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lunedì 1 febbraio 2016

Secret Talk With Mr.G. - E.J. Gold - IDHHB, INC.

Club di natura diversa
È necessario che tu lavori per mantenere l’esistenza planetaria. Allo stesso tempo tu hai molte responsabilità verso le persone; mentali, emozionali e psichiche. In questi tempi, non puoi davvero essere disturbato pensando a qualcosa. Non ti suggerisco di pensare a tutte queste domande. Ti do delle tecniche per questo. È così semplice e forse per questo trascurato. Mentazione significa temporanea, almeno per fare una domanda al centro di gravità. Tutto quello che fai nella vita, non importa quanto ordinario, è fatto solo in relazione alla domanda del centro di gravità. Quella domanda diventa per te il tuo Dio interiore, che sostituisce il male interiore, Dio, almeno temporaneamente.
La mia domanda, che da anni è divenuta il mio centro di gravità tutte-indipendenti-parti-prese-insieme, era, all’inizio consapevolmente iniziata, e poi ha proseguito per inerzia. “È vero che Dio soffre?”. Ogni cosa che ho fatto era in relazione a questa domanda. Per fare un centro di gravità ci si deve dare un limite di tempo. Questo crea un senso di urgenza.
Quando io faccio una domanda al centro di gravità, lo faccio con tutto il mio essere. Dopo aver lavorato con il mio primo gruppo, ho scoperto che la maggior parte di loro non era affatto in grado di fare tutto questo. Questo, perché loro non potevano fare una domanda di vita o di morte, neppure per gioco.
Quando ho visto il gruppo di New York, ho fatto la grave scoperta che erano le persone che si comportavano piuttosto sconvenientemente, nonostante il fatto che fossero apparentemente perlomeno interessate alle mie idee.  La questione è diventata per ora il mio centro di gravità. Anni fa avevo una domanda nel centro di gravità, “Come è possibile aiutare le persone a sterminare in sé la tendenza alla suggestionabilità”. Allo stesso tempo realizzai che non avevano un loro centro di gravità, e quindi non potevano fare in centro di gravità in se stessi. Suggestionabilità significa prendere tutto ciò che il centro di gravità propone di momento in momento. Ho sviluppato un modo per rendere possibile ad un individuo di sradicare in se stesso questa suggestionabilità. Ma per fare questo è richiesto almeno lo sforzo. Lo sforzo richiede un certo interesse. L’interesse richiede che le domande siano importanti. Ho scoperto che le persone sono molto felici di quello che sono. Così poi, sono stato costretto ad aspettare degli esseri insoddisfatti della loro vita ordinaria e ci ciò che gli potrebbe fornire.
Per molto tempo ho creduto che solo tali individui sarebbero venuti da me per lavorare.
Poi ho scoperto che alcuni potrebbero essere abbastanza soddisfatti della vita e tuttavia arrivare in una scuola.
Con ogni mezzo possibile diventa ora necessario, mettere in atto tutto ciò che serve per rendere possibile, solo a coloro che sono interessati al lavoro, venire qui e rimanere qui. Trovo anche, che pestare i calli non funziona. Che la gente, come i calli, è calpestata.

Traduzione Mariangela Mattoni

Secret Talks With Mr. G. di E.G. Gold - IDHHB, INC.


lunedì 14 dicembre 2015

Secret Talk With Mr.G. - E.J. Gold - IDHHB, INC.

