificarsi con colui che osserva i pensieri e infine riconoscere il valore di ciò che dà significato alla vita.
[2] Si riferisce al modo in cui i ricordi, le credenze e le emozioni plasmano le nostre sensazioni dirette.

martedì 22 novembre 2011

La complessità dell'uomo: il SÉ

Complessità non sta a significare più complicato ma più articolato, ossia nuova apertura verso infinite possibilità, che fuoriescono dal vincolante epitaffio di causa-effetto, e dove l’effetto è a sua volta causa e ri-crea nuovi effetti che a loro volta creeranno proprio come nell’anello tetralogico di Morin, ove le interazioni non possono essere concepite senza disordine, cioè ineguaglianze, turbolenze, perturbazioni … che provocano incontri. È nella danza di ordine e disordine che nasce l’organizzazione, la quale determina un sistema partendo da elementi differenti, essa connette, trasforma, produce e conserva questo sistema, è organizzazione delle differenze, in quanto stabilisce relazioni complementari fra le parti differenti, come pure fra le parti e il tutto.

Ogni sistema è minacciato da disordini interni ed esterni, così ogni sistema è anche organizzazione contro l’antiorganizzazione. Ma il disordine non è eliminato dall’organizzazione, è da essa trasformato, virtualizzato e può attualizzarsi.
Così il disordine non è più un virus invadente, ma diviene strumento di cura per la malattia della semplificazione, la quale riduce la Gestalt ad un’unità senza più parti, senza anima, senza identità. L’identità sorge non come equivalenza statica tra due termini sostanziali, ma come principio attivo appartenente ad una logica ricorsiva. Secondo Morin il Sé è ciò che rinasce da se stesso, ciò che ritorna a sé, ciò che ricomincia sé (nella rigenerazione e nella riorganizzazione).
Il sé non è mai immobile, è sempre animato, animante. Con il sé siamo alla fonte di ciò che diverrà autos del vivente (autorganizzazione/autoreferenza – in greco autòs significa “sé”) con la vita il sé diviene riproduzione-di-sé e negli individui diviene autos da cui nascerà un Me.
I sistemi autopietici, si producono da sé, si riproducono e moltiplicano, sono gli esseri biologici viventi, gli esseri-macchina, a differenza delle macchine banali che non possono riprodursi ne moltiplicarsi da sé, non sono autonome, e sono organizzate dall’esterno. Mentre gli esseri macchina autonomamente autoproducono i propri elementi costitutivi.

“La nostra coscienza è una piccola fiamma vacillante – scrive Morin – e sebbene suscettibile di farsi ingannare dalla falsa coscienza (le sterminate legioni di Io), resta pur sempre il lumino di cui dispone la nostra esistenza sonnambula”.

Noi viviamo ora come risvegliati ora come sonnambuli.
E dunque è la coscienza che si fa distinguere dagli altri viventi e ci rende consapevoli del nostro essere macchine non banali.
Ma noi siamo e agiamo non come esseri liberi, ma come condizionati e determinati: siamo agiti quando crediamo di agire e, tuttavia, ciò che ci ha determinato costituisce anche ciò che ci ha reso liberi.
Per capire ciò dobbiamo riferirci al concetto di autonomia dipendente: le polidependenze divengono condizioni di autonomia, perché c’è continua interazione tra di esse, e in questo modo riescono a generare autonomia dipendente, dove l’attributo dipendente non implica un ottuso determinismo, ma solo una relazione significante e relazionale tra tutti i piani della complessa realtà umana.
La macchina banale è quella che risponde alle informazioni che le diamo in maniera prevedibile.

L’uomo non risponde in maniera prevedibile alle sue determinazioni biologiche, sociali e culturali. Né è intrinsecamente costituito, ma la polimorfità delle interazioni possibili delle stesse dipendenze, determina un polimeccanismo genetico, che ci fa superare la banalità.

L’essere umano è al contempo uno e molteplice, un’unitas multiplex (sistema – interrelazioni – organizzazione) e ogni essere umano, come il punto di un ologramma, porta in sé il cosmo. Ogni essere, anche il più chiuso nella più banale delle vite, costituisce in se stesso un cosmo”.
Il processo ricorsivo che produce il sistema, lo produce in un continuum ininterrotto senza soluzione di continuità.

Secondo Gurdjieff esiste una miriade di Io (le legioni di Io, legate alla nostra personalità) e un Sé ossia la parte divina che è in noi. In mezzo ai due ci sta il corpo.
L’Io è identificato con la mente, il corpo è sedotto dalla mente, e lo spirito dorme arrotolato sul nostro coccige, incapace di risalire verso il cuore.

