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mercoledì 29 agosto 2018

Sociologia generale, temi, concetti, strumenti

Potere e disuguaglianze globali
Nel 2010, con il boom del mercato azionario, per la prima volta la Apple ha superato la Microsoft, diventando l'azienda di alta tecnologia a più alta capitalizzazione di mercato del mondo (Helft e Vance, 2010). In Cina, però, gli operai che assemblano molti prodotti Apple, tra cui i diffusissimi iPhone e iPad, non hanno festeggiato di certo la buona notizia: nei primi cinque mesi dell'anno si suicidarono in dieci, per la maggior parte gettandosi dai balconi dei dormitori costruiti dall'azienda accanto alla megafabbrica di Shenzhen (BBC, 2010a; 2010b). Quegli operai erano alle dipendenze della taiwanese Foxconn Technologies, il più grande assemblatore del mondo di computer e dispositivi portatili, che lavora per Apple e per altre aziende dell'alta tecnologia. I dipendenti della Foxconn lavorano sei giorni alla settimana per una paga-base di 132 dollari al mese; l'impegno quotidiano va dieci a dodici ore, e lo straordinario è la norma; non possono parlare durante il turno e sono assoggettati a una disciplina militare, che ha fatto dire a uno di loro: "È come una prigione". Eppure, la Foxconn è considerata una delle migliori aziende per cui lavorare: in molte altre fabbriche cinesi, le condizioni di lavoro sono assai peggiori.
L’ondata di suicidi ha attirato un’imbarazzante copertura mediatica, finché le autorità cinesi non hanno imposto alla stampa di abbassare i toni. Quando i media occidentali hanno riportato la vicenda e le imprese che appaltano la produzione alla Foxconn hanno manifestato preoccupazione, l’azienda ha aumentato i salari del 20% per sollevare il morale delle maestranze e ha messo delle reti ai balconi dei dormitori per prevenire i tentativi di suicidio.
Dietro i brand di successo dell’elettronica di consumo e di altri settori che dominano l’economia globale di oggi si nascondono spesso casi analoghi di sfruttamento della manodopera. 

Consumo e identità
Probabilmente i vostri bisavoli avevano delle identità che riflettevano i luoghi in cui erano nati e dove avevano vissuto e lavorato, le loro credenze religiose e i forti legami che li univano a una determinata comunità.
La vostra identità, invece, è senza dubbio ancora in formazione, magari per effetto di diversi mutamenti: il cambiamento di scuole e di amicizie, l’andare a vivere da soli e la progettazione di un percorso di carriera mentre frequentate l’università. La natura della nostra identità riflette in gran parte la natura della nostra società.

Come scrisse il sociologo Paul Berger (1963), “Le società tradizionali assegnano identità definite e permanenti ai loro membri”.
“nella società moderna”, osserva Berger, “l’identità è incerta e in divenire”.
Poiché la famiglia di origine e il luogo di nascita non determinano più necessariamente il nostro futuro, lo sviluppo del nostro Sé non è automatico.

In una società ultra commercializzata, in cui quasi tutto è in vendita, ciò che acquistate e dove lo acquistate possono assumere una grande importanza nell’affermazione della vostra identità.
Il consumismo è un’enfasi sullo shopping e sul possesso di beni materiali come via d’accesso alla felicità personale. Attraverso il prodotto, i pubblicitari vendono un’identità, e gli individui, a laro volta, esprimono la propria identità attraverso le scelte che fanno nel proprio ruolo di consumatori (o con il rifiuto del consumismo). 
Nel suo libro dal titolo azzeccatissimo, The Conquest of Cool, lo storico della cultura Thomas Franck (1997) ha dimostrato che negli anni ’60 i pubblicitari sfruttarono la cultura popolare dell’epoca per promuovere il consumo come forma di autoespressione creativa. Svariati beni di consumo venivano presentati come oggetto di elezione da parte dei non-conformisti, dei ribelli e dei tipi “alla moda”, per esempio i furgono Volkswagen, le macchine fotografiche Polaroid e le moto suzuki. La pubblicità induceva i consumatori a rifiutare il conformismo – seguendo l’invito ad acquistare determinati prodotti. Il risultato, naturalmente, era la riproduzione di un nuovo conformismo: quello di tutti coloro che acquistavano i prodotti associati alla ribellione. Il fatto che le grandi imprese propongano il consumo di massa come mezzo di autoespressione e di ribellione individuale – per paradossale che possa apparire – emerge frequentemente nelle campagne pubblicitarie. Nel 2010, per esempio, quando venne lanciato il primo tablet, la Apple reclamizzò la “rivoluzione” dell’iPad; la campagna precedente, volta a promuovere i Macintosh, aveva come slogan Think Different (“Pensa differente”) e utilizzava l’immagine di grandi rivoluzionari come il Mahatma Gandhi, John Lennon e Martin Luter King jr.