Padroneggiare l’animale
L’informazione non può essere tramessa a nessuno, ma la conoscenza può essere trasmessa solo alla famiglia, da padre in figlio.
Le note che colmano “mi-fa” e gli intervalli “si-do” non esistono nella stessa ottava. Per attraversare l’intervallo lo si deve prendere in prestito da un’ottava diversa.
Il primo intervallo si verifica appena si entra nel lavoro. Esso è il “desiderio di lavoro” – desiderare qualcosa di più che vivere.
L’insoddisfazione è il risultato di molti anni di immersione nella vita e la realizzazione finale che niente di ciò che ci offre valga qualcosa.
Il lavoro sul desiderio deve entrare in un’altra ottava di influenza.
Questo è il primo intervallo “mi-fa” della scuola. Qui per i nuovi candidati c’è solo l’uno per cento di desiderio di lavoro contrapposto al novantanove per cento di desiderio personale. Alcune persone arrivano, in questa fase, per capriccio, altre sentono una reale necessità.
Se il desiderio di lavoro diventa attivo, uno può lavorare regolarmente senza aiuto esterno fino all’intervallo “si-do”, momento in cui un altro shock esterno deve essere fornito così che uno possa continuare.
L’intervallo “si-do” è il periodo di lavoro su se stessi, nel quale uno arriva faccia a faccia con la propria caratteristica principale, o animale. Durante questo momento di ricognizione è necessario che l’animale, prenda coscienza del suo interesse per progredire rapidamente oltre questo punto assolutamente essenziale. Se uno rimane passivo l’animale ne uscirà vittorioso. Una vota che l’animale è cosciente delle vostre attività, è solo questione di poco tempo, prima che comincerà a lottare senza pietà, in modo totalmente spietato, per continuare la sua vita.
Quando tu e l’animale siete faccia a faccia, è come vedere due avversari per la prima volta. Insieme a questo shock di riconoscimento, c’è per entrambi un vero un reale odore di pericolo. Quando questo si verifica è subito necessario lottare per la vita, perché avete tuttalpiù tre mesi prima di padroneggiare l’animale o lui diventerà il padrone. Esso può essere padroneggiato solo se non sa che sta per esserlo.  Se diventa cosciente di queste vostre attività intenzionali, userà ogni mezzo per rimuovere da se stesso la fonte di irritazione – che in questo caso è la scuola.
Ci sono scuole che insegnano all’animale a superare l’essenza. Gli alunni di tali scuole hanno una grande fantasia per spiegare a se stessi e agli altri le ragioni del loro amor proprio.
L’introduzione di queste idee è sufficiente a far precipitare questa lotta. Il solo sentire queste idee, senza agire su di esse, può condurci più vicino al punto di riconoscimento.
È pericoloso arrivare al punto-di-riconoscimento quando uno non è preparato, non possiede tecniche reali, e non può ottenere aiuto e dati per padroneggiare l’animale.
Per ottenere l’attenzione dell’animale quando si desidera attivare questa lotta, si deve evocare l’animale con la conoscenza. Nel suo vecchio significato, evocare, significa “con la conoscenza”.
Se uno conversa con il proprio animale, uno può parlare con qualsiasi animale, in tutto, due-cervelli e un-cervello, il linguaggio dell’animale è lo stesso.  Questo è il vero significato della storia di San Francesco d’Assisi che sapeva parlare con gli animali e li padroneggiava con amore. In fine, è anche possibile fare questo con l’animale selvatico. Per rendere obbediente l’animale, bisogna fare piccole cose. Lo sviluppo di una speciale volontà interna inizia nel centro motore. Se sai come farlo in un centro, fornisci indizi necessari per lavorare, dirigendo l’attenzione di tutti i centri.
La battaglia per dominare l’animale è come l’angelo e il diavolo.
Quello che una volta era per voi un paradiso, e che desideravate mantenere il più calmo e tranquillo possibile, diventa ora un campo, da cui conseguono una serie di battaglie campali. Questa lotta è una funzione dell’essere. Non è qualcosa che si può fare o non fare. Si può paragonare questo alla situazione di uno scassinatore chiuso dentro una cassaforte corredata involontariamente da una bomba, predisposta per esplodere ad un tempo sconosciuto. La bomba non può essere raggiunta e il fusibile e il timer non possono esser smontati fino a quando non si apre la cassaforte. Lui con conosce la combinazione della cassaforte ma ha tutti i suoi strumenti da ladro la sua conoscenza di casseforti e serrature. Lui deve lavorare in modo rapido ed efficace. Allo stesso tempo, non deve pensare nemmeno una volta alle possibili conseguenze, mentre lavora per liberarsi da questa situazione. Se anche per un attimo perde se stesso, quello sarebbe potuto essere il momento cruciale a lui altrimenti necessario. Forse il margine di errore è solo un momento. In questo caso la bomba esplode e lui è morto. Anche se, deve lavorare sotto estrema pressione, non deve permettere alle tensioni di interferire con le sue abilità. È così che si si deve lavorare con l’animale per dominarlo. Dovete diventare un professionista a tutti gli effetti. Vari fattori nel padroneggiare l’animale diventano importanti, quando prima non lo erano. Per stare con, si deve essere molto furbi. In questo modo, si possono esigere delle promesse dall’animale in cambio di piccole cose – ma queste piccole concessioni devono essere innocue; e, se possibile, capricciose. Per esempio, si può permettere all’animale di “andare allo zoo per un giorno” in cambio del fare una buffa faccia di fronte a tutti. Si deve offrire qualcosa di innocuo, ma interessante per l’animale, in cambio di qualcosa di piccolo che all’animale non dispiccerebbe fare come compito di pagamento. Se non si riesce a pensare immediatamente a un metodo di pagamento per l’animale, non si deve farlo.  Solo con uno scambio preciso questa tecnica di lavoro è realmente efficace. Questo metodo è chiamato fattore di contrattazione.
Dopo che la promessa è stata fatta, all’animale è data la sua ricompensa. Questo è il fattore di ricompensa. L’animale potrebbe non essere totalmente soddisfatto, ma la ricompensa non può essere negata. L’animale si arrabbia molto e si acciglia pericolosamente. Per negoziare con l’animale, bisogna sapere molto bene ciò che l’animale vuole. Qualsiasi aiuto usato nel fare affari con l’animale è chiamato fattore di assistenza. Possono essere Armagnac, sigarette, caffè turco. Ci vuole esperienza per essere in grado di utilizzare i fattori di assistenza. Si deve rendere l’animale piacevolmente brillo senza ubriacare se stessi. Studiare per trovare il fattore di vulnerabilità dell’animale.
Tuttavia è necessario nascondere la propria vulnerabilità. 
Nella negoziazione con l’animale, tu devi sapere quando essere capace di dire “no” e quando non esserlo. Se tu provi a fermare l’animale e gli permetti di disobbedire, anche una sola volta, non potrà ma più obbedirti. Non ti prenderà sul serio. Si deve dire “no” solo quando si ha la volontà di far rispettare quel “no”.

