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domenica 27 novembre 2011

Mindfulness e Cervello – Daniel J. Siegel

Essere consapevoli della pienezza della nostra esperienza ci rende consapevoli del mondo interno della mente e ci immerge completamente nella nostra vita.
Per adattarsi al ritmo frenetico di questa società spesso i giovani si abituano ad alti livelli di attenzione connessa a uno stimolo, passando da un’attività all’altra senza avere tempo sufficiente per la riflessione su di sé o le relazioni interpersonali dirette, faccia a faccia, di cui il nostro cervello ha bisogno per crescere.
La mindfuilness, nella concezione più generale del termine, propone un modo di essere consapevoli che può servire come via d’accesso a un modo più vitale essere nel mondo: noi diventiamo sintonizzati con noi stessi.


Mente = processo che regola il flusso di energia e di informazioni.
La nostra mente è sia incarnata – implica un flusso di energia e informazioni che ha luogo nel corpo, incluso il cervello –, sia relazionale – la dimensione della mente che coinvolge il flusso di energia e di informazioni che ha luogo tra le persone.
Anche quando immagino che potreste essere e la vostra possibile reazione a quello che scrivo, sto modificando il flusso di energia e di informazioni del mio cervello e del mio corpo, intesi come un tutto.

Mindfulness riguarda il risvegliarsi da una vita vissuta in automatico e l’essere sensibili alle novità nelle nostre esperienze quotidiane. Il modo in cui focalizziamo la nostra attenzione ci aiuta a modellare direttamente la nostra mente. Quando sviluppiamo una certa forma di attenzione alle nostre esperienze nel qui ed ora e alla natura della nostra stessa mente, creiamo quella speciale forma di consapevolezza, la mindfulness.

Alcuni studi scientifici hanno dimostrato che applicazioni specifiche della consapevolezza mindful migliorano la nostra capacità di regolare le emozioni, di contrastare la disfunzione emotiva, di migliorare i pattern di pensiero e di ridurre gli assetti mentali negativi.
Le ricerche di alcune dimensioni delle pratiche di consapevolezza mindful rivelano che esse rafforzano il funzionamento del corpo: la sua capacità di guarigione, le risposte immunitarie, la reattività allo stress e il senso generale di benessere fisico sono rafforzati dalla mindfullness (Davidson, Kabat-Zinn, Schumacher et al., 2003). Anche le nostre relazioni con gli altri migliorano, forse perché la capacità di percepire i segnali emotivi non verbali degli altri può esserne rafforzata e la capacità di sentire i mondi interni degli altri accresciuta .

Ellen Langer (1989, 1997, 2000) ha proposto il concetto di “apprendimento mindful”, un approccio che rende l’apprendimento più efficace, piacevole e stimolante. L’essenza di questo approccio è offrire il materiale da apprendere in uno stile condizionale anziché come una serie di verità assolute. In questo modo, colui che apprende deve mantenere la propria “mente aperta”. Coinvolgere colui che apprende in questo processo di istruzione è possibile se gli studenti pensano che il loro atteggiamento plasmerà la direzione dell’apprendimento (partecipazione attiva dello studente).
Le ricerche sull’apprendimento mindfull (Langer, 1989) suggeriscono che esso consiste nell’apertura alle novità, nell’attenzione alle differenze, nella sensibilità ai diversi contesti, in una consapevolezza implicita, se non esplicita, delle molteplici prospettive esistenti e nell’orientamento al presente.

Gli insegnanti possono usare termini come “può”, “potrebbe essere”, o “a volte”, anziché “è” per promuovere l’incertezza condizionale.
L’insegnante non deve alimentare l’illusione di possedere una conoscenza assoluta. Insieme, l’educatore e lo studente possono affrontarla sfida eccitante di sviluppare un insieme di conoscenze che comprende la natura della conoscenza, la sua dipendenza dal contesto ed è attento alla novità e alle distinzioni.

Da ora in poi useremo il qualificatore “apprendimento mindful” per riferirci alle importanti concettualizzazioni di Ellen Langer sul modo in cui la mente sembra liberarsi da conclusioni e categorizzazioni premature e da modi routinari di percepire e pensare. Quando abbiamo una certezza, sostiene Langer “non sentiamo il bisogno di prestare attenzione. Ma dato che il mondo attorno a noi è in costante mutamento, la nostra certezza è un’illusione”.
Questa forma di mindfulness è uno stato flessibile della mente in cui notiamo attivamente cose nuove, siamo sensibili al contesto e ci impegnamo nel presente. La forma antica di “mindfulness riflessiva” (consapevolezza mindfulness) ha iniziato da poco a essere studiata in modo intensivo, con nuove scoperte.

