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sabato 14 gennaio 2012

Rolfing - come ristabilire l'allineamento naturale ... - Ida Rolf

L’emozione è comportamento e funzione. Tutto il comportamento si esprime per mezzo dell’apparto muscolo-scheletrico. Tutta la funzione è un’espressione di forma e struttura.
Per la psicoterapia moderna, gli avvenimenti esterni di un uomo sono la proiezione del suo sé interiore, spesso nascosto. Da un’altra angolatura possiamo dire che: lo stato emotivo può essere visto come la proiezione dei suoi sbilanciamenti strutturali.
Le risposte dei nervi e delle ghiandole costituiscono il fondamento degli stati emotivi.

La struttura implica un rapporto.

La materia organica vivente è il risultato di un campo energetico più forte ed evidente della sua controparte organica.

Il bilanciamento rivela che nel corpo scorre un flusso di energia gravitazionale. L’asimmetria e la casualità tradiscono il mancato sostegno da parte del campo gravitazionale.
La struttura (posizione nello spazio fisico tridimensionale – rapporto tra unità) è comportamento.
Il conflitto tra l’uomo e la gravità coinvolge la sua struttura in quanto aggregato di segmenti.
Alcuni elementi possono essere abbastanza pesanti da avere un’esistenza gravitazionale rilevante: capo, torace, pelvi, gambe. I quali sono a loro volta composti da elementi minori: cranio, vertebre, ossa pelviche. A causa della diversità con cui occupo lo spazio e della loro massa i blocchi maggiori hanno un rapporto rilevante con la gravità giunzione cervicotoracica, giunzione lombo toracica …

Il ruolo delle pelvi è fondamentale. Tramite l’articolazione dell’anca, il peso del busto si trasmette alla coscia, alla gamba, al piede e infine a terra. Dato che la superficie terrestre non può adattarsi al movimento, l’uomo deve risolvere il suo problema di gravità cambiando se stesso.

L’articolazione sferica dell’anca, è la più adatta a trovare un accomodamento. I problemi e le possibilità dell’anca dipendono dagli elementi muscolari delle pelvi e dal tessuto connettivo che collega la coscia (dal basso) e il busto (dall’alto) alle pelvi.
Un individuo in difficoltà modifica inconsciamente la propria carne, solidifica la propria attitudine mentale in qualcosa di biologicamente concreto. Nell’integrazione Strutturale ci interessano le deviazioni strutturali che derivano dal mesoderma.

La struttura fisica è determinata da elementi che derivano dal mesenchima: ossa, muscoli, legamenti, tendini, fasce.
Gli elementi primari (ossa, legamenti, tendini) evolvono dalle cellule. Più le unità prendono forma, il residuo meno indifferenziato forma le guaine, che dapprima proteggono e poi sostengono. Sono le fasce.
Il muscolo è racchiuso nella fascia, come la polpa di un’arancia lo è nelle pareti cellulari che la suddividono.
Il muscolo è contrattile e sensibile; le fasce lo sono molto meno. In quanto strato protettivo, devono essere stabili.
Nel sistema miofasciale, ciascun muscolo, organo viscerale è rinchiuso nel proprio involucro fasciale.
Tali involucri, formano a loro volta, un reticolo ubiquitario che sostiene e, al tempo stesso, avvolge, collega e separa tutte le unità funzionali del corpo.
Infine, questi robusti strati elastici formano anche un involucro superficiale che serve da contenitore e da sostegno frenante per tutto il corpo: le fasce superficiali, sotto la pelle (molto elastiche, grazie all’intreccio di fibre).

Tono = prontezza muscolare di risposta agli stimoli nervosi.

Il tessuto connettivo areolare (o lasso) è il più estendibile, il più elastico e il più ampiamente distribuito. Le sue fibre si intersecano in ogni direzione. Il grasso si deposita e si immagazzina in questo tipo di tessuto. È parte integrante del metabolismo corporeo dei liquidi. Il meccanismo tramite cui il corpo guida e distribuisce i fluidi. Può essere usato come materiale di imballaggio tra gli organi.

Il tessuto fibroso bianco si insedia in tutte quelle situazioni che prevedono uno sforzo da tensione. È perciò più rigido, meno stendibile. La disposizione in fasci paralleli delle fibre è causa della sua rigidità. Quando lega le ossa e limita i movimenti, lo chiamano legamento; quando collega il muscolo all’osso o alla cartilagine è aponeurosi o tendine.
L’aponeuorosi si distingue dal tendine per la sua sottigliezza. Sono tutti tessuti connettivi che derivano dal mesoderma.

