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venerdì 1 novembre 2013

Sotto stelle diverse – Pierluigi Lattuada

Gli Orixàs sono le divinità delle diverse forze naturali
Gli Eguns sono quelle entità spirituali di esseri che hanno avuto una vita terrena.
Nell’Umbanda abbiamo sette vibrazioni archetipiche nelle quali vengono raggruppati i diversi Orixàs e i relativi Eguns.

Cabloco, è l’Egun nobile e fiero che abita la foresta.

Iemanjà = Nossa Senhora (Vergine Maria, la divinità dell’acqua salata)
Ogun = Sant’Antonio, l’orixàs del metallo
Mamae Oxum = Immacolata Concezione, l’orixàs dell’acqua dolce
Xangò = Mosé con le tavole della legge, l’orixàs della giusitizia.
Iansà = Santa Barbara, l’orixàs dell’aria e della libertà
Oxossi = San Sebastiano trafitto dalle frecce, l’orixàs cacciatore
Oxalà = era il figlio del Dio unico Olorum che lo invitò sulla terra per dirimere i conflitti che la stavano insanguinando. Gesù Cristo.

Il pantheon delle divinità e delle forze archetipiche venne così strutturato in sette linee vibratorie originarie: le forze elementali della natura rappresentate dai sette Orixàas ancestrali:
  1. la linea di Oxalà, il principio attivo creatore
  2. la linea di Iemanjà, il principio passivo generante
  3. la linea di Ogum, il principio di sopravvivenza
  4. la linea di Oxossi, il principio vitale
  5. la linea di Xangò, il principio di giustizia
  6. la linea di Yori, il principio dell’equilibrio
  7. la linea di Yorimà, il principio della potenza del verbo

La cultura del transe: svanito l’effetto stupore mi accorsi d’incanto come la visione del mondo che abbiamo sia una barriera tanto fragile quanto solidi sono i fattori di stabilizzazione della nostra mente. Avevo infatti varcato la soglia e me ne accorsi quando, perfettamente a mio agio, mi sedetti all’ombra di un jabouticaba e presi a conversare con Milou, persa nel blu del suo delirio erotico. Milou, mi raccontò poi il dotor Edson, veniva solitamente presa da un ossessore o personalità intrusa, una giovane nobildonna francese ghigliottinata ai tempi della rivoluzione, e in quelle occasioni non poteva fare a meno che parlare francese arcaico e sedurre avidamente ogni uomo che incontrasse sulla sua strada costringendolo alla copula, seduta stante.
“Ma in questi casi interviene con dei farmaci oppure no?”, chiesi allo sguardo intenso, avvezzo a guardare oltre le cose del dotor Edson.
“Perché dovrei dare dei farmaci, non c’è ragione. Qui non ci sono malati, ci sono solo matti. Noi viviamo la loro follia loro vivono la nostra”.
“Ma questa è una tesi che sembra riecheggiare più l’antipsichiatria che non lo sciamanesimo”.

“L’uomo moderno, scientifico, laico e tecnologico per quanto progredito soffre della malattia mortale della separazione. I Guru dell’antipsichiatria hanno mostrato interesse per gli aspetti sociologici e creativi della follia dimensionale spirituale, i loro seguaci hanno poi politicizzato ancor più la questione cronicizzandosi sugli aspetti sociologici. Nelle nostre comunità enfatizziamo la libera espressione della follia unitamente allo sviluppo della dimensione spirituale. Affianchiamo, ad una cultura democratica della follia tipica dell’antipsichiatria, una cultura centrata sulla padronanza degli stati di coscienza, la cultura del transe.
Noi riconosciamo l’influenza dei diversi aspetti sociologici nella genesi della follia, ma li collochiamo in un secondo piano. Noi diciamo che diventa matto chi può, non chi vuole. Sottoposti allo stesso campo di pressione, alcuni impazziscono, altri nulla soffrono. Impazziscono i più sensibili, i più dotati, i più capaci di manifestare stati alterati di coscienza”.

