L’emozione è comportamento
e funzione. Tutto il comportamento si esprime per mezzo dell’apparto
muscolo-scheletrico. Tutta la funzione è un’espressione di forma e struttura.
Per la psicoterapia
moderna, gli avvenimenti esterni di un uomo sono la proiezione del suo sé
interiore, spesso nascosto. Da un’altra angolatura possiamo dire che: lo stato
emotivo può essere visto come la proiezione dei suoi sbilanciamenti
strutturali.
Le risposte dei nervi e
delle ghiandole costituiscono il fondamento degli stati emotivi.
La struttura implica un
rapporto.
La materia organica vivente
è il risultato di un campo energetico più forte ed evidente della sua
controparte organica.
Il bilanciamento rivela che
nel corpo scorre un flusso di energia gravitazionale. L’asimmetria e la
casualità tradiscono il mancato sostegno da parte del campo gravitazionale.
La struttura (posizione
nello spazio fisico tridimensionale – rapporto tra unità) è comportamento.
Il conflitto tra l’uomo e
la gravità coinvolge la sua struttura in quanto aggregato di segmenti.
Alcuni elementi possono
essere abbastanza pesanti da avere un’esistenza gravitazionale rilevante: capo,
torace, pelvi, gambe. I quali sono a loro volta composti da elementi minori:
cranio, vertebre, ossa pelviche. A causa della diversità con cui occupo lo
spazio e della loro massa i blocchi maggiori hanno un rapporto rilevante con la
gravità → giunzione cervicotoracica, giunzione
lombo toracica …
Il
ruolo delle pelvi è fondamentale.
Tramite l’articolazione dell’anca, il peso del busto si trasmette alla coscia,
alla gamba, al piede e infine a terra. Dato che la superficie terrestre non può
adattarsi al movimento, l’uomo deve risolvere il suo problema di gravità
cambiando se stesso.
L’articolazione sferica
dell’anca, è la più adatta a trovare un accomodamento. I problemi e le
possibilità dell’anca dipendono dagli elementi muscolari delle pelvi e dal
tessuto connettivo che collega la coscia (dal basso) e il busto (dall’alto)
alle pelvi.
Un individuo in difficoltà
modifica inconsciamente la propria carne, solidifica la propria attitudine
mentale in qualcosa di biologicamente concreto. Nell’integrazione Strutturale
ci interessano le deviazioni strutturali che derivano dal mesoderma.
La struttura fisica è
determinata da elementi che derivano dal mesenchima: ossa, muscoli, legamenti,
tendini, fasce.
Gli elementi primari (ossa,
legamenti, tendini) evolvono dalle cellule. Più le unità prendono forma, il
residuo meno indifferenziato forma le guaine, che dapprima proteggono e poi
sostengono. Sono le fasce.
Il muscolo è racchiuso
nella fascia, come la polpa di un’arancia lo è nelle pareti cellulari che la
suddividono.
Il muscolo è contrattile e
sensibile; le fasce lo sono molto meno. In quanto strato protettivo, devono
essere stabili.
Nel sistema miofasciale,
ciascun muscolo, organo viscerale è rinchiuso nel proprio involucro fasciale.
Tali involucri, formano a
loro volta, un reticolo ubiquitario che sostiene e, al tempo stesso, avvolge,
collega e separa tutte le unità funzionali del corpo.
Infine, questi robusti
strati elastici formano anche un involucro superficiale che serve da contenitore
e da sostegno frenante per tutto il corpo: le fasce superficiali, sotto la
pelle (molto elastiche, grazie all’intreccio di fibre).
Tono = prontezza muscolare di risposta agli
stimoli nervosi.
Il tessuto connettivo areolare (o lasso) è il più estendibile, il più
elastico e il più ampiamente distribuito. Le sue fibre si intersecano in ogni
direzione. Il grasso si deposita e si immagazzina in questo tipo di tessuto. È
parte integrante del metabolismo corporeo dei liquidi. Il meccanismo tramite
cui il corpo guida e distribuisce i fluidi. Può essere usato come materiale di
imballaggio tra gli organi.
Il tessuto fibroso bianco si insedia in tutte quelle situazioni che
prevedono uno sforzo da tensione. È perciò più rigido, meno stendibile. La
disposizione in fasci paralleli delle fibre è causa della sua rigidità. Quando
lega le ossa e limita i movimenti, lo chiamano legamento; quando collega il
muscolo all’osso o alla cartilagine è aponeurosi o tendine.
L’aponeuorosi si distingue
dal tendine per la sua sottigliezza. Sono tutti tessuti connettivi che derivano
dal mesoderma.
