L’accoppiamento sessuale nelle sue molteplici forme
Graduatoria dell’energia sessuale
Il microsesso si
conclude con gli sponsali delle cellule, l’unione tra l’agile, irrequieto
spermatozoo e l’immobile, rigonfia cellula-uovo. Il codice genetico subisce un
rimaneggiamento. Ne deriva un nuovo essere simile ma non identico ai due che lo
hanno generato.
L’energia
sessuale si può dunque a ragion veduta definire la forza che opera con
l’intento di avvicinare e unire il corpo del maschio e il corpo della femmina.
Un’energia che negli esseri viventi si manifesta in varie maniere e a vari livelli.
Ora è necessario passare in rassegna le diverse forme in cui essa si
estrinseca. Cominciamo con una graduatoria di questa energia.
Sul gradino più
basso della scala troviamo le manifestazioni più deboli. Esaminando ostriche,
stelle marine, meduse e anche altri organismi molto più complessi quali
l’anfiosso e altro cefalocordati non si trova la minima traccia di una forza
che operi per spingere all’unione il maschio e la femmina. Spermatozoi e uova
vengono sparsi nelle acque degli oceani e si incontrano per caso, soltanto
perché ne viene prodotto un quantitativo enorme. Non si può certo dire che le
piante, impossibilitate a muoversi, manifestino anche un minimo di energia
sessuale. Alcune, come il masi, poiché fanno assegnamento sul vento per ottenere
che i soffici stigmi dei fiori femmina siano impollinati, per misura
precauzionale sono costrette a fabbricare quantitativi iperbolici di polline.
Né si può dire che le piante che si servono del curioso sistema di affidare
agli insetti il trasporto del polline da un fiore all’altro rivelino di
possedere energia sessuale. L’impollinazione entomofila è un’anomalia delle
forma evolutiva della vita e non trova posto sulla scala dell’energia sessuale.
Un gradino più
su delle ostriche e delle stelle marine possiamo collocare ad esempio il
tritone. I tritoni non si congiungono nell’atto della copulazione, anzi non si
abbracciano nemmeno. Ciononostante il maschio è attratto dalla femmina, le
danza intorno, depone un involtino di sperma ai suoi piedi Leggermente superiore
la forza che opera spingendo il maschio della sanguisuga a depositare il
proprio seme nel corpo della femmina. I pesci si accoppiano spinti da forze che
li inducono a un comportamento per noi mammiferi veramente stupefacente.
Sebbene in alcuni di essi, come nel pescecane ad esempio, la fecondazione
avvenga all’interno del corpo della femmina, la vera e propria copula non si
verifica. Le rane si appiccicano e restano unite a lungo, ma la copulazione
propriamente detta non può avvenire perché il maschio è sprovvisto di pene.
Di copulazione
vera e propria possiamo invece parlare quando si tratta di insetti, rettili e
mammiferi.
Per gli insetti
sono certi composti chimici a fungere da esca. La maggior parte dei mammiferi è
condizionata dal ciclo di produzione degli ormoni col risultato che il maschio
è attirato dalla femmina soltanto in determinati periodi dell’anno.
L’uomo, guidato
più dal cervello che dagli ormoni, costituisce una categoria a sé: maschio e
femmina possono congiungersi in qualsiasi momento e sentono reciproca
attrazione più o meno costantemente.
I
suoi cugini, gli scimpanzé e le altre scimmie, hanno molto più ritegno,
paragonati a lui.
Probabilmente
è nell’uomo che l’energia sessuale si manifesta più spesso e forse con
l’impulso più potente.
Per
quanto riguarda la ricchezza in assoluto nel campo dell’esperienza sessuale il
primo posto va aggiudicato alla chiocciola e agli altri ermafroditi che si
accoppiano nello stesso modo. Perciò sono stati collocati in una categoria
speciale. Tra le creature vivente sono quelle più doviziosamente dotate
sessualmente e le loro orge di accoppiamenti ermafroditi con esasperate
componenti sado-masochistiche fanno sembrare tediosa e scialba qualsiasi
intemperanza umana.
Seme gettato al vento o sparso nell’acqua
Le
ostriche non sono davvero amanti
ardenti. Esse trascinano la loro monotona esistenza ancorate a una roccia,
estraendo il loro cibo dall’acqua marina che filtrano coi movimenti ritmici ed
incessanti delle cellule ciliate delle loro lamelle.
Tra
maschio e femmina non è visibile la minima differenza; per meglio dire, come
molti altri molluschi, esse possono essere l’una e l’altra cosa. Non allo
stesso tempo però. L’ostrica europea, di forma piuttosto piatta, sfrutta al
massimo i vantaggi di entrambi i sessi alternandoli: un anno è femmina, l’anno
seguente è maschio. Nel campo della riproduzione questo tipo di ostrica è un
po’ meno sciattona della sua parente americana. Quando è maschio sparge a
casaccio il suo seme nella acque marine, ma quando è femmina trattiene le uova
tra le lamelle. Lo sperma viene aspirato insieme alle altre particelle
contenute nell’incessante flusso d’acqua che si insinua tra le valve. Non si sa
bene per quale misteriosa ragione riesce a non farsi mangiare: feconda le uova.