Quando serve grande stabilità, come nei tessuti sclerotici (ossa e cartilagine), la matrice organica di collagene si impregna di altre sostanze utili allo scopo. Nella cartilagine, la matrice è modificata dal solfato condroitin; nelle ossa, dai Sali minerali principalmente il fosfato di calcio, anche se sono presenti magnesi e molti altri minerali.
Affinché si sviluppi una solida matrice ossea, è necessaria anche la presenza di vitamine C e D. Carenza di C porta a scorbuto.

Il cortisone ha un effetto inibitorio, deprime la formazione della sostanza intracellulare e delle fibre; la soma tropina ne stimola e favorisce la crescita.
Molti ormoni influiscono sul tessuto connettivo, così come fanno altri agenti quali il caldo e il freddo, le tossine e i traumi, che modificano lo scambio chimico nel tessuto dando origine alla malattia.
I tessuti connettivi, in particolare le fasce, sono in uno stato di riorganizzazione permanente. Il continuo scambio metabolico reso possibile dall’intimo rapporto tra le fasce e il metabolismo dei liquidi consente la riorganizzazione della struttura.

Anche se le fasce sono tipici tessuti di fibre collagene, vanno visualizzate entro la sostanza intracellulare che è, per lo più, un gel smifluido amorfo. Le fobre di collageno si modificano con palese lentezza e sono un’entità chimica definita. Perciò, la velocità evidente con cui si modificano le fasce deve essere una proprietà della complessa sostenza intracellulare. La distribuzione universale del tessuto connettivo rende assai probabile che quel gel colloidale sia l’ambiente interno più diffuso.
Ogni cellula vivente sembra essere in contatto con quest’ultimo e le modifiche indotte dai centri di pressione spiegherebbero l’ampio spettro di effetti notati nell’Integrazione Strutturale.

Esercitare una pressione è, di fatto, aggiungere energia alla sostanza colloidale del tessuto. (è ben noto in fisica che l’aggiunta di energia può trasformare il gel colloidale in sol). Probabilmente, è la sostanza colloidale energizzata a spiegare le diverse proprietà fisiche di un corpo sottoposto all’Integrazione Strutturale.

Fasce superficiali = sono un tessuto fibroareolare che ospita la maggior parte dei grassi del corpo. Può estendersi in qualunque direzione e adattarsi rapidamente a tensioni d’ogni genere.

Fasce profonde = strato più denso. In un corpo sano, il loro rivestimento liscio fa scivolare una sull’altra le strutture adiacenti. In seguito a malattie infiammatorie o a lesione traumatiche, gli strati aderiscono l’uno all’altro; sembrano incollati.
Non scivolano più, ma costringono le strutture adiacenti a tirarsi a vicenda, creando affaticamento e tensioni generali.
Il collageno delle fasce profonde forma fasci di fibre parallele, poiché questa è la forma che meglio resiste allo sforzo da tensione.

IN UN CORPO BILANCIATO, I FLESSORI SI FLETTONO, GLI ESTENSORI SI ESTENDONO
La colonna non sostiene il peso, non è stata progettata per questo. La funzione primaria di una colonna bilanciata è quella di separare tessuti molli e parte del corpo. È un graticcio a cui sono assicurate le componenti miofasciali. Esempio della tenda. Cosa tiene in piedi la tenda? Non è il palo, ma i tiranti, il palo invece assicura il giusto bilanciamento spaziale tra le due parti.

Le ossa determinano la posizione spaziale dei muscoli inseriti e, quindi, l’efficacia dell’equilibrio agonista-antagonista. Per l’operatore di Integrazione Strutturale, il problema è quello di imparare a vedere le masse nello spazio e di percepire il loro bilanciamento. 

Il nostro metodo riconosce che il corpo è organizzato in strati concentrici, e la funzione corporea può essere compresa solo tramite i rapporti che intercorrono tra quegli strati. In questa analisi ciò che maggiormente interessa non è la pelle (che deriva dall’ectoderma dell’embrione), ma gli strati fasciali sottostanti (derivati dal mesoderma).
La presenza di tensione fasciale in superficie testimonia la congestione e il blocco dei flussi sanguigno e linfatico nel tessuto profondo. Una pressione ben indirizzata, aumenta il drenaggio linfatico e influenza, lo scambio locale.
Schematicamente i muscoli sono organizzati a livelli concentrici. Di regola più il livello è superficiale, più sono lunghe le singole fibre muscolari. I livelli più profondi, soprattutto quelli più vicini alla spina dorsale, hanno una lunghezza di soli 3-6 centimetri. In prossimità della parte terminale, i rigonfiamenti muscolari si trasformano in tendini e aponeurosi, saldamente intessuti, tuttavia elastici, che si assicurano alle ossa per mezzo della cartilagine ialina che agisce come fissante.