L’esperienza diretta del momento presente è stata descritta come una componente fondamentale degli insegnamenti del buddhismo, del cristianesimo, dell’induismo, dell’islamismo, dell’ebraismo e del taoismo (Armstrong, 1993; Goleman, 1988).

In queste tradizioni l’idea dell’essere consapevoli del presente ha un senso diverso rispetto a quello della mindfulness cognitiva.

Molte forme di preghiera di tradizioni religiose diverse richiedono all’individuo di fermarsi e di partecipare a un processo intenzionale, che permetta di mettersi in relazione con uno stato mentale o con un0entità che esula dal modo di essere quotidiano.

La preghiera e l’affiliazione religiosa in generale si sono dimostrate associate a un’accresciuta longevità e benessere (Pargament, 1997).

L’applicazione clinica della meditazione buddhista è stata oggetto di uno studio intensivo volto a indagare i possibili correlati neurali della consapevolezza mindful.
Questi studi trasversali rispetto a tutta una serie di situazioni cliniche, dalle patologie mediche con dolore cronico alle popolazioni psichiatriche con disturbi dell’umore e d’ansia, hanno dimostrato che un’applicazione efficace della mindfulness secolare può essere insegnata indipendentemente da qualsiasi particolare pratica religiosa o appartenenza gruppale.

Nella pratica contemplativa mindful, si focalizza la mente in modi specifici per sviluppare una forma più rigorosa di consapevolezza del momento presente che può alleviare in modo diretto la sofferenza della propria vita.

Secondo Kabat-Zinn: “Una definizione operativa della mindfulness è: la consapevolezza che emerge se prestiamo attenzione in modo intenzionale, nel momento presente e in modo non giudicante, al dispiegarsi dell’esperienza momento per momento”.
Riuscire a notare i propri giudizi e liberarsi da essi può essere il significato pratico di questo comportamento non giudicante.

Ci sono molti modi per coltivare la consapevolezza minful, ognuno dei quali sviluppa una consapevolezza delle facoltà della mente, come il modo in cui pensiamo, sentiamo e ci rapportiamo agli stimoli. La meditazione mindful, sembra sia particolarmente importante per esercitare l’attenzione e allentare un’identificazione rigida con le attività della mente, cha a volte sembra esauriscano l’identità di un individuo.

In quasi tutte le pratiche contemplative, c’è un uso iniziale del respiro come punto focale su cui concentrare l’attenzione della mente.
Le applicazioni moderne del concetto generale di mindfulness si sono costituite a partire dalla capacità di meditazione tradizionale e hanno sviluppato degli approcci non meditativi specifici a questo processo umano dell’essere mindful.

Nella terapia dell’accettazione e dell’impegno (ACT[1]), la mindfulness “può essere intesa come un insieme di processi correlati che mirano il dominio delle reti verbali, il quale implica soprattutto relazioni temporali e di valutazione. Questi processi includono l’accettazione, la disidentificazione di se stessi” (Fletcher, Hayers, 2006, p. 315).

Uno studio sintetico di molti questionari sulla mindfulness (Baer, Smith, Hopkins et al., 2006) ha rivelato l’esistenza di cinque fattori che sembrano emergere da varie indagini indipendenti:
  • Non reattività rispetto all’esperienza interna (es. percepire sentimenti ed emozioni senza dovervi necessariamente reagire)
  • Osservare/notare/dedicarsi alle sensazioni, alle percezioni,l ai pensieri e ai sentimenti (es. rimanere in contatto con le proprie sensazioni e i propri sentimenti anche qualdo sono spiacevoli o dolorosi)
  • Agire in modo consapevole/non con il pilota automatico, concentrazione/non distrazione (es. non rompere o far cadere le cose per disattenzione, perché non vi si presta attenzione o perché si pensa ad altro)
  • Descrivere/etichettare con le parole (es. mettere facilmente in parole le proprie credenze, opinioni e aspettative)
  • Avere un atteggiamento non giudicante rispetto all’esperienza (es. non criticarsi perché non si provano emozioni irrazionali o appropriate).
Abbiamo circuiti neurali che ci permettono di svolgere parecchie attività in automatico (es. fare jogging mentre pensiamo ad altro). Ma fortunatamente, in genera quando viaggiamo non usciamo di strada né ci schiantiamo con la macchina in autostrada.

