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sabato 4 luglio 2015

In viaggio con un Maestro Sufi – H.B.M. Dervish

“… ricorda che devi avere il senso dell’umorismo. Le persone ossessionate non ne hanno, ecco come puoi distinguere il vero dal falso. Poiché in realtà, gli ossessionati sono falsi”.
“Ma le cose dello spirito non sono serie? Non si deve, non si può deridere la religione”.
“Le persone non ridono della religione. Quando le persone spirituali ridono, ridono dell’imitazione della religione”.

C’era qualche altra ragione, mi chiesi, per cui un Sufi si presentava come qualcuno senza importanza, o in una veste che non significava nulla per la persona insensibile?
“Ci sono almeno altre due ragioni. La prima è che se il Sufi si veste come tale, dove va a finire la sfida alla ricettività dello studente? Egli deve vedere il “Re in ogni travestimento”, come dice l’aforisma Sufi. L’altra ragione è che ogni cosa di valore in questo mondo è minacciata, incluse le cose spirituali.

Ricorda l’aneddoto Sufi del pavone che amava strapparsi le piume.
Qualcuno gli chiese perché lo facesse.
“Egli rispose: Perché le persone mi inseguono per queste piume. Se non ne avrò, non vorranno null’altro da me e potrò vivere una vita tranquilla e inutile”.
Più tardi trovai questo racconto nel Quarto Libro del Mathnavi di Rumi, la sua opera principale.
L’anziano mi insegno anche che c’erano quattro “cancelli” verso la conoscenza superiore: la legge religiosa; la Via o Sentiero, l’Insegnamento e la sua osservanza; e la gnosi, l’esperienza o la percezione della Verità, che è chiamata Realtà Oggettiva.

Nell’introduzione al Libro Quindi del suo Mathnavi, Rumi chiarisce questo punto:
“La Legge”, egli dice, “è come apprendere la teoria alchemica da una persona o da un libro. Il Sentiero è come un processo alchemico. La Verità è l’effettiva trasmutazione del rame in oro”.

La maggior parte delle persone porta l’attenzione sulle cose che approva. Ma quando nei circoli Sufi qualcosa ti colpisce come strana o persino inaccettabile, allora dovresti prestarle una speciale attenzione, perché significa quasi sempre che un aspetto dell’insegnamento reale ha colpito i tuoi pregiudizi e che questi stanno cercando di rigettarlo, stanno cercando di tenerti in una stretta “schiavitù”.

 … disse Shah, “i Dervisci sono chiamati uomini santi senza percezione e i Sufi sono conosciuti come Dervisci che sono arrivati alla Conoscenza”.

Shah non si stanca mai di indicare che il ripetere della musica o dei movimenti, lo standardizzare le attività o persino gli insegnamenti, è la via dell’indottrinatore o del condizionatore e che la vera tradizione Sufi ha sempre operato contro l’inculcare dei modelli fissi nella gente. La conoscenza Sufi viene impartita con qualunque metodo si riveli idoneo.

“Dopotutto, poiché lo studente è così inferiore al Maestro, quale differenza può fare per una persona così elevata il rispetto dello studente?”
“Ci furono parecchi tentativi di dare una risposta, ma nessuna parve soddisfare il Siriano”.
“Devo rispondere io? Poiché è chiaro che avete bisogno del concetto di attitudine e posizione.
Se volete entrare in una stanza attraverso una porta bassa dovete chinarvi. Se pensate che inchinarvi sia servile quando è semplicemente necessario, non passerete mai attraverso la porta. L’insegnante è la vostra porta.
Il vostro insegnante non trae profitto dal vostro rispetto semplicemente perché è rispetto: ma voi sì. Se non onorate il vostro insegnante, non potete imparare; così sareste voi stessi a rimetterci. Ciò che l’insegnante guadagna è che se voi imparate da lui egli sarà in grado di fare il suo lavoro. Il rispetto reale, comunque, viene a uno stadio molto superiore, quando si può realmente apprezzarne la tremenda importanza.
A quello stadio, la vostra capacità di rispetto è ugualmente grande, così in effetti rispettate il suo ruolo e il suo essere molto di più di quanto sia possibile farlo allo stadio di principiante”.