Lontano anni luci dal concetto marxista secondo cui dovrebbero soddisfare dei bisogni elementari, i beni di consumo di oggi si incentrano spesso sull’immagine e sull’identità.

I brand che scegliamo sono carichi di un significato sociale che va ben oltre l’uso pratico del prodotto. Beni di prestigio (come le automobili, l’elettronica e i capi di abbigliamento) riflettono sempre più il nostro “prestigio” sociale (Baudrillard, 1988b).


Fonte: Sociologia generale - temi, concetti, strumenti di David Croteau e William Hoynes 




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domenica 29 luglio 2018

Battaglia per il presente – Henri Thomasson

Immerso ininterrottamente nel flusso dell’esistenza, modellato da ogni circostanza in cui si viene a trovare, succede che l’uomo veda rafforzarsi alcuni aspetti della sua manifestazione, instaurarsi determinate abitudini e formarsi atteggiamenti e opinioni che pretendono, spesso in buona fede, di esprimere al momento dato la sua tonalità. È così che in ogni circostanza egli dice “io” e s’immagina di essere interamente “se stesso” attraverso ciascuno dei personaggi cui man mano è identificato. E senza che egli se ne renda minimamente conto, tutti questi “io”, quasi sempre privi di rapporto tra loro, finiscono man mano per allontanarlo dalla propria “individualità”, cioè dal proprio “essere interiore”.

Come riconoscermi in questo amalgama di qualità, alcune delle quali mi appartengono in proprio e altre no? “Risalite alla vostra infanzia”, ci dice A., “e ritrovate il gusto suscitato in voi dalle impressioni di allora: ciò vi insegnerà molte cose sulla vostra essenza” …
Uno strano gusto, un gusto di cui un tempo ero saturo, e che oggi posso ritrovare solo giù nel profondo, dove a lungo è rimasto dimenticato, un gusto su cui oggi passa e ripassa l’ombra delle nostre azioni apprese, dei pregiudizi e delle immaginazioni invadenti …
Nonostante gli sforzi, mi riesce difficile distinguere la mia vera essenza, ma, in ogni movimento mentale o affettivo che sorge dentro di me, posso riconoscere senza ombra di dubbio i tratti della mia personalità.

PRIME ESPERIENZE
Cerco di sentirmi essere.
Dalla mia testa s’irradia un’energia capace di esercitare un potere su ciò che mi sta intorno e sul mio corpo, che essa percorre rendendo vivida la mia gioia ed esaltando la sensazione di vivere. Per poterla isolare, io concentro le forze su ciò che ne ritengo la fonte, e tra quel punto e il mio corpo si stabilisce una certa distanza. Per conoscere il mondo psichico che non ho ancora mai affrontato in tale modo, cerco di separalo dal corpo. Seduto a gambe accavallate, tento di essere soltanto quel “potere”: il corpo si allontana, non lo sento più; mi concentro ulteriormente: finirò per svenire? Dove sono? Il tentativo mi sembra pericoloso.
Lascio che le cose riprendano lentamente il loro posto.
Che cosa è successo? In quale momento è cessata la sensazione di essere? Sono le domande che ho fatto alla prima riunione seguita a questa esperienza.
“Il suo tentativo è completamente sbagliato. Al contrario, bisogna calmarsi, fare silenzio, ascoltare e raccogliere in sé tutta l’attenzione possibile. Bisogna decontrarsi al massimo: solo la decontrazione può aprire la strada che permette all’attenzione di attraversare la massa opaca dell’immaginazione e del corpo teso”.
Una decontrazione per svegliarmi? Il rilassamento muscolare non contribuisce piuttosto a preparare le condizioni del sonno?...
Ma di ben altro si tratta. Qui la decontrazione è una simultaneità di due sforzi essenzialmente molto diversi, il “rilassamento muscolare” e l’”attenzione”, con il corollario di un evento che testimonia la giustezza degli sforzi compiuti: la “sensazione di sé”.
Seduto a gambe accavallate, comincio a osservare me stesso, attento al silenzio che il pensiero immobile introduce di colpo nel mondo brulicante in cui mille preoccupazioni vorticano come falene intorno alla fiamma.
Il potere che irradia dallo stesso punto in cui sorge il pensiero, adesso lo chiamo “attenzione”. Diretta successivamente sulle varie parti del corpo, essa le percorre lentamente mentre io mi rilasso, cioè mentre sciolgo, prima in superficie e poi più profondamente, le tensioni che poco fa non sentivo nemmeno. All’interno di ogni livello muscolare se ne presenta un altro in cui l’attenzione cancella qualcosa. Sono perfettamente immobile, nulla si muove se non il respiro sempre più calmo e il cuore, il cui ritmo costante non subisce alcuna influenza da parte mia.
Mi sento aggredito da tutte le parti. Il corpo, inquieto, mendica un movimento, e ogni sua richiesta interrompe il flusso dell’attenzione; non solo, ma non appena si sviluppa insidiosamente la speranza di un risultato immediato, quel flusso addirittura svanisce, e nonostante uno sforzo tanto delicato quanto insistente, sopraggiungono alcuni pensieri a inaridirne di colpo la fonte.
L’unico modo per liberarmi dalle potenze che invadono solitamente il mondo dei pensieri e dei sentimenti è quello di ristabilire il contatto attenzione-corpo. I rendo conto che questa invasione rappresenta il mio stato abituale, cioè una condizione di sonno contrapposta allo stato di presenza a me stesso: presenza che posso sperimentare nella sua realtà solo quando cessa lo stato di sonno. La mia lotta consiste proprio nel ristabilire quel contatto, nonostante l’incessante attacco delle forze che cercano di riportarmi al livello ordinario.

