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mercoledì 28 novembre 2018

RQI – Il segreto dell’auto-star-bene

QUANDO LE DUE MENTI SI FRAINTENDONO
Abbiamo visto che l’inconscio reagisce per riflesso a ciò che ha appreso della mente conscia.
Ma cosa succede se la mente conscia, nel momento in cui elabora per la prima volta uno stimolo ambientale, lo interpreta in modo sbagliato e, di conseguenza, fornisce un’informazione errata alla mente inconscia? E ancor: cosa succede se la mente inconscia confonde due stimoli diversi tra loro, ritenendoli uguali, poiché entrambi presentano qualcosa in comune, pur essendo in realtà due situazioni totalmente differenti?
Succede che la mente inconscia attua una risposta riflessa non appropriata.

È quello che può capitare emotivamente a molte persone nel momento in cui affrontano situazioni di vita che hanno tratti in comune con un loro recedente vissuto.

Anche il cancro è un esempio di errore informazione secondo il dottor Ryke Geerd Hamer, oncologo tedesco esponente della medicina germanica moderna, qualsiasi tumore è un conflitto tra il “bambino” (mente inconscia) e la “madre” (mente conscia). Questo conflitto si origina nel momento in cui le due menti non riescono a comunicare in modo corretto tra loro. Ecco allora che il conflitto psichico genera una risposta inappropriata che si ripercuote anche a livello fisico.
Che i traumi di origine psicologica si possano manifestare in malattie “visibili” è qualcosa che la medicina cinese ci ha tramandato da tempo. Secondo l’antica tradizione orientale, infatti, ogni disturbo fisico è espressione di un’interferenza emotiva. Questo è palese nel momento in cui adottiamo un approccio olistico e guardiamo all’uomo come a un tutt’uno, dove materia e spirito non sono più separabili. Per lo stesso motivo, sempre secondo il dottor Hamer, la malattia ha una sua logica. Essa è la risposta appropriata del cervello a un’anomalia, a un trauma esterno (cioè il conflitto di cui parlavamo) e fa parte di un programma di sopravvivenza della specie. Risolto il trauma, il cervello inverte l’ordine e il corpo passa alla fase di riparazione.

Quanto la mente e il corpo siano strettamente collegati, ce lo ricorda anche il ricercatore Bruce Lipton. Il professore americano afferma che i pensieri, l’energia della mente, influenzano direttamente il modo in cui il cervello fisico controlla i processi fisiologici del corpo. L’energia del pensiero può attivare oppure inibire le proteine che attivano le funzioni della cellula attraverso i meccanismi dell’interferenza costruttiva o distruttiva.

E chi decide se l’interferenza è costruttiva o distruttiva? A questo punto, la risposta dovrebbe essere già chiara. Se è vero che gli stimoli di tipo chimico sono letti dalle proteine recettore della membrana cellulare, è altrettanto vero che le stesse proteine recettore devono sempre attuare una decodifica del segnale, e tale decodifica è dettata loro dalle informazioni depositate nella mente inconscia. La quale a sua volta si rifà alla mente conscia. Ed è qui che può nascondersi l’errore.

Infatti, già sappiamo che le nostre risposte agli stimoli ambientali sono controllate dalle nostre percezioni. Ma non tutte le percezioni sono esatte. Le percezioni che traggono origine dalla mente conscia sono soggette alla sua capacità di giudizio e forniscono una interpretazione soggettiva degli stimoli ricevuti. Le percezioni della mente conscia sono chiamate credenze. Le credenze leggono la realtà con gli occhi dell’osservatore e agiscono come il filtro di un obiettivo per una macchina fotografica: in base al nostro personale giudizio, esse cambiano il modo in cui vediamo il mondo. Di conseguenza, il nostro funzionamento biologico si adatta a quel modo di vedere, poiché da esso si attiva una specifica risposta che dipende dalla precedente interpretazione degli stimoli ambientali, siano essi chimici, energetici o emotivi.