Per alcune persone, questo “vivere in automatico” è un modo routinario di vivere. Se la nostra attenzione è diretta a qualcosa di diverso rispetto a quello che stiamo facendo per la maggior parte del tempo, allora finiamo per sentirci vuoti e intorpiditi. Quando il pensare in automatico domina il nostro senso soggettivo del mondo, la vita diventa ripetitiva e noiosa. Anziché fare esperienza con un senso emergente di novità e scoperta, come fa un bambino che inizia per la prima volta a percepire il mondo, finiamo per sentirci morti dentro, “morti prima di esser morti”.
Vivere in automatico ci espone anche al rischio di reagire senza mindfulness alle situazioni, senza riflettere sulle varie possibilità di risposta che abbiamo a disposizione. Il risultato è che spesso reagiamo in modo automatico, come per riflesso, e queste nostre reazioni danno vita a riflessi simili nelle altre persone.
Essere mindful apre le porte non solo alla possibilità di essere consapevoli del momento in modo più pieno ma, avvicinando l’individuo a un senso più profondo del proprio mondo interno, offre l’opportunità di accrescere la propria compassione ed empatia. La mindfulness non è “auto-indulgenza”, bensì un insieme di abilità che accrescono la capacitò di stabilire relazioni amorevoli con le altre persone.
La mindfulness accresce la capacità di riempirsi delle sensazioni del momento e di sintonizzarsi con il nostro stato dell’essere.
La vita si arricchisce poiché siamo consapevoli della straordinaria esperienza di essere, di essere vivi, di vivere in questo momento.

Oltre a questa consapevolezza riflessiva della consapevolezza del momento presente, la mindfulness ha le seguenti qualità che descrivo ai miei pazienti e studenti: ci avviciniamo al qui ed ora con
  • Curiosità
  • Apertura
  • Accettazione
  • Amore (COAL: curiosity, openness, acceptance, love)
La distinzione tra essere consapevoli in modo COAL e rivolgere semplicemente la propria attenzione a quello che accade con idee preconcette che imprigionano la mente (es. non avrei dovuto sbattere il piede, sono così maldestro; perché non precipitata dalla scogliera? Cosa c’è che non va in me? …), è la differenza che fa davvero la differenza. Per coltivare la consapevolezza mindful dobbiamo diventare consapevoli della consapevolezza e del fatto che siamo in grado di notare quanto questi preconcetti, “dall’alto verso il basso[2]”relativi a ciò che dovremmo o non dovremmo essere ci impediscono di vivere in modo mindful, di essere gentili con noi stessi.
La sintonizzazione è il cuore di tutte le relazioni che implicano il prendersi cura di un’altra persona.
La consapevolezza mindful, è una forma di sintonizzazione con noi stessi, che crea benessere.

L’idea generale degli effetti benefici della mindfulness è che l’accettazione della propria situazione possa alleviare il conflitto interno che si scatena quando le nostre aspettative sulla vita non corrispondono a come la vita è in realtà.
Se si assume una posizione COAL, il resto va da sé. Non vi sono particolari obiettivi, non vi sono sforzi per “liberarsi” di qualcosa, ma semplicemente l’intenzione di essere, e specificatamente quella di fare esperienza dell’essere nel momento senza aggrapparsi a giudizi e obiettivi.
Da questo modo di essere riflessivo, mindful, emerge un processo fondamentale chiamata “discernimento”, in cui diventa possibile essere consapevoli del fatto che le attività della propria mente non siano la totalità di ciò che si è.
Il discernimento è una forma di disidentificazione dall’attività della propria mente: quando diventi consapevole delle sensazioni, delle immagini, dei sentimenti e dei pensieri (SIFT = sensation, images, feelings, thoughts) arrivi a vedere queste attività come delle onde che si muovono sulla superficie del mare della mente.
Questa capacità di liberarsi dal chiacchierio della mente, è liberatoria. Il discernimento ci dà anche la saggezza necessaria a interagire in modo più riflessivo e compassionevole con le altre persone.

Le funzioni della mente e del cervello sono correlate, ma in realtà non sappiamo esattamente in che modo l’attività del cervello e la funzione della mente si creino reciprocamente.