Quando serve grande
stabilità, come nei tessuti sclerotici (ossa e cartilagine), la matrice
organica di collagene si impregna di altre sostanze utili allo scopo. Nella
cartilagine, la matrice è modificata dal solfato condroitin; nelle ossa, dai
Sali minerali principalmente il fosfato di calcio, anche se sono presenti
magnesi e molti altri minerali.
Affinché si sviluppi una solida
matrice ossea, è necessaria anche la presenza di vitamine C e D. Carenza di C
porta a scorbuto.
Il cortisone ha un effetto
inibitorio, deprime la formazione della sostanza intracellulare e delle fibre;
la soma tropina ne stimola e favorisce la crescita.
Molti ormoni influiscono sul
tessuto connettivo, così come fanno altri agenti quali il caldo e il freddo, le
tossine e i traumi, che modificano lo scambio chimico nel tessuto dando origine
alla malattia.
I tessuti connettivi, in
particolare le fasce, sono in uno stato di riorganizzazione permanente. Il
continuo scambio metabolico reso possibile dall’intimo rapporto tra le fasce e
il metabolismo dei liquidi consente la riorganizzazione della struttura.
Anche se le fasce sono
tipici tessuti di fibre collagene, vanno visualizzate entro la sostanza
intracellulare che è, per lo più, un gel smifluido amorfo. Le fobre di
collageno si modificano con palese lentezza e sono un’entità chimica definita.
Perciò, la velocità evidente con cui si modificano le fasce deve essere una
proprietà della complessa sostenza intracellulare. La distribuzione universale
del tessuto connettivo rende assai probabile che quel gel colloidale sia
l’ambiente interno più diffuso.
Ogni cellula vivente sembra
essere in contatto con quest’ultimo e le modifiche indotte dai centri di
pressione spiegherebbero l’ampio spettro di effetti notati nell’Integrazione
Strutturale.
Esercitare una pressione è,
di fatto, aggiungere energia alla sostanza colloidale del tessuto. (è ben noto
in fisica che l’aggiunta di energia può trasformare il gel colloidale in sol).
Probabilmente, è la sostanza colloidale energizzata a spiegare le diverse
proprietà fisiche di un corpo sottoposto all’Integrazione Strutturale.
Fasce
superficiali = sono un
tessuto fibroareolare che ospita la maggior parte dei grassi del corpo. Può
estendersi in qualunque direzione e adattarsi rapidamente a tensioni d’ogni
genere.
Fasce
profonde = strato più
denso. In un corpo sano, il loro rivestimento liscio fa scivolare una
sull’altra le strutture adiacenti. In seguito a malattie infiammatorie o a
lesione traumatiche, gli strati aderiscono l’uno all’altro; sembrano incollati.
Non scivolano più, ma
costringono le strutture adiacenti a tirarsi a vicenda, creando affaticamento e
tensioni generali.
Il collageno delle fasce
profonde forma fasci di fibre parallele, poiché questa è la forma che meglio
resiste allo sforzo da tensione.
IN
UN CORPO BILANCIATO, I FLESSORI SI FLETTONO, GLI ESTENSORI SI ESTENDONO
La colonna non sostiene il peso, non è
stata progettata per questo. La funzione primaria di una colonna bilanciata è
quella di separare tessuti molli e parte del corpo. È un graticcio a cui sono
assicurate le componenti miofasciali. Esempio della tenda. Cosa tiene in piedi
la tenda? Non è il palo, ma i tiranti, il palo invece assicura il giusto
bilanciamento spaziale tra le due parti.
Le ossa determinano la posizione spaziale
dei muscoli inseriti e, quindi, l’efficacia dell’equilibrio
agonista-antagonista. Per l’operatore di Integrazione Strutturale, il problema
è quello di imparare a vedere le masse nello spazio e di percepire il loro
bilanciamento.
Il nostro metodo riconosce
che il corpo è organizzato in strati concentrici, e la funzione corporea può
essere compresa solo tramite i rapporti che intercorrono tra quegli strati. In
questa analisi ciò che maggiormente interessa non è la pelle (che deriva
dall’ectoderma dell’embrione), ma gli strati fasciali sottostanti (derivati dal
mesoderma).
La presenza di tensione
fasciale in superficie testimonia la congestione e il blocco dei flussi
sanguigno e linfatico nel tessuto profondo. Una pressione ben indirizzata,
aumenta il drenaggio linfatico e influenza, lo scambio locale.