Fonte: Battaglia per il presente di Henri Thomasson





martedì 27 marzo 2018

Le influenza celesti – Rodney Collin


I. L’ASSOLUTO

Immaginiamo una palla di ferro rovente che rappresenta l’unità. La sua composizione, peso, forma, temperatura e radiazione, costituiscono una cosa, un essere. Ma il suo effetto su tutto quello che la circonda si sviluppa secondo tre fattori:
  • essa li illumina e li riscalda in proporzione inversa al quadrato della sua distanza (radiazione)
  • li spinge in proporzione diretta alla sua massa (attrazione)
  • li influenza dopo un intervallo in proporzione diretta alla sua distanza (tempo)

Se la sua massa e la sua radiazione sono costanti, allora questo terzo fattore, sebbene presente, rimane invisibile ed incommensurabile.
Ma per tutti gli oggetti che sono in rapporti diversi con la palla radiante, l’effetto combinato di questi tre fattori sarà diverso e distinto. Così le variazioni nell’effetto dell’unità radiante, attraverso l’azione reciproca di questi tre fattori, diventano infinite.
Qui abbiamo collocato due cose: una unità radiante ed il suo ambiente. Immaginiamo ora una singola palla il cui polo sud sia arroventato ed il cui polo nord sia allo zero assoluto. Se supponiamo che questa palla o sfera sia fissa nella forma, quantità e massa, più grande è il calore del polo sud, più grande è la rarefazione della materia nelle sue vicinanze, e di conseguenza più grande è la condensazione della materia in vicinanza al polo freddo. Se il processo va avanti all’infinito, la radiazione e la massa si separano completamente, il polo sud si presenta come se fosse radiazione pura, ed il nord massa pura.
Ora, proprio all’interno della sfera stessa, questi tre fattori – radiazione, attrazione, tempo – creeranno un numero infinto di condizioni fisiche, un numero infinito di rapporti fra i poli. Le tre modificazioni dell’unità avranno creato infinite varietà.
Ogni punto della sfera riceverà una quantità precisa di radiazioni del polo sud, sentirà un preciso grado di attrazione dal polo nord, e sarà separato da entrambi i poli (sia nel ricevere gli impulsi che nel rifletterli) da periodi precisi di tempo. Questi tre fattori, insieme, formeranno una formula che fornirà una definizione perfetta di ogni particolare punto della sfera, e che indicherà esattamente la sua natura, le sue possibilità e le sue limitazioni.
Se chiamiamo cielo il polo sud, ed inferno il polo nord, abbiamo un’immagine che rappresenta l’Assoluto della religione. Ora, tuttavia, il nostro compito è quello di applicare questo concetto all’Assoluto dell’astrofisica, q quel quadro del Tutto che la scienza moderna sta tentando di vedere attraverso le smisurate distanze e le inimmaginabili durate che si aprono davanti a lei.
Dobbiamo immaginare che l’intera superficie della nostra sfera universale, con i suoi poli di radiazione e di attrazione, si cosparsa di galassie in crescita, e che l’intera superficie del Sole sia cosparsa di mulinelli di fuoco. Questa “crescita” delle galassie vuol dire espansione da un polo di assoluta unità di luce ad una infinita estensione di molteplicità e di distanza; poi una nuova contrazione verso un polo di assoluta unità della materia. Ma i poli di luce e di materia sono solo gli estremi opposti dello stesso asse. E tutta questa “crescita” è solo la superficie dell’universo nell’eternità”[1].
Questa sfera universale non è sottoposta né a misurazioni, né a logiche umane. I tentativi di misurarla in modi diversi si sono dimostrati delle assurdità, e deduzioni ugualmente plausibili su di essa conducono a conclusioni diametralmente opposte. E questo non è sorprendente se ricordiamo che è la sfera di ogni possibilità immaginabile e inimmaginabile.