È stato dimostrato (Davinson e collaboratori, 2003) che un cambiamento della funzione cerebrale verso la dominanza del lobo frontale sinistro in risposta a stimoli che attivano le emozioni associate a uno stato mentale di avvicinamento con prevalenza di emozioni positive.
Questa prevalenza dell’emisfero sinistro nei circuiti della regolazione delle emozioni è connessa direttamente al grado di rafforzamento della funzione immunitaria.
Un altro studio di Lazar, Kerr, Wasserman e collaboratori (2550) ha rilevato un aumento dello spessore di due parti del cervello:
  • L’area mentale prefrontale, bilateralmente
  • Un circuito neurale, l’insula, particolarmente ispessito nell’emisfero destro.
Il grado di ispessimento di queste aree cerebrali correla con la quantità di tempo dedicata alla pratica della meditazione mindful.
Qui vediamo una correlazione sia dell’emisfero destro sia di quello sinistro con le pratiche di meditazione mindful.

Perché il modo in cui prestate attenzione al momento presente modifica il vostro cervello? Perché promuove la plasticità neurale, il cambiamento delle connessioni neurali in risposta all’esperienza.

La funzione della corteccia prefrontale è di tipo integrativo. Ciò significa che i lunghi assoni dei neuroni prefrontali raggiungono aree distanti e differenziate del cervello e del corpo. Questo legame di elementi differenziati è la definizione letterale di un processo fondamentale, quello di integrazione.

Lo sviluppo
Il sistema nervoso inizia a svilupparsi nell’embrione come ectoderma, lo strato più esterno delle cellule che andranno a formare la pelle.
Alcuni gruppi di queste cellule più esterne si ripiegano verso l’interno e formano il tubo neurale, il midollo spinale. Il fatto che i neuroni, le cellule fondamentali del cervello nascano “all’esterno” e poi viaggino verso “l’interno” del corpo sostiene, da una prospettiva emotiva, un’idea filosofica secondo cui ilo cervello ha origine nell’interfaccia tra il mondo interno e il mondo posto all’esterno dei nostri sé corporei.
Il nostro cervello è la parte superiore di un sistema nervoso esteso, che è distribuito in tutto il corpo.
Tutto il sistema nervoso centrale stabilisce la sua impalcatura di base, durante lo sviluppo nel ventre della madre. I geni sono importanti per determinare in che modo i neuroni migreranno e stabiliranno delle connessioni reciproche. Di fatto, la metà del nostro materiale genetico è direttamente o indirettamente responsabile della struttura neurale, cosa che rende i geni molto importanti per lo sviluppo del sistema nervoso centrale. Più si avvicina il momento in cui il feto dovrà lasciare l’utero, però, più le connessioni tra i neuroni sono influenzate anche dall’esperienza.
Più il vostro sistema nervoso centrale, l’esperienza implica l’attivazione di scariche neurali in risposta agli stimoli. Quando i neuroni diventano attivi, le loro connessioni reciproche crescono e le cellule trofiche e i vasi proliferano. Questo è il modo in cui l’esperienza plasma la struttura neurale. La scarica neurale è l’attivazione dell’equivalente di un flusso elettrico, un potenziale d’azione, che viaggia per tutta la lunghezza dell’assone della cellula attivata fino al suo punto terminale, dove questa cellula rilascia neurotrasmettitori attivatori o inibitori nello spazio connettivo, la sinapsi.
Il neurone successivo, che riceve questa attivazione, scaricherà a sua volta o meno a seconda dell’equilibrio dei neurotrasmettitori attivatori o inibitori rilasciati dai neuroni presinaptici.
Cento miliardi di neuroni sono, in media, connessi tra loro reciprocamente grazie al fatto che ognuno possiede 10.000 connessioni sinaitiche che sono create dai geni e modellate dall’esperienza: la natura ha bisogno della cultura. Queste due dimensioni importanti dello sviluppo umano e del funzionamento neurale non sono in opposizione tra loro.
I neuroni si attivano quando noi facciamo un’esperienza. Con l’attivazione di un neurone si crea il potenziale per alterarne le sinapsi favorendo la crescita di nuove sinapsi, rafforzando quelle esistenti o stimolando la crescita di nuovi neuroni che creano a loro volta nuove connessioni sinaitiche.
La sinaptogenesi e la neuro genesi sono i modi in cui il cervello sviluppa nuove connessioni. Questa crescita utilizza sia i geni sia l’esperienza per produrre dei cambiamenti nella connettività dei neuroni: neuro plasticità è il termine utilizzato quando le connessioni tra i vari neuroni cambiano in risposta all’esperienza.
Esperienza significa un’attivazione neurale che, in alcune situazioni può promuovere l’attivazione di geni che a loro volta possono determinare la produzione di proteine che consentono il formarsi di nuove sinapsi e il rafforzarsi di vecchie sinapsi. L’esperienza può stimolare la crescita di nuovi neuroni (anche negli adulti).
Le cellule cerebrali non impegnate nell’attività neurale, cioè le cellule staminali neurali, si dividono regolarmente, e mentre un prodotto di questa divisione continua la linea della cellula staminale, l’altro, la “cellula sorella”, può essere stimolato a crescere in un neurone che ha una funzione di piena integrazione del cervello. Sappiamo per certo che negli adulti la neuro genesi si verifica nell’ippocampo, e queste cellule sorelle possono essere stimolate per un periodo di alcuni mesi fino a svilupparsi come neuroni integrati pienamente funzionanti (KempermannGastGage, 2002).

