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lunedì 18 dicembre 2017

Battaglia per il presente – Henri Thomasson

RELIGIONE E INSEGNAMENTO: DUE PARALLELE CHE SI INCONTRANO PRIMA DELL’INFINITO

Una credenza cieca spesso rifiuta le lezioni dell’esperienza. Essa stabilisce nell’uomo un a-priori che ne annulla quasi totalmente l’imparzialità e gli toglie ogni possibilità di approfittare dell’esperienza.
La credenza diventa Fede, così come l’intende la religione, può essere altrettanto rigida sia nel restare ciecamente aggrappato ai dogmi, sia nel dirsi illuminata da un pensiero rotto alle mille sfumature dell’esegesi; e tuttavia, in entrambi i casi, essa è giustificata dalla effettiva comparsa di momenti esaltanti profondamente vissuti.
La Fede, così come spesso ci viene presentata, innalza una barriera intransigente intorno al mondo interiore dell’uomo meccanico, e l’uomo ne resta ciecamente rassicurato. Essa funge da risposta a molti problemi, e ogni volta che l’uomo per un istante percepisce l’ignoto che lo circonda da tutte le parti, essa lo salva dall’ignoranza e dalla paura dandogli un falso senso di sicurezza.
Ma la Fede ha assunto questo aspetto solo dopo un lungo percorso; partita da una Conoscenza Unica che è la sorgente di tutte le religioni autentiche, essa è gradualmente arrivata fino alla concezione semplicistica più rudimentale, l’unica accessibile alla maggioranza degli uomini che compongono la massa dell’umanità. A questo livello, tutto ciò che sfugge alla comprensione viene immagazzinato in una zona del sentimento dove esiste qualcosa che è stato predisposto per occuparsene, ma che è una caricatura della vera Fede.
Ecco perché le religioni – o perlomeno ciò che ho potuto ciò che ho potuto capirne – avendo preso contatto con la vera essenza della fonte da cui derivano, sono state costrette a presentare questo tipo di Fede come base fondamentale della loro dottrina.
Ogni ricerca basata sul bisogno di conoscenza o sul timore di un divenire misterioso induce il fedele di una religione a compiere una serie di sforzi che vanno dall’osservanza di regole più o meno costrittive all’ascesi spinta ai limiti del possibile.

Per lui si tratta della grazia santificante, germe della gloria promessa. È quindi giusto che la sua Fede ne sia confermata e che i suoi sforzi gli permettano di pervenire a un credo cui bisogna riconoscere un grande valore.
La virtù della preghiera, la scoperta della realtà divina in se stessi, la potenza della fede e, di conseguenza, la paura dell’inferno e del peccato: è assurdo negare che ciascuno di questi elementi abbia un potere sulla vita di certi uomini, e che possa suscitare certezze.
Ma quelli cui non basta un certo tipo di Fede, quelli che hanno un bisogno più incisivo di conoscenza, saranno costretti a tenersi la sete, dovranno smarrirsi in un panteismo fumoso o sprofondare per sempre in un nichilismo senza speranze?

Cosa penseranno di fronte all’Insegnamento coloro che hanno una solida convinzione religiosa?
Credo che molti compiangano la nostra palese mancanza di Fede e biasimino il nostro orgoglio. Siccome ci rifiutiamo di considerare effetto della grazia divina quei movimenti interiori di cui entrambi riconosciamo la presenza quasi miracolosa, ma la cui comparsa per noi è legata a uno sforzo e a un insieme di legge che intendiamo studiare sul vivo di noi stessi, qualcuno dirà che parliamo mettendoci al posto di Dio, che ci sostituiamo orgogliosamente a lui, e che in questo stesso istante Dio è in noi e si esprime attraverso la nostra bocca. Per altri, questo Insegnamento non è altro che un assurdo panteismo o, al massimo, un pelagianismo[1] più volte condannato.
E così ci ritroviamo a camminare insieme su due vie che pretendono di arrivare alla stessa meta ma il cui parallelismo è solo apparente. A entrambi appartiene la medesima verità originaria, ma la divergenza comincia fin dai primi passi dei nostri rispettivi sentieri in una direzione che crediamo comune. Infatti, le parti di noi che accolgono quell’unica verità sono diverse, come diversa è la vibrazione che ognuna delle parti in cui risuono successivamente il richiamo verso ciò che è in Alto, e che entrambi avvertiamo ugualmente. Dietro le stesse parole, attraverso gli stessi messaggi, finiamo per toccare aspetti diversi della medesima verità, e non possiamo incontrarci che nei rarissimi punti in cui le curve delle nostre ricerche s’intersecano. 