Che fare? Non servono tecniche di risveglio, o forzature di sorta che possono creare irrimediabili squilibri, nonché disturbi e patologie serie. Serve solo stare in presenza.

Gustav Meyrink: “Essere svegli è tutto. Di nulla l’uomo è così fermamente persuaso quanto d’esser sveglio. In verità però egli è imprigionato in una rete di sonno e di sogno ch’egli stesso ha intessuto. Più fitta è questa rete e più potente signoreggia il sonno. Quelli che vi sono impigliati passano nella vita come un gregge avviato al macello, ottusi, indifferenti e senza pensieri (…) Quando il tuo invisibile te stesso apparirà in te come autista, tu potrai riconoscerlo dal fatto che getterà un’ombra. Io stesso non sapevo chi io mi fossi, fino a quando non ebbi a vedere il mio corpo come un’ombra[1].

Solo attraverso la consapevolezza di Sé si può uscire dal labirinto.

Il Sé è onnipotente, ma è prigioniero della personalità, quando restiamo identificati al nostro ruolo, personaggio, o situazione, allora siamo in trappola. L’identificazione diviene la tagliola che ci imprigiona e così non abbiamo scampo dalla proiezione cha abbiamo creato, dimenticandoci la nostra vera natura. Noi siamo ciò che pensiamo, siamo i nostri pensieri.

Krishnamurti: “Finché immagino come dovrei essere, continuerò ad essere quello che sono ora”.

Arcangelo Miranda spiega che quando i nostri pensieri mentali non incrociano il volere del Sé, allora viene a crearsi una forma-pensiero, deleteria sia per il corpo, che per l’intero nostro funzionamento.

Charles Leadbeater, co-fondatore della società teosofica; a proposito delle forme-pensiero (o masse-pensiero o teri o eggregore) disse: le forme-pensiero sono generate da pensieri disarmonici con il proprio Sé e sono caratterizzate da vibrazione, colore, forma e posseggono massa.
Esse sono tante quanti sono gli io della personalità.

Il punto è che siamo già il Sé – scrive Arcangelo Miranda - ma non ce ne rendiamo conto, siamo già tutto ORA, qui, non dobbiamo divenire nulla dobbiamo solo ESSERE. La vita non è un divenire, è essere e uno spirito può recuperare la propria condizione originaria vedendosi già arrivato; erroneamente si crede esista il divenire, ma in realtà esiste solo l'essere.

Ben spiegato da Morin essere significa rimanere costante nella propria forma, organizzazione, identità.

L’essere vivente ha origine da interazioni e incontri fisici, poi cicli di riproduzione, retroazioni negative legate a retroazione positive; la macchina vivente può esistere solo con il disordine e con il rumore, in un rapporto complementare e antagonistico.


Mariangela Mattoni


[1] Meyrink Gustav, La via del risveglio secondo Meyrink, in Introduzione alla magia, vol. 1., Edizioni Mediterranee, Roma, ristampa 1987

martedì 15 novembre 2011

La comprensione dell’essere – Alfred Richard Orage

L’organismo umano è una macchina in grado di lavorare e l’energia per farla funzionare viene da:
  • CIBO
  • ARIA
  • IMPRESSIONI
Assumiamo cibo, respiriamo aria e attraverso gli organi di senso riceviamo le impressioni: lo scambio tra queste tre forme di nutrimento crea le diverse energie che manifestiamo:
  • FISICA
  • EMOZIONALE
  • MENTALE

Per ciascuno di questi dispendi di energia è necessario creare in noi le riserve.
Non possiamo utilizzare  più di quanto accumuliamo.
Quando siamo stanchi/vuoti: smettiamo di agire, sentire e pensare.

Immaginiamo noi come una casa a più piani:
  • MENTALE (cervello superiore – impressioni) “testa”
  • EMOTIVO (cervello medio – sensazioni, emozioni) “torace”
  • FISICO (cervello inferiore – solidi, liquidi, gas) “addome”

Se lavoro su un piano non serve che anche gli altri lavorino. Tutte le azioni inconsapevoli sprecano energia.

Primo principio di economia = svolgere un’attività consapevolmente, impedendo che ci rubi energia.

Avremo:
  • perdita dovuta a sforzo muscolare inconsapevole
  • perdita dovuta a fantasticherie
  • perdita dovuta a preoccupazioni 
Non pensare mai senza scopo, pensa in modo mirato. Se ti scopri a fantasticare, formula una lettera, un piano di lavoro, rivedi gli avvenimenti della giornata …, purché sia tu a guardare e non la mente.