Neuroplasticità
L’esperienza può determinare dei cambiamenti strutturali nel cervello. Spesso questi cambiamenti hanno luogo al livello della macroarchitettura finemente sintonizzata del cervello, per esempio, quando facciamo nuove associazioni mnestiche. È molto difficile cogliere effettivamente questi cambiamenti strutturali, a meno che essi non siano molto significativi.

… le scariche ripetute dei neuroni di aree specifiche del cervello determinano un aumento significativo della densità sinaptica delle regioni attivate dalle pratiche mindful.
La consapevolezza mindful  è una forma di esperienza che sembra promuovere la plasticità neurale.
Quando focalizziamo la nostra attenzione in modi specifici, stiamo attivando i circuiti del cervello, e questa attivazione può rafforzare le connessioni sinaitiche delle aree coinvolte. Considerando l’idea che la mindfulness, in quanto forma di relazione con se stessi, possa coinvolgere non solo i circuiti dell’attenzione, ma anche quelli della socialità, possiamo indagare anche nuove dimensioni della controparte cerebrale della consapevolezza mindful.
I cambiamenti neuro plastici non solo rivelano alterazioni strutturali, ma sono anche accompagnati da cambiamenti nella funzione cerebrale nell’esperienza mentale (come un maggiore equilibrio di sentimenti ed emozioni) e negli stati corporei (come la risposta allo stress e la funzione immunitaria).

Il modo in cui facciamo attenzione stimolerà le scariche neuronali di aree specifiche che vengono attivate e mutano le loro connessioni nei circuiti integrati del cervello.

IL CERVELLO NEL PALMO DELLA NOSTRA MANO
Se prendete la vostra mano, mettete il pollice nel mezzo e lo ricoprite con le altre dita, allora avrete un modello del cervello facilmente accessibile e piuttosto accurato. Questo modello della mano è orientato in modo tale che il polso rappresenta il midollo spinale che si trova nelle nostre schiene, il volto della persona è collocato davanti alle unghie delle dita e la parte più alta della mano è la parte superiore della testa.
Il tronco encefalico è il palmo della mano, le aree limbiche sono il vostro pollice (idealmente, dovreste avere un pollice destro e uno sinistro in ogni mano), e la corteccia è rappresentata dalle vostra dita curvate.

Il tronco encefalico esegue processi di base importanti, come la
  • regolazione del battito cardiaco e della frequenza del respiro, gli stati di veglia e sonno, e gli aspetti della risposta di attacco-fuga (fight-flight-freeze).
Ben sviluppato sin dalla nascita, il tronco cerebrale è l’area evolutivamente più antica del cervello e a volte è chiamato cervello rettilineo.

La regione limbica si è evoluta quando i rettili si sono sviluppati in mammiferi.
Le zone limbiche sono impegnate
  •  nell’attaccamento (legami che si sviluppano con i nostri caregiver), nella memoria (specialmente nell’elaborazione degli eventi in memoria episodica e autobiografica), nella comprensione del significato, nella creazione degli affetti, delle sensazioni interne e delle emozioni.
Le regioni limbiche contengono anche il principale regolatore degli ormoni, l’ipotalamo, che esercita influenze dirette sul corpo vero e proprio.
La connessione endocrina, insieme all’influenza che il cervello esercita sul sistema immunitario e sui nostri stati corporei per mezzo del sistema nervoso autonomo, come le sue divisioni freno/acceleratore (branche del sistema parasimpatico e simpatico) è il nesso diretto tra cervello e corpo.
Le zone limbiche e il tronco encefalico, le due aree subcorticali, si combinano per influenzare le nostre pulsioni motivazioni e l’attivazione dei nostri bisogni di base di sopravvivenza, affiliazione e significato. 

