BAGLIORI DI VERITÀ,
Mosca, 1915 circa
“La ragione ordinaria non consente all’uomo di appropriarsi della Conoscenza, facendone un suo bene inalienabile. Eppure, per l’uomo tale possibilità esiste davvero: prima, però, deve scrollarsi la polvere di dosso, prima di avere le ali con cui volare in alto egli deve fare un lavoro gigantesco e compiere immani sforzi. È certamente molto più facile abbandonarsi alla corrente e lasciarsi portare di ottava in ottava, ma è una strada infinitamente più lunga rispetto a quella di volere e di fare da sé. Il cammino è difficile, e la salita sempre più ardua, ma anche le forze man mano si moltiplicano. L’uomo si tempra, e a ogni passo scopre orizzonti sempre più vasti. Sì, questa possibilità esiste”.
“La ragione ordinaria non consente all’uomo di appropriarsi della Conoscenza, facendone un suo bene inalienabile. Eppure, per l’uomo tale possibilità esiste davvero: prima, però, deve scrollarsi la polvere di dosso, prima di avere le ali con cui volare in alto egli deve fare un lavoro gigantesco e compiere immani sforzi. È certamente molto più facile abbandonarsi alla corrente e lasciarsi portare di ottava in ottava, ma è una strada infinitamente più lunga rispetto a quella di volere e di fare da sé. Il cammino è difficile, e la salita sempre più ardua, ma anche le forze man mano si moltiplicano. L’uomo si tempra, e a ogni passo scopre orizzonti sempre più vasti. Sì, questa possibilità esiste”.
Nell’universo tutto è
materiale, e per questo motivo la Grande
Conoscenza è più materialista del materialismo.
“Un rapido sguardo alla
chimica le permetterà di capire meglio questa affermazione”.
Egli mi spiegò che la
chimica, studiando le “sostanze” a densità diversa senza tener conto della
legge dell’ottava, commette un errore che invalida il risultato finale.
Conoscendo questo errore, si possono apportare delle correzioni e trovare dei
risultati che coincidono perfettamente con quelli ottenuto in base dalla legge
dell’ottava. Inoltre Gurdjieff specificò che il concetto di sostanze semplici,
o elementi, che è alla base chimica moderna, è inammissibile dal punto di vista
della chimica dell’ottava, che è la “chimica oggettiva”. La materia è sempre e
dovunque la stessa. La differenza di qualità di ogni sostanza dipende soltanto
dal posto occupato in una certa ottava, e dal livello a cui appartiene
quell’ottava.
Da questo punto di vista,
la nozione ipotetica di atomo come particella indivisibile di una sostanza
semplice, o elemento, è un modello inservibile. L’atomo di una “sostanza” a
densità nota, in quanto individualità reale, è invece la più piccola quantità
di materia che mantiene tutte le proprietà fisiche, chimiche e cosmiche che
caratterizzano quella sostanza come nota di una certa ottava. Per esempio,
nella chimica moderna non esiste l’atomo d’acqua, perché l’acqua non è una
sostanza semplice, ma un composto chimico di idrogneo e ossigeno. Dal punto di
vista della “chimica oggettiva”, invece, un “atomo” d’acqua esiste, ed è il suo
volume più piccolo, visibile anche a occhio nudo. Gurdjieff aggiunse: “Per il momento
lei deve accettare queste affermazioni sulla fiducia, ma coloro che cercano la
Grande Conoscenza sotto la direzione di chi l’ha già raggiunta devono a loro
volta determinare e verificare, mediante ricerche personali, che cosa sono
questi atomi di sostanze a densità diversa”.
“Il pensiero è materiale
come tutto il resto”.
“Ci sono sistemi che
consentono non soltanto di convincersene, ma di “pesarlo” e “misurarlo” come le
altre sostanze. Siccome è possibile calcolarne la densità, è anche possibile mettere
a confronto il pensiero di uomini diversi, o quello di un medesimo uomo in
momenti differenti. Se ne possono definire anche tutte le qualità. Già gliel’ho
detto, nell’universo tutto è materiale”.
“Giudichi tutto in base al
buon senso, acquisisca una propria comprensione, e non accetti nulla sulla
parola. E quando lei stesso, attraverso un sano ragionamento logico, sarà
arrivato a qualche convinzione incrollabile, a una pinea comprensione di
qualcosa, allora avrà raggiunto un certo grado di iniziazione”.