Da un punto di vista tutte le galassie, tutti i mondi possono essere considerati come in continuo lento movimento dal polo della radiazione, all’equatore della massima espansione, per decrescere di nuovo al polo finale della massa.
Da un altro punto di vista, può essere la forza-vita, la consapevolezza dell’Assoluto stesso, che crea questo eterno pellegrinaggio. Inoltre, come conseguenza della nostra definizione dell’Assoluto, tutte le parti, le possibilità, i tempi e le condizioni di questa sfera universale devono esistere insieme, simultaneamente ed eternamente, sempre cambiando e sempre restando le stesse.
In una tale sfera tutti i concetti della fisica antica e moderna possono essere uniti.
L’intera sfera è quello spazio chiuso postulato per la prima volta da Riemann. La nuova idea di un universo in espansione, che raddoppia le sue dimensioni ogni 1300 milioni di anni, è una espressione del movimento dal polo della radiazione verso l’equatore della massima espansione.

Tutto quello che possiamo dire con certezza è che l’Assoluto è Uno, e che dentro questo Uno, tre forze, che si differenziano come radiazione, attrazione, tempo, tra di loro creano l’infinito.

Fonte: Le influenze celesti di Rodney Collin




https://www.macrolibrarsi.it/libri/__le-influenze-celesti.php?pn=2028


[1] Vedi “Cosmologia moderna” di George Gamow in Scientific American, marzo 1954

martedì 13 febbraio 2018

La terapia unificata di tutto - Maurizio Forza

Tutta la materia deriva dall’esplosione di quel nucleo iperdenso iniziale attraverso il Big Bang. Le leggi fisiche hanno imposto un progressivo rallentamento e raffreddamento delle alte energie inizialmente emesse da quella esplosione. Ciò ha permesso l’aggregarsi delle molecole che poi hanno interagito tra di loro. Questa iniziale formazione di particelle e poi molecole deriva, come abbiamo spiegato, dall’osservazione focalizzata ed intenzionale delle funzioni d’onda quantistiche che caratterizzavano i momenti antecedenti alla destabilizzazione di quel nucleo che se ne era rimasto tranquillo fuori dal tempo e dallo spazio e vai a sapere per quanti eoni. Il collasso della funzione d’onda, ossia il momento in cui un’onda di sola possibilità diventa qualcosa di reale e tangibile, parte dall’effetto osservatore quantistico. Questa entità, in pratica, mette in moto quei meccanismi che fanno sì che l’osservazione di come una cosa potrebbe essere lo diventi poi in realtà: essa impone una particolare configurazione dello spazio, del tempo e della materia attingendo da tutte le possibilità esistenti solo in teoria e che “vivono” in quello che viene definito lo spazio delle varianti. Questo è una sorta di ambiente virtuale dove ci sono le idee di come tutte le cose potrebbero essere, ma dove nessuna di esse è davvero ancora stata sperimentata per come, appunto avrebbe potuto essere.

… queste variabili osservate tra le tante, attraverso il rallentamento e raffreddamento dell’energia uscente dal primo momento dell’osservazione cominciano a scendere lungo le scale delle frequenze dell’energia stessa ed entrano nel reame tridimensionale nel quale siamo ora.

Siamo fatti ad immagine e somiglianza degli Dei.
Quindi se la materia per funzionare e, soprattutto, per restare aggregata ha bisogno di un’idea specifica secondo la quale strutturarsi, si spiega la necessità del dover avere delle strutture specifiche, dei canali preferenziali, dove queste idee retaggio dell’evoluzione, possano restare coerenti durante tutta la vita dell’essere vivente e della struttura materica.