La corteccia è la parte più esterna del cervello, ed è particolarmente sviluppata nei mammiferi. Essa ci permette di mediare i processi più complessi, come la percezione, la pianificazione e l’attenzione. Suddivisa in molti lobi che svolgono funzioni diverse, ci sono tanti modi per descriverne le capacità complesse di questa regione, che non è molto sviluppata alla nascita e perciò è particolarmente aperta all’influenza plasmatrice dell’esperienza.

La corteccia è un’area a sei strati composta da materia grigia e materia bianca. Questi strati sono composti da insiemi di colonne cerebrali organizzate in senso verticale con diversi gruppi di colonne che spesso processano una particolare modalità di attività, come la vista e l’udito. Queste colonne verticali sono connesse reciprocamente con degli interneuroni distribuiti in senso orizzontale che permettono un dialogo reciproco tra le diverse aree, cioè un’integrazione delle diverse modalità (vista, udito) in un insieme “trans modale” di scariche neurali. È questa connessione di aree separate che crea la significativa complessità che è la principale capacità della nostra corteccia cerebrale.

In generale, la parte posteriore della nostra corteccia – dalla seconda nocca all’indietro, se utilizziamo il modello della mano – elabora le percezioni che provengono dal mondo esterno, eccezion fatta per l’olfatto e per la consapevolezza delle posizioni degli arti. Queste regioni posteriori permettono agli esseri umani di farsi un’idea del mondo esterno sotto forma di percezioni.

La parte anteriore del cervello è responsabile dei processi motori, attentivi e cognitivi. I lobi frontali si sono evoluti quando siamo diventati primati. Gli studi suggeriscono che, nei mammiferi, più è alto il livello della vita sociale, più complessa ed estesa è l’architettura della corteccia frontale. L’area frontale – quella che va dalla seconda all’ultima nocca prima delle unghie, sempre utilizzando il modello della mano – è una regione in cui la prima zona si occupa delle azioni motorie, mentre quella successiva, procedendo in avanti, media la pianificazione dei movimenti – la corteccia premotoria. questa area premotoria è stata la prima regione in cui sono stati scoperti i neuroni a specchio, che ci permettono di interiorizzare le intenzioni e le emozioni delle altre persone e di creare in noi stessi questi stati come parte del più ampio “circuito della risonanza”.

Subito prima di queste aree motorie e premotorie c’è la corteccia prefrontale. Maggiormente sviluppata negli esseri umani, questa regione prefrontale media molte delle funzioni che consideriamo tipiche della nostra specie.
Le regioni prefrontali possono essere divise in vari modi che mediano funzioni diverse. Per adesso, le divideremo solo in due aree: le regioni prefrontali mediali e laterali.
Le aree della corteccia prefrontale in genere lavorano in modo sinergico, e pensare alla loro funzione come a un sistema può essere piuttosto utile.

L’area laterale della regione prefrontale, la corteccia dorso laterale, è importante nella meditazione della memoria di lavoro, la lavagna delle mente in cui scriviamo le cose che in un certo momento riteniamo più rilevanti. Quest’area laterale si occupa di importanti funzioni esecutive che permettono l’auto-regolazione dei nostri comportamenti e aiutano a influenzare il flusso della nostra attenzione momenti per momento.
L’area mediale – dalle unghie di medio e anulare alle nocche delle stesse dita – include varie regioni interconnesse che mediano le nove funzioni prefrontali.

Si tratta della corteccia orbito frontale (OFC), della corteccia del cingolato anteriore (ACC) e della corteccia prefrontale ventrolaterale (v1PFC) e mediale (mPFC). 

