La consapevolezza del respiro (Hosh
dar dam)
In persiano HOSH significa MENTE; DAR significa DENTRO; DAM significa RESPIRO
Siamo prima di tutto esseri che respirano, il
respiro non ci abbandona mai.
Il respiro è la porta sul presente ci mette
in contatto con la nostra essenza. Allora la mente si placa e diventa possibile
calarsi nell’attimo.
Prendere consapevolezza della propria
respirazione significa compiere metà del cammino che porta al dominio della
mente. Il cammino Naqshbandi parte dalle cose facili, veloci, universali:
invita per prima cosa a concentrarsi sulle proprie funzioni vitali base.
Quando inspiriamo diciamo dentro di noi “Inspiro” quando espiriamo “Espiro”. Oppure possiamo ripetere
“Dentro” e “Fuori”. Quando la percezione è stabile possiamo non dirlo più.
Chiunque può seguire questa pratica, ovunque
si trovi, in qualunque momento.
La mente è la superficie e avrà sempre delle
onde, ma bastano già solo 20 minuti, due volte al giorno di respirazione consapevole,
e la mente si placherà.
Osservare i propri passi (Nazar
bar qadam)
Significa mantenere gli occhi bassi mentre si
cammina. Essere attenti ad ogni passo che si compie. Vuol dire essere presenti
e rinascere quando è il momento giusto per agire.
Uomini e donne, soprattutto se giovani,
quando camminano per strada si guardano continuamente intorno perché desiderano
essere riconosciuti e ricevere delle conferme.
La consapevolezza che abbiamo di noi stessi è
dominata dalla sessualità. Il derviscio dal momento in cui esce di casa guarda
solo in basso. Rilassa lo sguardo e smette di ispezionare tutto ciò che gli sta
intorno.
Questo è un lavoro spirituale.
Il viaggio interiore (Safar
da watan)
“Viaggiare
verso la propria terra natale”. Non è un’evoluzione verso qualcosa bensì un
tornare alle nostre origini. Per questo la via Sufi è chiamata anche “La via del ritorno”.
Dobbiamo guardare dentro di noi, volgerci
verso l’origine di ogni cosa.
La solitudine nella folla (Khalwat
dar anjuman)
Khalwat = ritiro
“La
solitudine nella folla” indica essere esteriormente con gente rimanendo
interiormente con Dio.
È necessario superare l’illusione di non
essere completi e la convinzione di aver bisogno dell’altra metà per esserlo.
Abbiamo questa sensazione perché nascondiamo a noi stessi quella parte che, pur
essendo dentro di noi, cerchiamo nell’altro. Il sufismo non richiede
l’ascetismo. Grazie alla pratica, il discepolo avverte che la situazione della
propria esistenza appare più semplice. Ciò non accade perché le circostanze
migliorano, anzi, di fatto spesso peggiorano, ma solo perché ora è più presente
a se stesso e quindi meno coinvolto nelle contingenze mutevoli del mondo
circostante.
Il ricordo essenziale (Yad
Kard)
Yard è dhikr o “ricordo”, Kard è “l’essenza
dello dhikr”. Ricordo essenziale significa “concentrarsi sulla presenza
divina”.
Individuiamo dentro di noi ciò che abbiamo
elevato a divinità: paura, desideri, opinioni, preoccupazioni che dominano i
nostri pensieri e li riversiamo nell’oceano dell’infinito.
Il ritorno (Baz
Gasht)
“Riconoscere l’unicità divina”
L’ego cerca soddisfazione nel fare; deve
avere sempre nuove idee, nuovi programmi, il passo successivo da compiere. Nello stadio di “ritorno” il derviscio scopre
che non c’è nulla che egli possa fare e percepisce nitidamente chi è il vero
artefice.
La febbre del fare cessa, subentra una pace
profonda e tutto va meglio.
L’attenzione (Nigah
Dasht)
Nigah significa “vista”. “L’attenzione” è
l’invito a osservare il proprio cuore e a impedire che i cattivi pensieri vi
entrino.
Il raccoglimento (Yada
Dasht)
Il “raccoglimento” significa “mantenere il
proprio cuore nella presenza divina”, “avvicinarsi alla verità”.
La consapevolezza del tempo (Wuquf
Zamani)
Significa “essere presenti, attenti alla
mutevolezza dei propri stati mentali nel tempo”.
Il tempo è sempre in connessione con un
movimento e quindi con lo spazio. Spazio e tempo possono essere manipolati.
La consapevolezza dei numeri (Wuquf
‘adadi)
Il principio indica l’osservanza del numero
esatto di ripetizioni dello dhikr.
Rispettare la verità dei numeri mantiene
nella presenza. L’universo è matematico: fisica e astronomia sono scienze
matematiche che studiano spazio e tempo. In realtà ogni scienza è dettatata dai
numeri.