Il morire quotidiano: sonno e morte sono simili, in quanto stadi di incoscienza nei quali, di solito, entriamo, attraverso un processo graduale. Se il momento per la ricapitolazione della vita è la morte, il momento per la ricapitolazione della giornata è prima di addormentarci (il sonno).
Quindi prima di addormentarti, comincia a contare mentalmente e lentamente numeri semplici in ordine crescente e decrescente: 2,4,6,8,10 – 10,8,6,4,2 …
Continuate ritmicamente e una volta trovato il ritmo, ma quasi mai del tutto automaticamente, cercate di vedervi dal momento in cui vi siete alzati la mattina fino a sera.

Il contare tiene impegnata la mente e consente alla memoria visiva di lavorare più facilmente.

Uno degli obiettivi è non pensare a quello che raffiguriamo.

Avremo: attenzione sempre maggiore, conoscenza di noi stessi, più memoria, più volontà, più concentrazione, più sviluppo mentale e più controllo della mente.

Ricorda che nella vita è utile evocare un’emozione creativa, un atteggiamento che sviluppi i nostri muscoli fisici/emozionali/intellettuali. L’atteggiamento è condizionato dall’immaginazione. Come ci immaginiamo la vita? Come la prendiamo?


Fonte: La comprensione dell'Essere

venerdì 11 novembre 2011

Io sono Quello – Nisargadatta Maharaj

Tu non presti attenzione a te stesso. La tua mente è sempre con gli oggetti, le persone e le idee, e mai con te stesso. Mettiti al centro dell’attenzione, diventa consapevole della tua esistenza. Guarda come funzioni, osserva le motivazioni e i risultati delle tue azioni. Esamina la prigione che hai costruito intorno a te, per inavvertenza. Conoscendo ciò che non sei, arrivi a conoscere te stesso.

Hai soltanto bisogno di sbarazzarti della tendenza a definire te stesso.

Per fluire con la vita intendo l’accettazione: accogliere ciò che viene e lasciar andare ciò che va.

Il passato è nella memoria, il futuro nell’immaginazione.

Il desiderio è il ricordo del piacere e la paura è il ricordo del dolore. Tutti e due rendono irrequieta la mente. I momenti di piacere non sono altro che intervalli nel flusso del dolore. Come potrebbe essere felice la mente?

La gioia è gioia solamente se contrapposta al dolore.

Per sua stessa natura, la mente divide e oppone. Può esserci un’altra mente che unisce e armonizza, che vede il tutto nel particolare e il particolare come interamente collegato al tutto?

La puoi trovare andando oltre la mente che limita, divide e oppone.

La mente crea l’abisso, il cuore la valica.

Come tutto ciò che è mentale, anche la cosiddetta legge di casualità si contraddice. Nessuna cosa esistente ha una casualità particolare; l’intero universo contribuisce persino all’esistenza delle cose più minuscole.

Se la gente sapesse che niente può accadere se l’universo non lo fa accadere, otterrebbe molto di più con minor impiego di energie.

È l’illusione del tempo che ti fa parlare di causalità. Quando il passato e il futuro vengono visti nel presente senza tempo, come parti di unico schema, l’idea di causa-effetto perde validità e al suo posto subentra la libertà creativa.

È il desiderio che ti dà la vita, il nome e la forma. Il desiderabile è immaginativo e voluto, e si manifesta in modo tangibile o concepibile. Così viene creato il mondo in cui viviamo, il nostro mondo personale. Il mondo reale è al di là della comprensione mentale; noi lo vediamo attraverso la rete dei desideri, diviso tra piacere e dolore, giusto e sbagliato, interiore ed esterno. Per vedere l’universo quale è, devi andare oltre la rete. Non è difficile, perché la rete è piena di buchi.

Guarda la tua rete e rimuovi le contraddizioni di cui è composta: il solo fatto di osservarle le farà sparire.

La fonte di tutto ciò che esiste è l’Infinita Possibilità, la Realtà Suprema che è in te e che diffonde il suo potere, la sua luce e il suo amore su ogni esperienza. Puoi tentare di risalire al modo in cui accade qualcosa, ma non puoi scoprire perché una cosa è come è.

Il sonno non è che un vuoto di memoria mentre la vita continua.

Nella morte muore solo il corpo. La vita, la coscienza e la realtà non muoiono. Anzi, la vita non è mai così viva come lo è dopo la morte.

Ciò che nasce deve morire. Solamente il non-nato è immortale.