L’accorciamento di un’unità mio fasciale è una funzione tanto importante e legittima quanto il suo allungamento. A destare preoccupazione è solo l’accorciamento cronico. L’accorciamento cronico, coatto, non è più denominato contrazione, bensì contrattura. La contrattura permanente di un tessuto molto potente comprime l’articolazione sottostante. Così facendo sbilancia le altre strutture muscolari la cui integrità dipende da un equilibrio preciso delle articolazioni collegate.
Tale compressione deve essere avvertita come dolore o disagio. L’unico rimedio permanente è quello di bilanciare l’articolazione; il che, speso, significa bilanciare tutto il corpo, perché i vari legami fasciali possono causare una tensione compensatrice in vaste aree. Se la tensione è recente, le compensazioni sono facili da cancellare. Ma l’ispessimento e il deterioramento dovuto ad aberrazioni di vecchia data può richiedere tempo e lavoro in misura considerevole.
Quando osservate un corpo “casuale” pensate alle implicazioni della loro “casualità”. Pochi esseri umani hanno raggiunto la piena verticalità umana. Cosa si deve fare per consentire un allineamento migliore? Spazio? Lunghezza? Allungate la spina dorsale.

Ma i corpi sono progettati per essere a contatto col suolo; devono necessariamente poggiare sui piedi, non essere sospesi in cielo. Quando la gravità riprende il sopravvento, il vecchio quadro di ispessimenti, accorciamenti, compressioni compensatrici riemerge. Solo le ossa impediscono ai corpo di diventare palle simili ad amebe.

Secondo le convenzioni della fisiologia e della chineosiologia, l’unità di base del movimento è la coppia flessore ed estensore. Il primo componente della coppia, il flessore, avvicina le estremità di alcune parti del corpo (le flette). Il secondo componente le separa (le estende). Di un corpo piegato si dice che sia in flessione; di un corpo raddrizzato che sia in estensione. Di un corpo raddrizzato oltre la linea di riferimento verticale si dice che sia iperesteso. Per definizione, in un corpo che si piega, sono stati attivati i flessori che lo hanno “flesso”; che hanno cioè accorciato le estremità e le hanno avvicinate. Cos’è successo agli estensori, che cosa hanno fatto nel frattempo? Quando piegate la schiena, che aspetto ha? Si allunga o si accorcia? Si incassa nelle spalle? Un test fondamentale per saggiare la struttura di un corpo è il suo modello di flessione. Se il corpo è bilanciato, non solo i flessori ma, contemporaneamente, gli estensori si estendono.

Poggiate una mano, tutta la man, col palmo rivolto in basso, sulla colonna vertebrale di un individuo. Chiedetegli di piegarsi. Sentite la mano cosa vi comunica di quanto sta accadendo.
Quando l’uomo si piega, sentite che la schiena si accorcia o che si allunga?
Se si allunga, gli estensori sono stati attivati; sia i flessori sia gli estensori stanno partecipando.
Quando si piega, la schiena vi solleva la malo?
In quel caso, i flessori si stanno flettendo, ma gli estensori non ce la fanno a seguirli.
La sua schiena vi fa appiattire ulteriormente la mano?
Se la vostra mano si appiattisce, gli estensori (errori della spina dorsale) si stanno allungando, estendendo. Assicuratevi che la vostra oppressione sia abbastanza forte da sentire con la mano oltre la superficie esterna del muscolo, per sapere cosa stia accadendo al di sotto. È ai livelli più profondi che accadono gli eventi più significativi.

Guardate i corpi disorganizzati mentre si flettono. Come si flettono? Appoggiate una mano sulla schiena flessa. Mentre cercate oltre gli strati superficiali, provate a farvi un’idea sia del’assestamento delle ossa, sia di ciò che accade a livello muscolare. Sentite che solo certe aree si allungano? Ci sono aree che si accorciano? Riuscite magari a sentire che alcuni muscoli verticali, duri come corde, si sono allargati allontanandosi dalla colonna invece di allungarsi verticalmente? Sareste in grado di affermare che se non si allargassero, potrebbero allungarsi?
Allontanate mentalmente gli strati più superficiali sotto la vostra mano, e scoprirete in profondità un terzetto chiamato genericamente muscolo della schiena, perciò del corpo. Schematicamente consiste in tre corde di elementi verticali che si intrecciano.