La consapevolezza del cuore (Wuquf
Qalbi)
Si raggiunge la “consapevolezza che la realtà
è solo nel cuore”.
Comprendere ciò significa avere in mano le
chiavi dell’universo.
È lo stadio del kun faya kun, “Sia ed è”: nel cuore la manifestazione è istantanea,
questo è il suo potere, che però è difficile da dimostrare perché è così
veloce, immediato, che la mente nella sua lentezza non sarebbe in grado di
coglierlo.
Questa stazione è il punto di arrivo del
viaggio al centro del cuore.
La dimora
dell’esistenza. Il cuore è il centro; è la
fonte della vita, la dimora fisica e spirituale della nostra esistenza.
Tuttavia è la mente ad essere percepita come
la plancia di comando perché è sempre in movimento, non ha mai pace e ci
mantiene immersi nei nostri pensieri e preoccupazioni ventiquattr’ore al
giorno. Più la mente è attiva, più genera sofferenza. Il derviscio impara che
il potere non risiede nella mente o nei muscoli, ma unicamente nel cuore,
quando ne comprende la vera natura crea un campo di attrazione che richiama
tutto ciò di cui ha bisogno. Chiamiamo questo potere la “calamita del cuore”.
Il respiro è la fune che attraverso il corpo
ci lega all’anima permettendoci di salire in alto fino a raggiungere la
dimensione dello spirito.
Il respiro è il punto di raccordo tra il
mondo esteriore e quello interiore.
Siamo immersi nel mondo psichico. Pensiamo di
essere liberi, di essere noi a decidere, ma siamo condizionati dai nostri
pensieri ed emozioni. Le persone sono così assorbite dalle loro storie
personali, ricurve sulle proprie ferite e desideri personali, che alla semplice
domanda “Per cosa vivi?” reagiscono
come se avessero ricevuto un colpo d’ascia nella schiena.
Se cerchiamo la risposta alla vita dentro le
nostre vicende personali non la troveremo mai.
“Se senti che ogni giorno è uguale all’altro,
significa che ne hai perso uno”.
Se non abbiamo una vita interiore, dobbiamo
confrontarci con il mondo materiale. Ma il nostro Io Superiore sa che è solo un
sollievo effimero, il vero significato dell’esistenza è altrove. Con l’età tale
sensazione si acuisce e sentiamo di avere mancato la vita.
L’invito divino è: trova qualcosa in te che
non possa scomparire.
Quando veniamo alla luce nasciamo al mondo
visibile, quando moriamo nasciamo a quello invisibile. Nel passaggio accade il
trasferimento da uno stato vibrazionale all’altro.
Così come la morte non esiste, non esiste
neppure l’aldilà, è solo una questione di frequenze diverse.
Abitiamo in un cosmo in movimento, che danza.
Quando un oggetto si muove nello spazio e nel tempo, acquista una frequenza.
Ogni materia ha una vibrazione che produce un suono. I suoni nell’altro mondo
sono molto diversi. Gli angeli comunicano attraverso una sorta di telepatia.
Noi siamo il prodotto dell’insieme di luce,
suono ed energia. Quando questi tre elementi si combinano, creano la materia.
Migliaia di anni fa gli abitanti della terra
potevano ascoltare le risonanze di ogni singola anima, anche di quelle non
ancora manifestatesi.
In Cielo sono presenti bacini di risonanza
dai quali discendono sulla terra miliardi di anime. Nel tempo il numero cambia:
ogni ciclo dell’umanità ha bisogno di un suo equilibrio di anime presenti sul
pianeta. Ora, ad esempio, vi sono più anime incarante di quelle che sono in
Cielo, questo causa degli scompensi.
Come viene bilanciata la situazione?
Attraverso le catastrofi naturali e le epidemie. Se la nostra umanità non si
evolve spiritualmente, sei persone su sette sono destinate ad andarsene, lo
dicono le profezie. Non è il numero delle anime ad essere troppo elevato sulla
terra, lo è il numero degli esseri inconsapevoli.
Sul nostro
pianeta c’è abbastanza per tutti ma non per l’ego di tutti.
Ogni singolo momento della vita viene
registrato nel cervello. Questa “memoria radice” rimane profondamente
localizzata dentro di noi, per sempre. È connessa alle risonanze magnetiche del
cosmo, è scritta fin dall’inizio della creazione quando l’atomo primario è
esploso. Al momento della morte, la nostra memoria non viene azzerata: portiamo
con noi le nostre emozioni, i nostri ricordi nel corpo eterico.
Tutto ciò che abbiamo fatto, vissuto, sognato
viene scritto nel nostro registro divino individuale: nella tradizione si
chiama il “cuore segreto”. È il cuore spirituale, si trova proprio dietro al
cuore fisico e contiene la linea intera della nostra vita.