L’ostrica americana non si prende tanto disturbo, sparge le uova, così come lo
sperma, nelle acque del mare. Per questo motivo, allo scopo di garantire la
riproduzione, è costretta a fabbricare una miriade di uova. Per quanto
sciattona questa ostrica americana ha per lo meno una buona abitudine: quella
di buttare in mare uova e sperma nello stesso periodo di tempo. La sciagurata
sarebbe estinta da un pezzo, se non fosse per questo suo tempismo. Molti altri
animali marini e la maggior parte delle piante marine (le alghe) per riprodursi
usano lo stesso sbadato sistema dell’ostrica. L’attinia, il riccio di mare, la
stella marina, hanno tutti il vizio di spargere uova e sperma nel mare. Alcune
stelle marine hanno sviluppato un sistema di riproduzione simile a quello
dell’ostrica europea: producono una quantità ridotta di uova ricche di vitellino e le raccolgono in
sacchettini, impedendo così la dispersione. Ma comunque la unione tra maschio e
femmina non avviene. Lo sperma vaga negli oceani in quantità enorme e il suo
incontro con le uova dipende dal movimento dell’acqua.
Insetti paraninfi
Le
piante che producono fiori possono avere, distribuiti separatamente, alcune i
fiori maschi ed altre i fiori femmina, oppure dare fiori forniti sia degli
organi maschili sia di quelli femminili: gli stami che producono il polline e
gli stigmi che il polline lo ricevono.
In
entrambi i casi, per ottenere a mezzo della riproduzione sessuata una fusione
di codici genetici è necessario che il polline, l’equivalente dello sperma
degli animali, venga trasferito sugli stigmi del fiore di una altra pianta.
L’impollinazione affidata al vento è incerta e richiede una smisurata
produzione di polline; perciò alcune piante hanno escogitato un meccanismo
biologico che è tra i più curiosi: l’impollinazione a mezzo degli insetti.
Amore vorace
La
sanguisuga, per esempio, è una
creatura a dir poco repellente le cui abitudini in campo sessuale non sono meno
disgustose del suo metodo di alimentazione. Le sanguisughe sono ermafrodite, il
che significa che lo stesso individuo produce sia le uova che lo sperma. Però
non posseggono nessuno degli organi tradizionalmente considerati strumenti
dell’atto sessuale, essendo prive sia del pene per introdurre il seme, sia
della vagina per ricevere il seme stesso. Quando le sanguisughe si accoppiano,
quella che assume il ruolo di maschio si avvinghia al corpo di quella che funge
da femmina. La facente funzione di maschio deposita sul corpo della compagna
una capsula a forma di sacchetto chiamata Spermathophora,
che contiene sperma compresso. Nel punto in cui aderisce, questa capsula
produce un enzima ad alto potere dissolvente che dove tocca scava addirittura
un buco nelle carne. Attraverso questo buco lo sperma viene iniettato a forza
nella cavità interna del corpo della “femmina”, dove a sua volta viene
attaccato da cellule speciali che lo fagocitano. Gli spermatozoi sopravvissuti
alla strage hanno la possibilità di essere trasportati verso le ovaie dal
flusso degli umori corporali e può darsi che riescano a perforare le pareti
delle ovaie e a fecondare le uova. La sanguisuga femmina ci guadagna una ferita
profonda che ci mette tre giorni per rimarginare.
Un’altra
tecnica degna di stuzzicare la fantasia del marchese de Sade è quella scelta da
alcuni vermi di mare appartenenti al
gruppo dei Platelminti. Quando giunge il periodo per la riproduzione,
questi vermi sciamano a frotte, si riuniscono, e una volta messa insieme una
bella folla di maschi e femmine si abbandonano a orge. Le femmine assalgono i
maschi, staccano le loro code con un bel morso e le ingoiano: un festino
d’amore nel senso letterale della parola! I maschi, come la maggior parte dei
vermi, posseggono uno sviluppatissimo potere di rigenerazione perciò
abbandonano il campo a nuoto e si fanno ricrescere i segmenti mancanti. Le
femmine digeriscono quanto hanno ingerito durante il festino cannibalesco, il
pezzetto di maschio che, guarda caso, contiene proprio i testicoli e tutta la
riserva di sperma. Gli spermatozoi, liberati dall’involucro a causa dell’azione
dei succhi gastrici della femmina, perforano la parete dell’intestino, si fanno
strada nella cavità interna del corpo, localizzando e fecondando le uova. Il
passaggio attraverso l’apparato digerente della femmina, per quanto rischioso
possa apparire, è indispensabile per attivare lo sperma. Gli spermatozoi che
non passano attraverso questa prova del fuoco non sono in grado di fecondare
l’uovo.