Può sembrare sorprendente, ma le credenze fanno “memoria” in tutto il nostro corpo. Ed è proprio per questo che hanno conseguenza su tutta la nostra macchina biologica.
Come spiega il dottor Alexander Loyd, le memorie cellulari sono ricordi di esperienze che traggono origine dalle nostre credenze e che si legano alle molecole-segnale di ciascuna di ciascuna dei 75-100 trilioni di cellule di cui siamo composti, come se il nostro corpo fosse un diario su cui viene scritto, per ogni nuova esperienza, una nuova pagina. Una volta depositate, le memorie cellulari fanno capo alla mente inconscia (proprio perché sono memorie “a lungo termine”), la quale le riattiva al momento del bisogno, cioè quando essa percepisce uno stimolo simile a quello che le ha generate. L’inconscio possiede dei meccanismi di protezione di tali memorie, al fine della sopravvivenza. Per questo motivo, noi siamo consapevoli di meno del 10% dei nostri ricordi: tutto il resto lo custodiamo all’interno del nostro inconscio, e ci è difficile scoprirlo, finché non impariamo a comunicare con esso.


Fonte: RQI – Il segreto dell’auto-star-bene di Marco Fincati 

giovedì 1 novembre 2018

Politica della bellezza – James Hillman

La risposta estetica come azione politica
Una prefazione

Coniugare estetica e politica, o bellezza e città, può sembrare un’idea decisamente azzardata, ai giorni nostri, mentre era comune e fondamentale nella vita della Grecia antica. Despoti orientali e principi europei dilapidarono i loro patrimoni per far erigere monumenti di imperituro splendore, in gloria dei loro Dei – e naturalmente di loro stessi – ma anche per allietare la gente che governavano – e che tassavano. Una popolazione turbolenta veniva placata dalla bellezza: giardini d’acqua, palazzi d’estate, padiglioni stravaganti, cattedrali, mausolei, memoriali; cosa che ancora oggi continua, con i grandi viali e gli imponenti edifici delle nazioni repubblicane. Le opere estetiche guadagnavano al sistema politico l’orgoglio e il consenso della gente, e questo sia nella Mosca comunista che nella Pietroburgo zarista, sia nella Roma fascista che a Washington, con templi di marmo bianco per i suoi eroi secolari.
Questo modo di coniugare estetica e città lascia però la psiche insoddisfatta. L’estetica è ridotta a politica, mentre la bellezza serve uno scopo ulteriore: la manifestazione tangibile, concreta, della dottrina. La propaganda fissata nella pietra.
Io credo invece che la relazione fra estetica e politica sia più personale e psicologica. Sta nelle nostre reazioni nei confronti del mondo in cui viviamo. Ogni giorno il nostro senso del bello gira per il mondo, ci accompagna in macchina, nei negozi, in cucina. Nell’arco della giornata è un continuo, sottile rispondere esteticamente al mondo. Vediamo le sue immagini, sentiamo gli odori che ci trasmette, e impercettibilmente ci aggiustiamo al suo volto. Ed è in questi aggiustamenti, proprio perché subliminali, che oggi è nascosto “l’inconscio”. Siamo inconsci delle nostre risposte estetiche. E anche se il compito della terapia resta essenzialmente quello che è stato per tutto il ventesimo secolo, e cioè il tentativo di risvegliare la coscienza, è invece cambiato il focus di questa coscienza risvegliata. Adesso, diventare coscienti significa non soltanto diventare coscienti dei nostri sentimenti e dei nostri ricordi, ma soprattutto risvegliare le nostre risposte personali al bello e al brutto. Siamo diventati inconsci dell’impatto sul mondo, le nostre anime come murate nei suoi confronti. 