Barzaq = bardo buddista
Rumi: “Se sapesse cosa c’è dall’altra parte, la
terra sarebbe disabitata”
Tutte le paure della nostra vita si
concentrano alla fine in un’unica paura: la paura della morte. Se riusciamo a
superarla, a passarvi oltre, vivremo una nuova esistenza.
In verità non è la morte che temiamo, è la
vita. Abbiamo paura che non vada come vorremmo. Sono le nostre aspettative a
nutrire i nostri timori. Sacrificandoli, scopriremo che la vita è fatta per
noi, così come ci si presenta.
Forse non otterremo tutto ciò che vogliamo,
ma riceveremo sicuramente tutto ciò di cui abbiamo bisogno, generosamente. Se
riusciamo a vincere la paura della morte, allora torneremo alla vita. Saremo nuovi,
e nulla potrà più spaventarci. Sembrerà strano ma la morte è la chiave per la
vita.
Dire grazie anche senza crederci.
“L’astrologia è vera ma non seguitela” perché
l’essere umano è elettromagnetico ed è mille volte potenzialmente più potente
di un qualunque pianeta.
Buddha: “Se vieni colpito da una freccia non andare
alla ricerca dell’arciere che l’ha scoccata, pensa solo ad estrarla il più
rapidamente possibile.
L’ego vuole sempre la differenza,
l’eccitamento delle novità che gli da la sensazione del movimento: nuova
moglie, nuovo lavoro, nuova macchina. L’ego non può imparare, può solo
RIPETERE.
Gli
arcangeli. I nomi degli arcangeli
finiscono in el, che in sanscrito, in ebraico e in antico egizio significa
Dio. Sono molto vicini alla luce divina, sono i comandanti degli angeli.
I tre arcangeli più importanti sono: Michael,
Gabriel, Rafael, essi sono a capo delle gerarchie creative ed esprimono la
volontà divina in azione.
Gli altri, Shamael, Uriel, Anael, Sachiel sono
i reggenti della terra e governano gli elementi.
Questi arcangeli sono responsabili della
forza di gravità, della disposizione delle stelle, del movimento del sole e dei
pianeti. Tutto ciò che accade in questo mondo, ogni movimento, sia esso
planetario o interno al nostro corpo è diretto da forze angeliche.
Michele = arcangelo responsabile del fuoco, della
luce, della temperatura del pianeta e del nostro corpo fisico. Il suo nome
significa “simile a Dio”.
Egli lascia il nostro corpo al momento della
morte, è per questo che un cadavere diventa subito freddo. Il colore dell’arcangelo
è il rosso e insieme a Rafael sovrintende alla creazione del sangue nel nostro
corpo. È l’arcangelo della forza, del coraggio, della protezione. È il
comandante supremo delle schiere celesti. È bellissimo, luminoso, è il
guerriero vittorioso e invulnerabile, il protettore che lotta contro le forze
oscure.
Brandisce una spada di luce con la quale ha
sconfitto Shaytan, il Diavolo.
Raffaele = significa “il divino guaritore”, è il
raggio di Dio. Ra “sole, raggio”, fa “vibrazione, forza”, el
“Dio”. Il suo colore è il violetto. Rafael è l’arcangelo che ci sostiene nella
vita spirituale ed è anche responsabile del nostro corpo eterico.
Corpo
eterico: dopo la morte ci risvegliamo in
un corpo che è la copia sottile nella perfezione e interezza del nostro corpo
attuale, è il corpo eterico che grazie alla sua elevata vibrazione diventa
invisibile.
Rafael sovrintende alla vitalità del nostro
sistema di pianeti, li mantiene in orbita perfetta, cura la forza gravitazionale
e la traiettoria della terra intorno al sole. È il comandante degli angeli
custodi e dei pellegrini in viaggio verso Dio.
Così il cordone di luce che si diparte
dall’ombelico del morente viene tagliato per permettere il passaggio dell’anima
al mondo della luce. È l’arcangelo Rafael a farlo.
Gabriele (Jibril) = significa “la forza di Dio”. È
l’arcangelo responsabile delle acque. È il messaggero per l’umanità.
È il nunzio delle nascite non comuni.
Annunciò ad Abramo che la moglie Sara ormai avanti negli anni avrebbe dato alla
luce un figlio. Apparve alla vergine, Sayyidina Maryam annunciandole il concepimento
del figlio. Jibril sovrintende alla creatività e alla creazione.
Controlla i fluidi corporei e vi rimane a
lungo dopo la morte.
Se il corpo viene cremato, l’arcangelo vola
via velocemente, e quindi il distacco avviene troppo rapidamente. La sepoltura
nella nuda terra è più dolce e permette un ritorno agli elementi armonioso e
graduale.
Shamael = arcangelo che governa la terra, la materia.
Sham “luce”, a “materia”, el “Dio”.
Produce la vita, amministra la giustizia divina e mantiene i registri celesti.
È l’arcangelo dell’amore e il responsabile
della materia; dopo a morte fisica non lascia il corpo, se non al momento della
sua completa dissoluzione.
