Il
nostro potenziale per l’evoluzione interiore
La chiave per compiere
qualcosa di oggettivo valore sta nel nostro potenziale evolutivo interiore; dei
metodi speciali possono insegnarci come usare il nostro copro, la nostra mente
e le nostre emozioni per trasformare il nostro sé essenziale. Pensiamo ad un
acquario.
Alcuni sono troppo occupati
con le faccende della vasca e hanno altro a cui pensare; alcuni non hanno
l’intelligenza di capire quanto viene loro comunicato; altri non vogliono
essere distratti dai loro passatempi; altri ancora non hanno voglia di essere
importunati da qualcosa che si trova al di fuori della loro confortevole
routine.
In fine un pesce, pesce è e
pesce resterà. Il vero cambiamento che può avvenire in lui sta nella sua
potenzialità di assumere un posto più significativo in un disegno più ampio.
La
macchina biologica umana come apparto di trasformazione
Contrariamente a quanto
comunemente si crede, la trasformazione interiore non produce conseguenze
psicologiche e comportamentali che possono essere facilmente riconosciute
dall’esterno. Le reali conseguenze sono di natura completamente diverse.
In un certo senso, siamo
vittime di molte malattie frutto della civiltà; uno dei maggiori sintomi di ciò
è l’arroganza intellettuale caratteristica della nostra attuale cultura.
Quello che noi, come esseri
umani civilizzati, potremmo avere difficoltà a capire è che queste idee vengono
afferrate pienamente solo quando riflettono un corrispondente cambiamento
interiore; arriviamo comprendere solo ciò che esiste dentro di noi, e niente
esiste dentro di noi a meno che non ce lo abbiamo messo, digerito e preso
profondamente in considerazione con molto più del semplice apparato mentale.
Per capire pienamente
un’idea dobbiamo averne fatto effettivamente uso, familiarizzandoci con tutte
le sue sottili ramificazioni in connessione ad altre idee che si sono già
formate in noi attraverso le precedenti esperienze.
Nel normale corso della
vita, esclusi momentanei risvegli accidentali, la macchina è addormentata, e
durante questo stato di sonno essa esercita la propria volontà sulla
situazione; allo stesso tempo le sue funzioni trasformazioni superiori non sono
attivate.
In uno stato di sonno,
l’attenzione della macchina si fissa completamente sui propri pensieri
soggettivi, sugli stati emozionali e sulle sensazioni, oppure su quelle
distrazioni ed attrazioni esterne a se stessa, che casualmente prevalgono in
quel momento attraverso lo spesso velo delle proprie fissazioni soggettive su
se stessa; questo è il vero significato dell’antico mito di Narciso.
La maggior parte delle
comunità di lavoro si fondano sull’idea che è il sé essenziale ad essere
addormentato e a dover essere risvegliato. Non essendo consapevoli dell’identificazione
del sé essenziale con il sonno della macchina, né delle potenziali risorse
della macchina in funzione di apparato trasformazionale (ma solo quand’è in
stato di veglia), esse non hanno speranza di giungere ad un’autentica
trasformazione.
Nulla esiste senza
necessità.
Quando la macchina è
sveglia, la sua attenzione è volta all’interno verso il sé essenziale, quella
parte di noi che non è la macchina. Quando l’attenzione delle macchina si fissa
in tal modo sul sé essenziale, ciò produce dei precisi effetti trasformazioni.
Per il nostro lavoro
iniziale, possiamo immaginare la macchina biologica umana come una fabbrica
alchemica che, se viene risvegliata dal proprio sonno meccanico, produce la
trasformazione e l’evoluzione del sé essenziale.
Il sé essenziale si può
ubriacare del sonno della macchina; può identificarsi completamente con esso.
Il sé essenziale può anche arrivare a pensare di essere addormentato; ma resta
il fatto che il sé essenziale non è né sveglio né addormentato.
Pur non potendo vedere
direttamente il sé essenziale, possiamo vedere gli effetti del cammino che ha
preso, le sue conseguenze sulla macchina.
Oltre
la crescita personale
Molti metodi psicologici ci
offrono di ottenere una crescita personale attraverso il cambiamento dei
modelli di comportamento della “macchina”. I veri metodi di trasformazione ci
permettono di giungere ad un cambiamento oggettivo, attraverso la
trasformazione del “sé essenziale”, trascurando completamente l’effetto che
produciamo sugli altri.
