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giovedì 22 novembre 2012

La vita nel labiritno – E. J. Gold

PERDERSI IN UN DEDALO STUPEFACENTE
A nostra insaputa, noi viaggiamo in un labirinto, un dedalo macrodimensionale di viva forza elettrica, rivestito dal sottile strato dell’ordinarietà della vita di tutti i giorni. Ciò che più di tutto ci impedisce di riconoscere questo fatto è l’impellente bisogno di ricondurre tutto ad una dimensione familiare, di ridurre ogni cosa a livello del nostro cervello di primati; di rifiutare la viva, pulsante realtà della totalità di ogni possibile attenzione.

Il labirinto! Un dedalo macrodimensionale camuffato dal tessuto dei confini biologici. Nella vita ordinaria, qualunque cosa facciamo o raggiungiamo, dovunque andiamo o chiunque diventiamo, ci ritroviamo sempre prigionieri della rigida routine; ci auto-immergiamo in un auto-invocato, continuo bombardamento di tensioni, distrazioni e auto-indulgenza quotidiana, riuscendo con successo, in un modo o nell’altro, a rifiutare qualsiasi vero aiuto possa esserci offerto.

Non riusciamo mai veramente a divertirci o a stupirci. Questa conversione di tutto quanto esiste nei termini di un primate è un’autentica malattia, di natura clinica come qualunque condizione patologica comunemente accettata.
Il sé essenziale, con le sue qualità di attenzione e presenza, è capace di vedere le cose in modo differente; perciò esso ha la capacità di avvertire il passaggio, quando questo si verifica, ad una percezione diretta del labirinto.

Agiamo come se il mondo dei primati esistesse realmente, come se noi avessimo un’interfaccia diretta con esso, come se esistessero in esso certezze e qualità tangibili mentre, di fatto, niente di tutto questo esiste (nel senso in cui noi crediamo che esista), neppure remotamente. Ci siamo costruiti attorno le pareti di un vero e proprio Giardino della Familiarità e adesso vi siamo intrappolati senza alcuna speranza di fuga.

LA CONSAPEVOLEZZA DEL LABIRINTO
Quando il processo d’apprendimento superiore si risveglia, non mostriamo più confusione e disorientamento quando entriamo nelle macrodimensioni. Mediante speciali processi interni, che è possibile imparare, possiamo andare ben oltre lo spettro ordinario, ed entrare nelle macrodimensioni, che nella forma somigliano alla realtà consensuale, ma sono radicalmente diverse da essa sotto altri aspetti, percepibili solo con un lungo e difficile addestramento dell’attenzione essenziale, ovvero non meccanica.

Quando un ratto diventa consapevole del labirinto, i suoi occhi sembrano in qualche modo contemporaneamente più giovani e più vecchi; la sua postura ed il suo comportamento generale verso l’ambiente e verso se stesso mostrano segni radicali di mutamento. Appare meno frenetico, più disinvolto, più sicuro di sé e notevolmente meno autodistruttivo.
Contemporaneamente, si possono notare segni visibili di eccitazione; è irresistibilmente pervaso da un nuovo senso di libertà, proprio lo stesso senso di libertà che può sperimentare un essere umano quando raggiunge quella che chiamiamo “illuminazione”. Naturalmente, per quanto riguarda gli esseri umani, questo primo barlume di vera libertà (non da un labirinto sperimentale, ma dai confini autoindotti di natura puramente psico-emotiva) non dura molto a lungo e presto si riafferma la sua monotona e banale attività da primate.

Il Gioco del Labirinto è stato chiamato il Gioco Fondamentale, il Grande Gioco, Il Gioco delle Perle di Vetro; solo l’auto-motivazione, la capacità di scuotere noi stessi dal sonno, di prendere le mosse da un punto zero e di spingere noi stessi oltre la postura immobilizzata dell’inerzia, produrranno risultati in questo che è “il più pericoloso dei giochi”.