Shah aveva qualcosa da dire anche circa la baraka, una forza intangibile che i Sufi, tradizionalmente, sono in grado di concentrare e proiettare. Shah la chiamava “l’armonizzazione della conoscenza con il recipiente potenziale”. Diceva che l’esistenza di questa forza veniva spesso sospettata da tutti: ma che era stata volgarizzata nell’idea comune di fortuna. Come la fortuna, la baraka è molto elusiva. Le persone che possono ricevere la baraka o che l’hanno ricevuta, possono mettersi al di fuori del suo campo a causa della loro attitudine, solitamente volendo cose che non sono necessarie. Quando questo accade, la baraka semplicemente cessa di operare.
La baraka può essere considerata simile alla forza che è stata parte delle culture primitive e che gli antropologi hanno chiamato Mana. Ma ha ulteriori dimensioni. È data a persone che sentono la necessità di mettersi in armonia con la Verità, non tutte queste persone, ma alcune.
Se le persone diventano personalmente avide al di là di un certo punto (conosciuto tecnicamente tra i Sufi come 'punto di tolleranza') la baraka si disperde. Molte imprese sono affondate a causa di questo. 

Shah ha sottolineato a più riprese che i Sufi non sono “antiaccademici”, ma sostiene semplicemente che il lavoro accademico dovrebbe essere oggettivo e non un perseguimento agonistico della conoscenza.

Egli mi disse: “Il mio riverito padre mi introdusse, molti anni fa, al metodo Sufi di trattare con l’erudizione. C’erano, egli disse tre Vie, tre categorie di apprendimento che sono:
La Via dello schiavo: colui che memorizza il materiale e lo segue senza deviazioni. Egli può considerare se stesso uno studente o persino uno studioso;
La Via dell’erudito: colui ce accumula materiale secondo il suo desiderio e che può sottoporlo a qualunque critica che ritenga giusta.
La via del saggio: colui che è in grado di estrarre dal materiale ciò che realmente contiene. Non troverà piacere nel memorizzare, né accetterà lodi per la sua memoria. Studierà solo ciò che darà vantaggi, non ciò che le persone l’hanno esortato a considerare importante e otterrà dal materiale di studio ciò che è più utile, che ha origine dalla verità e che porta alla Verità.
Non ho mai trovato errata questa diagnosi e ogni volta che l’ho applicata sono stato in grado di raggiungere la mia meta. Ho anche verificato il commento di mio padre su questo soggetto: La prima Via è quella dell’abitudine, la seconda quella dell’abitudine e dell’azione, la terza quella di fuggire dall’abitudine per arrivare alla comprensione dell’azione; così invece di essere manovrati da queste, possiamo manovrarle, se necessario.

Dopo che lasciammo Mashad viaggiammo sino al Kasmir, dove a Shah fu dato il benvenuto non come maestro Naqshbandi, ma come uno qualificato ad arruolare nuovi membri nell’Ordine Azimiyya (il grande), di cui egli è “ispettore”. Ecco un esempio dello stile con cui vengono usate le parole in questa cerimonia:
Sei il benvenuto in questa assemblea. Questa cerimonia segna il ricevimento di un nuovo venuto nei ranghi degli Amici e lo prepara per un viaggio con noi.
Se hai qualche riserva sul Sentiero o su qualcuno dei presenti, consigliamo di ritirati immediatamente. In questo caso puoi andartene ora. Se lo farai, non perderai la nostra stima o amicizia … (pausa).
Poiché non ti sei ritirato, devo ritenere che desideri restare con noi, per quanto lunga sia la strada? …
Devi sapere che la strada è lunga, il tempo è breve e le provviste sono scarse.
Realizzi che ci si aspetta che farai ciò che non vuoi fare?
E che non farai ciò che vuoi fare?
Realizzi che è più facile scivolare da un luogo elevato che da uno basso?
Sei preparato a fare un sacrificio materiale in segno del tuo scambiare il grossolano per il più sottile?”.

