Gli Orixàs sono le divinità
delle diverse forze naturali
Gli Eguns sono quelle
entità spirituali di esseri che hanno avuto una vita terrena.
Nell’Umbanda abbiamo sette
vibrazioni archetipiche nelle quali vengono raggruppati i diversi Orixàs e i
relativi Eguns.
Cabloco, è l’Egun nobile e
fiero che abita la foresta.
Iemanjà = Nossa Senhora (Vergine Maria, la
divinità dell’acqua salata)
Ogun = Sant’Antonio, l’orixàs del metallo
Mamae
Oxum = Immacolata
Concezione, l’orixàs dell’acqua dolce
Xangò = Mosé con le tavole della legge,
l’orixàs della giusitizia.
Iansà = Santa Barbara, l’orixàs dell’aria e
della libertà
Oxossi = San Sebastiano trafitto dalle frecce,
l’orixàs cacciatore
Oxalà = era il figlio del Dio unico Olorum che
lo invitò sulla terra per dirimere i conflitti che la stavano insanguinando.
Gesù Cristo.
Il pantheon delle divinità
e delle forze archetipiche venne così strutturato in sette linee vibratorie
originarie: le forze elementali della natura rappresentate dai sette Orixàas
ancestrali:
- la linea di Oxalà, il principio attivo creatore
- la linea di Iemanjà, il principio passivo generante
- la linea di Ogum, il principio di sopravvivenza
- la linea di Oxossi, il principio vitale
- la linea di Xangò, il principio di giustizia
- la linea di Yori, il principio dell’equilibrio
- la linea di Yorimà, il principio della potenza del verbo
La
cultura del transe:
svanito l’effetto stupore mi accorsi d’incanto come la visione del mondo che
abbiamo sia una barriera tanto fragile quanto solidi sono i fattori di
stabilizzazione della nostra mente. Avevo infatti varcato la soglia e me ne
accorsi quando, perfettamente a mio agio, mi sedetti all’ombra di un jabouticaba e presi a conversare con
Milou, persa nel blu del suo delirio erotico. Milou, mi raccontò poi il dotor Edson, veniva solitamente presa da
un ossessore o personalità intrusa, una giovane nobildonna francese
ghigliottinata ai tempi della rivoluzione, e in quelle occasioni non poteva
fare a meno che parlare francese arcaico e sedurre avidamente ogni uomo che
incontrasse sulla sua strada costringendolo alla copula, seduta stante.
“Ma in questi casi
interviene con dei farmaci oppure no?”, chiesi allo sguardo intenso, avvezzo a
guardare oltre le cose del dotor Edson.
“Perché dovrei dare dei
farmaci, non c’è ragione. Qui non ci sono malati, ci sono solo matti. Noi
viviamo la loro follia loro vivono la nostra”.
“Ma questa è una tesi che
sembra riecheggiare più l’antipsichiatria che non lo sciamanesimo”.
“L’uomo moderno,
scientifico, laico e tecnologico per quanto progredito soffre della malattia
mortale della separazione. I Guru dell’antipsichiatria hanno mostrato interesse
per gli aspetti sociologici e creativi della follia dimensionale spirituale, i
loro seguaci hanno poi politicizzato ancor più la questione cronicizzandosi
sugli aspetti sociologici. Nelle nostre comunità enfatizziamo la libera
espressione della follia unitamente allo sviluppo della dimensione spirituale.
Affianchiamo, ad una cultura democratica della follia tipica
dell’antipsichiatria, una cultura centrata sulla padronanza degli stati di
coscienza, la cultura del transe.
Noi riconosciamo l’influenza
dei diversi aspetti sociologici nella genesi della follia, ma li collochiamo in
un secondo piano. Noi diciamo che diventa matto chi può, non chi vuole.
Sottoposti allo stesso campo di pressione, alcuni impazziscono, altri nulla
soffrono. Impazziscono i più sensibili, i più dotati, i più capaci di
manifestare stati alterati di coscienza”.
Milou guardava e sorrideva
sorniona. Ci misi un po’ a scorgere la pallina da tennis che si stava passando
sul corpo con fare da pornostar e che inevitabilmente era andata a finire là,
alle soglie del cancello di giada,
muovendosi su e giù.