Ricordare è il segreto del successo. La cosa più importante è essere liberi dalle contraddizioni: la meta e la via non devono stare su livelli differenti, la vita e la luce non devono entrare in contrasto. Non devi indietreggiare, disfare, sradicare, abbandonare il terreno conquistato.

Conosciamo il mondo esterno, fatto di sensazioni e azioni, ma sappiamo ben poco del nostro mondo interiore di pensieri e sentimenti.

Il primo scopo della meditazione è diventare coscienti della nostra vita interiore ed entrare in intimità con essa.
Il fine ultimo è raggiungere la sorgente della vita e della coscienza.
Ogni volta che scopriamo in noi stessi vizi o debolezze e ne comprendiamo le cause e i meccanismi, li superiamo per il semplice fatto di averli RICONOSCIUTI; l’inconscio si dissolve quando è portato a livello della coscienza. La dissoluzione dell’inconscio sprigiona energia, la mente si sente adeguata e si calma.
Quando la mente è calma riusciamo a riconoscerci come puri testimoni.
La personalità (che si basa sull’auto identificazione, sull’immaginazione di essere qualcosa o qualcuno) continua, ma solo come parte del mondo oggettivo. L’identificazione con il testimone si interrompe di colpo.
La meditazione mira alla completa eliminazione della passività (tamas) e della passionalità (rajas). La pura armonia (sattva) è perfetta libertà dall’indolenza e dall’irrequietezza.
Sii consapevole dei meccanismi di passività e passionalità, osserva come trovano espressione nei pensieri, nelle parole e nelle azioni. La serietà è l’unica condizione per riuscirci.

L’intero universo esiste solo nella coscienza, mentre io risiedo nell’Assoluto. La coscienza sorge nel puro essere; il mondo appare e scompare nella coscienza. Tutto ciò che è è me, tutto ciò che è è mio.

Prima di ogni inizio e dopo ogni fine, Io sono. Tutto ha la sua esistenza in me, nell’Io sono che risplende in ogni essere vivente.

Non nego il mondo. Lo vedo apparire nella coscienza, che è la totalità del conosciuto nell’immensità dell’ignoto. Ciò che ha un inizio e una fine è solo apparenza. Del mondo si può dire che appare, ma non che è.

L’apparizione può durare molto a lungo secondo una determinata scala temporale e molto poco secondo un’altra, ma alla fine il risultato è lo stesso. Tutto ciò che è legato al tempo è momentaneo e non ha realtà.

Ogni definizione positiva proviene dalla memoria. Io sono adesso.

Nel tuo mondo sei veramente solo, intrappolato nel tuo sogno che cambia in continuazione e che tu scambi per la vita. Il mio è un mondo aperto, comune e accessibile a tutti. Nel mio mondo c’è comunanza, introspezione, amore, vera qualità; l’individuale è il totale, la totalità è nell’individuo. Nel mio mondo non c’è mai niente di sbagliato.

La natura della mente è quelle di vagabondare. L’unica cosa che puoi fare è spostare l’attenzione della coscienza al di là della mente.

Rifiuta tutti i pensieri tranne uno: “Io sono”. All’inizio la mente si ribellerà ma poi, se avrai pazienza e perseveranza, cederà e si manterrà calma. Quando sarai calmo, tutto comincerà ad accadere spontaneamente e in modo naturale, senza alcuna interferenza da parte tua.

Ti basta vivere la vita come viene, rimanendo però attento e vigile, lasciando che tutto accada, soffrendo e godendo i momenti di gioia così come la vita dispensa.

Prendila come viene, senza il minimo sforzo.

Non è possibile trovare la vera felicità in cose che cambiano e passano. La felicità proviene dal Sé e puoi trovarla nel Sé. Scopri il tuo vero Sé e tutto il resto verrà di conseguenza.

Il vento del desiderio agita la mente e il “me”, che è solo un riflesso del Sé nella mente, appare incostante. Ma le idee di movimento e irrequietezza, di piacere e dolore, sono tutte nella mente.

Lascia perdere la mente, sii consapevole e non coinvolto, e realizzerai che rimanere attento ma distaccato, mentre osservi gli avvenimenti che vanno e vengono, è un aspetto della tua vera natura.

Ogni piacere, fisico o mentale, ha bisogno di un mezzo. Sia i mezzi fisici che quelli mentali sono materiali, si logorano e si esauriscono. Il dolore sta alla base di tutti i tuoi piaceri, e tu li desideri perché soffri. La ricerca stessa del piacere è fonte di dolore, è un circolo vizioso.