Questa linea intermedia ventrale e queste strutture mediali ricevono degli input diretti da tutto il cervello e dal corpo, con particolari contributi della corteccia dell’insula (IC). L’insula è il condotto per mezzo del quale le informazioni vengono trasferite da e verso la parte più esterna della corteccia, la parte più interna del sistema limbico (l’amigdala, l’ippocampo e l’ipotalamo) e le aree del corpo (per mezzo del tronco cerebrale e del midollo spinale). Sembra che le aree prefrontali mediali utilizzino i dati dell’insula sulle nostre emozioni e sullo stato del nostro corpo per creare delle rappresentazioni delle mani altrui.
Le aree prefrontali mediali sono essenziali per la comunicazione sociale e per l’auto-osservazione. Questa regione è un fulcro importante del circuito sociale del cervello.
Notate come la ragione prefrontale mediale connetta i processi del corpo, del tronco encefalico, della corteccia e i processi sociali in un’unità funzionale. Se distendete le vostre dita e poi le piegate di nuovo, potrete notare che in realtà le aree prefrontali mediali (rappresentate dalla parte terminale del medio e dell’anulare) toccano, dal punto di vista anatomico, tutto il cervello, e questa è la natura dell’integrazione neurale: connessioni sinaitiche estese in tutto il corpo che ci mettono in relazione anche con le altre persone.
L’integrazione neurale, la coordinazione e l’equilibrio del cervello grazie a cui le diverse aree sono connesse tra loro per formare un tutto funzionale, sembra essere promossa dalla sintonizzazione delle relazioni di attaccamento sicuro. Pare che la mindful promuova questa integrazione neurale per mezzo di una forma di sintonizzazione intrapersonale. La consapevolezza dell’esperienza che facciamo momento per momento ci dà la possibilità di sentire e accettare direttamente la nostra esperienza mentale.

Integrazione neurale, mindfulness e auto-regolazione
L’integrazione neurale è la relazione che si stabilisce tra regioni neurali, anatomicamente o funzionalmente differenziate, in un’interconnessione di aree più ampiamente distribuite del cervello e del corpo. Queste interconnessioni a livello strutturale, prendono la forma di connessioni sinaitiche e creano una forma di coordinazione ed equilibrio a livello funzionale. 
La cultura è il modo in cui si trasmettono i significati tra gli individui e tra le generazioni. Il modo in cui questo flusso di energia e informazioni modifica i suoi pattern nel corso del tempo è ciò che deriva dall’evoluzione culturale. La realtà dei mutamenti della nostra specie non è dovuta a un’evoluzione geneticamente determinata del nostro cervello, ma all’evoluzione mentale del modo con cui trasmettiamo collettivamente energia e informazioni nel corso delle generazioni. Questa è l’evoluzione della mente, non del cervello. Un punto di vista sostiene che la mente (il flusso di energia e informazioni) per esistere ha bisogno di utilizzare l’attività del cervello per i propri scopi. In questo senso, la mente usa il cervello per creare se stessa.
Una delle sfide maggiori alla nostra capacità di prestare attenzione al momento presente sono i pattern di attivazione cerebrali dall’alto verso il basso (ricordi, credenze, emozioni) che ci bombardano con scariche neurali e chiacchiere mentali e ci allontanano dalla possibilità di essere nel momento.

Primo passo della mindfull indirizzare e sostenere la nostra attenzione (attraverso il respiro).
Sembra che sperimentando le sensazioni riusciamo a fare semplicemente esperienza senza l’interferenza del pensiero.
Non importa da quanto una pratica, l’esperienza di “perdersi fra le nuvole c’è sempre”. Questo è semplicemente il modo in cui funziona la mente. Costruire la consapevolezza ci aiuta a vedere il pensiero come qualcosa che emerge e poi svanisce. Il pensiero perde il suo potere di sequestrarti e farti prigioniero.


Fonte: Mindfulness e CervelloDaniel J. Siegel




[1] ACT (Acceptance and Commitment Therapy) è una terapia cognitivo-comportamentale che incoraggia il paziente ad accettare, invece di controllare, le sensazioni spiacevoli. Le principali componenti dell’ACT sono: riconoscere la poca utilità degli sforzi fatti per sentirsi meglio (imparare a “lasciare andare”); considerare che i nostri pensieri sono solo pensieri, non sono ciò che interpretiamo siano; accettazione/permettere all’esperienza di essere ciò che è mentre si sta determinando; contestualizzare se stessi, nel senso di identificarsi con colui che osserva i pensieri e infine riconoscere il valore di ciò che dà significato alla vita.
[2] Si riferisce al modo in cui i ricordi, le credenze e le emozioni plasmano le nostre sensazioni dirette.

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