Milou guardava e sorrideva sorniona. Ci misi un po’ a scorgere la pallina da tennis che si stava passando sul corpo con fare da pornostar e che inevitabilmente era andata a finire là, alle soglie del cancello di giada, muovendosi su e giù.
Quando l’eccitazione mi salì dal ventre, non potei far altro che stupirmi di fronte agli imprevedibili percorsi dell’eros, sentirmi un erotomane da strapazzo e spostare la mia attenzione altrove:
“Ma qual è la reazione, dottore, tra gli stati alterati della coscienza e la follia?”.
“Senza volere approfondire le reali cause della follia, che a nostro avviso sono sempre di ordine spirituale, potremmo dire che l’ipersensibilità, se non gestita, è alla base di ogni manifestazione patologica e che, allo stesso modo, se padroneggiata può rappresentare il tramite per la guarigione e lo sviluppo delle capacità più elevate dell’essere umano. Come ci ricorda lo sciamanesimo siamo sempre immersi nelle emanazioni dell’aquila, il registro informazionale dell’universo, come direbbero i ricercatori di parapsicologia, il flusso interconnesso come direbbe Capra, il problema allora diventa quello di riconoscere e armonizzarci come le emanazioni che attraversano il nostro campo di coscienza. Chi è ipersensibile e sottopone il suo campo a troppe influenze, che per forza di cose non riesce a gestire, subirà più facilmente degli squilibri energetici.
Uno squilibrio energetico si esprime con un disturbo psichico o emotivo direttamente connesso con una modificazione dello stato di coscienza. La possibilità è quella di lavorare sugli stati di coscienza attraverso gli stati emozionali per allenarli anziché bloccarli.
Per meglio unificare anche con le parole ciò che è unificato nei fatti, noi parliamo di stati di transe per intendere
A un tempo gli stati energetici, psichici, emotivi e di coscienza. La nostra proposta è lavorare, come già facevano gli antichi, che gli stati di transe per prevenire e curare i cosiddetti disturbi psichici. Gli stati di transe possono essere indotti dall’esterno da influenze spirituali, culturali, morali, etiche o autoindotti da movimenti, suoni, credenze, pensieri, ricordi, possono essere momentanei o prolungati, equilibrati o squilibrati come quelli dei matti. Per nessun motivo vanno combattuti o bloccati con la chimica, ma bensì lasciati esprimere, allenati. Solo così potranno venire trasformati riequilibrati”.

La cosa si faceva veramente complicata, Milou aveva portato il suo sederino brasiliano, color rame e tenuto appena da shorts turchesi che le disegnavano un’ombra compiacente a metà gluteo, a dieci centimetri dal mio viso e si passava la pallina nella piega tra le natiche con apparente deliquio dei sensi. Dotor Edson faceva finta di nulla e così tentati di fare anche io col risultato che il mio viso si mostrava sempre più accaldato ed il mio respiro sempre più duro. Non mi restava che cimentarmi con argomentazioni sempre più dotte nella speranza che, prima o poi, l’anelito alla sapienza avrebbe trionfato sull’impatto del culo di una matta.

“E la scienza, dotor Edson, cosa ne pensa?”
“Ti dirò quello che penso io della scienza, caro collega. Io ho smesso da tempo di cercare di comprendere la realtà attraverso modelli concettuali prestabiliti con la pretesa di scientificità. Io credo che ciò che non resiste alla prova del tempo non può essere chiamato scientifico. Tutti i modelli concettuali vigenti a rispetto della follia non si sono dimostrati in grado di fare granché se non costruirle intorno delle gabbie sia fisiche che chimiche, mentre sono millenni che i selvaggi danzano alla luna la bestia e il divino e trovano nel cerchio della tribù il luogo dove gli opposti si manifestano e si armonizzano. Mentre da secoli il popolo dell’Umbanda e del Condomblé compie miracoli quotidiani che la psicofarmacologia nemmeno si sogna, quotidianamente e con l’evidenza dei fatti la prassi psichiatrica viene smentita nei terreiros del nostro popolo dove attraverso, l’amore e la tolleranza, la compassione e l’umiltà, le incorporazioni e i passes, le guide e i mentori spirituali, le danze e i tamburi, le erbe e i rituali, la gente si guarisce”.