Sii attento. Osserva, indaga, impara tutto ciò che puoi sulla confusione, studiane i meccanismi e guarda che effetti ha su te e sugli altri.

Il mondo che riesci a percepire è davvero molto piccolo e del tutto personale. Prendilo come un sogno e passaci sopra.

La percezione implica la memoria.

Percezioni, immaginazioni, aspettative, anticipazioni, illusioni, sono tutte basate sulla memoria.

Quando il desiderio non è ben definito e intenso, non riesce a prendere forma. Inoltre, se i tuoi desideri sono personali, per il tuo appagamento, l’energia che ci metti è necessariamente limitata.

Non puoi abbandonare ciò che non conosci. Per andare oltre te stesso, devi conoscerti. Comincia da tutto ciò che non sei.

Quando conosci tutto ciò che non sei, te ne liberi e rimani nel tuo stato naturale. Accade tutto spontaneamente e senza sforzo. Non c’è niente da scoprire. Tu sei ciò che sei, e basta.

Osserva attentamente i tuoi pensieri e sentimenti, le parole e le azioni.

Scopri tutto ciò che non sei. Corpo, sentimenti, pensieri, idee, tempo, spazio, essere e non essere, questo o quello … tu non sei niente di concreto o astratto che puoi indicare.

Devi osservare te stesso in continuazione.

Il mondo è solo un riflesso della mia immaginazione.

I sogni sono echi dello stato di veglia. Nel sonno profondo la coscienza del cervello è sospesa.

Non può esserci coscienza senza consapevolezza, come nel sonno profondo. La consapevolezza è assoluta, la coscienza è relativa al suo contenuto. La coscienza è sempre coscienza di qualcosa, è parziale e mutevole. La consapevolezza è totale, immutabile, quieta e silenziosa. È la matrice di ogni esperienza.

La coscienza stessa di essere coscienti è già un movimento nella consapevolezza.

La realizzazione non è altro che l’opposto dell’ignoranza.

Il pensiero “Io sono” è il panno per pulire. Usalo.

Senza la morte rimarremmo per sempre impantanati in una perenne senilità. L’immortalità è considerare la vita e la morte reciprocamente essenziali, come due aspetti di un’unica esistenza. Vedere la fine nell’inizio e l’inizio nella fine è indice di immortalità.

La consapevolezza non appartiene al tempo. Il tempo esiste solo nella coscienza. Al di là della coscienza, dove sono il tempo e lo spazio?

La mente si prende cura del corpo, e io non ho bisogno di interferire.

Finché si porta il fardello di essere una persona fisica, si è esposti alle sue idiosincrasie e abitudini.

Quando l’autocontrollo diventa una seconda natura, la consapevolezza si dirige verso i livelli più profondi dell’esistenza e dell’azione.

Che male c’è a rendere automatico ciò che è abituale e ripetitivo?

Quando ti rendi conto che la persona è solo un’ombra della realtà, e non la realtà stessa, smetti di affliggerti e preoccuparti. Accetti di essere guidato da dentro e la vita diventa un viaggio nell’ignoto.

L’uomo comune non è cosciente del proprio corpo. Ne riconosce le sensazioni, le emozioni e i pensieri. Ma anche questi, non appena sopraggiunge il distacco, si allontanano dal centro della coscienza e accadono spontaneamente e senza sforzo.

Tutto accade da sé. Tu fai la domanda e fornisci la risposta, perché conosci la risposta quando poni la domanda. È tutto un gioco nella coscienza. Ogni divisione è illusoria. Puoi conoscere soltanto il falso. Il vero devi esserlo tu stesso.

Ci sono due elementi: la persona e l’osservatore o testimone. Quando li vedi come un’unità, e vai oltre, sei nello stato supremo.

Quando credi di essere una persona, vedi persone ovunque. In realtà non esistono persone, ma solo trame di ricordi e abitudini. Al momento della realizzazione la persona cessa. Rimane l’identità che, però, non è la persona perché è inscindibile dalla realtà stessa. La persona è un riflesso nella mente del testimone.

Quando capirai che i nomi e le forme sono vuote apparenze prive di qualsiasi contenuto, e che il reale non ha nome e forma essendo pura energia di vita e la luce della coscienza, sarai in pace, immerso nel profondo silenzio della realtà.

Prendi per vero i film sullo schermo, ami i personaggi, soffri per loro e cerchi di salvarli. Ma le cose non stanno così. Devi cominciare da te stesso. Non c’è altro modo. Datti da fare. Non c’è niente di male nell’impegnarsi.