La luce che talvolta penetra in noi, che ci illumina e ci riscalda … essa è riconoscenza, è puro Amore per Colui che, nella sua bontà infinita, riversa ininterrottamente nella nostra anima la Grazia di cui ci ha fatto dono … sempre attenta, essa ci nutre, trasforma la nostra visione delle cose e ci porta verso nuovi paralleli e irreversibili comprensioni. Allora diventa evidente l’irrealtà della nostra vita: peccato, o automatismo che ci rende schiavi? …
Due dimensioni dell’essere che la nostra visione limitata si ostina a confrontare aritmeticamente ma che, da un certo punto di vista, e a parte ogni giudizio di valore, stanno tra loro come lo zero e l’infinito.
Ma ciò non impedisce che alcuni credano e proclamino che noi siamo orgogliosi e senza amore.

Ho sempre avuto un certo disinteresse per tentativi di provare l’esistenza di Dio.

Ora, non sono riuscito a credere per molto tempo in un Dio la cui “bontà” e onnipotenza non abbiano altro fine che ricompensare quelli che rispettano un’etica certamente buona in se stessa, ma legata in passato a crudeli ingiustizie, e castigare quelli che la rifiutano o che sottopongono la loro vita a una disciplina diversa, un tantino meno rispettabile.
Una nuova visione del mondo, la scoperta che in me esiste un’altra vita, il progressivo accesso a una conoscenza vissuta di un universo invisibile, tutto ciò ha radicalmente modificato l’immagine di un possibile Dio che mi ero fatto in precedenza. Adesso accetto l’idea di una Potenza da cui tutto dipende, e capisco che per alcuni l’esistenza di Dio, rappresentando l’indispensabile speranza, sia un motivo per vivere in modo più giusto e un aiuto per sopportare i sacrifici.
D’altro canto, io ho sperimentato in me la “presenza” di una realtà nuova, nata da un lungo sforzo o da circostanze insolite, una presenza che può legarsi direttamente alle verità rivelate dalle tradizioni e che, confermando la giustezza dei loro insegnamenti, per chi la percepisce può rappresentare la prova dell’esistenza di Dio.
Qualunque sia il vero contenuto delle forme che l’idea di Dio ha rivestito nelle filosofie, nelle religioni o nelle tradizioni che ho potuto avvicinare, oggi vedo con chiarezza che cercare la “prova dell’esistenza di Dio”, come a lungo ho fatto anch’io, è un falso problema. Ciò che in me richiede una “prova” è soltanto l’apparato mentale assuefatto ad analoghi tentativi e avido di produrre quel sottile fremito che la mia testa finora ha chiamato “capire”. L’essere non ha bisogno di prove. La conoscenza interiore delle cose è di un livello tale che il numero e l’estensione non vi aggiungono niente.
Il fatto che il mondo interiore esista e che sia animato da una qualità che il mondo ordinario avverte e da cui si sente trasceso, è la prova che, al di là dei limiti concepiti dal mondo ordinario, esiste una realtà diversa cui non si applicano le leggi comunemente note.
Tra il principio chiamato Dio e l’essere che io sono si apre un abisso riempito dalle forze che mi hanno dato la vita.

Come risalire alla loro Sorgente a partire dal punto d’impatto che esse trovano dentro di me?
Come diventare colui che in tutta verità può dire “Signore, sia fatta la tua Volontà”?