Del resto avevamo già visto come già dalle prime fasi delle divisioni cellulari quello che succede è che la materia che si divide e si replica lo fa attraverso la coerenza informativa come sé stessa mantenuta da linee energetiche, di luce per quello che queste immagini ci consentono di capire.

Basterebbe smetterla di chiamarli Meridiani e cominciare a dar loro il nome che gli è proprio e che ne spiega per altro la loro funzione ma soprattutto la loro NECESSITÀ.

Sono linee di campo, linee di equivalenza elettromagnetica di coerenza frequenziale. Sono linee di pensiero strutturato specificatamente organizzate per permettere lo svolgimento delle funzioni per le quali la materia è pensata. Per come si è costruita, si deve mantenere automaticamente organizzata affinché tali funzioni possano essere svolte.

Sono veramente da considerare una necessità fisica di strutturazione di pensiero che, affinché resti costante e coerente nel corpo, devono fin dal principio della progettazione delle prime fasi, restare presenti e stabili.

Perché la materia resti aggregata in forma tangibile, i canali contenenti l’idea che la materia sta sperimentando, devono continuare a racchiuderla in forma energeticamente stabile e quindi elettricamente coerente a quella originaria.

Senza l’idea di base mantenuta stabile, la materia semplicemente si disgregherebbe. Sono una necessità, non un orpello spiritualistico per fanatici della new age orientale.

Pura coerenza fisica. Per come la materia si struttura qui sulla terra.

In buona sostanza sono il servo-sistema di base della scheda madre del nostro computer biologico. Secondo le idee in essa contenute (perché ricordiamo che le idee sono informazioni, quindi frequenze che devono propagarsi attraverso qualcosa), la materia si definisce e differenzia fin dai suoi primi movimenti di divisione. Questa configurazione continuerà fino al momento in cui si renderà conto di non servire più allo scopo originario, che era quello di verificare la fattibilità tridimensionale di un’idea esistente nello spazio delle varianti. E da lì il corpus di base dello scorso libro nel quale si è cercato di dimostrare come, per non dare più la necessità al corpo umano di dover morire, fosse sufficiente continuare a ricercare nuovi PARADIGMI DI SCOPERTA NON ANCORA SPERIMENTATI. Questo affinché la materia stessa dovesse ristrutturarsi sempre in forme nuove, non ancora sperimentate, e quindi vergini e nuove. Ecco nascere il concetto di staminali indifferenziate da differenziare a nostra precisa volontà.

Tutta la medicina tradizionale energetica pone una suddivisione nelle 24 ore di “picchi” di attività che definiscono 12 meridiani principali così suddivisi:
ore 3.00-5.00             POLMONE
ore 5.00-7.00             INTESTINO CRASSO
ore 7.00-9.00             STOMACO
ore 9.00-11.00           MILZA/PANCREAS
ore 11.00-13.00          CUORE
ore 13.00-15.00         INTESTINO TENUE
ore 15.00-17.00         VESCICA
ore 17.00-19.00         RENI
ore 19.00-21.00         MAESTRO DEL CUORE (GENITALI e PERICARDIO)
ore 21.00-23.00         TRIPLICE RISCALDATORE (TIROIDE e SURRENI)
ore 23.00-1.00           VESCICOLA BILIARE (CISTIFELLEA)
ore 1.00-3.00              FEGATO

MANTENERE IL FOCUS SULLA FISICA EVOLUTIVA
Schematizziamo per essere chiari:
  • Un osservatore collassa una funzione d’onda.
  • La funzione d’onda struttura la molecola in modo coerente.
  • Se l’osservazione (e quindi l’idea) viene mantenuta, allora le molecole si aggregano sempre di più tra di loro strutturandosi in modalità sistematizzata.

Ecco perché dopo 13,7 miliardi di anni di sperimentazioni delle leggi fisiche e quindi chimiche (e solo 4,4 miliardi per questa Terra) è rimasto indispensabile mantenere nel corpo una sorta di autostrada specifica per ciascuna delle idee già avute, già sperimentate e soprattutto già validate (dato che siamo ancora vivi).

Ecco quindi la necessità dei meridiani e quindi anche dei relè cerebrali, responsabili della comunicazione tra le idee frequenziali contenute nei canali stessi. E quindi anche delle parti anatomiche ad essi rispondenti.
Questo è il senso di quelle linee che abbiamo osservato nell’immagine della divisione cellulare al microscopio.