Traduzione Mariangela Mattoni


Secret Talks With Mr. G. di E.G. Gold - IDHHB, INC.


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venerdì 13 novembre 2015

Secret Talks with Mr. G., vol. 2, cap. 7 – E.J.Gold

La ricerca del dott. Livingstone

Qualcuno nel gruppo fece una domanda sul ricordo di noi stessi, su come riportare la nostra attenzione.
“Eh” G. incominciò burbero ma con un lieve sorriso. “Adesso vedete un po’ di verità, non solo della piccola verità ma della Verità con la V maiuscola. Non è possibile scoprire l’America se quando raggiungiamo la destinazione in cui si pensava di arrivare navighiamo al di là dei limiti del mondo.
L’uomo vede se stesso come un caos oggi, ed un altro domani. Oggi è solo un uomo ordinario, domani può essere un topo, e solo ieri era il Sig. dio. Quando non abbiamo un’identità reale, possiamo divenire qualunque cosa ci sia suggerita da influenze interne ed esterne, soprattutto, possiamo divenire entità differenti quando non abbiamo “presenza”.
Quando passiamo ogni porta verso una nuova identità come ci è suggerito dalle nostre influenze, dovremmo sforzarci di vederci in ruoli in continuo cambiamento. Possiamo quindi vedere chiaramente che non siamo oggi gli stessi che credevamo di essere ieri, che non abbiamo un’identità oggettiva, perché non siamo adesso ciò che eravamo ieri o il giorno prima.
Il vero sé non muta mai. I falsi sé mutano continuamente e divengono una cosa o un’altra. Riteniamo di essere qualunque cosa dentro la quale cadiamo, come bambini che giocano che finiscono per credere in quello che fanno finta di fare.
Possiamo ritirarci per un momento, possiamo vedere che ci siamo identificati come questa o quella entità. Quando ci mettiamo la lana sugli occhi non possiamo sapere che siamo caduti in un’identità. Una volta ogni tanto, però, se combattiamo, possiamo sapere che siamo caduti e possiamo guardarci indietro su di essa e dire a noi stessi “io non sono quello”.
Per ogni identità entro la quale siamo caduti, possiamo apprendere a guardarci indietro e ricordarci “io non sono quello”, rifiutando tutte le identità che non sono eterne ed immutabili, impiegando nuovamente ciascuna di esse con la testardaggine di un mulo ed allo stesso tempo desiderando con tutta la nostra forza di scoprire in noi quella sola identità che non muta e non può mutare ad ogni soffio di vento.
Possiamo impiegare questo esperimento per scoprire i nostri veri sé come cercheremmo di trovare il Dott. Livingstone. Continuare questa ricerca, osservare i sé impermanenti e transienti fino a che non trovate il vostro Dott. Livingstone.
Solo allora siamo in grado di dire senza mentire che stiamo cercando di ricordarci di noi stessi, perché solo allora abbiamo un sé autentico da cercare di ricordare.
Osservate tutte le impressioni dal punto di vista di questo sé nuovo ed immutabile. Assumere questa stazione per l’osservazione della macchina può essere chiamato “terzo occhio”. Quando, oltre a questo, riconciliamo tutte le contraddizioni interne, diciamo che abbiamo aperto il terzo occhio.
Se siamo in grado di vedere in modo imparziale un’identità transitoria mentre questa è ancora in vita, potete dire “non questo” invece di “non quello”; dirlo al presente invece che nel passato, ma con attenzione supplementare perché l’identità è ancora attiva.
Tutte le identità ordinarie vengono dalla personalità, ed in ogni caso quelle identità che possono successivamente divenire altre identità non sono il sé autentico.
L’uomo ordinario vede e manifesta dal centro che è il più urgente al momento e le cui influenze suggeriscono per associazione che dovrebbe essere al comando dell’organismo almeno momentaneamente. L’uomo è sotto la continua influenza della vita organica, il suo grande nemico, e tuttavia non deve mai combattere direttamente contro la vita organica.