Noi siamo talmente condizionati dalle influenze esterne che i colori del nostro sentimento e la forma dei nostri pensieri dipendono dalla disposizione delle forze circostanti. Se tale disposizione di altera anche solo di poco, la nostra visione, le nostre sensazioni e le nostre manifestazioni si modificano all’istante.
In virtù del principio di analogia di tutte le cose esistenti, è giusto pensare che l’umanità nel suo insieme subisca la stessa legge e che, come ha scritto Gurdjieff, se la Grande Natura deve adattarsi continuamente alle conseguenze della sempre maggiore meccanicità in cui vivono gli uomini[2], viceversa, ogni evoluzione accertata nell’altro senso deriva da un cambiamento nel flusso delle influenze emesse da sorgenti che per ora è tanto inutile sperare di identificare quanto vano immaginare.
Nessun uomo può essere separato dall’insieme dell’umanità, essendone una cellula vivente; e pur se ci interessa anzitutto la nostra vita personale, non possiamo evitare di sentirci coinvolti da tutta l’umanità. Certo, per poterne abbracciare la prospettiva non abbiamo sufficiente distanza, perché i tempi del suo sviluppo sono molto diversi dai nostri. E tuttavia alcuni periodi della storia ci hanno dimostrato che talvolta appaiono forze superiori capaci di modificarne il corso evolutivo.


Fonte: Battaglia per il presente di Henri Thomasson









[1] Dottrina eretica di Pelagio, affermatasi nel V secolo, che negava il peccato originale e sosteneva la possibilità di salvarsi con le solite opere, senza la necessità della grazia.
[2] G.I. Gurdjieff, Racconti di Belzebù a suo nipote, cit. 

lunedì 20 novembre 2017

Concentrazione - Un percorso verso la Meditazione - Ernest Wood

Una illimitata Opportunità

Desideri il successo nella Vita? Vuoi fare tuoi i mezzi che infallibilmente lo assicurano? Vuoi scegliere e dire a te stesso io avrò la ricchezza; io avrò la fama; io avrò la virtù; io avrò il potere? Lascia che la tua immaginazione giochi con questi pensieri, e guarda le tenui nuvole della speranza prendere forma in celesti possibilità. Dona ali alla tua fantasia, perché più bello di qualsiasi immagine tu possa dipingere con il tuo pensiero è il futuro che puoi reclamare con la tua Volontà. Una volta che hai immaginato, una volta che hai scelto, pronuncia: Io voglio. E non ci sarà niente sulla terra che potrà ostacolarti a lungo; perché tu sei immortale, e il futuro ti è obbediente.

Pensi che la morte possa ostacolarti? Non lo farà. Pensi che la povertà, la malattia, gli amici possano ostacolarti? Certamente non lo faranno. Niente lo può, a meno che tu non lo permetta, o non glielo lasci fare. Ma tu devi scegliere, e desiderare null’altro che questo. Devi dire Io voglio: e lo devi dire nel pensiero e nell’azione, non soltanto adesso in parola. Da quel momento in avanti, neanche per un istante il tuo scopo deve cambiare: la tua costante intenzione deve trasformare ogni cosa tocchi in allineamento verso lo scopo che hai scelto. In questo modo se ciò che hai scelto non è dannoso, sarà tuo in breve tempo.

Mi parli della piccolezza dell’essere umano, perso tra le rughe della gigante Madre Terra, essa stessa come un granello di polvere nell’infinità dello spazio! Ma non è così, perché tutto può essere trasformato per essere utilizzato. Il corpo fisico è soltanto un indumento, e i sensi null’altro che piccoli cancelli nel velo della carne: quando essi sono quieti, il corpo obbediente, e la mente dimora nella Contemplazione delle tue immortali possibilità, una finestra si apre al tuo interno; attraverso di essa, potrai vedere e realizzare che tu sarai ciò che vuoi essere. E niente altro.