“È cento volte meglio non
agire, che agire senza sapere”
“Chi sa, parla solo quando
è certo che chi ascolta è in grado di capire”
Oggi non ci sono più dei
creatori. I “sacerdoti dell’arte contemporanea” non creano, ma imitano: corrono
dietro alla bellezza o alla verosimiglianza, se non addirittura alla cosiddetta
“originalità”, senza avere le conoscenze necessarie. Poiché non sanno niente e
non sono in grado di fare niente, brancolano nel buio; eppure, la folla li
venera e li mette su un piedistallo. L’arte sacra è scomparsa, ma l’aureola che
circondava i suoi servitori sopravvive ancora. Tutte le banalità sulla
scintilla divina, il talento, il genio, la creatività, la sacralità dell’arte,
oggi non hanno alcun fondamento, sono solo degli anacronismi. Cosa sono mai
questi “talenti”? Ne riparleremo in un’altra occasione.
IO, CHI SONO?, Essentuki, 1918 circa
Ma se un uomo sa essere
sincero verso se stesso, non sincero come s’intende abitualmente, ma
spietatamente sincero, allora, di fronte alla domanda: “Che cosa sei?” non
conterà su una risposta rassicurante. E ora, senza aspettare che arriviate da
soli all’esperienza di cui sto parlando, e perché possiate comprendere meglio
ciò che intendo, vorrei suggerire a ciascuno di voi di porsi la domanda: “Che
cosa sono?”. Sono certo che il 95% di voi si troverà in imbarazzo, e che finirete
per rispondervi con un’altra domanda: “Che cosa significa?”.
Questa è la prova che un
uomo ha vissuto tutta la vita senza porsi tale domanda, e che ritiene scontato
di essere “qualcosa”, addirittura qualcosa di molto prezioso che non è mai
stato messo in dubbio.
Nello stesso tempo egli è
incapace di spiegare che cos’è questo qualcosa, incapace persino di darne una
minima idea, dal momento ch’egli stesso l’ignora. E se l’ignora, non è forse
perché questo “qualcosa” molto semplicemente non esiste, ma solamente si
suppone che esista? Non è strano che le persone dedichino così poca attenzione
a se stesse, alla conoscenza di se stesse? Non è strano che chiudano gli occhi
con tanto sciocco compiacimento su ciò che sono realmente, e che passino la
vita nella piacevole convinzione di rappresentare qualcosa di prezioso? Esse si
dimenticano di guardare il vuoto insopportabile che si cela dietro la superba
faccia creata dal loro autoinganno, e non si rendono conto che questa facciata
ha un valore puramente convenzionale.
Per la verità, non è sempre
così. Non tutti si guardano così superficialmente. Ci sono degli uomini che
cercano, che hanno sete della verità profonda e si sforzano di trovarla, che
tentano di risolvere i problemi posti dalla vita, di arrivare all’essenza delle
cose, dei fenomeni, e di pensare in se stessi. Se un uomo ragiona e pensa in
modo corretto, qualunque strada segua per risolvere questi problemi, deve
inevitabilmente ritornare a sé e cominciare a risolvere il problema di ciò che
egli stesso rappresenta e di qual è il suo posto nel mondo che lo ricorda. Infatti,
senza questa conoscenza, la sua ricerca sarà priva di un centro di gravità.
Socrate: “Conosci te
stesso” restano il motto di tutti coloro che cercano la vera conoscenza e
l’essere.
L’uomo non è libero, tanto
nelle sue manifestazioni che nella vita. Non può essere ciò che vorrebbe
essere, e nemmeno ciò che crede di essere. Non somiglia all’immagine che ha di
se stesso, e le parole “uomo, corona della creazione” non gli si adattano.
“Uomo”: una parola
altisonante, ma dobbiamo chiederci di che tipo di uomo si tratta. Non certo l’uomo
che si irrita per delle sciocchezze, che presta attenzione a delle meschinità e
si lascia coinvolgere da tutto ciò che gli succede intorno.
Per avere il diritto di
chiamarsi uomo, bisogna essere un uomo, ed “essere un uomo” è possibile
soltanto grazie alla conoscenza di sé, e al lavoro su di sé nella direzione
indicata da tale conoscenza.
Avete mai provato a
osservare ciò che vi succede quando la vostra attenzione non è concentrata su
un problema preciso?