Possiamo essere il sé reale in ogni momento. Dobbiamo vedere come le mutazioni del sé distorcono la nostra comprensione del Mondo reale. Magari siamo Dio in uno stato, forse all’inferno, ma potete togliervi da tutto ciò e non essere così il giorno dopo, quindi esse non possono essere il sé reale. 

RE NUDO Numero 68 – marzo/aprile 2003 – Traduzione di Marco Maria Bonello (ibjbon@tin.it


Secret Talks with Mr. G. di E.J. Gold



sabato 3 ottobre 2015

Secret Talks with Mr. G., vol. 2, capitolo 6 – E.J. Gold

La Lotta dei Maghi

Il gruppo chiese se avremmo mai visto il balletto “La lotta dei Maghi”.
G. rise profondamente e disse che avremmo potuto coreografarlo e metterlo in scena noi stessi, e che di fatto eravamo gli unici a poterlo fare; lui poteva “mettere a punto il palcoscenico” e “sistemare le luci” ma in ultima analisi noi eravamo i registi del balletto, i direttori di scena ed i coreografi.
Un balletto di questo tipo può essere messo in scena solo se si conoscono i nome dei due antagonisti principali, i potenti maghi che rappresentano le forze della luce e del buio, uno che si chiama “Ayo Vertabed” (Dottor Sì) e l’altro che si chiama “Na Vertabed” (Dottor No).