Sei rinchiuso in prigione perché hai dimenticato che cosa sei, e ne uscirai conoscendoti per quello che sei.

Per aiutarti, Dio deve sapere della tua esistenza. Ma tu e il mondo siete un sogno. In un sogno puoi soffrire pene atroci, ma nessuno le conoscerà e potrà aiutarti.

L’immaginazione basata sui ricordi non è reale. Il futuro non è totalmente irreale. La parte di futuro reale è quella inaspettata e imprevedibile.

La liberazione è dalle false idee che l’io si è autoimposto; e non si trova in una particolare esperienza, per quanto sia sublime.

Ogni esperienza è legata al tempo. Ciò che ha inizio, deve finire.

Si è sempre liberi. Tu sei cosciente di essere e libero di essere cosciente.

Niente di prezioso può accadere a una mente che sa esattamente ciò che vuole, perché niente di ciò che immagina e desidera ha gran valore.

L’assenza di desiderio è la beatitudine suprema.

Puoi iniziare dall’agire in maniera disinteressata, rinunciando ai frutti dell’azione, per poi abbandonare ogni pensiero e desiderio. Il fattore chiave è l’abbandono. Altrimenti puoi ignorare qualsiasi cosa tu voglia, pensi o faccia, concentrandoti sul pensiero “Io sono”, tenendolo fisso in mente.

Conoscere vuol dire essere.

Conoscere il vero Sé è beatitudine, dimenticarlo è dolore.

Vedere il falso come falso è meditazione.

Separa l’Io sono da questo o quello e cerca di intuire che cosa significa essere, essere e basta, senza essere “questo” o “quello”.

Più ti è chiaro che a livello mentale puoi essere descritto solo in termini negativi, più rapidamente arriverai alla fine della tua ricerca e realizzerai il tuo essere senza limiti.

La memoria dà l’illusione della continuità e la ripetitività crea l’idea della causalità.

Qualunque cosa tu possa dire è sia vera che falsa. Le parole non vanno oltre la mente.

La persona non è mai il soggetto. Puoi vedere una persona, ma tu non sei la persona. Sei sempre il Supremo che, in un determinato momento e luogo, appare come testimone: un ponte tra la pura consapevolezza del Supremo e la coscienza multiforme della persona.

Le infinite persone che sono in noi, sono le varie tendenze della mente. Guardale per quello che sono: semplici abitudini del pensiero e dei sentimenti, una matassa di ricordi e impulsi.

Cercare le cause è il passatempo della mente. Non esiste la dualità di causa ed effetto. Ogni cosa è causa di se stessa.

La coscienza contiene tutto. La causa primaria è una: L’”Io sono”.

Tutti i desideri, puri e impuri, provengono dal Sé interiore, e dipendono dall’”Io sono”.

Tutti i desideri mirano alla felicità. La qualità e la forma che assumono dipendendo dalla psiche. Quando prevale la passività diventano perversioni. Con l’attività, nascono le passioni.

Se c’è armonia, il desiderio è motivato dalla buona volontà, dalla compassione, dal bisogno impellente di dare e non di volere la felicità.

I desideri che distruggono i loro oggetti o soggetti, o che non si estinguono una volta appagati, si contraddicono da sé e non possono essere soddisfatti. Solo i desideri motivati dall’amore, dalla buona volontà e dalla compassione sono di beneficio sia ai soggetti che agli oggetti e possono essere completamente esauditi.

La passione è fonte di dolore, la compassione non lo è mai. L’intero campo del divenire è aperto e accessibile; il passato e il futuro coesistono nell’eterno presente.

I desideri sono solo onde nella mente. Essere liberi dal desiderio vuol dire non sentirsi costretto a soddisfarlo.

I desideri nascono, perché immagini di essere nato e di morire se non avrai cura del tuo corpo. Il desiderio di avere un’esistenza corporea è la causa primaria del problema.

Per conoscersi, l’io deve confrontarsi col suo opposto: il non-io. Il desiderio conduce all’esperienza. L’esperienza porta alla discriminazione, al distacco, alla conoscenza di sé, alla liberazione. Ma, dopotutto, cos’è la liberazione? Sapere che sei al di là di nascita e morte. Dimenticando chi sei e immaginando di essere una creatura mortale ti sei creato tanti di quei problemi che adesso senti il bisogno di svegliarti, come quando fai un brutto sogno.

Niente può liberarti, perché sei libero.

Di che aiuto può esserti il tempo, che è una successione di momenti?

Accantona tutte le domande, accettane una: “Chi sono io?”. Sforzati di scoprire chi sei in realtà. Lo sforzo è la tua vera natura. Sforzati senza cercare lotta senza avidità.