Chi mi avrebbe salvato? Milou ora aveva sostituito la pallina con la mia nuca. Io stavo seduto all’indiana sul prato e lei dalla posizione in cui stava sollevò la sua coscia sinistra sorvolandomi il capo e ritrovandosi così a cavalcioni del mio collo, intenta ad un languido strofinio.
“Ognuno con la propria follia”, mi ripetevo e tenevo a bada gli impeti della bestia con maldestre contrazioni ora delle viscere ora delle spalle. Riprovai con la cultura, unico espediente a portata di mano. Chiesi pertanto di saperne di più, ma alla mia domanda Edson rispose invitandomi ad una nuova sessione che stava per cominciare. Come d’incanto Milou sfilò le sue cosce dal mio collo e si diresse verso il “locodromo”.

Nel locodromo: ed ecco di nuovo sensitivi contorcersi, transidentificarsi, nell’epilettico o nel catatonico ed ecco di nuovo i pazienti giacere in stato di profondo rilassamento o agitarsi in preda a crisi catartiche.
Edson dialogava con le personalità subcoscienti dei pazienti espresse dai sensitivi o dava una mano che tranquillizzasse o mi spiegava di fronte all’ennesima crisi epilettica risolta da sensitivi in transe.

“Il trattamento psicobiofisico dell’epilettico implica la nostra intromissione nel dominio della legge karmica dell’individuo e del suo gruppo familiare. Attraverso percezioni extrasensoriali la sensitiva sta incorporando, senza la minima sofferenza e con una rappresentazione veramente cinematografica, le vibrazioni del paziente e le sue personalità intruse o subcoscienti. Quelle che descrive sono, in ultima analisi, le alterazioni energetiche del paziente che stanno alla base di ogni manifestazione patologica. Solo correnti energetiche della stessa natura saranno efficienti per promuovere la cura e il riequilibrio delle alterazioni. Dalle applicazioni del campo Psi dei sensitivi, dalla scambio vibratorio di livelli energetici sottili risulta l’efficienza dei trattamenti psicobiofisici.

Ed io chiedevo: “Quindi l’utilizzo dei sensitivi è il mom0ento centrale dei suo lavoro”.

Ed Edson rispondeva: “Diciamo che il contatto dei pazienti con i sensitivi, sempre diretti da una terapista abilitato, attraverso il fenomeno della transidentificazione (fenomeno per il quale il sensitivo espande la sua coscienza fino a comprendere quella dell’altro e a sentire come l’altro sente) permette uno sviluppo fenomenologico capace di un approccio estremante sottile e profondo, finora non conseguito da nessun altro sistema analitico o laboratoriale. Il paziente percepisce la sua immagine vivere in un latro individuo, identificando i suoi sintomi al momento stesso in cui si mette in moto il sistema terapeutico. Resta inteso che il fine ultimo è quello di condurlo sempre a situazioni in cui gli sia permesso di sviluppare le sue capacità di cambiare transe”.

“Possiamo quindi dire che la capacità di entrare in transe sia una condizione indispensabile per vivere un processo di guarigione?”.

“Diciamo che quando un individuo entra in uno stato ipnotico autoindotto o quando realizza una captazione in stato di transe di sintomi di un latro paziente, siamo a buon punto. Da lì in avanti è solo una questione di allenare la propria sensibilità. Una volta che attraverso la transidentificazione, saltano i blocchi emozionali, i fenomeni patologici vengono gradualmente sostituiti da espressioni fisiologiche della fenomenologia paranormale o, meglio, ipersensibile ed allora è solo una questione di allenamento di sensitivi”.

“Ma non tutti siamo sensitivi!”.

“È qui che ti sbagli. Tutti noi siamo sensitivi. In una comunità di pazienti scelti a caso, che includa tutte le varie categorie nosografiche di patologia, allenando il transe e riordinando così le immense possibilità bioenergetiche inerenti alla condizione di esseri umani, si potranno risvegliare sensitivi capaci di esercitare una fenomenologia ad un livello accettabile di normalità”.