Sebbene entrambi impieghino gli stessi metodi ed i loro eserciti siano composti esattamente dagli stessi soldati, quando l’uno o l’altro diviene attivo, i loro lacchè sono di due caratteri completamente opposti.
Ordinariamente il loro stato di guerra semplicemente accade; non è organizzato e perciò è inutile per il nostro lavoro. Dobbiamo trovare un modo di organizzare la loro guerra e di renderla profittevole per il nostro lavoro. Dobbiamo diventare industriali delle munizioni, fornire il materiale e continuare ad alzare l’uno contro l’altro. È nostro interesse mantenerli in guerra l’uno contro l’altro.
Nell’uomo ordinario troviamo, se ci prendiamo la pena di guardare, la presenza di condizioni reciprocamente inconciliabili di sensazioni, pensieri, ricordi, modi di dire e manifestazioni, che non rappresentano che una frazione di un qualche tutto sconosciuto.
Tutte queste condizioni si oppongono in modo alquanto potente l’una all’altra e non possono coesistere pacificamente nello stesso organismo. Come dice il cow boy americano, “Questa città non è abbastanza grande per tutti e due”.
Ogni singola cellula dell’organismo può essere un condensatore di accumulo per un umore, un’idea, una manifestazione o un ricordo. Essi si accumulano senza prendere in considerazione la logica o la ragione poiché non vi è presenza di un singolo “io” che sia in grado di dare una categoria precisa ad un’impressione quando questa entra nella macchina.
Tutte queste contraddizioni si collocano in parti differenti dei centri in cui “è semplicemente successo” si sia accumulato allo stesso modo “piove” o “splende il sole”; esse non sono in grado di fondersi e di costituire il modo interiore di un uomo completo.
Se l’uomo ordinario dovesse improvvisamente sentire tutte queste contraddizioni in se stesso allo stesso momento senza degli speciali ammortizzatori, egli sarebbe continuamente tormentato e confuso, sentendo di essere divenuto matto; per poter funzionare, però, egli si è creato da qualche parte degli ammortizzatori che fungono da dispositivi di isolamento fra queste contraddizioni interne.
È per via di questi ammortizzatori che egli è in grado di esistere molto tranquillamente malgrado un centro di gravità che si sposta continuamente e di una differente serie di opinioni, idee e umori ogni momento o due.
Senza questi ammortizzatori egli avvertirebbe inevitabilmente l’orrore del caos interiore, il suo vero stato organico. Un uomo senza unità non può vivere a lungo senza ammortizzatori; egli deve o schiacciare queste contraddizioni come fossero una pulce, schiacciare come una pulce la propria coscienza, oppure andare in manicomio.
Anche se non può esattamente distruggere la coscienza, egli riesce a dormire più o meno bene ponendo questi ammortizzatori fra tutti i dati del suo mondo interiore.
Questi piccoli “me”, se presi tutti insieme, formano il suo falso io, o ciò che chiamiamo “personalità”.
È alla presenza e dialogo continuo di questa macchina artificiale della personalità che l’uomo ordinario attribuisce il suo meraviglioso “essere cosciente”.
Tutto ciò non può fare a meno di danneggiare la macchina, renderla sporca ed arrugginita. In alcuni luoghi si sono posti questi meccanismi artificiali composti da ammortizzatori molto potenti al fine di evitare la distruzione completa. Se questi venissero manomessi da un dilettante, la macchina si ridurrebbe rapidamente in conduzioni irrimediabili.
È vitale comprendere che l’isolamento avviene solo perché ogni sfaccettatura della personalità è accumulata in una parte differente di un differente centro. Ciò avviene a caso ed una qualunque parte della personalità può accumularsi in una qualunque parte di qualunque centro.
Nello studio di queste contraddizioni ammortizzate possiamo considerare come una forma completa, anche se caotica, tutti quei piccoli “me” che compongono quella macchina complessa che chiamiamo “personalità” cui l’uomo attribuisce tutti i suoi atteggiamenti, potere, idee, iniziative e presenza.
In breve, la personalità attribuisce a se stessa degli attributi.
L’uomo ordinario ha in se stesso la presenza di questo “ego” piuttosto che la presenza del suo vero “io”, capace di sola e semplice presenza. Solo molto più tardi l’”io” sarà in grado di apprendere a dirigere la macchina, e solo una volta che tutti gli ammortizzatori siano stati eliminati.
In un uomo in cui ciascun ammortizzatore contiene un “piccolo me”, vi è un centro di gravità che si sposta continuamente e che sembra una gemma molto complicata con molte facce, che cambiano secondo modelli che possono apparire casuali, che però di fatto obbedisce a certe leggi che possiamo apprendere e capire.
Impiegando la forza della riconciliazione, possiamo apprendere a fondere queste contraddizioni, a “sollevare Atlantide”, e quindi a far crescere l’organo della “coscienza”.
Le nostre storie di vita reale sono rivelazioni di noi stessi alla luce di queste contraddizioni, e la oloro riconciliazione finale possiamo chiamarla “redenzione”. Riconoscendo questa storia di vita reale e fondendo queste contraddizioni possiamo riparare al passato e redimere noi stessi per il lavoro superiore.
Per fondere queste contraddizioni è necessario eliminare gli ammortizzatori che si sono posti fra loro. Lo scontro diretto di forze di contraddizione in opposizione fra loro possono fare questo per noi se solo sappiamo come impegnarle in combattimento. Gli ammortizzatori sono troppo piccoli e non sufficientemente solidi perché noi siamo in grado di afferrarli direttamente.
Ordinariamente conosciamo solo un terzo della storia della nostra vita in ogni momento, a seconda di quale “piccolo me” è presente in quel momento. In questo senso, quella parte di se stesso che l’uomo crede di conoscere meglio e che lui crede sia il suo alleato più stretto è il suo vero nemico, la fonte del suo amor proprio e della sua vanità.
L’unità e la coscienza interiore possono essere ottenute mediante la creazione intenzionale di condizioni interne per la battaglia fra le forze del “sì” e del “no”. Questa battaglia dovrebbe assumere una forza definita ed avere un obiettivo definito.
Per evocare una grande battaglia di “sì” e di “no” è necessario sacrificare qualcosa di grande, altrimenti la macchina rende tutto uguale a qualsiasi altra cosa e il mondo interiore diviene solo “rose”, “rose”.
Dobbiamo trovare uno scopo sufficientemente importante per il “Dottor Sì” contro il quale il “Dottor No” si senta costretto a inviare tutte le sue forze. Deve essere una minaccia molto grave altrimenti il Dottor No non emergerà dalla sua usuale compiacenza, qualcosa che lo faccia spaventare molto, contro la quale egli continuerà a combattere senza pietà.
Quale scopo possiamo dare al nostro “Dottor Sì” che conduca il “Dottor No” ad una disperazione tale da fargli dichiarare lo stato di guerra?