Come il piccolo seme sepolto nella terra, che sboccia e spinge fuori un tenero germoglio che si fa strada attraverso il terreno, vince la sua libertà all’aria aperta, e diventa una quercia possente che popola la terra con semenze di sé stessa; o come un grande albero di fico del Banyan, che si espande senza limiti da una piccola radice, procurando ricchezza e un riparo a miriadi di creature; allo stesso modo, spingi fuori già oggi il primo tenero ma determinano germoglio della volontà: e scegli ciò che vuoi essere.

Che cosa sceglierai? Vuoi avere il potere? Allora lascia che gli altri siano più liberi e più potenti, perché tu sei lo stesso. Vuoi avere conoscenza? Allora lascia che gli altri siano pure saggi perché tu lo sei lo stesso. Vuoi avere amore? Allora lascia che gli altri ne possano godere perché tu hai molto da dare. È così, in questo modo, che la tua volontà sarà in accordo con la prima ed universale legge dell’essere che si sta disvelando a noi sempre di più; una legge che infonde nel tempo la più importante lezione di quella incondizionata compassione che alla fine trasforma tutta la forza nella nostra forza, e tutta la Vita nella nostra Vita.

Quali saranno i tuoi mezzi? Tutto ciò che incontrerai, piccolo o grande; perché non c’è niente che tu non possa utilizzare come mezzo per il tuo fine. Ma una volta ancora, lascia che tutte le persone e le cose che usi siano beneficiate da questo utilizzo: così il tuo successo sarà anche il loro, e la prima legge sarà soddisfatta.

Successo e Concentrazione

Ma qualunque cosa tu scelga, di una cosa avrai bisogno in tutte queste cose e in tutti i tempi – la Concentrazione dello scopo, del pensiero, del sentimento, dell’azione; affinché essa, come un potente magnete, polarizzi ogni cosa con la quale avrai a che fare. In tutti gli scopi della Vita la Concentrazione è necessaria per il successo.

Superiori Realizzazioni

In ogni caso, Concentrazione non significa un restringimento, una limitazione o un confinamento dei nostri pensieri e delle nostre attività, né alcuna perdita di interessi e simpatie umane. Non significa ritirarsi in una grotta o in una caverna, con il vino della Vita che si inaridisce nelle nostre vene come un fiume nel deserto nella siccità estiva. Concentrazione significa che l’interezza della nostra Vita diviene polarizzata attorno ad uno scopo deliberato, animata da crescenti poteri di Pensiero, di Amore e di Volontà, e ispirata da un Sé più elevato di quello che abbiamo conosciuto finora.


Fonte: Concentrazione - Un percorso verso la Meditazione di Ernest Wood 




mercoledì 25 ottobre 2017

Racconti di Belzebù a suo nipote - Georges Ivanovič Gurdjieff

D'altro lato, in ognuno di essi la "colonna vertebrale" è sede di un'altra concentrazione, detta "midollo spinale", in cui sono localizzate le "fonti negative" destinate, con la loro azione, a svolgere rispetto al cervello lo stesso ruolo svolto dai Soli di Secondo Ordine del Megalocosmo rispetto al Santissimo Protocosmo.
È opportuno osservare che in passato i tuoi beniamini conoscevano abbastanza bene il funzionamento specifico delle varie parti del loro "midollo spinale", anzi conoscevano persino alcuni "sistemi meccanici" per agire su parti specifiche del midollo stesso nei periodi in cui il loro "stato psichico" era più disarmonico; ma a poco a poco le informazioni legate a quel tipo di conoscenze sono "sfumate nel nulla", e oggigiorno i tuoi beniamini, pur sapendo che nel midollo spinale sono localizzate varie concentrazioni, ne ignorano completamente le funzioni previste dalla Grande Natura e si accontentano di chiamarle "fasci nervosi del midollo spinale".

