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domenica 5 febbraio 2012

Frammenti di follia

Si accendono le luci in sala. Lo gnomo si volge verso il folletto dicendo: “Hai visto? or come faremo a sapere le nuove del mondo se il tempo è perduto? “Il folletto risponde: “Che nuove? Che il sole si è levato o coricato, che fa caldo o freddo, che qua o là è piovuto o nevicato o ha tirato vento? Perché, mancati gli uomini, la fortuna si ha cavato via la benda, e messosi gli occhiali e appiccicato la ruota a un arpione, se ne sta colle braccia in croce a sedere, guardando le cose del mondo senza più mettervi le mani; non si trova più regno né imperi che vadano gonfiando e scoppiando come le bolle, perché sono tutti sfumati; non si fanno guerre, e tutti gli anni si somigliano l’uno all’altro come uovo a uovo, i giorni della settimana non avranno più nome e non si potrà sapere a quanti siamo del mese, perché non si stamperanno più lunari”. Lo gnomo, guardando, negli occhi il lettore concludendo dice: “Non sarà gran male, che la luna per questo non fallirà la strada[1]


... anche noi fuggiamo, ma in modo non fragile e spaventato. Crudelmente vile e organizzata la nostra fuga si riconosce nel rifiuto di stare accanto e di comprendere la follia e di disegnarne una nostra, chiamata di solito “normalità”, in cui viviamo. Attaccati a inesistenti e strumentali certezze, a un vivere sociale insensato, ad una convivenza che è diventata politica della guerra. Ecco perché non ci potrà essere in futuro una psichiatria o una psicologia che non tenga conto delle origini esistenziali del dolore psichico e non ci diremo civili senza un interesse per i suoi problemi che ci rimandano ai nostri, senza sconti[2]


La crescita è vissuta come accumulazione, rassicurazione, rinuncia, ripetizione. tutto ciò è abbastanza triste, e soprattutto, ciò che chiamamiamo crescere è scandito dall'ossessione del tempo. In tal modo le persone si adeguano all'età, che finisce per soggiogarli. il crescere non è che un biglietto di sola andata per le terre aride della normalizzazione, è allevare una smisurata energia vitale, per poi abbandonarla alla sterilità di un sistema esistenziale soffocante. in parecchi hanno raccontato che questo tempo, questa età, sono sostanzialmente trappole psicologiche. Krishamurti ci ha raccontato che esiste invece un'attività senza tempo.
Essere consapevole significa vivere di là del tempo e dell’età, e la vastità con cui si vive può veramente mostrare il ritmo specifico dei nostri neuroni, facendoli scivolare fuori dal meccanismo del tempo. La passione è il rimedio all’obsolescenza. L’intensità e la felicità delle esperienze, l’estensione dei sensi e dei sentimenti, rinvigoriscono e reiterano la struttura molecolare, il sistema nervoso, perfino la pelle. Tutte le esperienze quint’essenziali si palesano con una sospensione del tempo, ci conducono oltre. L’estasi, le illuminazioni, trapassano il tempo e arrivano all’essenza superiore che noi siamo. L’amore dei corpi e dello spirito, genera lampi di vita, dove il tempo sparisce. Lasciamo il tempo seriale, e accarezziamo un tempo biologico e un tempo cosmico. E’ in questi frangenti che dissolvono il tempo che le persone vivificano il proprio stato di grazia; “dove l’eternità non ha niente a che vedere con il tempo”[3]



[1] Bontempi, L. (2000) I temponauti, Nautilus, Torino, pp. 30-31.
[2] La Spina, F. (2008) L'incantesimo della follia. Eziopatogenesi dei disturbi psichiatrici e patologia nella normalità, Franco Angeli, Milano.
[3] Bontempi, L. (2000) I temponauti, Nautilus, Torino, p. 45.


Per non perdere tempo?!
Dai valore al tuo tempo” lessi sulla copertina di un settimanale, e all’interno vi trovai svariate proposte per riacciuffare qualche briciola di tempo, quali: “risparmiare tempo con la tecnologia”poiché la vita può essere semplificata e le faccende di casa alleggerite, “a tavola in pochi minuti”: merluzzo agli aromi (cinque minuti, col microonde), spaghetti alla chitarra pomodoro e basilico (10 minuti col microonde), un ragù a tempo di record grazie al robot multifunzionale, “l’ultima frontiera della tecnologia un robot che pulisce per noi”, e ancora “bucato splendido in tempi record” ... in sintesi, pareva che tutto fosse incentrato sul risparmiare tempo.
D’altra parte, è lampante, specie in Occidente, che la nostra esistenza sia braccata dall’esilarante paradosso “di non avere abbastanza tempo, e se ne abbiamo di non sapere che farsene”,è un continuo eco di doppi vincoli che spingono l’ambiguità del messaggio al limite, un limite che si rivela assai pericoloso, specie in questo tempo storico.
Abbiamo traghettato dalle “isterie” del 1800 alle “nevrosi”del ‘900 e stiamo scivolando, con il nuovo millennio, fra le ambivalenti braccia delle “psicosi”.
Passiamo da una società di stampo collettivo-familiare a una ove impera individualismo-egocentrismo, in cui la solitudine è il maggiore dei disagi poiché ormai più nessuno segue il suggerimento socratico di “Uomo conosci te stesso” se così fosse l’essere umano si renderebbe conto che si è soli solo quando si erigono muri invece che ponti.

Che fare? Occorre fronteggiare questa cultura inquinata che impedisce fortemente il processo di sviluppo umano. La nostra cultura, limitata dall’utilitarismo, frena a livello sociale, psicologico e vitale il nostro potenziale umano, per cui serve un’operazione di prevenzione e cambiamento sostanziale alle radici dell’attuale sistema vigente. In primis partendo dalla scuole dove vengono formate le nuove generazioni.
Non ci sono patologie da curare, ma nuovi processi da attivare, nuovi punti di vista per nuove possibilità. Se l’individuo acquisisce maggior consapevolezza di sé, avviene in lui, una "presenza" che gli permette di empatizzare e vivere pienamente l’incontro autentico con l’Altro.

Mariangela Mattoni

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