In
tutte queste forme la forza che spinge il maschio e la femmina ad unirsi è
difficilmente valutabile. I frutti dell’amore appaiono strani e poco invitanti.
La sanguisuga esce dall’amplesso con dei buchi nella carne. Al maschio Platynereis viene portata via la coda
con un morso. La femmina Peripatus
riceve una stilettata nei visceri.
La
via sessuale dei ragni sembrerebbe
ancor più deludente; per la verità è circondata da tanti pericoli che è un vero
miracolo se queste creature sono riuscite a sopravvivere. Lungi dal sentirsi
spinto ad abbracciare la sua compagna, il ragno maschio ha tutte le ragioni per
starle il più lontano possibile, viste che la signora ha il brutto vizio, una
volta sacrificato a Venere, di rifocillarsi sgranocchiando il marito. Perciò il
maschio tiene la femmina a distanza, nel senso letterale della espressione e
per espletare la funzione sessuale non usa quell’organo intimo che è il pene,
ma il palpo, un’appendice situata in fondo a una delle sue quattro paia di
zampe. Dato che il palpo non è collegato direttamente con le ghiandole
produttrici di sperma, per trasferire il suo seme il ragno usa il sistema
indiretto. Anzitutto tesse una ragnatela speciale, poi depone in questa
ragnatela una goccia di seme, dopo di che immerge il palpo nello sperma per riempire
un organo minuscolo, simile a una siringa ipodermica lillipuziana, chiamato receptaculum seminalis. Il ragno
introduce una di queste siringhe nell’orifizio dell’apparato genitale della
femmina, inietta il suo sperma e se la dà a gambe più in fretta che può per
sfuggire all’abbraccio della compagna e al pericolo di venire trasformato in
uno spuntino.
In
certi insetti la tendenza al cannibalismo di cui dà mostra il ragno femmina
arriva molto più in là. Jean Henri Fabre, l’acuto e sensibile studioso della
vita degli insetti, rimase addirittura disgustato da tali deviazioni dell’impulso
sessuale. “Che dire”, egli domanda, “della cavalletta,
che prima di deporre le uova, squarta il corpo del compagno e ne mangia quanto
più può? E del grazioso grillo, la
cui femmina si trasforma in una iena, sfascia l’arpa dell’amato che le ha
appena dedicato una splendida serenata strappandogli senza pietà le ali e, a
prova della propria gratitudine, se lo divora parzialmente?”.
Il
primo premio per questi festini di carattere amatorio-cannibalesco probabilmente spetterebbe alla mantide
religiosa, le cui usanze sono state anch’esse descritte da Fabre.
“La
mantide, in genere, non è mai sazia di estasi nuziali e di banchetti. Dopo un
periodo di riposo che varia a seconda se le uova vengono deposte o no, un
secondo maschio è accolto amorosamente e poi divorato come il primo. Gli succede
un terzo: questi porta a termine la funzione per cui è nato, viene mangiato e
scompare dalla scena. Un quarto subisce il medesimo destino. Ho visto la stessa
mantide distruggere in questo modo, nel corso di due settimane, ben sette
maschi. Essa se li stringe al seno e poi li costringe a pagare con la vita l’estasi
nuziale. Vediamo una di queste orribili coppie impegnate come segue: il
maschio, assorto nell'esercizio delle sue funzioni vitali è avvinghiato alla
femmina in uno stretto abbraccio. Ma il disgraziato non ha più testa, non ha
collo, a malapena si può dire che abbia ancora un corpo. L’altra, le mandibole
rovesciate, continua placidamente a rosicchiare ciò che resta del cigno
gentile. È nel frattempo, quel moncherino di maschio, abbarbicato fermamente
alla femmina, continua la sua bisogna! Si dice che l’amore sia più forte della
morte. Preso alla lettera, mai l’aforisma ha ricevuto più brillante conferma. Una
creatura decapitata, un insetto amputato della parte superiore del corpo, un
vero e proprio cadavere, persiste nello sforzo di trasmettere la vita. Desiste soltanto
quando la femmina prende d’assalto l’addome, nel quale sono situati gli organi
della riproduzione”.
Queste
scoperte riempivano Fabre di tristezza. “Ho visto con i miei propri occhi e
ancora non sono rinvenuto dallo stupore”.
Probabilmente
avrebbero invece fatto la delizia di un latro francese, di colui che non si
stancava mai di sottolineare le peculiarità criminali insite nella natura: “O,
state tranquilli, nessun delitto al mondo potrà mai attirare su di noi la
collera della natura; tutti i delitti servono ai suoi scopi, tutti le sono
utili e quando essa ci spinge a commetterli state pur certi che è perché ne ha bisogno”
(De Sade, Juliette).