La presentazione continuava con altri parecchi paragrafi. Alla luce di ciò che avevo visto e di ciò che avevo imparato dalle domande rivolte di partecipanti a queste iniziazioni, ritornai una sera sugli appunti che avevo preso su qualcosa che avevo chiamato “La Prima Lezione di Shah”:
“Le persone tendono a pensare che gli studi Sufi assomigliano a quelli con i quali hanno più dimestichezza, come quelli comuni nei culti religiosi e mistici. Essi perciò associano i Sufi con ciò che in effetti non sono.
Gli studi Sufi, comunque, sono strumentali e prescritti individualmente. Dono anche successivi. Questo significa che sono intesi a causare un effetto quando l’effetto può essere causato. Altri sistemi sono caratterizzati dalla ripetizione di slogan, dal portare avanti osservanze stereotipate e così via. Quest’ultimo tipo di attività, tuttavia non è affatto un’attività religiosa. È più un processo per eccitare le persone a livello emotivo. È più un processo per eccitare le persone a livello emotivo.
La gente, in generale, spesso non riesce ad accostarsi agli studi Sufi, poiché normalmente crede siano ciò che non sono: sistemi didattici, ideologici o magici; invece di sistemi educativi e di sviluppo.
Per questa ragione, i Sufi si considerano diversi. Un Insegnante Sufi deve innanzitutto chiarire che il “modello” mentale (il preconcetto sui Sufi e sulla Via Sufi) che il nuovo venuto ha, potrebbe essere inadeguato. Perciò, è essenziale chiarire l’incomprensione prima che venga detta o fatta qualunque altra cosa”.

Quindi a Shah fu chiesto se ci fosse un particolare metodo per sviluppare la funzione che causa miracoli ed egli disse:
“È proprio il contrario. Innanzitutto, i miracoli accadono costantemente, ma le persone ne sono spesso inconsapevoli. Secondo, le persone generalmente inibiscono la loro percezione del miracoloso con l’esercizio di tre attitudini mentali.
Queste sono le stesse attitudini insite nella maggior parte delle persone e che in ogni caso devono essere eliminate prima che si possa progredire sulla Via Sufi. Esse sono:
Uno. La costante richiesta di attenzione;
Due. Le obiezioni alle esperienze quando si sta imparando;
Tre. L’aspettativa di ricevere l’insegnamento come, quando e dove l’individuo lo richiede”.

Una sera a New Delhi, ebbi l’occasione di raccontare una lunga conversazione che una volta avevo avuto a casa mia con un diplomatico, qualcuno completamente sconosciuto a Shah. In seguito Shah fece dei commenti su quest’uomo considerando la sua altezza e che, in base ad essa, gli avrebbe dovuto essere pieno di sé e così via. In effetti Shah sembrava descrivere quasi ogni caratteristica fisica del diplomatico anche se certamente non lo conosceva e le sue caratteristiche fisiche non erano mai entrate una sola volta in ciò che stavo dicendo.
Allora dissi: “Si vede che ho un’immagine mentale di lui dalla quale tu attingi tutto questo”.
“Nient’affatto” rispose, “tutti i discorsi riguardanti una persona, un luogo o una cosa, contengono dei frammenti d’informazione incollati ad essa. Se sei vigile puoi raccogliere tutto questo. Le persone non lo fanno, non perché non possono farlo, ma perché, attraverso un’abitudine insita fin dall’infanzia, la loro censura mentale le rigetta non appena si fanno vive.
Esse immaginano che una cosa del genere sia impossibile, così quando accade la cancelliamo”.
Non si può fare a meno di cercare delle spiegazioni quando si hanno esperienze come queste, ma Shah mi disse: “Più cercherai e meno comprenderai, poiché il modo convenzionale di comprendere le cose non può affatto comprendere queste. Una volta che con un’altra persona viene stabilito un certo tipo di rapporto, è possibile sentire ciò che sente e farle sentire ciò che tu senti”.