Fece una breve pausa, con un dito sulla bocca, e poi proseguì: Per generare necessità organiche al nostro “Dottor Sì” e gratificazione personale al nostro “Dottor No”, dobbiamo almeno provocare il nostro centro istintivo-motorio poiché combatta per se stesso. Ma come possiamo fare questo per l’insieme di noi stessi e non per un solo centro della macchina? Come possiamo fare di noi un centro psichico per la lotta?

Dobbiamo in primo luogo comprendere che “sì” e “no” sono la stessa cosa di “amore” e “odio”.
Per colui che “ama” il gelato, ma “odia” il cinema o la zuppa di piselli non è possibile comprendere “sì” e “no”.
Sì e no non sono atteggiamenti o sensazioni, ma forze che si oppongono.
Possiamo fare qualche piccolo esempio di obiettivi in conflitto fra loro che forse possono aiutarci a mettere in scena il balletto della “lotta dei maghi”.
Ad esempio quando siamo stanchi possiamo rifiutare di giacere e riposarci e magari fare un lavoro molto pesante quale scavare una fossa o erigere un muro. Possiamo, se siamo attratti dai dolci, mettere davanti a noi un bon-bon e negarci questa piccola indulgenza.
Possiamo forzare le nostre macchine a lavorare con un tempo differente da quello normale; possiamo rifiutare di esprimere piacere o fastidio nei modi usuali; possiamo intenzionalmente rimanere in compagnia di qualcuno che ordinariamente ci ripugna, soprattutto qualcuno la cui chimica ci ripugni. Per forzare idee in conflitto da riconciliare dobbiamo, se necessario, essere pronti a giacere e a convincere noi stesse che stiamo in piedi.
Questi piccoli conflitti sono facili da comporre. Successivamente, per mettere in scena un balletto reale, dobbiamo coinvolgere questi due potenti maghi in una vera lotta per sopravvivere. Il balletto deve avere un grande conflitto per mantenere la lotta fra queste grandi forze.
Ho un’idea. Trovate lo scopo di conflitto più grosso possibile, che metta a questi due maghi la voglia di combattere. Deve trattarsi di un conflitto così grande che entrambi si sentano costretti a combattere per sopravvivere, tuttavia non così grande che l’organismo si ammali per effetto della battaglia.
Dobbiamo avere un balletto di combattimento, non esattamente come la guerra ordinaria; vi è sia bellezza sia orrore, ma non è che semplicemente accadono: sono coreografe, messe in scena e controllate dal regista.
Se potete trovare lo scopo di conflitto finale per il quale entrambi i maghi si sentono obbligati a combattere per ottenere la loro stessa vita ed impedire quella del nemico, date prova di comprendere la vostra macchina; in quel caso può esservi d’aiuto. 
Non ha importanza quale parte vinca, il risultato è lo stesso perché il “Dottor Sì” ed il “Dottor No”, come i loro danzatori-combattenti, sono lo stesso individuo, entrambi i ruoli giocati dallo stesso attore, il vuoto che combatte contro il nulla.
Cercate di vedere come questo possa essere un esperimento reale per voi, e che potete fare adesso, non semplicemente un divertente filosofare.

Qualcuno nel gruppo chiede come si potesse fare “Non ci avete dato abbastanza per lavorarci su” disse J. “come possiamo incominciare questa battaglia a meno che non ci diciate più esattamente come procedere”?
“Basta” disse G. “ho addirittura dato troppo. Oggi non una parola di più”.


RE NUDO Numero 67 – gennaio/febbraio 2003 – Traduzione di Marco Maria Bonello (ibjbon@tin.it)  

Secret Talks with Mr. G. di E.J. Gold


lunedì 14 settembre 2015

Secret Talks with Mr. G., vol. 2, capitolo 5 – E.J. Gold

Un augurio per tutti

Ci riuniamo nuovamente nell’appartamento ignorando la grigia strada fangosa sotto di esso. Un altro temporale si era aggiunto agli strati ghiacciati della neve cittadina coperta di fuliggine, la temperatura era salita ad un piacevole livello di 30 gradi F. 