Uriel = U
“spazio”, ra “sole”, el “Dio”, in antico egizio. Uriel è la
luce di Dio, porta gli uomini alla conoscenza della luce divina. Controlla le
forze dei movimenti planetari. È il portatore di idee; offre il suo sostegno
agli uomini durante i cataclismi. È l’angelo del Giorno del giudizio Universale
e governa la legge.
Anael = è il custode della bellezza, dell’armonia
e dei colori. Ispira gli artisti e i musicisti.
Sachiel = rappresenta la ricchezza, il benessere
fisico, la maestà, la generosità. Egli offre il suo aiuto agli uomini senza
però poter mutare il loro destino di povertà o di ricchezza.
Agli angeli non piacciono gli ambienti
disordinati o caotici.
Se in una casa vedono troppe immagini o
oggetti personali in mostra non si sentono a loro agio perché non amano
guardare nel privato degli uomini.
Bisogna capire che non sono esseri umani e
l’unico stato emozionale che conoscono è la beatitudine.
Quando gli angeli ricevono l’ordine di Dio si
schierano in file serrate attorno al Suo trono: accolgono il comando sollevando
il braccio destro partendo dal cuore. Proprio come facevano Hitler e Mussolini.
Il loro successo derivò in parte deal fatto che adottarono la forma di saluto
degli angeli.
Fa impressione dirlo, ma al di là della
drammatica follia dell’evento storico, molti inconsapevolmente e contro ogni
ragione aderirono a quel movimento perché avvertivano in quel gesto qualcosa di
vero, che non era solo di natura politica, ma celeste.
La
reincarnazione
Solo una. In termini assoluti la reincarnazione non
esiste. Esiste solo Dio, che è Uno, perché mai dovrebbe reincarnarsi? Siamo
stati creati solo una volta e l’io superiore, la scintilla divina che è
presente in ognuno di noi, non si reincarna.
Tuttavia nella separazione, nella forma, la
reincarnazione esiste: fino a che siamo legati alla nostra storia personale, e
continuiamo a proiettare noi stessi oltre il Divino, creiamo innumerevoli
riflessi di noi stessi.
Lo facciamo da una proiezione a quella
successiva, di incarnazione in incarnazione, continuamente, fino a che non
interrompiamo questo ciclo identificandoci con l’Oceano. L’io inferiore si
espande e diventa tutt’uno con l’io permanente superiore.
Allora sarà possibile ricordare tutte le
nostre espansioni, come un albero mostra nella sezione del tronco i cerchi
della sua crescita.
Grazie al richiamo della nostra parte
angelica e dell’io permanente superiore, ci evolviamo a spirale verso l’alto,
mai verso il basso. È la legge divina: Dio non respinge, chiama a Sé
costantemente.
Nella
prigione di spazio e tempo. Il tempo
in realtà non esiste, è una creazione umana. Non può essere afferrato dalla
mente perché si compone di molte dimensioni e comprende la catena delle vite
precedenti, che in termini assoluti non esistono.
Viviamo in un universo di specchi nel quale
rimaniamo intrappolati. Il tempo e lo spazio ne sono i guardiani. È così che ci
siamo riflessi centinaia, migliaia di volte.
Ciò che pensiamo essere le nostre vite
precedenti sono in realtà solo dei riverberi; è per questo che continuiamo a
ripetere, fino a che non comprendiamo il passo finale da compiere verso la
liberazione.
Gli orari
delle preghiere
Il
calendario sbagliato. Il ritmo
della nostra vita risulta distorto perché seguiamo il calendario solare
gregoriano che è un calendario artificiale. In passato né la tradizione
giudaica, né quella islamica, induista o taoista l’hanno mai seguito, ma è
quello dominante oggi nel mondo.
Andare contro il ritmo naturale della luna
altera la nostra visione e percezione interiore dell’anno. Ci fa perdere
La sensazione delle fasi della luna, il
sapore delle diverse qualità dei mesi lunari.
L’uso del calendario gregoriano ci ha
allontanato dal ritmo della natura e da noi stessi. È una costruzione mentale:
prova ne è che ogni quattro anni bisogna aggiungere un giorno per fare quadrare
il computo. C’è da chiedersi da dove
prendano quel giorno.
Il calendario lunare è un calendario umano e
spirituale.
Il sapore. Più si entra nel cammino, più s’inizia a
sentire che ogni mese dell’anno ha un suo carattere particolare e così l’anno
spirituale ha il suo orientamento. Gli antichi ne hanno fatto una scienza molto
precisa.
Ciò ci porta a scoprire che i giorni sono
diversi tra loro e così le ore.
Tutto è interconnesso e ci offre un sapore
che non è di questo mondo.
Le 96 forze. Quando si è centrati su se stessi e si fa
derivare la propria felicità unicamente dal successo nel mondo materiale, allora
si verrà colpiti ogni giorno da 96 forze contrarie.