In buona sostanza i meridiani sono le linee di capo del corpo umano grazie alla quale la materia “corpo umano” si struttura per portare avanti il progetto di evoluzione iniziato con il Big Bang.

La nostra esistenza è un grande esperimento su scala intergalattica e divina di verifica dell’espressione delle idee sul piano dell’esperienza.
Ecco il vero libero arbitrio: poter decidere SE, e di COSA continuare a fare esperienza. E noi possiamo scegliere tra ciò che potrebbe essere se la creazione continuasse ad espandersi. La buona notizia è che, con o senza di noi, essa sta proprio continuando a farlo. Quindi il nostro set di possibilità è virtualmente infinito: di conseguenza, niente fine di possibilità di sperimentazione significa nessuna possibilità di morire davvero.
Nello specifico quindi, dopo la grande esplosione/implosione e di conseguenza dopo l’arrivo dei fulmini che hanno dato avvio alle reazioni molecolari dei composti organici del brodo di Oparin e, dopo la fecondazione della cellula uovo, le idee da esprimere sono state:

  • SONO SOLO
  • DEVO TROVARE QUALCOSA DA QUALCHE PARTE
  • LO PRENDO
  • LO SCINDO
  • LO MANDO IN CIRCOLO TRA IL RESTO
  • LO ASSORBO
  • È ROBA MIA
  • LO MARCHIO E LO DELIMITO
  • MI MOLTIPLICO
  • DEVO ANDARE PIÙ IN LÀ
  • RIPRENDO E RISCINDO TUTTO
  • RIPORTO TUTTO ALL’ORIGINE

Nel corpo umano quelle idee di stampo fisico biologico si evidenziano in meccanismi anche dopo la fuoriuscita dal canale del parto. Il bambino appena nato inizia quindi a ripercorrere le solite 12 tappe:

  • SONO SOLO.
  • DEVO TROVARE IL CIBO DATO CHE PRIMA MI ARRIVAVA IN AUTOMATICO E ADESSO DEVO CERCARLO.
  • PRENDO IL CIBO CON LA SUZIONE.
  • LO SCINDO.
  • LO FACCIO AVANZARE IN CIRCOLO.
  • LO ASSORBO.
  • LO RICOMPONGO SECONDO IL MODELLO DELLE MIE STESSE MOLECOLE ORGANICHE.
  • RIAGGREGO TUTTO IN MOLECOLE COMPLESSE PER CRESCERE E RINFORZARMI.
  • COMINCIO A REPLICARE ME STESSO.
  • SPERIMENTO CIÒ CHE È FUORI.
  • RECUPERO LE INFORMAZIONI ESPERIENZIALI CHE ARRIVANO COME MOLECOLE ORGANICHE (ORMONI).
  • RIPORTO LE INFORMAZIONI ALL’INTERNO DEL CIRCUITO INTERPRETATIVO.

Le funzioni fisiologiche specifiche che permettono il dispiegarsi di quelle necessità nel corpo umano sono ovviamente riconducibili a 12 meccanismi di base:

  • RICAPTAZIONE DEI LIQUIDI ATTRAVERSO I TUBOLI COLLETTORI RENALI.
  • CAPTAZIONE DELLA SEROTONINA PER REGOLARE L’ATTIVITÀ CIRCADIANA DIURNA, MOMENTO IN CUI DOVREMMO NUTRIRCI.
  • IMMAGAZZINAMENTO DEL CIBO ATTRAVERSO IL CANALE DIGESTIVO VERSO LO STOMACO.
  • REGOLAZIONE ENZIMATICA PER PERMETTERE LE OPERAZIONI DI SCISSIONE AD ENZIMATICA.
  • AUMENTO DELLA CIRCOLAZIONE PER PERMETTERE L’ATTIVITÀ COMPLESSA DELLA PERISTALSI E AUMENTO DELLA PRESENZA DELL’OSSIGENO PER LE OPERAZIONI DIGESTIVE.
  • ASSORBIMENTO DEI NUTRIENTI.
  • ESPULSIONE DEI CATABOLITI DELL’ATTIVITÀ SVOLTA.
  • FILTRAZIONE RENALE CHE IDENTIFICA COSA DEVE ESSERE RILASCIATO E COSA INVECE TRATTENUTO.
  • AZIONE DEGLI ORMONI SESSUALI CHE DANNO LO START ALLE NECESSITÀ REPLICATIVE PRO-SPECIE.
  • AUMENTO DEL METABOLISMO PER ACCELERARE LE ATTIVITÀ DEL CORPO VERSO L’ESTERNO.
  • CREAZIONE DELLA BIODISPONIBILITÀ DI ACIDI GRASSI PER LA FORMAZIONE DELLE STRUTTURE IMPLICATE NELLA NEUROTRASMISSIONE ESPERIENZIALE (ORMONI, GUAINE, GLIA …).
  • REGOLAZIONE DI VITAMINE E COENZIMI CHE COORDINANO LE FUNZIONI DI TIPO INFORMATIVO CHE CAPTIAMO PER L’ADATTAMENTO ALL’AMBIENTE. 