Per il modo in cui è stato progettato, qualunque accorciamento di un elemento del terzetto procura deviazioni all’intero complesso. Qualunque distorsione in un solo elemento o anche in una sua parte, accorcia, ispessisce e torce il corpo intero.

Se in seguito a un incidente, a uno sforzo ripetitivo e prolungato, al protrarsi di una posizione curva, questi muscoli si spostano lateralmente, lo schema eretto e simmetrico di tutto il corpo ne soffrirà. Qualsiasi deformazione del corpo umano, di qualunque natura essa sia, è accompagnata da un accorciamento, da una perdita di lunghezza. Questo è l’effetto della gravità. La tenda collassa.
Raramente i due lati di una schiena sono bilanciati in modo uniforme. In qualunque punto esaminate una schiena, una parte di solito è più corta dell’altra. In genere, la causa va ricercata in una lateralità dominante (abnorme uso di una mano rispetto all’altra), ma la diversità di sviluppo può avere molte cause. L’individuo aggiusta la parte più corta torcendosi (ruotando). La rotazione può avere l’aspetto di una torsione delle costole sul bacino. Se non riuscite a visualizzare in che modo il torace (la gabbia toracica) ruoti sulla parte inferiore della colonna, immaginate un turacciolo che viene fatto ruotare nel collo di una bottiglia. Improvvisamente, lo schema della rotazione vi sembrerà chiaro. 

Più comunemente le rotazioni sono torsioni della pelvi (o del sacro, della quinta lombare …) attorno a una delle vertebre lombari più basse. La tensione muscolare viene avvertita come dolore cronico e debolezza nella parte inferiore della schiena, insieme allo stiramento di uno o più dischi intervertebrali. A lungo andare, si verifica un deterioramento tissutale e il problema ai dischi e/o all’articolazione scaro iliaca si cronicizza.
Si possono vedere deviazioni dalla simmetria in qualunque posto pubblico.
Essi forniscono chiavi di lettura ai problemi della personalità; punti forti e punti deboli, stiramenti e tensioni, limitazioni di energia che devono essere superate, o di cui bisogna tener conto prima che l’energia possa essere distribuita per realizzazioni creative. Tutti i corpi registrano i traumi emotivi e fisici del vivere; gli avvenimenti della vita umana. Episodi d’ogni sorta hanno modificato la struttura dell’individuo medio e lasciato il segno su quel po’ di bilanciamento inizialmente presente. Grazie ad alcuni parametri, possiamo accertare queste limitazioni: gli indizi ce li forniscono le compressioni visibili e i rapporti tridimensionali del corpo. Sfortunatamente, benché essi siano chiari a chi gli sta vicino, sono di solito invisibili all’uomo stesso.

Lo psoas è un collegamento eccezionale tra le gambe e la parte superiore del busto. Lo psoas accorciato fa inclinare in basso e in avanti la gabbia toracica sotto la trazione dei retti, e rende automaticamente inefficienti i romboidi. Ciò si manifesta con maggiore evidenza a due livelli. Uno psoas deteriorato, incollato, quando attraversa la rima pelvica, mantiene il corpo permanentemente flesso a livello dell’inguine e impedisce una postura eretta vera e propria. Se uno degli psoas o i retti hanno un’estensione inadatta (troppa o troppo poca), il profilo dell’inguine appare inadeguato (troppo compromesso e, perciò insicuro). Lo si nota senza difficoltà anche attraverso i vestiti. Nella misura in cui il tendine dello psoas migliora, o il suo movimento è liberato, l’inguine si allarga e diventa più compatto. Anche l’iliaco, tramite il tendine comune, si scioglie, diminuendo sul bacino la trazione verso l’interno e allentando la tensione dei muscoli che si inseriscono nella spina iliaca antero-superiore.
Lo psoas e i glutei determinano il movimento primario della gamba.
Se lo psoas e i retti si spartiscono effettivamente il carico, tutti i movimenti del corpo che coinvolgono la flessione fanno arretrare la parete addominale. Sembra illogico, ma è così. In una flessione normale, bilanciata, lo psoas non si accorcia, non sporge in avanti; si allunga e si ritrae insieme all’addome.