Queste forze sono: la confusione la paura,
l’aggressione, la follia, la rabbia, la depressione.
Se si è senza orientamento, se non si
comprende il significato della vita, la pressione è molto forte.
Time
management. I dervisci pregano almeno
cinque volte al giorno. Mantenere questo ritmo da una comprensione profonda del
tempo. Fa comprendere che il giorno presenta delle finestre temporali.
Se dividiamo la nostra giornata in due parti,
il lavoro e il tempo libero, finiamo nel caos. Due sezione sono troppo grandi e
non ci possiamo orientare né in una né nell’altra sfera, finiamo per orientarci
sui programmi tv e sui pasti.
Se invece osserviamo dei periodi più brevi di
tempo, l’orientamento risulta più facile.
Quando le grandi compagnie si ritrovano a
dovere affrontare un problema serio, il primo passo è suddividerlo in piccole
unità per capire meglio cosa succede e poter così trovare una soluzione. È la
stessa cosa con la suddivisione del tempo è una questione di time management.
Mantenere un il ritmo delle preghiere offre
orientamento, stabilità, facilità, concentrazione. Oltre a ciò fornisce anche
l’energia di più di un miliardo di persone che si allineano per fare la stessa
cosa in raccoglimento nello stesso momento ogni giorno.
Gli orari. Le preghiere avvengono in orari specifici
della giornata. La mattina prima dell’alba, appena dopo il transito del sole
allo Zenith, a metà pomeriggio, subito dopo il tramonto e la notte.
Questi momenti corrispondono ai cambiamenti
magnetici che avvengono nell’arco delle ventiquattr’ore sulla terra.
Non è necessario crederci, basta farne
esperienza.
L’onda. Le variazioni sono maggiormente
percepibili dopo il tramonto, quando il nostro intero sistema emozionale muta,
e poco prima che il sole sorga.
Il passaggio tra il giorno e la notte è un
regalo di dio: avvertiamo il passaggio tra i due regni e le squadre degli
angeli che si alternano nel loro servizio.
Nella notte non c’è distanza tra noi e Dio.
Alzarsi la mattina presto rinfresca l’anima:
crea intorno a noi un’onda che ci accompagna per tutto il giorno e armonizza le
circostanze della nostra vita.
Il ritmo
naturale. Lo stile di vita di oggi ci
forza a seguire un sistema di lavoro di otto ore tagliando via così il tempo
per i dettagli, per la bellezza.
Una volta, per realizzare un progetto ci
volevano molto tempo e molte persone, e ci si avvaleva del lavoro manuale. Ora
tutto è veloce, funzionale. È uno stile lavorativo che ci forza in turni che
vanno contro il nostro ritmo naturale. Nessuno si gode più il suo lavoro, e non
c’è spazio per null’altro.
Invece mantenere una partica spirituale e
seguire i suoi orari va contro il ritmo della società di oggi. In oriente è
facile mantenere gli orari, la chiamata alla preghiere risuona per tutta la
città e non si può mancare. Tutti hanno il diritto di interrompere quello che
stanno facendo per dedicare qualche minuto al divino.
Otto. Otto ore per dormire, otto per lavorare e
otto per le relazioni. Questo ritmo non è equilibrato e non ha nulla a che fare
con il ritmo magnetico naturale.
Sono finestre troppo ampie all’interno delle
quali risulta difficile orientarsi. Ci si dedica completamente al lavoro e poi
nel tempo libero si cerca di tornare a se stessi, ma si è troppo esausti per
farlo.
Non c’è nessuna attività nel mondo che si
possa fare per otto ore di fila con attenzione, amore, gioia; neppure le cose
più piacevoli come fare l’amore, o ascoltare la musica o mangiare e bere.
L’uomo di oggi ha elaborato un tecnologia che
rende tutto più veloce ma in realtà non concede mai tempo.
Le macchina hanno preso il sopravventi, vanno
avanti non stop e richiedono anche un’assistenza umana non stop.
Otto ore di lavoro al giorno sono contro la
natura umana, contro la vita. Opprimono il nostro sistema, e ci rendono stanchi
e infelici. Dopo otto ore di lavoro rimane solo l’energia per allungarsi
davanti alla tv annebbiati, con i sensi e le proprie capacità a terra, tanto da
lasciarsi propinare i programmi più insulsi.
Il ritmo del
4. Il ciclo di quattro ore è
quello che riflette maggiormente la natura umana. È il ritmo più salutare ci
permette di vivere nella maniera più armoniosa e che meglio si adatta al mondo
materiale.
Ciò che si può fare in quattro ore dona
felicità alla gente. In quelle ora si può dare il massimo, diventare un
lavoratore gioioso, a pieno potere, e contagiare tutti con la propria energia,
per quattro ore ci si gode pure la fabbrica, ma per otto ore ci si sente
puniti.