Questi fasci nervosi del midollo spinale sono la sorgente di tutte le negazioni rispetto alle affermazioni provenienti dal loro "cervello", esattamente come i Soli di Secondo Ordine sono le fonti di negazione rispetto alle affermazioni d'ogni sfumatura provenienti dal Santissimo Protocosmo.

Infine, come nel Megalocosmo l'insieme dei risultati prodotti, secondo il processo del sacro Hepta-para-parshinokh, sia dall'affermazione del santissimo Protocosmo che dalle molteplici negazioni provenienti dai Soli di nuova formazione funge da "principio conciliatore" fra l'insieme delle nuove formazioni e l'insieme pre-esistente, così negli esseri suddetti si trova una concentrazione corrispondente a tutti i risultati prodotti dalle affermazioni del "cervello" e dalle molteplici negazioni della loro "colonna vertebrale", risultati che in seguito servono da "principio regolatore" o "conciliatore" nel funzionamento dell'intera presenza di ciascuno.

Quest'ultima concentrazione, che serve da principio regolatore o conciliatore per la presenza generale degli esseri terresti tricerebrali, all'inizio aveva la forma di un cervello indipendente localizzato, nei tuoi beniamini come in noi, nella regione "toracica".

Ma da quando il loro processo di esistenza esserica ordinaria ha subìto gravissime alterazioni, la Grande Natura, per varie ragioni legate al processo cosmico trogo-auto-egocratico generale, si è vista costretta a modificare il sistema di localizzazione di quel cervello, pur senza distruggerne il funzionamento.
E precisamente la Natura ha provveduto man mano a disperdere quest'organo, inizialmente concentrato in un'unica sede, in localizzazioni più piccole e disseminate in tutta la presenza generale di quegli esseri, particolarmente nella regione "epigastrica". Oggigiorno, l'insieme di quelle piccole localizzazioni viene da loro chiamato "plesso solare", o insieme di gangli nervosi del sistema simpatico.
Tutti i risultati prodotti dalle manifestazioni affermative del loro "cervello" e dalle manifestazioni negative della loro "colonna vertebrale" si accumulano attualmente nei vari gangli nervosi disseminati in tutto il corpo planetario dove, una volta fissati, costituiscono il principio neutralizzante nell'ulteriore processo di affermazione e di negazione che ha luogo fra cervello e midollo spinale – proprio come nel Megalocosmo l'insieme di risultati provenienti sia dalle manifestazioni affermative del Protocosmo sia dalle manifestazioni negative dei Soli di nuova formazione costituisce la "forza neutralizzante" nell'ulteriore processo di Affermazione e Negazione.
Pertanto, proprio come noi, gli esseri tricerebrali del pianeta Terra, oltre ad essere apparecchi trasformatori delle sostanze cosmiche necessarie al Grandissimo Trogo-auto-egocrate in possesso delle proprietà di tutte e tre le forze del Triamazikamno cosmico fondamentale, hanno anche la possibilità, assorbendo le sostanze da trasformare prodotte da tre diverse fonti indipendenti, di assimilare sia le sostanze indispensabili al mantenimento della propria esistenza, sia quelle destinate al rivestimento e al perfezionamento dei propri corpi esserici superiori.