Esaminate il vostro psoas: stendetevi a terra sulla schiena. Adesso, piegate le gambe, insieme se possibile, e avvicinatele con i talloni uniti. Le reni si inarcano? Se la risposta è sì, sappiate che il vostro psoas non è realmente in grado di svolgere il propri lavoro.

In un corpo bilanciato, quando le gambe sono piegate, il punto vita si ritrae. In altre parole, il coccige e l’apice (estremità inferiore) del sacro ruotano sotto, la base, (estremità superiore) del sacro e il tratto lombare retrocedendo in direzione del suolo. Sia lo psoas che i retti addominali si ritraggono, come notiamo nel rilassamento nell’assetto del gruppo muscolare dei glutei, per favorire la posizione, benché nella foto non appaia così evidente. Quando il corpo consente questa posizione, la spina dorsale in tutta la sua lunghezza e i muscoli pelvici sembrano decomprimersi e diventano più robusti.

Fate questa prova: rimanendo sdraiati a terra, limitatevi a ruotare sotto di voi la parte terminale della colonna. Adesso sollevatevi. Dov’è la parete addominale? Si sta accumulando in una collinetta? Ora sdraiatevi facendo aderire al suolo le reni iniziando dal punto vita (secondo la nostra definizione, il punto vita sono le reni, la seconda vertebra lombare). Adesso dov’è la parete addominale? Si sta ritraendo? Se la risposta è si, lo psoas è in ascolto ed ha iniziato a lavorare.
Questo movimento si verifica solo in uno stato di equilibrio.
Quando vi alzate dalla posizione e vi mettete in piedi, che succede all’addome? Che cosa accade al punto vita? Riuscite a trovarlo? Sapete riportarlo indietro volontariamente? Se avete problemi nel rintracciare il punto vita (sulla schiena, non sulla parte frontale del corpo), cercate di spostare il peso sui talloni.
Quando lo psoas inizierà a rispondere alla vostra richiesta (lo può fare se spostate il peso), diverrete consapevoli del punto vita, in particolare della sua parte posteriore.

Oppure: sdraiatevi sulla schiena e stendete in alto le gambe. Che succede alla parete ventrale (retto addominale) quando flettete in questo modo? Probabilmente si accorcia, si ispessisce, si indurisce e forma una collinetta. La collinetta formata dall’addome significa che lo psoas è stato sopraffatto dai retti. Quando c’è una reciprocità psoas-retto, potete alzare le gambe in verticale senza che i retti si induriscano.
In movimento, che si cammini o che ci si fletta,. Ribadiamo, la parete ventrale non si rigonfia e non si ricurva, si ritrae.

Lo psoas è unico sia per la sua struttura, sia per la sua funzione che svolge: nessun altro elemento mio fasciale può farne le veci in modo soddisfacente. Alcune fibre traggono origine dal tronco stesso, sul margine laterlae della dodicesima vertebra dorsale. Quando il muscolo si inserisce nel piccolo trocantere del femore (coscia), ha già rafforzato il tratto lombare, percorso la plevi e attraversato il pube. In questo modo, lo psoas unifica il busto e la coscia.- la camminata bilanciata, vigorosa (in cui la gamba viene flessa tramite l’attivazione dello psoas, non del retto femorale) coinvolge tutto il corpo fin nel profondo. In una camminata di quel tipo, ogni passo ha inizio nella dodicesima vertebra dorsale, non nelle gambe; le gambe si muovono di conseguenza. Siamo chiari su questo punto: quando un corpo bilanciato cammina, non sono le gambe a dare origine al movimento; le gambe fanno da sostegno e seguono il movimento. Il movimento inizia nel busto e si trasmette alle gambe tramite lo psoas.
Una camminata non equilibrata non solo mette sotto sforzo le gambe piegate, ma, nel movimento, esercita anche una trazione sul diaframma. Le solide strutture fasciali del diaframma, nel sostenere la gabbia toracica, hanno bisogno delle propri “orizzontali”. Per conservarle, il blocco corporeo (cioè, il torace) deve essere in grado di agire indipendentemente dalle strutture sottostanti. Ciò richiede un adattamento efficiente della giunzione lombo dorsale e sottolinea l’importanza del bilanciamento psoas-romboide che lo rende possibile.


Fonte: ROLFINGcome ristabilire l’allineamento naturale e l’integrazione strutturale del corpo per ottenere vitalità e benessere – Ida Rolf


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