È giusto solo ciò che ti libera dal desiderio, dalla paura e dalle idee errate. Finché ti preoccupi di peccati e virtù non avrai pace.

Smetti di immaginare che sei nato, che hai dei genitori, che sei un corpo, che morirai …

Ricordarti chi sei è virtù, dimenticartene è peccato.

Quando inizierai a mettere in dubbio il tuo sogno, il risveglio non sarà lontano.

Tutti i consigli dati dall’io sono in forma negativa: non fare, trattieniti, privati, rinuncia, sacrificati, abbandonati, vedi il falso come falso. Il positivo appartiene al Sé interiore.

Cos'è il desiderio se non amore per se stessi? Cos’è la paura, se non il bisogno di proteggersi? Cos’è la conoscenza, se non amore della verità?

Il destino è il risultato di cause in gran parte accidentali e quindi è una rete a maglie larghe.

Il mantra è essenzialmente energia in azione. Agisce su di te e su ciò che ti circonda.

In Europa non c’è la tradizione del mantra. Non può essere utile a un giovane occidentale, a meno che non ne sia fortemente attratto. Per lui il metodo giusto è quello di attenersi al pensiero di essere egli stesso la base di ogni conoscenza, l’immutabile e perenne consapevolezza di tutto ciò che accade ai sensi e alla mente.

La morte non è mai una disgrazia, neppure quando un uomo viene ucciso, in questo caso la disgrazia è per chi uccide.

Il mio guru mi ha insegnato a dubitare: di tutto e in maniera assoluta. Mi disse: “Nega l’esistenza di tutto, tranne che di te stesso”. Sei tu che, con il desiderio, hai creato il mondo con i suoi piaceri e i suoi dolori.

Il dolore è il fondamento del piacere.

Tutto deve essere esaminato attentamente, eliminando il superfluo senza esitazioni. Credimi, l’eliminazione non è mai eccessiva, perché in realtà niente ha valore.

È l’attaccamento al nome e alla forma che crea la paura. Il desiderio è uno stato mentale. Il nome non può andare oltre la mente, mentre la percezione è la coscienza stessa. Non ho la sensazione di dover raggiungere uno scopo quando faccio qualcosa. Le cose accadono come accadono: non perché io le faccio accadere, ma accadono perché Io sono.

Il mondo non esiste senza di te, tu lo crei e tu lo distruggi. Per migliorarlo, devi prima peggiorarlo.

I desideri deboli possono essere rimossi dall’introspezione e dalla meditazione, ma quelli intensi e ben radicati devono essere soddisfatti e bisogna assaggiarne i frutti, dolci o amari che siano.

La coscienza esisteva già prima che ci fosse il mondo. Perché il mondo nasce e si dissolve nella pura coscienza. Per essere non ho bisogno del mondo, è il mondo che ha bisogno di me per esistere.

L’identificazione con il corpo può andar bene per un neonato, ma la vera crescita comporta il distacco dal corpo. Normalmente dovremmo liberarci dai desideri legati al corpo nei primi anni di vita. L’abitudine, il desiderio di ripetere, frustra.

Finché non ti accorgerai che la personalità è solo un’abitudine costruita sul ricordo e alimentata dal desiderio, ti riterrai una persona che vive, percepisce, pensa, è attiva o passiva, contenta o addolorata. Mettiti in questione, domandati: “Ma è proprio così?”, “Chi sono io?”, “Cosa c’è dietro e al di là?”. Presto vedrai il tuo errore. E, per sua natura, l’errore cessa quando è riconosciuto.

Il mondo è contatto: lo spirito tocca la materia e ne risulta la coscienza. Questa, inquinata dai ricordi e dalle aspettative, diventa un legame. L’esperienza pura non crea legami, mentre l’esperienza presa tra il desiderio e la paura è impura e produce karma.

Non c’è niente di male nella dualità, finché non crea conflitti. Per avere il calore è necessario il contatto.

La felicità è l’armonia tra interiore ed esteriore.

La vita è piena di contraddizioni perché servono per distruggere l’orgoglio della mente.

L’amore è uno stato dell’essere. Il sesso è energia. L’amore è saggio, il sesso è cieco. Una volta compresa la vera natura dell’amore e del sesso, non ci saranno conflitti e confusioni.

Senza amore tutto è male, anche la vita.

Tu sei l’amore stesso, quando non hai paura.

Il Sé non si identifica con il successo o l’insuccesso.