Quando l’eccitazione mi
salì dal ventre, non potei far altro che stupirmi di fronte agli imprevedibili
percorsi dell’eros, sentirmi un erotomane da strapazzo e spostare la mia
attenzione altrove:
“Ma qual è la reazione,
dottore, tra gli stati alterati della coscienza e la follia?”.
“Senza volere approfondire
le reali cause della follia, che a nostro avviso sono sempre di ordine
spirituale, potremmo dire che l’ipersensibilità, se non gestita, è alla base di
ogni manifestazione patologica e che, allo stesso modo, se padroneggiata può
rappresentare il tramite per la guarigione e lo sviluppo delle capacità più
elevate dell’essere umano. Come ci ricorda lo sciamanesimo siamo sempre immersi
nelle emanazioni dell’aquila, il registro informazionale dell’universo, come
direbbero i ricercatori di parapsicologia, il flusso interconnesso come direbbe
Capra, il problema allora diventa quello di riconoscere e armonizzarci come le
emanazioni che attraversano il nostro campo di coscienza. Chi è ipersensibile e
sottopone il suo campo a troppe influenze, che per forza di cose non riesce a
gestire, subirà più facilmente degli squilibri energetici.
Uno squilibrio energetico
si esprime con un disturbo psichico o emotivo direttamente connesso con una
modificazione dello stato di coscienza. La possibilità è quella di lavorare
sugli stati di coscienza attraverso gli stati emozionali per allenarli anziché
bloccarli.
Per meglio unificare anche
con le parole ciò che è unificato nei fatti, noi parliamo di stati di transe per intendere
A un tempo gli stati
energetici, psichici, emotivi e di coscienza. La nostra proposta è lavorare,
come già facevano gli antichi, che gli stati di transe per prevenire e curare i cosiddetti disturbi psichici. Gli
stati di transe possono essere
indotti dall’esterno da influenze spirituali, culturali, morali, etiche o
autoindotti da movimenti, suoni, credenze, pensieri, ricordi, possono essere
momentanei o prolungati, equilibrati o squilibrati come quelli dei matti. Per
nessun motivo vanno combattuti o bloccati con la chimica, ma bensì lasciati
esprimere, allenati. Solo così potranno venire trasformati riequilibrati”.
La cosa si faceva veramente
complicata, Milou aveva portato il suo sederino brasiliano, color rame e tenuto
appena da shorts turchesi che le disegnavano un’ombra compiacente a metà
gluteo, a dieci centimetri dal mio viso e si passava la pallina nella piega tra
le natiche con apparente deliquio dei sensi. Dotor Edson faceva finta di nulla e così tentati di fare anche io
col risultato che il mio viso si mostrava sempre più accaldato ed il mio
respiro sempre più duro. Non mi restava che cimentarmi con argomentazioni
sempre più dotte nella speranza che, prima o poi, l’anelito alla sapienza
avrebbe trionfato sull’impatto del culo di una matta.
“E la scienza, dotor Edson, cosa ne pensa?”
“Ti dirò quello che penso
io della scienza, caro collega. Io ho smesso da tempo di cercare di comprendere
la realtà attraverso modelli concettuali prestabiliti con la pretesa di
scientificità. Io credo che ciò che non resiste alla prova del tempo non può
essere chiamato scientifico. Tutti i modelli concettuali vigenti a rispetto
della follia non si sono dimostrati in grado di fare granché se non costruirle
intorno delle gabbie sia fisiche che chimiche, mentre sono millenni che i
selvaggi danzano alla luna la bestia e il divino e trovano nel cerchio della
tribù il luogo dove gli opposti si manifestano e si armonizzano. Mentre da
secoli il popolo dell’Umbanda e del Condomblé compie miracoli quotidiani che
la psicofarmacologia nemmeno si sogna, quotidianamente e con l’evidenza dei
fatti la prassi psichiatrica viene smentita nei terreiros del nostro popolo dove attraverso, l’amore e la
tolleranza, la compassione e l’umiltà, le incorporazioni e i passes, le guide e i mentori spirituali,
le danze e i tamburi, le erbe e i rituali, la gente si guarisce”.
Chi mi avrebbe salvato?