Fonte: Racconti di Belzebù a suo nipote - Georges Ivanovič Gurdjieff



mercoledì 13 settembre 2017

Battaglia per il presente – Henri Thomasson

VERSO UNA NUOVA STRUTTURA DELL’UOMO

Sento che il gusto e la qualità di vita cui questo Insegnamento conduce sono più importanti della vita stessa. Infatti mi sembra che la vita, al di là dello spazio e del tempo che la determinano, abbia senso solo quando si apre a un mondo di manifestazioni che trascendono le sue quattro dimensioni.
Il mondo della “coscienza” è accessibile solo all’uomo “risvegliato”, ossia a colui che, se non definitivamente almeno a periodi sempre più frequenti e sempre più lunghi, sfugge al livello in cui “la vita” è ridotta all’esercito delle funzioni fisiologiche, accompagnate da attività mentali e affettive sull’unico piano di esistenza che noi conosciamo.
Ma allora chi è addormentato dentro di me e si deve svegliare?
Finché non ho incontrato l’Insegnamento, avevo molto rispetto per la persona “intelligente” che credevo di essere.
Sorretto da un senso morale solidamente impiantato sulle influenze della famiglia, dotato di una certa capacità di giudizio soprattutto su argomenti estetici, favorito – talvolta egregiamente – da un buon livello d’intuizione e di comprensione, mi consolavo con molta disinvoltura della mediocrità dimostrata nelle mie prestazioni manuali e fisiche in genere.
La mia immagine mi sembrava mostrare un aspetto positivo, la “mia vita” era allietata dalle manifestazioni sviluppate dalle suddette qualità, e non mi sarebbe mai passato per la testa che tutto ciò potesse chiamarsi “dormire”.
Ma oggi tutto è diverso: mi è stata indicata una nuova struttura del mondo e dell’uomo, mi è stato proposto l’obiettivo di un’altra qualità d’essere, e io stesso ho potuto verificare personalmente la profondità del sonno ipnotico che mi sommerge. E proprio a un’altra qualità d’essere che io mi devo risvegliare. Come lo stato di coscienza ordinaria emerge d’un tratto dal sonno fisiologico occupandone il posto, così bisogna che un altro livello di pensiero e di coscienza emerga dal magma di pensieri associativi, sentimenti, moti e reazioni chiamati “io”, e che almeno ogni tanto vi si sostituisca.
Sento interiormente il bisogno di questo risveglio e, pur non avendo un’idea molto chiara di ciò che in me si debba svegliare, mi rendo conto che l’attenzione e l’osservazione mi animano in modo tale da farmi muovere il primo passo in tal senso.
Ma come posso svegliarmi realmente?
La prima condizione è quella di rendermi conto che sono addormentato e che di solito non me ne accorgo.

Io dormo perché m’identifico in tutto ciò che attira il mio interesse: la mia attenzione viene interamente assorbita dalla cosa che faccio, che dico, in presenza di cui mi trovo, che mi piace, che non mi piace o a cui penso; esisto solo in funzione della cosa, e per me questo essere, in quanto individuo che vive una propria specifica realtà, non provo il benché minimo interesse.
Per risvegliarmi ci vuole un’altra qualità d’attenzione, rivolta nel contempo verso l’esterno e verso di me … ma la posso avere solo per brevi istanti.
Quando mi osservo, l’immagine che ho di me stesso, l’esigenza imperiosa che ciascuno dei miei personaggi mostri un aspetto lusinghiero della mia persona, il terrore del giudizio altrui, la “considerazione interiore” da cui non riesco ad astenermi, dimostrano la mia dipendenza da tutto ciò che mi circonda e che svia l’attenzione attiva verso le secche in cui resta incagliato.
Svegliarmi significa rifiutare l’immaginazione, le fantasticherie, le nebbie che si alzano dalle parti meccaniche della mia persona per invadere la testa troppo pigra, desiderosa soltanto di evitare lo sforzo di pensare autonomamente: la mente infatti preferisce riprodurre le immagini già confezionate che le altre parti le forniscono in occasione di quegli avvenimenti, veri o immaginari ma in genere piacevoli, di cui esse amano pascersi.

Fonte:  Battaglia per il presente di Henri Thomasson

venerdì 4 agosto 2017

Lavorare da soli su sé stessi – Arnold Mindell

Ho praticato saltuariamente per molti anni varie forme di meditazione, ma non ho mai avuto gran successo in questo senso. Qualche volta, metà per scherzo metà sul serio, mi definisco un esperto dei drammi della meditazione, dopo avere tanto e per tanto tempo sperimentato le scorribande della mia mente ogni volta che si doveva concentrare!
Malgrado il mio cervello sappia benissimo com’è importante la meditazione, una certa confusione su come esattamente praticarla e la conseguente mancanza di risultati hanno tolto vigore alle mie motivazioni, così che sono anni che non mi dedico alla pratica della meditazione tradizionale con regolarità (Charles T. Tart 1986).