Devi imparare a vivere senza preoccuparti di te stesso. Occorre sapere che il tuo vero essere è indomito, intrepido e sempre vittorioso.

Una volta che sai con assoluta certezza che niente può turbarti, se non la tua immaginazione, riesci a far caso ai desideri e alle paure, ai concetti e alle idee, e vivi solo secondo verità.

Il sole è sempre lì e non conosce notte. La mente, accecata dall’idea “io sono il corpo”, continua senza tregua a tessere il filo dell’illusione.

Non esiste il destino avverso. La vita non è predeterminata dalla nascita. Se così fosse, il potere che la determina farebbe in modo da non far soffrire nessuno.

Passato e futuro esistono sono nella mente. Il tempo è nella mente, come lo è lo spazio.

Non seguo ne stabilisco regole. Fluisco assieme alla vita, con fede e senza resistenze.

Il rimedio per le malattie esistenziali consiste in una buona dose di consapevolezza.

Rimuovi il senso si separazione e non ci sarà più conflitto.

Limitati a renderti conto che stai sognando un sogno che chiami mondo, e smetti di cercare vie d’uscita. Il sogno non è un tuo problema. Il tuo problema è che ti piace una parte del sogno e non un’altra. Amale tutte, o nessuna, e smettila di lamentarti. Quando hai visto il sogno come sogno, hai fatto tutto il necessario.

Le teorie possono essere dei buoni punti di partenza, ma devono essere abbandonate al più presto.

Occorre concentrazione, piena fiducia, volontà pura.

La volontà è la stabilità di cuore e mente. Con questa fermezza si può ottenere tutto.

Concentrati e rafforza la mente, e scoprirai che i pensieri e i sentimenti, le parole e le azioni si adegueranno alle direttive della tua volontà.

Una mente debole non riesce a controllare le sue proiezioni. Quindi sii consapevole della mente e delle sue proiezioni. Risali all’origine di piacere e dolore, desiderio e paura. Piacere e dolore sono stati mentali. Finché pensi di essere la mente, o meglio il corpo-mente, sei in trappola.

Essere vivi non è l’ultimo stadio. Al di là c’è qualcosa di molto più esaltante che non è né l’essere né il non essere, né il vivere né il morire. Uno stato di pura consapevolezza, oltre i limiti dello spazio e del tempo. Una volta abbandonata l’illusione di essere il corpo-mente, la morte perde il suo aspetto orripilante e diventa parte della vita.

Io non sono né la coscienza né il suo contenuto.

Ognuno vede il mondo attraverso l’idea che ha di se stesso. Come pensi, così pensi che sia il mondo.

All’inizio di ogni creazione c’è il desiderio. Desiderio e immaginazione si accrescono e rinforzano l’un l’altro. Il quarto stato è uno stato di consapevolezza pura, distaccata, senza passioni e senza parole. I problemi del corpo e della mente non lo raggiungono: sono fuori, “lì”, mentre il testimone è sempre “qui”.

Niente ti blocca più del compromesso, perché è indice di poca serietà. E senza serietà non puoi fare nulla.

Il dolore e la sofferenza sono le voci del corpo e della mente che gridano per richiamare la nostra attenzione. Per andare al di là del corpo devi essere in buona salute; per andare oltre la mente, devi averla in perfette condizioni.

“Raccogli le tue immondizie”.

Quando personalizzi i suoi insegnamenti, hai un guru esterno; quando li impari direttamente dalla vita, il guru è interiore.

Non c’è buio in mezzo alla luce, l’oscurità è la dimenticanza di sé.

Non esiste la pace mentale. Mente vuol dire disturbo. La mente è l’irrequietezza stessa.

La libertà da ogni motivazione, in cui non sorgono desideri, è lo stato naturale.

Lascia stare i desideri e le paure e presta tutta l’attenzione al soggetto, a colui che è dietro l’esperienza del desiderio e della paura. Chiediti: “Chi desidera?”. Lascia che ogni desiderio ti riporti a te stesso.


Di solito proviamo piacere o dolore quando ce lo aspettiamo. È tutta una questione di abitudini e convenzioni acquisite.


Chi non pensa in termini di guadagno e perdita è il vero non-violento, perché è al di là di ogni conflitto.


Limitati a osservare ciò che accade e sappi che tu ne sei oltre.


Desiderio e fiducia devono procedere di pari passo.


Dedicati totalmente al tuo scopo, e la devozione verso chi può guidarti verrà di conseguenza. Il guru per eccellenza è il Sé interiore.


Impara dai tuoi errori e non ripeterli.


Fonte: Io sono Quello - Nisargadatta Maharaj