Milou ora aveva sostituito la pallina con la mia nuca. Io stavo seduto
all’indiana sul prato e lei dalla posizione in cui stava sollevò la sua coscia
sinistra sorvolandomi il capo e ritrovandosi così a cavalcioni del mio collo,
intenta ad un languido strofinio.
“Ognuno con la propria
follia”, mi ripetevo e tenevo a bada gli impeti della bestia con maldestre
contrazioni ora delle viscere ora delle spalle. Riprovai con la cultura, unico
espediente a portata di mano. Chiesi pertanto di saperne di più, ma alla mia
domanda Edson rispose invitandomi ad una nuova sessione che stava per
cominciare. Come d’incanto Milou sfilò le sue cosce dal mio collo e si diresse
verso il “locodromo”.
Nel
locodromo: ed ecco di
nuovo sensitivi contorcersi, transidentificarsi,
nell’epilettico o nel catatonico ed ecco di nuovo i pazienti giacere in stato
di profondo rilassamento o agitarsi in preda a crisi catartiche.
Edson dialogava con le
personalità subcoscienti dei pazienti espresse dai sensitivi o dava una mano
che tranquillizzasse o mi spiegava di fronte all’ennesima crisi epilettica
risolta da sensitivi in transe.
“Il trattamento
psicobiofisico dell’epilettico implica la nostra intromissione nel dominio
della legge karmica dell’individuo e del suo gruppo familiare. Attraverso
percezioni extrasensoriali la sensitiva sta incorporando, senza la minima
sofferenza e con una rappresentazione veramente cinematografica, le vibrazioni
del paziente e le sue personalità intruse
o subcoscienti. Quelle che descrive sono, in ultima analisi, le alterazioni
energetiche del paziente che stanno alla base di ogni manifestazione
patologica. Solo correnti energetiche della stessa natura saranno efficienti
per promuovere la cura e il riequilibrio delle alterazioni. Dalle applicazioni
del campo Psi dei sensitivi, dalla
scambio vibratorio di livelli energetici sottili risulta l’efficienza dei
trattamenti psicobiofisici.
Ed io chiedevo: “Quindi
l’utilizzo dei sensitivi è il mom0ento centrale dei suo lavoro”.
Ed Edson rispondeva:
“Diciamo che il contatto dei pazienti con i sensitivi, sempre diretti da una
terapista abilitato, attraverso il fenomeno della transidentificazione (fenomeno per il quale il sensitivo espande la
sua coscienza fino a comprendere quella dell’altro e a sentire come l’altro
sente) permette uno sviluppo fenomenologico capace di un approccio estremante
sottile e profondo, finora non conseguito da nessun altro sistema analitico o
laboratoriale. Il paziente percepisce la sua immagine vivere in un latro
individuo, identificando i suoi sintomi al momento stesso in cui si mette in
moto il sistema terapeutico. Resta inteso che il fine ultimo è quello di
condurlo sempre a situazioni in cui gli sia permesso di sviluppare le sue
capacità di cambiare transe”.
“Possiamo quindi dire che
la capacità di entrare in transe sia
una condizione indispensabile per vivere un processo di guarigione?”.
“Diciamo che quando un
individuo entra in uno stato ipnotico autoindotto o quando realizza una
captazione in stato di transe di
sintomi di un latro paziente, siamo a buon punto. Da lì in avanti è solo una
questione di allenare la propria sensibilità. Una volta che attraverso la
transidentificazione, saltano i blocchi emozionali, i fenomeni patologici
vengono gradualmente sostituiti da espressioni fisiologiche della fenomenologia
paranormale o, meglio, ipersensibile ed allora è solo una questione di
allenamento di sensitivi”.
“Ma non tutti siamo
sensitivi!”.
“È qui che ti sbagli. Tutti
noi siamo sensitivi. In una comunità di pazienti scelti a caso, che includa
tutte le varie categorie nosografiche di patologia, allenando il transe e riordinando così le immense
possibilità bioenergetiche inerenti alla condizione di esseri umani, si
potranno risvegliare sensitivi capaci di esercitare una fenomenologia ad un
livello accettabile di normalità”.