La
rivoluzione del tempo. I problemi
dei consumi derivano dal fatto che lavoriamo troppo. Se riducessimo a quattro
ore la giornata lavorativa, l’economia risalirebbe, la produttività
aumenterebbe e non ci sarebbe più disoccupazione. Più lavoro per tutti e tutti
più felici e rilassati.
Con meno soldi e più tempo, avremmo una nuova
qualità della vita: tutto rallenta, e si può dedicare più tempo al proprio
nutrimento spirituale. Sarebbe una rivoluzione.
Ci sarebbe maggior spazio per la famiglia,
per la creatività. Un regime di otto ore di lavoro taglia via ogni possibilità
di essere creativi.
Le unità di tempo di tre o quattro ore
corrispondono anche al ciclo con cui i mistici suddividono il tempo dedicato
alla pratica, al lavoro e al riposo- nei monasteri vige la regola di non
dormire più di tre, quattro ore di fila, così come in realtà accade anche per
la pratica completa dei dervisci. È un ritmo potente.
Ci sono cose difficili da accettare. Quello
che possiamo fare è accettare il fatto che non possiamo accettarle. Ciò
restituisce la pace. Se ad esempio c’è una persona che troviamo insopportabile,
accettiamo il fatto, ma lasciamola libera, non tratteniamola nella prigione
della nostra mente.
Gli
elementali. Ogni volta che abbiamo un
desiderio-pensiero, creiamo inconsapevolmente un elementale.
È come un essere, una piccola personalità,
fatta di desideri ed emozioni, e non ha bisogno del corpo per esistere.
Gli elementali esistono fino a che noi
continuiamo a nutrirli con i nostri desideri. Abbiamo tutti dei desideri, non
possiamo liberarcene: dobbiamo solo metterli nell’ordine giusto.
Nella nostra vita produciamo migliaia di
elementali e lasciamo che se ne corrano in giro creando problemi a molti.
Controllare i propri elementali significa
conoscere a fondo i propri desideri.
I
pensieri-desideri.
Solitamente in nostro pensiero è mosso dal desiderio e quindi generiamo un
desiderio-pensiero. Per farlo diventare invece un pensiero-desiderio dobbiamo
porre un pensiero davanti al desiderio, vale a dire creare un’intenzione chiara
e costante.
Solo tramite la nostra forza di volontà
possiamo cavalcare ciò che è stabile: la verità.
Il pensiero-desiderio non crea elementali. È
la via per la libertà, per essere nella pace. È devozione.
Il pensiero di chi è in cammino non può che
essere uno: voglio essere una persona vera e lasciare che la verità mi tocchi.
I single
con i loro desideri e paure da single
mandano in giro un gran numero di elementali. Lo fanno anche via Internet.
Unisci un’immagine a dei pensieri e li mandi nello spazio: ottieni Facebook. È la semplice
categorizzazione di quello che i single
fanno già a un altro livello.
L’intenzione
da ricordare. Murid, discepolo, significa colui che vuole. Il derviscio deve
comprendere cosa vuole e capire che il volere va oltre la reazione. Deve volere
se stesso, il proprio io superiore con grande determinazione. Ogni volta che
cade, o quando è in conflitto, il derviscio ricorda la sua intenzione. In
questo modo passa dal desiderio-pensiero al pensiero-desiderio.
L’intelligenza
inferiore. Seguire solo i propri desideri
significa usare solo la propria intelligenza inferiore, cioè l’istinto. Non
desideriamo ogni giorno andare al lavoro ma grazie alla nostra intelligenza
superiore sappiamo che senza lavoro non potremmo sopravvivere.
Un cammino va camminato, ogni giorno.
Gli
elementali degli angeli. Anche gli
angeli mandano in giro elementali. La differenza è che i loro elementali sono
dei doppi, altri angeli, delle loro proiezioni. Sono benedetti, perché il loro
desiderio coincide con il loro unico pensiero di servire e fare il bene.
Gli elementali
demoniaci. Solo gli esseri umani possono
creare elementali che appaiono come dei piccoli demoni. Accade quando si è arrabbiati,
o si fantastica su come vendicarsi di qualcuno. La vittima riceve
quell’elementale, capisce esattamente da dove viene e spedisce indietro al
mittente come controparte il suo elementale.
Gli effetti devastanti degli elementali si
possono osservare su chi ne riceve molti semplicemente per la posizione che
occupa, come i politici e i personaggi famosi. Essi sono sempre sotto il bombardamento
continuo delle critiche, delle invidie, o dell’ammirazione altrui. Non c’è da
stupirsi se la loro vita privata spesso sia devastata.
Il
sacrificio dei desideri. Per
potersi evolvere è necessario sacrificare i propri desideri. È un sacrificio molto
duro e doloroso, perché significa abbandonare la propria personalità. Ma questa
è la via.