“Tutti i sistemi normalmente conosciuti, nel corso dell’addestramento e dell’indottrinamento, possono rendere 'schiavi' i loro seguaci e persino i loro capi. L’ossesso è catturato dalla sua ossessione. Nei sistemi ordinari l’ignoranza fa presumere alle persone: 'nessuno qui è schiavo'. Guardatevi attorno e ditemi chi non è schiavo.
Soltanto un insegnamento illuminato può affermare che tutti sono sottomessi a qualcosa. La questione è, naturalmente, se la sottomissione sia servitù.
Il cercatore deve riconoscere l’abilità dell’Insegnante e dovrebbe effettivamente sentirla. Il Sufi ha il diritto di essere servito, ma non ha il diritto di chiedere, come dice Ma ‘Ruf Karkhi. Essere Sufi significa non essere attaccato a nulla, né avere nulla attaccato a sé, come dice Nuri.
Tu dici di mettere in dubbio ogni cosa. Questo in effetti è il miglior modo per far sì che le persone si attacchino a te. Di loro di mettere in dubbio, di fare domande e avrai catturato il loro questionare. Dopo di che ti ubbidiranno, persino nel fare domande e saranno incapaci di non obbedirti. A meno che tu non mette in dubbio le domande stesse”.

Durante questa sessione con l’Insegnante gli parlai di una cosa che vedevo come una difficoltà per gli Occidentali. “Le persone in Occidente” dissi, “sono abituate alla loro peculiare versione della religione che implica anzi, mira a produrre, degli stati emotivi. Possono essere biasimati se quando incontrano le idee Sufi pensano che manchino di un elemento spirituale?”.
“I veri Sufi”, egli rispose, “hanno sempre lavorato per rimuovere l’innaturale elemento emotivo dalla religione. È questa la parte che ha dato ad alcune religioni una cattiva fama, perché è questa parte che dà origine al fanatismo e alla guerra. Solo quando sarà liberata dalla parte emotiva, la religione potrà funzionare spiritualmente. Per quel che riguarda ciò che le persone potrebbero pensare”, continuò, “ci sono due risposte.
La prima è che questa non è affatto la nostra esperienza. Lo troviamo, naturalmente, in una minoranza ed essi possono ben essere i più vocali. La seconda risposta è che, nel mondo moderno, la scienza si sta avvicinando ai principi fondamentali della psicologia umana e di pari passo, sta sorgendo una domanda per fatti religiosi interpretabili secondo le basi della natura umana scoperte di recente o riscoperte di nuovo. Le persone che stanno lavorando in quest’area stanno lavorando con noi”.
In seguito, negli Stati Uniti e altrove vidi quanto ciò fosse vero. Gli scienziati moderni hanno ormai realizzato la differenza tra le attività che creano e aumentano il credo e quelle che forniscono conoscenza – una distinzione fatta molto tempo fa dai Sufi e generalmente ignorata.

“L’istinto del branco ci dice che è meglio essere con gli altri che da soli e ciò ha i suoi pregi e i suoi difetti”, ci spiegò il nostro insegnante di Abshar. “Il desiderio di attenzione blocca certe possibilità di comprensione”.

Shah mi disse in privato: “C’è un tempo in cui non si può fare nulla, un tempo in cui può essere fatto qualcosa e un tempo in cui tutto è possibile. Tienilo a mente, così da essere vigile nel discernere ogni differente qualità del tempo”.

Shah allora disse: “Quando ero solo un ragazzo e fui per così dire, gettato nel mondo, solevo chiedere cosa facevano le persone istruite per l’ignoranza dell’ignorante. Smisi di chiederlo quando qualcuno mi disse: “I presunti colti amano definirsi tali in contrasto ai presunti ignoranti. Essi hanno perciò tutto l’interesse a mantenere l’ignoranza. Se tutti gli abitanti di un paese fossero professori, tutti i professori sarebbero contadini”. Oppure, come avrebbe potuto dire Shah: “All’inferno un diavolo non è niente di particolare”. 


Fonte: In viaggio con un Maestro Sufi – H.B.M. Dervish