… E di nuovo Edson spiegava: “La musica, la danza la meditazione, l’induzione ipnotica o uno scambio bioenergetico potranno modificare lo stato di transe cronicizzato di un paziente. Da lì in avanti il fenomeno passa ad essere esercitato da un piano più intelligente del condizionamento culturale di chi sta dirigendo i lavori. Molte volte, infatti, noi pensiamo di conseguire un determinato fenomeno e restiamo sorpresi da un evento molto diverso da quello che avevamo ricercato. Per questo noi ci preoccupiamo molto di più di coltivare i vari fenomeni di transe anziché provocare la nostra interferenza. Quando si manifesta una determinata personalità attraverso il sensitivo, lasciamo che essa si esprima a volontà, fornendo un aiuto per una migliore comprensione. Potrà trattarsi di una fascia dell’inconscio del sensitivo, del paziente o il frutto della loro interazione o ancora l’espressione di quella che chiamiamo personalità intrusa, gli ossessori dell’Umbanda.
Potranno avvenire espressioni di sofferenza e di profondo odio, di disperazione, rabbia o vendetta che si spingerà fino all’aggressione fisica. In tutti i casi dovranno essere trattate con la massima cautela, facendo se necessario una contenzione fisica, ma permettendone in primo luogo la libera espressione, il che facilita la diagnosi rende possibile un maggior chiarimento a titolo di identificazione ed una terapia soave e ben dosata”.

Edson non sembrava avere dubbi: “Il campo del sensitivo che incorpora la personalità del paziente è sufficiente per ulteriori chiarimenti, puntualizzava: “Un sensitivo addestrato entra in stato di transe autoindotto, metabolizza una determinata energia desequilibrada emessa dal paziente, con essa si involve, transidentifica, propiziando modificazioni, eliminandone da solo senza nessun problema per la sua natura psicobiofisica. Il lavoro è realizzato dalle energie intelligenti del sensitivo associate ad altre energie intelligenti ma intruse, di pertinenza di un universo parallelo”.

“Ma cosa intende per transe autoindotto?”.

“La definizione più scientifica può essere ritenuta quella dei ricercatori russi Hollanda Junior, Micllechnin e Sallovey che hanno coniato a questo proposito il termine di stato emozionale intensificato che nella loro e nella nostra concezione assume il significato di una condizione energetica o di coscienza che favorisce mutamenti di ordine vibratorio che propizieranno, a loro volta, modificazioni nel campo psicobiofisico”.

“Ma lei si sta riferendo agli stati ipnotici?”.

“Se per stati ipnotici si intendono quegli stati emozionali intensificati che succedono in modo spontaneo e che sono responsabili di tutta quella vasta gamma di comportamenti che vanno dal normale al patologico, allora sì, mi sto riferendo a fenomeni ipnotici”.

“Ma secondo le sue teorie sembrerebbe che ogni stato di coscienza sia uno stato ipnotico”.

“Esattamente, siamo costantemente in transe. Che si tratti di una transe ordinario caratterizzato da tristezza, depressione, gioia o tranquillità, che si tratti di un transe squilibrato caratterizzato da una qualsiasi delle manifestazioni psicopatologiche o di transe cosiddetti ipnotici, medianici o paranormali, stiamo sempre vivendo un momento di vita in un particolare stato di sensibilità e di coscienza. Questo ci permette di superare, dal punto di vista operativo, ogni classificazione nosografica dei sintomi unificando il momento della diagnosi con il momento terapeutico”.

Dotor Edson: “Se noi guardiamo con attenzione ai fenomeni della vita normale, delle relazioni tra persone ci rendiamo conto dell’esistenza di ciò che noi stiamo chiamando personalità subcoscienti e che l’insigne ricercatore del secolo passato Fredrich Meyers, chiamò personalità subliminari.
Secondo Meyers, creatore tra l’altro dei termini telepatia e paranormale, la personalità umana è come una cipolla, sommatoria di esperienze anteriori. Egli, e noi con lui, ritiene che ogni esperienza possa esprimere comportamento differenti, come se in un individuo ci fossero diverse persone che funzionano allo stesso tempo.
Egli identifica nelle esperienze di dejà vu, nei casi di enfants prodige, nelle percezione extrasensoriali e persino nelle situazioni patologiche l’attuazione di personalità subliminari.


Fonte: Sotto stelle diverse