Quando un uomo si innamora di una donna, le
manda un elementale. Se anche lei si innamora di lui risponde al suo elementale
e gli manda il suo in risposta. Questo passaggio conferisce ad entrambi la
sensazione di essere vivi, più giovani di almeno dieci anni, essenzialmente
perché sono amati e ricevono l’energia eterica vitale dell’elementale
dell’altro.
Quando l’uomo riceve l’elementale d’amore,
sente dentro di sé che qualcosa è completato, una parte di lui viene abitato
dall’elementale dell’altra e viceversa.
Ma non dimentichiamoci il possibile epilogo
della situazione: la donna amata magari un giorno potrebbe dire all’uomo che
tra loro è finita. Allora lui sente che gli viene risucchiata via l’energia, è
come morire in quell’attimo. Li riprende il suo elementale e lui sente
fisicamente un buco, una ferita quasi fisica, che è localizzata però nel corpo
eterico. Dopo un po’ la ferita sembra rimarginarsi, ma a volte assume l’aspetto
di una membrana sottile che non guarisce completamente.
L’elementale
amore. Ciò che chiamiamo amore in
realtà è “amore a prestito”: lo mandiamo con gli elementali, lo teniamo in vita
per un periodo e quando non ci si adatta più, ce lo riprendiamo.
L’amore vero non è uno scambio di elementali:
è un’unica corrente, un’inondazione che travolge. È per sempre e non si può
riprendere o tagliar via di netto, è una devozione.
Anche se il discepolo decide di lasciare lo Sheikh, egli non si riprende il suo
elementale, innanzitutto perché il suo è benefico e quindi non funziona nei due
sensi come quello del discepolo, e poi perché il maestro non ha mai accettato
quello dello studente, lo Sheikh non
conosce quel gioco di scambio di elementali.
Il maestro mantiene sempre la corrente
aperta: il discepolo può fare quello che vuole, ma l’amore del maestro
continuerà a raggiungerlo.
Dobbiamo imparare ad essere completi in noi
stessi, allora non avremo più bisogno di mandare elementali d’amore. Ringrazieremo
per quelli che riceviamo, ma non sosterremo più il gioco, perché non avrà più
realtà per noi.
L’elementale
giusto. Chi è stato ferito in amore,
quando troverà il prossimo innamorato, è molto probabile che gli mandi il suo
elementale proprio da quella ferita. E gli elementali non possono dire altro
che la verità.
In questo modo attirerà lo stesso tipo di
persona, uguale a quella che lo ha ferito. Per questo ci si innamora sempre
dello stesso tipo di partner, fino a che non ci si concentra più su quella
ferita e si entra in contatto profondo con se stessi.
Se riusciamo a vedere il nostro io superiore,
la nostra vera natura, vediamo anche che siamo nella perfezione e non abbiamo
bisogno di nulla. Allora invieremo un elementale benefico e la persona benefica
per la nostra vita arriverà.
Raggiungere l’appagamento non significa
soddisfare i propri desideri, ma fermare le paure.
Amore e pace. Il lavoro spirituale deve affrontare la
paura e lavorare su di essa.
Le emozioni negative da estirpare sono tutte
basate sulla paura: la tristezza deriva dalla paura che i nostri desideri non
si avverino; l’invidia viene dalla paura di non avere abbastanza; la gelosia
dal timore di perdere il controllo; l’avidità dalla paura di avere troppo poco.
I sette peccati capitali hanno tutti origine
nella paura. Fino a che siamo immersi nella paura, l’umanità intera dovrà
continuare ad alimentare le guerre.
Senza paura. Come dice Rumi: “Il tesoro è nascosto sotto
le rovine”. Là dove la paura cessa di esistere.
A palazzo trovi la paura, ma sotto la tenda
nel deserto non la trovi.
L’ego deve essere completamente rovinato:
solo allora si arrenderà.
Per sopravvivere nel deserto non si può avere
paura. Dove non c’è nulla, si capisce ben presto che non si ha bisogno di
nulla.
Lasciare andare ogni protezione è l’inizio di
una vita senza paura.
Ciò avviene quando abbandoniamo i nostri
desideri. Allora ci affidiamo completamente nelle mani di Dio.
L’azione e
l’essenza. Al contrario di quello che si
può pensare, l’effetto dell’azione sulla nostra vita è debole. Certo, ha un
grande effetto sulla situazione della nostra vita, ma non così tanto sulla sua
essenza.
Per questo motivo si può raggiungere
l’illuminazione stando seduti in una grotta senza fare nulla, perché non è
l’azione a darci la luce. L’azione ha a che fare con la nostra esistenza che è
mutevole.
Solo l’essere è eterno dentro di noi.
Il primo
diritto umano. Il primo articolo nella carta
dei diritti umani del derviscio dice: non hai il diritto di essere infelice. Ma
molti pensano di avere tutti i diritti pere esserlo e difendono la loro
infelicità. Guai a portaglielo via.