Schematicamente i muscoli
sono organizzati a livelli concentrici. Di regola più il livello è
superficiale, più sono lunghe le singole fibre muscolari. I livelli più
profondi, soprattutto quelli più vicini alla spina dorsale, hanno una lunghezza
di soli 3-6 centimetri. In prossimità della parte terminale, i rigonfiamenti
muscolari si trasformano in tendini e aponeurosi, saldamente intessuti,
tuttavia elastici, che si assicurano alle ossa per mezzo della cartilagine
ialina che agisce come fissante.
L’accorciamento di un’unità
mio fasciale è una funzione tanto importante e legittima quanto il suo
allungamento. A destare preoccupazione è solo l’accorciamento cronico.
L’accorciamento cronico, coatto, non è più denominato contrazione, bensì
contrattura. La contrattura permanente di un tessuto molto potente comprime
l’articolazione sottostante. Così facendo sbilancia le altre
strutture muscolari la cui integrità dipende da un equilibrio preciso delle
articolazioni collegate.
Tale compressione deve
essere avvertita come dolore o disagio. L’unico rimedio permanente è quello di
bilanciare l’articolazione; il che, speso, significa bilanciare tutto il corpo,
perché i vari legami fasciali possono causare una tensione compensatrice in
vaste aree. Se la tensione è recente, le compensazioni sono facili da
cancellare. Ma l’ispessimento e il deterioramento dovuto ad aberrazioni di
vecchia data può richiedere tempo e lavoro in misura considerevole.
Quando osservate un corpo
“casuale” pensate alle implicazioni della loro “casualità”. Pochi esseri umani
hanno raggiunto la piena verticalità umana. Cosa si deve fare per consentire un
allineamento migliore? Spazio? Lunghezza? Allungate la spina dorsale.
Ma i corpi sono progettati
per essere a contatto col suolo; devono necessariamente poggiare sui piedi, non
essere sospesi in cielo. Quando la gravità riprende il sopravvento, il vecchio
quadro di ispessimenti, accorciamenti, compressioni compensatrici riemerge.
Solo le ossa impediscono ai corpo di diventare palle simili ad amebe.
Secondo le convenzioni
della fisiologia e della chineosiologia, l’unità di base del movimento è la
coppia flessore ed estensore. Il primo componente della coppia, il flessore,
avvicina le estremità di alcune parti del corpo (le flette). Il secondo
componente le separa (le estende). Di un corpo piegato si dice che sia in
flessione; di un corpo raddrizzato che sia in estensione. Di un corpo
raddrizzato oltre la linea di riferimento verticale si dice che sia iperesteso.
Per definizione, in un corpo che si piega, sono stati attivati i flessori che
lo hanno “flesso”; che hanno cioè accorciato le estremità e le hanno
avvicinate. Cos’è successo agli estensori, che cosa hanno fatto nel frattempo?
Quando piegate la schiena, che aspetto ha? Si allunga o si accorcia? Si incassa
nelle spalle? Un test fondamentale per saggiare la struttura di un corpo è il
suo modello di flessione. Se
il corpo è bilanciato, non solo i flessori ma, contemporaneamente, gli
estensori si estendono.
Poggiate una mano, tutta la
man, col palmo rivolto in basso, sulla colonna vertebrale di un individuo.
Chiedetegli di piegarsi. Sentite la mano cosa vi comunica di quanto sta
accadendo.
Quando l’uomo si piega,
sentite che la schiena si accorcia o che si allunga?
Se si allunga, gli
estensori sono stati attivati; sia i flessori sia gli estensori stanno
partecipando.
Quando si piega, la schiena
vi solleva la malo?
In quel caso, i flessori si
stanno flettendo, ma gli estensori non ce la fanno a seguirli.
La sua schiena vi fa
appiattire ulteriormente la mano?
Se la vostra mano si
appiattisce, gli estensori (errori della spina dorsale) si stanno allungando,
estendendo. Assicuratevi che la vostra oppressione sia abbastanza forte da
sentire con la mano oltre la superficie esterna del muscolo, per sapere cosa
stia accadendo al di sotto. È ai livelli più profondi che accadono gli eventi
più significativi.
Guardate i corpi
disorganizzati mentre si flettono. Come si flettono? Appoggiate una mano sulla
schiena flessa. Mentre cercate oltre gli strati superficiali, provate a farvi
un’idea sia del’assestamento delle ossa, sia di ciò che accade a livello
muscolare. Sentite che solo certe aree si allungano? Ci sono aree che si
accorciano? Riuscite magari a sentire che alcuni muscoli verticali, duri come
corde, si sono allargati allontanandosi dalla colonna invece di allungarsi
verticalmente? Sareste in grado di affermare che se non si allargassero,
potrebbero allungarsi?