Gli organi che hanno avuto quindi la necessità di formarsi per permettere l’adempimento delle funzioni appena citate che erano al servizio della sperimentazione delle idee fisiche sono quindi stati:

  • POLMONI: SISTEMA ANGIOTENSINA.
  • INTESTINO CRASSO: CAPTAZIONE DI SEROTONINA E FORMAZIONE DI ENTERAMINA.
  • STOMACO: ASSUNZIONE DI CIBO.
  • MILZA/PANCREAS: RILASCIO DI ENZIMI E ORMONI REGOLATORI DELLA DIGESTIONE.
  • CUORE: POMPA CIRCOLATORIA.
  • INTESTINO TENUE: ASSORBIMENTO DI NUTRIENTI.
  • VESCICA: RILASCIO DI URINA.
  • RENI: FILTRAZIONE PLASMATICA.
  • GENITALI: FUNZIONI SESSUATE.
  • TIROIDE: AUMENTO DI ATTIVITÀ METABOLICA.
  • CISTIFELLEA: ENZIMI BILIARI PER SCISSIONE DEI GRASSI.
  • FEGATO: REGOLAZIONE COENZIMATICA E VITAMINA (A.D.E.K.).

Ricordate come qualche pagina fa vi ho accennato al susseguirsi dei meridiani nell’arco della giornata? 

Questa è l’espressione biologica degli schemi di generazione della materia a partire dal Big Bang. Il corpo umano ne è una delle tante derivazioni, forse la più complessa ed evoluta sul pianeta, ma pur sempre una derivazione di esso resta. Lo schema è lo stesso e si ripete su ricorsività frattale e di conseguenza ci si deve attenere.