La maggior parte dei metodi
offre strumenti per cambiare la macchina; tali metodi servono a chi tiene
all’accrescimento personale e all’effetto prodotto sugli altri. A noi, d’altro
canto, interessa il cambiamento oggettivo e di conseguenza lavoriamo per venire
cambiati dalla macchina.
La macchina è solo una
specie di fabbrica che produce cambiamento. Non c’interessa che aspetto abbia
la macchina o cosa ne pensino gli altri; non siamo interessati all’uso della
macchina come strumento d’espressione della nostra personalità, che di fatto è
solo un’altra parte della macchina.
Prima di poter usare alcun
metodo volto al risveglio della macchina, dobbiamo ammettere senza più dubbi
che è la macchina ad essere addormentata, non il sé essenziale e che solo una
macchina risvegliata può produrre una trasformazione. Dobbiamo anche
comprendere che nessuno può attivare la nostra macchina per noi: dobbiamo
attivarla noi.
All’inizio il sé essenziale
non è capace di esercitare la volontà di risvegliare la macchina in modo
diretto; però può esercitare un tipo speciale di volontà, chiamata “volontà di
attenzione”, la quale, se applicata abbastanza a lungo, ha l’effetto di
risvegliare la macchina con il solo mezzo dell’inesorabile pressione di
un’incessante attenzione esercitata su di essa.
Aver mancato di usare la
macchina biologica umana per la nostra possibile evoluzione è un terribile
spreco dell’opportunità che è propria della vita umana; è un autentico peccato.
Iniziare
a lavorare
Lo scopo del lavoro
iniziale è quello di portare la macchina nello stato di veglia e di renderla
capace di funzionare come apparato “trasformazionale”. La trasformazione non è
in se stessa uno scopo, ma una tappa intermedia verso un modo di vivere del
tutto nuovo, che è ciò che cerchiamo di raggiungere.
La macchina, una volta
portata a termine la trasformazione, essendosi purufucata da quelle cose che la
rendono “dis-funzionale”, diventa uno strumento di lavoro.
È importante usare i pochi
periodi di veglia che si presentano senza sciuparli a caccia di piaceri della
carne, ma per favorire la nostra evoluzione
Dunque, per portare la
macchina nello stato di veglia dobbiamo utilizzare quello che il sé essenziale
possiede realmente, i suoi due autentici attributi, la presenza e la volontà di
attenzione; a tal fine saremo costretti a sviluppare una strategia … e una
strategia molto precisa. Dobbiamo infatti attivare in modo efficace le
proprietà trasformazionali della macchina biologica umana, senza allo stesso
tempo innescare inavvertitamente il meccanismo di difesa della macchina contro
lo stato di veglia.
A livello biologico, la
macchina biologica umana è una fabbrica chimica simile a tante, funzionante
sulla base delle stesse leggi chimiche. È regolata da piccolissimi impulsi
elettrici che scorrono attraverso il sistema mio-neurologico, cioè i muscoli ed
i nervi.
Se ci proponiamo di
svegliare la macchina e renderla attiva come apparato trasformazionale,
dobbiamo sviluppare la facoltà superiore chiamata discernimento; dobbiamo
riconoscere quei periodi in cui la macchina è sveglia e, ancor più importante,
quando non lo è.
Se pensiamo che la macchina
sia già sveglia, non lavoreremo per svegliarla; comportandoci come se fosse
sveglia non otterremo dei risultati immaginari. Inoltre potremo facilmente
nuocere a noi stessi e agli altri, se cercassimo di fare qualcosa nel sonno
come se fossimo svegli.
Allo stesso tempo, se la
macchina è sveglia non dobbiamo sprecare lo stato di veglia con attività che
riguardano il sonno.
Scopi
interiori
Se formuliamo in maniera
più esatta i nostri scopi interiori rivolti alla trasformazione, alla fine
svilupperemo un vero scopo di lavoro; non qualcosa di mentale e soggettivo, ma
uno scopo pratico, immediato, realizzabile e che può effettivamente servirne
uno più grande e più oggettivo.