Suppongo che per molti di
voi questa sia una condizione abituale, sebbene ovviamente pochi l’abbiano
osservata sistematicamente. Forse siete consapevoli del modo in cui il nostro
pensiero procede per associazioni fortuite, quando sfilano scene e ricordi
senza alcun rapporto, quando tutto ciò che cade nel campo della nostra
coscienza, o semplicemente lo sfiora, ci suscita delle associazioni casuali. Il filo dei pensieri sembra
svolgersi senza interruzione, tessendo insieme frammenti di immagini di
precedenti percezioni, estratte da diverse registrazioni immagazzinate nella
nostra memoria. E mentre queste registrazioni scorrono e si svolgono, il nostro
apparato formatore tesse incessantemente la trama dei pensieri a partire da
questo materiale. La registrazione delle nostre emozioni scorre nello
stesso modo: piacevole e spiacevole, allegria e preoccupazione, riso e
irritazione, piacere e dolore, simpatia e antipatia. Qualcuno vi loda, e voi
siete contenti, qualcuno vi rimprovera, e il vostro umore si guasta. Qualche novità
vi attira, e immediatamente dimenticate ciò che tanto vi interessava un attimo
prima: in poco tempo questa nuova cosa assorbe il vostro interesse al punto di
sommergervi completamente; e d’un tratto voi non la dominate più; siete
spariti, vi trovate legati a questa cosa, dissolti in essa; in realtà, è la
cosa a dominarvi, a tenervi prigionieri.
Dobbiamo lottare per
liberarci, se vogliamo lottare per conoscerci. Conoscere e sviluppare se stessi
costituiscono un impegno così importante e così serio, cui bisogna dedicare uno
sforzo così intenso, che assumerselo nel modo solito, in mezzo a tutte le altre
cose, è impossibile. L’uomo che si assume questo impegno deve metterlo al primo
posto nella propria vita, perché la vita non è così lunga da poterla sprecare
in cose inutili.
Che cosa permetterà all’uomo
di consacrare utilmente il proprio tempo alla ricerca, se non la libertà da
ogni attaccamento?
Libertà e serietà. Non la serietà delle sopracciglia aggrottate, delle labbra
tirate, dei gesti accuratamente calcolati, delle parole misurate fra i denti,
ma la serietà che vuol dire determinazione e perseveranza nella ricerca,
intensità e costanza, in modo che l’uomo, anche nei momenti di risposo,
persegua il suo obiettivo principale.
Chiedetevi: “Sono libero?”
Molti saranno tentati di rispondere di sì, se si trovano in una condizione di
relativa sicurezza materiale, senza preoccupazioni per il domani, e se non
dipendono da nessuno per la propria sussistenza o per la scelta delle proprie
condizioni di vita. Ma è quella la libertà? È soltanto una questione di condizioni
esteriori?
Ma io chiedo a tutti voi:
se per qualche motivo vi fosse impossibile mettere in pratica per molti anni le
vostre conoscenze, che cosa ne resterebbe? Non sarebbe come avere del materiale
che col tempo vapora e diventa secco? Ricordatevi del foglio di carta bianca. È
un dato di fatto che nel corso della vostra vita impariamo continuamente delle
cose nuove.
E chiamiamo questa “conoscenza”
i risultati di questa accumulazione. Ma, a dispetto di queste conoscenze, non
siamo spesso lontani dalla vita reale, e quindi disadattai? Noi siamo
sviluppati a metà, come i girini, o, più spesso ancora, semplicemente “istruiti”,
cioè in possesso di frammenti di informazioni su tante cose, ma tutte vaghe e
inadeguate. E infatti si tratta soltanto di informazioni: non possiamo
chiamarle “conoscenze”. La conoscenza è una proprietà inalienabile dell’uomo,
non può essere né più grande né più piccola di lui. Infatti un uomo “conosce”
soltanto quando egli stesso “è” quella conoscenza.
Quanto alle vostre
convinzioni, non le avete mai viste cambiare? Non sono soggette anch’esse a
delle oscillazioni, come tutto ciò che è in noi? Non sarebbe più corretto
chiamarle opinioni anziché convinzioni, visto che dipendono tanto dal nostro
umore che dalle nostre informazioni, o anche, semplicemente, dallo stato della
nostra digestione in quel momento?
Ognuno di voi non è che un
banale esemplare di automa animato. Probabilmente pensate che, per fare ciò che
fate e per vivere come vivete, siano necessari un’”anima” e persino uno “spirito”.
Ma forse basta una chiavetta per ricaricare la molla del vostro meccanismo. La vostra
reazione quotidiana di cibo contribuisce a ricaricare questa molla e a
rinnovare continuamente l’inutile sarabanda delle vostre associazioni. Da questo
sfondo emergono dei pensieri slegati, che voi cercate di connettere insieme
presentandoli come preziosi e personali. E, altrettanto, coi sentimenti e le
sensazioni passeggere, con gli umori e le esperienze vissute, ci creiamo il
miraggio di una vita interiore. Ci vantiamo di essere coscienti, capaci di
ragionamento, parliamo di Dio, dell’eternità, della vita eterna, e di argomenti
elevati; parliamo di tutto ciò che si può immaginare; discutiamo, definiamo e
valutiamo, ma omettiamo di parlare di noi stessi e del nostro reale valore
oggettivo. Infatti siamo tutti convinti che se ci manca qualcosa, possiamo
sicuramente acquisirlo.