G entrò e sedette su di un cuscino che uno dei membri aveva procurato. Tutti noi ci prendemmo mentalmente a calci per non averci pensato. Il tappeto non era mai stato rimosso, ed eravamo contenti dell’imbottitura, poiché sarebbe stato molto scomodo sedersi sul solo palchetto di legno. 

G. incominciò il suo discorso per quella sera.
Nella vita ordinaria non vi è in noi un’unità che desideri la stessa cosa sempre ed in ogni occasione. 
Talvolta vogliamo qualcosa ed un momento dopo qualcosa di completamente diverso. Nell’uomo ordinario nella dà a lui “un centro di gravità per i suoi desideri”.
Possiamo generare l’inizio dell’unità creando in noi un centro di gravità speciale per desiderare ciò che chiamiamo il nostro “desiderio di lavoro”. 
Un forte desiderio di “lavoro” è un obiettivo che è divenuto per noi almeno temporaneamente più importante di qualunque altra cosa nella vita, almeno fino a che non è stato ottenuto in una misura che ci soddisfi. Per lo scopo di questo esperimento è necessario che impariamo a fare tutto quanto in relazione a questo nostro desiderio di lavoro.
Se continuiamo nel modo ordinario fino a che tutti i nostri desideri impulsivi interiori in conflitto finiscono per neutralizzarsi l’uno con l’altro, finiremo per non avere più desideri che rimangano in noi. A quel punto non avremo altra scelta se non scivolare senza possibilità di aiuto e senza nessuno scopo verso la morte ordinaria come i cani. 
Sopravviviamo nel “lavoro” fino a che abbiamo “capacità di desiderare”. La sopravvivenza del nostro desiderio ha la sola proprietà di consentirci di completare il nostro lavoro, per questo scopo però dobbiamo essere più grandi di noi stessi ed avere un’esistenza che vada oltre le nostre piccole vite. I desideri ed i “voleri” ordinari sono molto più piccoli di noi, quindi dobbiamo in primo luogo scoprire qualcosa che sia più grande. Purtroppo la maggior parte della comprensione dell’uomo è limitata a ciò che è più piccolo di lui. 
Se potessimo vederci psicologicamente dissezionati, vedremmo una complessa organizzazione interna di molti piccoli “me”, ciascuno con i propri desideri, il proprio potere, i propri pensieri e sensazioni, con le proprie convinzioni ed in particolare con le proprie manifestazioni
Ciascuno di questi è convinto della propria realtà e del suo diritto a guidare l’organismo, almeno momentaneamente. Ciascuno è anche convinto di essere in grado di agire indipendentemente e di avere autorità completa sulla “macchina”. Ciascuno è convinto del suo diritto di chiamare se stesso “io” quando fa riferimento all’identità generale della macchina. 
L’unità di questa complessa disorganizzazione di parti può generarsi solo per effetto di un lungo sforzo che fonda le sue parti in un tutto equilibrato. Nella vita ordinaria questa fusione non potrà mai avvenire per semplice accidente. Possiamo “forzare” il prodursi di questa fusione solo mediante un’alchimia interna intenzionale
Per avviare un processo di alchimia interna dobbiamo incominciare con l’immaginario, e sperare che un giorno divenga reale mediante la ripetizione continua. Non possiamo aver risultati dopo che abbiamo provato solo una volta o due, e dobbiamo comprendere esattamente che cosa stiamo cercando di fare. 
Solo con una chiara idea del nostro scopo si può ottenere un cambiamento mediante gli sforzi immaginari che facciamo all’inizio. 
Evidentemente, è solo a goccia a goccia che uno sforzo immaginario diviene reale, ma dobbiamo incominciare da qualche parte. 
Prima di questo esperimento, e prima di qualunque esperimento da adesso in poi, ricordate di fare un “augurio per tutti”, un giuramento di forza più grande che con semplicemente un desiderio per se stessi. Molti hanno sempre una necessità più grande che non uno solo. La sopravvivenza del nostro desiderio dipende dalla nostra capacità di raccogliere il potere della necessità. 
Questo “augurio per tutti” fatto dentro di noi può collegarci un giorno con il Corpo Mistico del Cristo che esiste sempre fuori dal tempo in tutte le età, da molto prima che il vostro Gesù vivesse e morisse. 