Se l’anima, come dice Platone, “è sempre un’Afrodite”, allora essa ha sempre a che fare con la bellezza, e le nostre risposte estetiche sono la prova dell’attiva partecipazione dell’anima al mondo. Il nostro senso del bello e del brutto ci porta fuori, nella polis, attivandoci politicamente. Il solo fatto di accorgerci di quello che ci sta intorno, e di rispondervi con un moto di istintivo disgusto o di desideroso trasporto, fa sì che veniamo coinvolti. La nostra psiche personale è sintonizzata con il presentarsi dell’anima del mondo. La risposta estetica è immediata, istintiva, animale, e precede nel tempo e nell’ontologia i gusti che rendono elaborata la risposta e i giudizi che la giustificano.
Ogni repressione di quella risposta non soltanto è deleteria per la nostra natura animale, ma è anche una ferita istintuale nociva al nostro benessere, come è nociva la repressione di qualunque altro istinto. Ma la risposta estetica negata, questo ignorare l’impulso estetico della psiche, è anche un arrogante insulto alla presenza del mondo. Passeggiare accanto a un edificio maldisegnato, vedersi servire del cibo preparato in modo sciatto e accettarlo, mettere sul proprio corpo una giacca tagliata e cucita male, per non parlare del non sentire gli uccelli, del non accorgersi del crepuscolo … tutto questo significa ignorare il mondo. Eppure, questo stato di ignoranza, questa an-estesia, è in larga misura la condizione umana attuale. Ed è sostenuta e favorita dalla nostra economia, dal nostro modo d’impiegare il tempo libero, dall’uso che facciamo della refrigerazione, dai nostri mezzi di comunicazione e di trasporto e, naturalmente, dai nostro modi di curarci.
Dal momento che questa anestesia, questo “ottundimento psichico” – come la chiama Robert J. Lifton, che ha studiato a fondo le catastrofi collettive – è così diffusa ai nostri giorni, ho il sospetto che favorisca la passività politica del cittadino euro-americano, e quindi aiuti i poteri dominanti a proseguire, senza impedimenti, sulla loro rotta rovinosa. Se noi cittadini non facciamo caso all’assalto del brutto, restiamo psichicamente ottusi, ma siamo ancora affidabilmente funzionali come lavoratori e come consumatori. Possiamo ancora affrettarci a lavorare, a comprare, a tornare a casa alla TV, quotidianamente, diligentemente, faticando come bestie – come cavalli da tiro con i paraocchi – nella convinzione errata che le nostre sofferenze personali abbiano la loro esclusiva origine nelle nostre relazioni personali. E le psicoterapie colludono con queste convinzioni errate, insistendo che la depressione e l’aggressività ce proviamo derivano dai rapporti umani del passato e non dalle inumane violenze che il nostro istinto estetico riceve nel presente. La terapia fallisce il suo scopo quando perde di vista l’importanza quotidiana che Afrodite riveste per l’anima.
Non riconoscendo la realtà dell’anima mundi e il riflesso che ha sulla nostra personale, prendiamo ogni sofferenza su di noi – mea culpa – e restiamo inconsapevoli della sofferenza dell’anima del mondo, di come siano torturate le sue strutture, di come essa sia esiliata in una nichilistica natura selvaggia, e di come aneli a tornare a una cosmologia che dia il primo posto alla sua bellezza.
Tutti sappiamo come impegnarci nell’azione politica: partecipa a campagne, a marce, protestare, resistere. Sappiamo il coraggio che l’azione richiede e il rischio che comporta, ma non sappiamo di avere anche altri mezzi di azione, mezzi che richiedono anch’essi coraggio: il coraggio del cuore di battersi per le sue percezioni. E se non ci battiamo, se non ci esprimiamo in favore del nostro senso estetico, quel velo funebre che è la conformità ottundente finirà per togliere ogni forza al nostro linguaggio, al nostro cibo, ai luoghi dove lavoriamo, alle strade delle nostre città.
Piccoli atti di protesta e di apprezzamento aprono delle brecce nella condizione di ottundimento. Ciascuno di noi può essere un eroe del cuore, perché questo tipo di risposta personale, per quanto semplice possa sembrare, va ancora più in profondità delle consuete proteste sui generi, sul razzismo, sull’ambientalismo. Qui non ci sono “ismi”, non c’è ideologia: siamo al servizio dell’inestinguibile desiderio di bellezza che ha l’anima. Non dobbiamo dimenticare che, nel racconto di Apuleio, Psiche era immaginata come il personaggio più bello di tutto il mito classico.
Sono fermamente convinto che se i cittadini si rendessero conto della loro fame di bellezza, ci sarebbe ribellione per le strade. Non è stata forse l’estetica, ad abbattere il Muro di Berlino e ad aprire la Cina? Non il consumismo e i gadget dell’Occidente, come ci viene raccontato, ma la musica, il colore, la moda, le scarpe, le stoffe, i film, il ballo, le parole delle canzoni, la forma delle automobili. La risposta estetica conduce all’azione politica, diventa azione politica, è azione politica.

Thompson, agosto 1999

Fonte: Politica della bellezza di James Hillman