Se con tutte le cose che ho
detto sono riuscito a chiarire, anche minimamente, in quale caos vive quest’essere
che chiamiamo uomo, voi stessi sarete in grado di trovare una risposta alla
domanda di ciò che gli manca, di ciò che può aspettarsi restando com'è. Di quali
valori può aggiungere al valore che ha.
Ho già detto che certi
uomini hanno fame e sete di verità: se un uomo del genere si interroga sui
problemi della vita ed è sincero con se stesso, si convincerà presto che non
gli è più possibile vivere come ha vissuto, né essere ciò che è stato finora;
che ha bisogno a ogni costo di trovare una via d’uscita da questa situazione, e
che un uomo può sviluppare dei poteri e delle capacità nascoste soltanto ripulendo
la propria macchina da ogni incrostazione accumulata nel corso della vita. Per cominciare
razionalmente questa pulizia, è necessario vedere ciò che va pulito, dove e
come; ma vederlo da sé è quasi impossibile. In questo campo, per cogliere una
cosa qualunque, è necessario osservare dall’esterno: ecco perché è
indispensabile l’aiuto reciproco.
Man mano che un uomo
comincia a conoscersi, scopre continuamente dentro di sé nuove zone di
meccanicità, che chiameremo automatismo: zone in cui la sua volontà, il suo “io
voglio” non ha alcun potere, e dove tutto è così confuso e sfuggente, che gli è
impossibile raccapezzarsi senza essere aiutato e guidato dall’autorità di
qualcuno che sa.
… per fare bisogna sapere,
ma per sapere, bisogna scoprire come sapere; e questo non possiamo scoprirlo da
soli.
Ogni tanto emergono in
superficie delle correnti isolate, rivelando che da qualche parte, in
profondità, anche ai nostri giorni scorre il possente fiume dell’antica
conoscenza dell’essere.
Aprirsi un varco fino a questa corrente, trovarla, ecco
l’obiettivo e lo scopo della ricerca; poiché, una volta trovata, un uomo può
coraggiosamente affidarsi alla vita nella quale si impegna; in seguito, non gli
resta che “conoscere” per “essere” e “fare”. Su questa via, un uomo non sarà mai completamente solo;
nei momenti difficili, riceverà un sostegno e una direzione, perché tutti
coloro che seguono questa via sono collegati in una catena ininterrotta.
L’uomo che con tutto il
proprio essere, con il proprio “io” più profondo, cerca la verità di questo
principio, arriva inevitabilmente alla convinzione che, per “scoprire come
sapere per fare”, deve trovare innanzitutto colui dal quale può imparare ciò
che significa realmente “fare”, cioè una guida illuminata, sperimentata, che
comincerà a dirigerlo spiritualmente e diventerà il suo maestro.
Ed è qui che il fiuto di un
uomo assume tutta la sua importanza. Egli stesso si sceglie una guida.
Naturalmente, la condizione indispensabile è di scegliere un uomo che sa;
altrimenti tutto il senso della sua scelta è perduto. Chi può dire dove vi può
condurre una guida che non sa!
Ogni ricercatore in cammino
verso lo sviluppo di sé sogna una guida che sa. La sogna, ma è raro che si
domandi oggettivamente e sinceramente: “sono degno di essere guidato? Sono
pronto a seguire la via?”.
Non dimenticarti di concentrare tutta la tua attenzione
su ciò che ti sta immediatamente intorno. Non occuparti di mete lontane, se non
vuoi cadere nel precipizio.
Però non dimenticare il tuo scopo. Ricordatene
continuamente e mantieni vivo il desiderio di raggiungerlo, per non perdere la
direzione giusta. E una
volta partito, stai attento; ciò che hai oltrepassato, resta indietro e non si
ripresenterà più: ciò che non osservi sul momento, non lo osserverai mai più.
Non essere troppo curioso,
e non perdere tempo con ciò che attira la tua attenzione ma non ne vale la
pena.
Il tempo è prezioso, e non deve essere sprecato per cose
che non sono direttamente in relazione con la tua meta.
Ricordati dove sei e perché sei lì.
Non avere troppa cura di
te, e rammenta che nessuno sforzo viene mai fatto invano.
E adesso puoi metterti in
cammino.
Tratto da: Vedute sul mondo reale di G. I. Gurdjieff