Solo quando tutti i centri hanno vivo il desiderio allo stesso tempo per la stessa singola cosa possiamo dire che in un uomo c’è un inizio d’unità. Lui può dire “io desidero” senza che nessuno rida
Può darsi che crediate ancora di poter desiderare solo per voi stessi. Forse è possibile, non lo so, ma per me, io non posso fare qualcosa solo per me. Se desidero, deve essere per il massimo bene che si possa ottenere. È così che sono forzato a divenire un Uomo Astuto. 
Un Uomo Astuto può darsi abbia ottenuto questo o quello, ma una cosa è certa. Poiché ha ottenuto l’imparzialità anche nei confronti dei suoi stessi obiettivi, egli non ha necessità per se stesso. Tuttavia, allo stesso tempo, può avere un’anima che soffre in modo indicibile ogni giorno di più che egli è forzato a trascorrere “in esilio”. 
L’uomo Astuto è forzato a divenire un insegnante, è anche un ladro, forzato dal destino ad aiutare se stesso aiutando gli altri, ma lui a chi può rivolgersi? Tutti quelli della sua gradazione sono sulla stessa barca. 
Deve cercare aiuto altrove attraverso i propri sforzi e le proprie fatiche.
Può trovare molti che abbiano necessità ma che non abbiano i mezzi o la dottrina. Può trovare un modo di intrappolarli nella sua sfera di influenza in modo di forzare il destino a fornire un mezzo per i suoi allievi ed allo stesso tempo fornire a lui la necessaria comprensione per continuare il suo lavoro. La conoscenza deve già possederla. 
Se i suoi allievi possono essere spinti ad avere la genuina necessità e non solo la curiosità teosofica, escludendoli allo stesso tempo da tutte le fonti ordinarie di aiuto, l’Uomo Astuto può, mentre trasmette i mezzi per soddisfare le necessità dei suoi allievi, prendere anche ciò di cui egli stesso ha bisogno. In questo modo può generare una necessità per se stesso senza avere una genuina auto-necessità.
L’Uomo Astuto è forzato a divenire un esperto nel fornire ad altri una volontà genuina di lavorare, in particolare nei confronti dell’obiettivo per cui sta lavorando in quel momento. 
L’Uomo ordinario non ha necessità per se stesso, e nessun modo di scoprire da solo la Dottrina. Non può creare un Metodo per se stesso, e dipende perciò dall’Uomo Astuto per la sua iniziazione nel Lavoro e per i suoi primi sforzi. 
L’Uomo Astuto ha appreso qualcosa che solo desiderando qualcosa di più grande di se stesso può ottenere in sé un qualcosa che abbia valore.
Può apprendere e prendere ciò di cui lui ha bisogno fornendo ai suoi allievi ciò di cui loro hanno bisogno.
Naturalmente deve anche fornire loro la necessità che saranno poi obbligati a soddisfare. 
Facendo sforzi per altri possiamo ricevere intenzionalmente per noi stessi ciò di cui abbiamo bisogno. Per esprimere un desiderio più grande di noi dobbiamo apprendere a conformarci alle leggi della necessità del lavoro. Possiamo apprendere queste leggi ed applicarle come necessario, a condizione che noi consideriamo e rispettiamo altri che sono trascinati nel nostro lavoro. 
Dobbiamo apprendere a mettere gli altri davanti a noi, a servire le loro necessità prima delle nostre al fine di trarre competo vantaggio da questa tecnica. Ciò significa essere coscientemente egoisti nel senso del servizio ad altri per profitto personale. 
Fornendo le condizioni di lavoro, l’insegnante ottiene un’esperienza genuina per la comprensione di se stesso. Potete anche impiegare questa tecnica formando gruppi e dando loro quello che apprendete qui. 

Ora vi darò una piccola intenzione di lavoro che potete impiegare per voi. Quando fate un sacrificio di qualunque cosa per il vostro lavoro, quale quello di un’emozione inferiore, di una sigaretta, o di un superalcolico, dite con la forza più piena possibile del sé interiore “desidero che i risultati di questo piccolo sacrificio siano impiegati per il beneficio di tutti gli esseri, ovunque”, e fate riverberare questo nel plesso solare. 

RE NUDO Numero 55 – Anno VI – novembre 2001 – Traduzione di Marco Maria Bonello (ibjbon@tin.it)  


Secret Talks with Mr. G. di E.J. Gold