Allontanate mentalmente gli
strati più superficiali sotto la vostra mano, e scoprirete in profondità un
terzetto chiamato genericamente muscolo della schiena, perciò del corpo.
Schematicamente consiste in tre corde di elementi verticali che si intrecciano.
Per il modo in cui è stato
progettato, qualunque accorciamento di un elemento del terzetto procura
deviazioni all’intero complesso. Qualunque distorsione in un solo elemento o
anche in una sua parte, accorcia, ispessisce e torce il corpo intero.
Se in seguito a un
incidente, a uno sforzo ripetitivo e prolungato, al protrarsi di una posizione
curva, questi muscoli si spostano lateralmente, lo schema eretto e simmetrico
di tutto il corpo ne soffrirà. Qualsiasi deformazione del corpo umano, di
qualunque natura essa sia, è accompagnata da un accorciamento, da una perdita
di lunghezza. Questo è l’effetto della gravità. La tenda collassa.
Raramente i due lati di una
schiena sono bilanciati in modo uniforme. In qualunque punto esaminate una
schiena, una parte di solito è più corta dell’altra. In genere, la causa va
ricercata in una lateralità dominante (abnorme uso di una mano rispetto
all’altra), ma la diversità di sviluppo può avere molte cause. L’individuo
aggiusta la parte più corta torcendosi (ruotando). La rotazione può avere
l’aspetto di una torsione delle costole sul bacino. Se non riuscite a
visualizzare in che modo il torace (la gabbia toracica) ruoti sulla parte
inferiore della colonna, immaginate un turacciolo che viene fatto ruotare nel
collo di una bottiglia. Improvvisamente, lo schema della rotazione vi sembrerà
chiaro.
Più comunemente le
rotazioni sono torsioni della pelvi (o del sacro, della quinta lombare …)
attorno a una delle vertebre lombari più basse. La tensione muscolare viene
avvertita come dolore cronico e debolezza nella parte inferiore della schiena,
insieme allo stiramento di uno o più dischi intervertebrali. A lungo andare, si
verifica un deterioramento tissutale e il problema ai dischi e/o
all’articolazione scaro iliaca si cronicizza.
Si possono vedere
deviazioni dalla simmetria in qualunque posto pubblico.
Essi forniscono chiavi di
lettura ai problemi della personalità; punti forti e punti deboli, stiramenti e
tensioni, limitazioni di energia che devono essere superate, o di cui bisogna
tener conto prima che l’energia possa essere distribuita per realizzazioni
creative. Tutti i corpi registrano i traumi emotivi e fisici del vivere; gli
avvenimenti della vita umana. Episodi d’ogni sorta hanno modificato la
struttura dell’individuo medio e lasciato il segno su quel po’ di bilanciamento
inizialmente presente. Grazie ad alcuni parametri, possiamo accertare queste
limitazioni: gli indizi ce li forniscono le compressioni visibili e i rapporti
tridimensionali del corpo. Sfortunatamente, benché essi siano chiari a chi gli
sta vicino, sono di solito invisibili all’uomo stesso.
Lo psoas è un collegamento
eccezionale tra le gambe e la parte superiore del busto. Lo psoas accorciato fa
inclinare in basso e in avanti la gabbia toracica sotto la trazione dei retti,
e rende automaticamente inefficienti i romboidi. Ciò si manifesta con maggiore
evidenza a due livelli. Uno psoas deteriorato, incollato, quando attraversa la
rima pelvica, mantiene il corpo permanentemente flesso a livello dell’inguine e
impedisce una postura eretta vera e propria. Se uno degli psoas o i retti hanno
un’estensione inadatta (troppa o troppo poca), il profilo dell’inguine appare
inadeguato (troppo compromesso e, perciò insicuro). Lo si nota senza difficoltà
anche attraverso i vestiti. Nella misura in cui il tendine dello psoas
migliora, o il suo movimento è liberato, l’inguine si allarga e diventa più
compatto. Anche l’iliaco, tramite il tendine comune, si scioglie, diminuendo
sul bacino la trazione verso l’interno e allentando la tensione dei muscoli che
si inseriscono nella spina iliaca antero-superiore.
Lo psoas e i glutei
determinano il movimento primario della gamba.
Se lo psoas e i retti si
spartiscono effettivamente il carico, tutti i movimenti del corpo che
coinvolgono la flessione fanno arretrare la parete addominale. Sembra illogico,
ma è così. In una flessione normale, bilanciata, lo psoas non si accorcia, non
sporge in avanti; si allunga e si ritrae insieme all’addome.