L’amore in fabbrica
Cominciamo
dalle api. Apis Mellifera, o ape mellifica. Abbiamo di fronte una
situazione in cui l’attività sessuale è stata eliminata dall'esistenza di quasi
tutti i membri della colonia. Nell’arnia la copulazione è un fatto sconosciuto.
Le migliaia di lavoratori che vanno e vengono incessantemente, trasportando il polline
o il nettare proveniente dai fiori che hanno visitati, sono tutte femmine. Femmine
esclusivamente in rapporto alla genetica, però, perché i loro organi sessuali
sono atrofizzati ed esse non possono accoppiarsi.
Nell'alveare,
l’energia sessuale si manifesta soltanto una volta in tutta la vita della
regina. E questo avviene in maniera talmente drammatica da risvegliare lo
stupore degli scienziati e l’ammirazione dei poeti.
Maeterlinck,
scrivendo prima che la “Grande Illusione” rendesse gli scrittori piuttosto
cauti in fatto di entusiasmi, dedicò parecchie pagine di prosa fiorita alla
descrizione dell’avvenimento. “Essa sfreccia verso l’alto, verso una zona
luminosa che le altre api non raggiungono in nessun momento della loro vita. Da
lontano i maschi, che cullano la loro pigrizia tra i fiori, hanno scorto l’apparizione,
hanno respirato l’affascinante profumo che dilaga all’intorno finché ogni
alveare dell’apiario ne è impregnato. Immediatamente si raccoglie una folla di pretendenti
che insegue la regina nel mare della beatitudine, la cui trasparente frontiera
è sempre più evanescente. Essa, ebbra del gioco delle sue ali, obbedendo alla
splendida legge selettiva della sua specie che le impone di eleggere ad amante
il più forte, l’unico che saprà raggiungerla nella solitudine degli spazi
eterei, sale, sale sempre più. Per la prima volta nel corso della sua vita, l’aria
azzurrina del mattino penetra negli stigmi della sua trachea simile a un
nettare divino, cantando la sua canzone nella miriade di tuboli delle sacche
tracheali colme di vento al centro del suo corpo. Ancora più in alto. Deve trovare
una zona non disturbata dal volo degli uccelli che potrebbero profanare il
mistero. Sale ancora; e già la frotta eterogenea che la insegue sta diradandosi,
sfoltendosi. I deboli, i malati, i vecchi, i derelitti, i denutriti provenienti
da cittadelle in letargo o impoverite rinunciano all'inseguimento e scompaiono
nel vuoto. Resta soltanto un piccolo grappolo di infaticabili, sospeso nell'infinita distesa opalina. La regina costringe le proprie ali a uno sforzo supremo, ed
ecco che il prescelto da forze misteriose la raggiunge, l’afferra e con essa si
libra verso l’alto in un impeto congiunto. La spirale ascendente del loro volo
intrecciato turbina per un istante nella ostile follia dell’amore”.
La
“ostile follia”, in questo caso, è un riferimento al fatto che la femmina
uccide il compagno; non divorandolo come fa una mantide religiosa, ma
strappandogli dall’addome l’apparato genitale al completo. Il Romeo sbudellato
precipita al suolo. La regina “scende dalle alture celesti e torna all’alveare,
trascinando, come un orifiamma spiegato al vento, i visceri dell’amante”.
La
morte del fuco non ha nessun importanza. La regina gli ha portato via la sola
cosa che conti e ha immagazzinato nella propria spermateca una riserva di
spermatozoi sufficiente a metterla in grado di deporre uova fecondate al ritmo
di duemila al giorno, durante i seguenti cinque anni.
Da
certe ghiandole speciali, le operaie secernono un cibo che gli apicoltori
chiamano gelatina reale; durante i primi tre giorni di vita tutte le api
vengono nutrie con questa sostanza, ma in seguito con la gelatina reale sono
alimentate unicamente quelle destinate a diventare regine, e che nasceranno da
uova collocate in celle particolari, molto più grandi delle altre. Dopo sedici giorni,
dalle larve emergono le giovani regine. La prima che spunta, immediatamente, d’istinto,
assassina tutte le consorelle regine, trafiggendole prima ancora che escano
dalle loro celle. Dopo di che intraprende il volo nuziale già descritto.
L’assassinio
delle regine rivali è soltanto uno dei massacri che sistematicamente si
verificano nell'alveare. Ancor più drammatico è il genocidio dei fuchi, dei
maschi in soprannumero che vengono periodicamente assaliti dalle operaie e
sterminati senza pietà.
L'energia sessuale - Robert. S. De Ropp - Longanesi & C.