… E di nuovo Edson
spiegava: “La musica, la danza la meditazione, l’induzione ipnotica o uno
scambio bioenergetico potranno modificare lo stato di transe cronicizzato di un paziente. Da lì in avanti il fenomeno
passa ad essere esercitato da un piano più intelligente del condizionamento
culturale di chi sta dirigendo i lavori. Molte volte, infatti, noi pensiamo di
conseguire un determinato fenomeno e restiamo sorpresi da un evento molto
diverso da quello che avevamo ricercato. Per questo noi ci preoccupiamo molto
di più di coltivare i vari fenomeni di transe
anziché provocare la nostra interferenza. Quando si manifesta una determinata
personalità attraverso il sensitivo, lasciamo che essa si esprima a volontà,
fornendo un aiuto per una migliore comprensione. Potrà trattarsi di una fascia
dell’inconscio del sensitivo, del paziente o il frutto della loro interazione o
ancora l’espressione di quella che chiamiamo personalità intrusa, gli ossessori
dell’Umbanda.
Potranno avvenire
espressioni di sofferenza e di profondo odio, di disperazione, rabbia o
vendetta che si spingerà fino all’aggressione fisica. In tutti i casi dovranno
essere trattate con la massima cautela, facendo se necessario una contenzione
fisica, ma permettendone in primo luogo la libera espressione, il che facilita
la diagnosi rende possibile un maggior chiarimento a titolo di identificazione
ed una terapia soave e ben dosata”.
Edson non sembrava avere
dubbi: “Il campo del sensitivo che incorpora la personalità del paziente è
sufficiente per ulteriori chiarimenti, puntualizzava: “Un sensitivo addestrato
entra in stato di transe autoindotto,
metabolizza una determinata energia desequilibrada
emessa dal paziente, con essa si involve, transidentifica, propiziando
modificazioni, eliminandone da solo senza nessun problema per la sua natura
psicobiofisica. Il lavoro è realizzato dalle energie intelligenti del sensitivo associate ad altre energie intelligenti ma intruse, di pertinenza di
un universo parallelo”.
“Ma cosa intende per transe
autoindotto?”.
“La definizione più
scientifica può essere ritenuta quella dei ricercatori russi Hollanda Junior,
Micllechnin e Sallovey che hanno coniato a questo proposito il termine di stato emozionale intensificato che nella
loro e nella nostra concezione assume il significato di una condizione
energetica o di coscienza che favorisce mutamenti di ordine vibratorio che
propizieranno, a loro volta, modificazioni nel campo psicobiofisico”.
“Ma lei si sta riferendo
agli stati ipnotici?”.
“Se per stati ipnotici si
intendono quegli stati emozionali intensificati che succedono in modo spontaneo
e che sono responsabili di tutta quella vasta gamma di comportamenti che vanno
dal normale al patologico, allora sì, mi sto riferendo a fenomeni ipnotici”.
“Ma secondo le sue teorie
sembrerebbe che ogni stato di coscienza sia uno stato ipnotico”.
“Esattamente, siamo
costantemente in transe. Che si
tratti di una transe ordinario
caratterizzato da tristezza, depressione, gioia o tranquillità, che si tratti
di un transe squilibrato
caratterizzato da una qualsiasi delle manifestazioni psicopatologiche o di transe cosiddetti ipnotici, medianici o
paranormali, stiamo sempre vivendo un momento di vita in un particolare stato
di sensibilità e di coscienza. Questo ci permette di superare, dal punto di
vista operativo, ogni classificazione nosografica dei sintomi unificando il
momento della diagnosi con il momento terapeutico”.
Dotor
Edson: “Se noi guardiamo
con attenzione ai fenomeni della vita normale, delle relazioni tra persone ci
rendiamo conto dell’esistenza di ciò che noi stiamo chiamando personalità subcoscienti e che l’insigne
ricercatore del secolo passato Fredrich Meyers, chiamò personalità subliminari.
Secondo Meyers, creatore
tra l’altro dei termini telepatia e paranormale, la personalità umana è come
una cipolla, sommatoria di esperienze anteriori. Egli, e noi con lui, ritiene
che ogni esperienza possa esprimere comportamento differenti, come se in un
individuo ci fossero diverse persone che funzionano allo stesso tempo.
Egli identifica nelle
esperienze di dejà vu, nei casi di enfants prodige, nelle percezione
extrasensoriali e persino nelle situazioni patologiche l’attuazione di
personalità subliminari”.
Fonte: Sotto stelle diverse
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