Esaminate il vostro psoas: stendetevi a terra sulla schiena.
Adesso, piegate le gambe, insieme se possibile, e avvicinatele con i talloni
uniti. Le reni si inarcano? Se la risposta è sì, sappiate che il vostro psoas
non è realmente in grado di svolgere il propri lavoro.
In un corpo bilanciato,
quando le gambe sono piegate, il punto vita si ritrae. In altre parole, il
coccige e l’apice (estremità inferiore) del sacro ruotano sotto, la base,
(estremità superiore) del sacro e il tratto lombare retrocedendo in direzione
del suolo. Sia lo psoas che i retti addominali si ritraggono, come notiamo nel
rilassamento nell’assetto del gruppo muscolare dei glutei, per favorire la
posizione, benché nella foto non appaia così evidente. Quando il corpo consente
questa posizione, la spina dorsale in tutta la sua lunghezza e i muscoli
pelvici sembrano decomprimersi e diventano più robusti.
Fate questa prova: rimanendo sdraiati a terra, limitatevi a ruotare sotto di voi la
parte terminale della colonna. Adesso sollevatevi. Dov’è la parete addominale?
Si sta accumulando in una collinetta? Ora sdraiatevi facendo aderire al suolo
le reni iniziando dal punto vita (secondo la nostra definizione, il punto vita
sono le reni, la seconda vertebra lombare). Adesso dov’è la parete addominale?
Si sta ritraendo? Se la risposta è si, lo psoas è in ascolto ed ha iniziato a
lavorare.
Questo movimento si
verifica solo in uno stato di equilibrio.
Quando vi alzate dalla
posizione e vi mettete in piedi, che succede all’addome? Che cosa accade al
punto vita? Riuscite a trovarlo? Sapete riportarlo indietro volontariamente? Se
avete problemi nel rintracciare il punto vita (sulla schiena, non sulla parte
frontale del corpo), cercate di spostare il peso sui talloni.
Quando lo psoas inizierà a
rispondere alla vostra richiesta (lo può fare se spostate il peso), diverrete
consapevoli del punto vita, in particolare della sua parte posteriore.
Oppure: sdraiatevi sulla schiena e stendete in
alto le gambe. Che succede alla parete ventrale (retto addominale) quando
flettete in questo modo? Probabilmente si accorcia, si ispessisce, si indurisce
e forma una collinetta. La collinetta formata dall’addome significa che lo
psoas è stato sopraffatto dai retti. Quando c’è una reciprocità psoas-retto,
potete alzare le gambe in verticale senza che i retti si induriscano.
In movimento, che si
cammini o che ci si fletta,. Ribadiamo, la parete ventrale non si rigonfia e
non si ricurva, si ritrae.
Lo psoas è unico sia per la
sua struttura, sia per la sua funzione che svolge: nessun altro elemento mio
fasciale può farne le veci in modo soddisfacente. Alcune fibre traggono origine
dal tronco stesso, sul margine laterlae della dodicesima vertebra dorsale.
Quando il muscolo si inserisce nel piccolo trocantere del femore (coscia), ha
già rafforzato il tratto lombare, percorso la plevi e attraversato il pube. In
questo modo, lo psoas unifica il busto e la coscia.- la camminata bilanciata,
vigorosa (in cui la gamba viene flessa tramite l’attivazione dello psoas, non
del retto femorale) coinvolge tutto il corpo fin nel profondo. In una camminata
di quel tipo, ogni passo ha inizio nella dodicesima vertebra dorsale, non nelle
gambe; le gambe si muovono di conseguenza. Siamo chiari su questo punto: quando un corpo bilanciato cammina, non sono
le gambe a dare origine al movimento; le gambe fanno da sostegno e seguono il
movimento. Il movimento inizia nel busto e si trasmette alle gambe tramite lo
psoas.
Una camminata non
equilibrata non solo mette sotto sforzo le gambe piegate, ma, nel movimento,
esercita anche una trazione sul diaframma. Le solide strutture fasciali del
diaframma, nel sostenere la gabbia toracica, hanno bisogno delle propri
“orizzontali”. Per conservarle, il blocco corporeo (cioè, il torace) deve
essere in grado di agire indipendentemente dalle strutture sottostanti. Ciò richiede
un adattamento efficiente della giunzione lombo dorsale e sottolinea
l’importanza del bilanciamento psoas-romboide che lo rende possibile.
Nessun commento:
Posta un commento