I rischi del rilassamento
Può essere nocivo sia il rilassamento totale sia il “lasciar cadere” i pensieri che creano tensione. Qualsiasi metodo, perfino il massaggio, può essere dannoso se usato per rilassarsi, a meno che non sia seguito da un trattamento preciso e differenziato di quelle che erano le tensioni originarie. Ci sono due motivi per questo.
Primo, anni di lavoro sul corpo con persone malate hanno mostrato la frequente presenza di una precedente storia di rimozione di tensioni nei casi in cui è insorto il cancro. La tensione, come ogni altro processo, non può essere eliminata per magia, per quanto per brevi periodi di tempo possa essere rimossa dalla coscienza. Rimossa o rilasciata, la tensione non scompare; piuttosto sembra diventare meno trattabile per la coscienza. Una delle possibili conseguenze della rimozione di processi come la tensione è la creazione di sintomi e malattie incurabili, quali il cancro.
Secondo, io mi domando se lasciar cadere la tensione, o “gettarla via”, come è d’uso in certi metodi di meditazione, di lavoro sul corpo e massaggio, sia una buona norma ecologica rispetto al resto dell’umanità. In tutto il mondo la gente sta acquistando coscienza dei rischi che comporta lo sbarazzarsi dei rifiuti gettandoli semplicemente nelle fogne. Esattamente come si intasa e si inquina il sistema idrico della terra, così, gettando la tensione nell’atmosfera, possiamo intasare il sistema spirituale del pianeta, il luogo da cui il resto di noi bene quando è assetato. Se il globo terrestre è un campo o un sistema, non possiamo gettare nulla fuori; possiamo solo rimetterlo in circolo nel sistema.

L’essere umano è sbagliato?
Uno de presupposti fondamentali e talora inconsci di molti orientamenti psicologici e di molti metodi di meditazioni è che l’essere umano sia indisciplinato, ignorante, arido, pieno d brae, gelosia, egoismo, pericoloso, in qualche modo sbagliato.

Ritenere che le cose sono “sbagliate” ci fa pensare in termini causali; divide il mondo in problemi e soluzioni. Questa atavica visione del mondo ci ha aiutato a prolungare la vita umana attraverso la guerra chimica e psicologica contro i sintomi e le parti interne disturbanti.
Ma la bellicosa convinzione che la nostra natura sia sbagliata ignora il fine che potrebbe nascondersi dietro gli eventi. 

Un secondo aspetto negativo del pensare in termini di causa-effetto è che ci fa detestare il mondo quando non risponde alle nostre aspettative. Se non riusciamo a risolvere un problema lo combattiamo. Le azioni aggressive e i dittatori folli non rispondono alle mie aspettative per la pace nel mondo. Vorrei cambiarli ma non posso. Se non sto attento dichiarerò loro guerra cercando di eliminarli o di chiuderli in un istituto psichiatrico. Dobbiamo imparare a fare dell’aggressività e della follia un uso migliore.

Tutti gli eventi sono potenzialmente utili
Dobbiamo aggiungere alla nostra idea dell’essere umano una nuova dimensione, una dimensione che ne richiama una antica, secondo la quale: “Il mondo è perfetto così com’è”. Per quanto personalmente io non senta che il mondo è realmente perfetto così com’è, ho scoperto che eventi apparentemente negativi possono arricchire molto. Una dimensione importamene e forse nuova della meditazione è quella per cui si accettano e si “lavora” su tutti gli eventi, inclusa la rabbia, la gelosia, l’avidità, al fine di rivelare il loro potenziale positivo. Invece di cercare di cambiare la nostra natura per adattarla alle nostre idee precostituite di armonia o di pace, potremmo cercare di scoprire il fine nascosto degli eventi. Forse contengono il seme di quello che ci serve esattamente.


Fonte: Lavorare da soli su sé stessi – Arnold Mindell