Se ti rivelo il significato,
la tua mente seguirà il significato;
ma poiché l’attenzione segue la mente,
non coglierai il significato.

LA MADRE DI TUTTI I PUZZLE
Il labirinto, come qualunque dedalo, ha le caratteristiche di un puzzle. Attenendoci alle regole della risoluzione di questi ultimi, se ne comprendiamo le leggi e ne interpretiamo correttamente i segnali, dovremmo essere capaci di viaggiare in modo consapevole e di ricordare anche i passaggi precedenti; dovremmo anche riuscire a conseguire una visione generale, che tenga conto di tutto ciò che abbiamo imparato in un dedalo.
Nel labirinto, un individuo è soggetto a vagare all’infinito attraverso le stesse cinque, sei, sette, otto o nove diverse camere, imbattendosi in una successione di macro-personaggi, reagendo con la stessa gamma generale di reazioni riflesse acquisite, che determina il risultato del gioco fin dall’inizio.

LE CHIAVI PER VIAGGIARE CON ELEGANZA
Le chiavi per viaggiare in modo elegante sono generalmente quei piccoli, persistenti, insignificanti dettagli che normalmente accantoniamo come poco importanti; tali chiavi sono la nostra guida per orientarci nel labirinto.

Sapere ricordare ciò che si è fatto tre o quattro giochi fa o, anche, tre o quattro vite fa, è un altro importante requisito per viaggiare con successo. Non c’è buona sorte che ci possa aiutare, se non ricordiamo quello che abbiamo fatto in precedenza. Se non ricordiamo, siamo condannati a ripetere per sempre i nostri errori; ma non si tratta del tipo di memoria per cui ci possiamo affidare alla mente, o a qualunque altra funzione che di diritto apparta nega alla macchina biologica, e con la quale questa esegua, in duetto sincopato, il suo “canto del cigno” a senso unico.
Per questo tipo di memoria, dobbiamo sviluppare qualcosa che sopravvive alla morte della macchina; qualcosa che è chiamato, nel nostro linguaggio tecnico, comprensione: un richiamo semi-intuitivo, un sesto che proviene dalla conoscenza non elaborata, che ci dice che qualcosa non va, anche se non sappiamo esattamente di cosa si tratti.

Dobbiamo in definitiva sviluppare una qualche visione generale coerente, concordando sul fatto che, come disse una volta Eraclito, “non possiamo mai entrare due volte nello stesso fiume, poiché l’acqua in cui siamo entrati la prima volta è scorsa via”. Questo significa che anche se un evento può essere duplicato, la seconda volta esso avviene in un campo leggermente differente. Eraclito aveva ragione, niente rimane identico a se stesso; e comparare la situazione presente con l’esperienza non sarà d’alcun aiuto, neppure se potessimo tenere conto di tutto quanto abbiamo mai imparato da sempre …
Ma se la conoscenza si trasforma in comprensione, quando ci succederà di sentir puzza di bruciato, saremo almeno capaci di distinguere il fatto che, questa volta, non si tratta di toast …

La capacità di disimparare rappresenta un importantissimo e potente prerequisito per imparare cose nuove. Riapprendere significa essenzialmente liberare i circuiti nervosi delle cariche elettriche preesistenti, e dalle relative connessioni sinaitiche preferenziali, così da poter incidere negli stessi circuiti neurali una nuova serie di tracce intenzionalmente programmate.

Senza competenza e attitudine, non si può andare molto lontano. Ma se abbiamo competenza e non tendiamo a reagire violentemente all’inaspettato; se impariamo ad affrontare i rischi, sapendo che il rischio più grosso è quello di star seduti ad aspettare, senza far niente; se ci può essere accordata implicita fiducia, senza la minima ombra di dubbio, che non tradiremo … allora possiamo essere accettati come compagni di viaggio, anche nelle condizioni più pericolose, radicali ed inaspettate.

Più andiamo in profondità,
più è difficile
decodificare
i tanti messaggi.