Scopriamo che la maggior
parte degli esseri umani sono piuttosto soddisfatti degli scopi, delle
occupazioni e dei piaceri della loro vita così com’è; possiamo osservare che
dalla vita non si aspettano altro all’infuori di ciò che è stato loro detto di
aspettarsi. Sono abbastanza felici delle meschine soddisfazioni derivanti dalle
occupazioni organiche e dalla prevedibilità della routine quotidiana.
I nostri originali scopi di
lavoro cambieranno e può essere sorprendente vederli cambiare spesso. Possiamo
cambiare i nostri scopi per due ragioni soltanto.
La prima ragione è che
mentre inseguiamo uno scopo, la nostra saggezza cresce e riusciamo a formulare
il nostro scopo in modo più chiaro ed appropriato. Iniziando ad imparare, il
nostro scopo temporaneo cambierà di pari passo alla comprensione dello scopo
principale del lavoro. Mentre il nostro scopo cambia, dobbiamo essere
assolutamente certi che non lo stiamo abbandonando solo perché ci ha annoiati.
Cambiamo lo scopo quando non serve più allo scopo principale.
La seconda ragione per cui
possiamo cambiare uno scopo è che l’abbiamo effettivamente raggiunto. In una
scuola abbiamo un grande proposito e poi una serie di scopi più piccoli che servono
quel proposito più grande.
Lo
studio della macchina
Sebbene distinti dalla
macchina, ne siamo ipnotizzati, siamo immersi nel suo stato di sonno. Uno degli
scopi dello studio della macchina è quello di raccogliere prove che ci possano
aiutare a definire l’esatta natura di questo sonno.
Non è sufficiente studiare
la macchina solo in modo ordinario, vale a dire quando siamo identificati con
il suo sonno; equivarrebbe a dire che la macchina sta studiando se stessa. In
qualche modo dobbiamo imparare a studiare la macchina in modo oggettivo,
dall’esterno, proprio come un antropologo studierebbe un altro primate nel suo
habitat naturale; e la macchina biologica umana è precisamente un primate, più
o meno con le stesse direttive e gli stessi imperativi biologici comuni alla
specie.
In tutti i casi, sappiamo o
abbiamo intuito che esiste un altro stato, molto diverso da quello ordinario;
sappiamo che esso è possibile per la macchina e che conduce ad un’esperienza
multidimensionale della vita, molto diversa da quella a cui siamo abituati.
Sappiamo che se abbiamo
avuto esperienza di questo stato (chiamiamolo stato di veglia), ciò è accaduto
solo per breve tempo ed in modo parziale, e poi per qualche inesplicabile
ragione siamo caduti in uno stato di relativa oscurità; un’oscura e cupa
prigione sotterranea fatta di esistenza miserabile, solo un’ombra di ciò che
avevamo visto possibile.
Con nostro competo stupore,
ci accorgiamo che le altre persone considerano tale oscuro e cupo stato di
sonno come piuttosto accettabile, per non dire anche confortevole e gradevole.
In uno stato noi veramente
vediamo, udiamo, sentiamo, gustiamo, tocchiamo, conosciamo, ricordiamo; tutti i
nostri sensi e le nostre funzioni mentali ed emozionali sono migliaia di volte
più limpide ed amplificate.
Certe sensazioni allarmanti
si presentano inevitabilmente, quando la macchina comincia a svegliarsi:
formicolio, sensazione di caduta, vertigine, perdita di coscienza, collasso,
espansione dentro una pelle troppo tesa, sensazione di andare in fiamme,
distorsione del corpo, allagamento o accorciamento, agitazione, debolezza,
confusione, freddo, sudori, irrequietezza.
Il nostro sistema, in
condizioni ordinarie, è non catartico ed estremamente graduale; esso sviluppa
in modo dolce la volontà del sé essenziale e risveglia la macchina lentamente,
in modo da non farla squilibrare più del necessario.
Le miglioro prove del sonno
della macchina non vengono raccolte da noi stessi, ma da altri che fanno le
loro osservazioni riguardo alla nostra macchina mentre essa è addormentata.
Chiamiamole “prove per sentito dire”.
Fonte: La Macchina biologica umana
http://www.macrolibrarsi.it/libri/__la_macchina_biologica_umana.php?pn=2028
Per contatti con l'istituto diretto da E.J. Gold:
Gateways Books and Tapes, P.O. Box 370 - HBM,
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Tel: +1-530-272-0180
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