Fonte: La terapia unificata di tutto di Maurizio Forza


domenica 14 gennaio 2018

Il Metodo Bates – W.H. Bates

Tutti gli oftalmologi che abbiano una certa esperienza sanno che la teoria dell’incurabilità non si adatta alla realtà che si osserva. Non sono infrequenti casi di guarigione spontanea, oppure di cambiamento da una forma all’altra.
Per molto tempo c’è stata la tendenza a ignorare questa realtà molesta, oppure a giustificarla, e fortunatamente per coloro che ritengono necessario appoggiare a tutti i costi le vecchie teorie, la funzione di accomodazione della visione attribuita al cristallino offre, nella maggior parte dei casi, un metodo di spiegazione plausibile.
Secondo questa teoria, che molti di noi hanno appreso a scuola, l’occhio cambia la sua focale per vedere a distanze variate modificando la curvatura del cristallino; cercando quindi una spiegazione della variabilità dell’errore di rifrazione che in teoria è costante, gli studiosi ebbero la brillantissima idea di attribuire al cristallino una capacità di mutare la sua curvatura non solo a scopo di normale accomodazione, ma anche per compensare o produrre errori da essa causati.
Nel caso dell’ipermetropia (generalmente ma impropriamente definita vista lunga, anche se il paziente che accusa un difetto del genere non riesce a vedere chiaramente né da lontano né da vicino), l’asse anteroposteriore dell’occhio è troppo breve, sicché tutti i raggi di luce, sia quelli convergenti provenienti da oggetti vicini sia quelli provenienti da oggetti lontani, sono a fuoco oltre la retina anziché su di essa. Nel caso della miopia l’asse anteroposteriore dell’occhio è eccessivamente allungato, ragion per cui mentre i raggi divergenti provenienti da oggetti vicini arrivano alla retina, quelli paralleli provenienti da oggetti lontani non la raggiungono.
Si ritiene che entrambe queste condizioni siano permanenti, l’una congenita e l’altra acquisita.
Allora, se una persona a volte sembra affetta da ipermetropia o da miopia, e a volte sembra che non lo sia o lo sia in misura inferiore, non è lecito pensare che nel bulbo oculare sia intervenuto un cambiamento di forma. Perciò, nel caso in cui l’ipermetropia scompaia o diminuisca, ci viene detto che l’occhio, nell’atto di vedere sia da lontano sia da vicino, aumenta la curvatura del cristallino quanto basta per compensare in tutto o in parte la piattezza del bulbo oculare.
Al contrario, nel caso della miopia ci viene detto che effettivamente l’occhio si deforma, creando una condizione anormale o peggiorandone una già presente.
In altre parole, si dice che il cosiddetto muscolo ciliare, che si suppone controlli la sagoma del cristallino, possa entrare in uno stato di contrazione più o meno lungo, tenendo così il cristallino ininterrottamente in uno stato di convessità che esso, si sostiene, dovrebbe assumere soltanto al punto prossimo della visione distinta.
Può darsi che al profano queste curiose prestazioni appaiano innaturali, ma gli oftalmologi ritengono che la tendenza a indulgervi sia talmente radicata nella consuetudine dell’organo della vista che nella prova degli occhiali è consuetudine immettere atropina nell’occhio – le “gocce” che chiunque abbia consultato un oculista conosce bene – allo scopo di paralizzare il muscolo ciliare e, di conseguenza, di impedire mutamenti nella curvatura del cristallino, mettendo in evidenza la “ipermetropia latente” ed eliminando la “miopia palese”.
Si ritiene tuttavia che l’interferenza del cristallino sia solo fino a un certo punto responsabile di moderati gradi di variazione negli errori di rifrazione, e ciò soltanto durante i primi anni di vita.
Quanto ai gradi di variazione più grandi, o a quelli che si presentano dopo i quarantacinque anni, quando si presume che il cristallino abbia perduto più o meno la sua elasticità, non si è mai trovata una spiegazione plausibile.
La scomparsa dell’astigmatismo, ovvero il mutare delle sue caratteristiche, costituisce un problema ancora più sconcertante. Nella maggior parte dei casi questa condizione è dovuta a un cambiamento asimmetrico nella curvatura della cornea, da cui deriva la mancata messa a fuoco dei raggi di luce in un punto qualsiasi: si presume che l’occhio possegga una capacità limitata a superarlo, anche se l’astigmatismo va e viene molto facilmente come altri errori di rifrazione. Inoltre è noto che lo si può provocare spontaneamente. Alcuni individui sono in grado di produrre fino a tre diottrie (a diottria è la forza di messa a fuoco necessaria per mettere a fuoco raggi paralleli a distanza di circa un metro). Io stesso sono capace di produrne una e mezza.

Col tempo scoprii che la miopia e l’ipermetropia, come l’astigmatismo, si potevano provocare a volontà; che la miopia non si accompagnava, come per tanto tempo si è creduto, all’uso degli occhi al punto prossimo (è il punto dell’asse ottico più vicino all’occhio, per il quale è ancora possibile la visione distinta. La distanza dal punto prossimo aumenta con l’età. Il punto dell’asse ottico più lontano dall’occhio per il quale è ancora possibile la visione distinta è detto punto remoto) bensì a uno sforzo per vedere oggetti lontani, in quanto lo sforzo al punto prossimo è collegato con l’ipermetropia; che un errore di rifrazione non era mai una condizione costante; che, infine, l’errore di rifrazione poteva essere eliminato se di grado basso e migliorato se di grado alto.

Ala fine mi impegnai in una serie di osservazioni riguardanti gli occhi degli esseri umani e degli animali inferiori, i cui risultati convinsero me e altri che il cristallino non è un elemento dell’accomodazione e che la regolazione necessaria per vedere a diverse distanze viene effettuata nell’occhio, esattamente come nella macchina fotografica, modificando la lunghezza dell’organo, variazione che viene compiuta dai muscoli che agiscono sulla parte esterna del bulbo oculare.

Ugualmente convincente fu la dimostrazione che gli errori di rifrazione, presbiopia compresa (rigidezza del cristallino, che crea difficoltà per l’accomodazione e recessione del punto prossimo) sono dovuti non a un mutamento organico della forma del bulbo oculare o della struttura del cristallino, bensì a uno squilibrio funzionale nell’azione dei muscoli esterni al bulbo oculare, che quindi può essere eliminato.

Fonte: Il metodo Bates di W.H. Bates