Se accade loro qualcosa di spiacevole, lo
raccontano a tutti quanti per sentirsi confortati e riconosciuti nel loro
diritto di soffrire e di lamentarsi.
Noi diciamo: se per una volta sei stato
infelice, sei mentalmente posseduto, hai dentro di te quel demone che ti
tortura.
Non avere il diritto di essere infelice
significa: non lamentarsi.
Lamentarsi è una mancanza di intelligenza. Va
contro le leggi. Perché di chi ci dovremmo lamentare per primo? Di Dio stesso,
se esiste, se è stato lui a creare il mondo e a portarci qui.
Smettere di lamentarsi ci porta a vedere le
leggi.
Nella tradizione Navajo c’è un’usanza molto
efficace: se ti accade qualcosa di spiacevole di cui ti vuoi lamentare, ti è
concesso farlo per tre volte, alla quarta tutti ti voltano le spalle.
La
felicità è uno stato centrato su un desiderio dell’ego.
L’unico modo
per essere assolutamente felici è fondere la propria personalità con l’essere
divino che è dentro di noi. Più ci
avviciniamo a Dio, più assaporiamo l’indipendenza, la maestosità, la
generosità, l’amore. Ma bisogna crederci e lavorarci con determinazione.
Fare dell’evoluzione interiore il proprio
scopo principale e non preoccuparsi più di tutto il resto è pura intelligenza.
La
felicità è personale. La gioia è universale.
La gioia sale quando siamo pronti a dare. La
felicità invece vuole sempre ricevere, ma non desidera dare nulla. La felicità
è uno stato dell’ego. Una persona gioiosa è magnetica, perché la gioia è uno
stato dell’anima.
L’intera natura è gioia costante. Anche il
nostro corpo lo è, ma siamo abituati a guardarlo con un occhio mentale radicato
nell’ego. Siamo abituati a realizzare il corpo solo quando ci procura felicità.
Per il resto siamo infelici con esso. Ma in questo modo si manca la gioia.
Come posso
controllare la rabbia? Sei abituato
a combattere la rabbia nel tentativo di sconfiggerla oppure lasciarti
travolgere dalla sua veemenza, ma ciò significa entrare nell’oscurità. Prova
invece a invitarla a fare ritorno a casa: ad accoglierla con benevolenza, ad
indossarla dolcemente.
La via Sufi ti invita a vedere l’insieme
delle tue qualità negative come se fosse la tua prole: ognuna di loro ti
appartiene e l’abbracci con il tuo amore materno.
Non ci si libera dalla rabbia
definitivamente. Molti maestri si arrabbiano spesso, brontolano continuamente,
ma non sono le vittime della loro rabbia, ci giocano.
L’ira possiede una qualità divina e occupa
quindi una posizione molto speciale. Nella Via diciamo che le persone
irascibili sono amate, perché sono vere e leali: non è possibile imitare la
rabbia o nasconderla, neppure fingere di essere arrabbiati.
Poni la tua rabbia sotto la luce divina, e
osservala: se è calda e confusa appartiene al tuo ego, se scorre lungo una
linea chiara e dritta come una spada, a volte potrebbe anche essere giusta.
L’uomo coraggioso riconosce dentro di sé la
presenza delle stesse qualità negative che condanna negli altri. Lo sforzo
consapevole per la liberazione è un lavoro duro che nella Via chiamiamo la
“guerra santa”.
La guerra santa interiore ti rende un
guerriero, privo di attaccamenti personali, e ti apre la porta sulla verità
interiore.
La rabbia è parte di te, anche se non è parte
della tua essenza: ti appartiene come ti appartengono i vestiti che indossi.
Devi imparare a tenerla vicina, a lavorarci su, e ciò richiede del tempo.
Rumi ci ricorda che l’essere umano è come un
albergo: ogni giorno riceve la visita di un nuovo ospite, una tristezza, una
gioia, una malinconia, una depressione, una preoccupazione. Anche se ognuno di
loro entra come un turbine e ci sconquassa la casa, va accolto con il sorriso e
con tutti gli onori, perché spiana la via per l’arrivo di una nuova delizia, e
comunque ci è stata mandata come guida, dal mondo invisibile.
Come posso
vincere le mie paure? Il metodo
Sufi è questo: quando arriva la paura, osservala, mantiene il tuo sguardo
puntato su di essa, vedrai che si rimpicciolisce fino a scomparire. La paura
può solo esistere in relazione al passato o al futuro: nel momento in cui la
accetti, la abbracci, l’hai inchiodata nell’attimo, e si dissolverà. Non è
detto che la paura non riemergerà più, anche i maestri possono avere paura a
volte, ma grazie a questo allenamento diventi più veloce della paura.
La paura è una potente preghiera al
contrario, è un mantra molto efficace. Ogni volta che hai paura di perdere
qualcuno, è come se lo avessi già perso.
Fonte: Il Sufismo - Burhanuddin Herrmann